domenica 25 novembre 2012

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Il ritorno delle audio-cassette
vogliono essere il futuro dei dati

E' stato annunciato dalla Fuji e Ibm il lancio di un nuovo supporto magnetico per la registrazione di grandi quantità di dati. La cartuccia, di piccole dimensioni, sarà capace di contenere fino a 35 terabyte  

ROMA - Sembravano destinate a sparire per sempre o ad essere utilizzate ancora oggi solo da pochi appassionati e fan del vintage. Invece, riesumato dal passato e rivisitato tecnologicamente, il supporto magnetico su cassetta sembra il futuro del salvataggio dati. L'azienda giapponese Fuji in collaborazione con Ibm punta sulle cassette per conservare grandi quantità di dati. Niente hard disk, mega "data center" o supporti costruiti a base di quarzo per durare in eterno, come sta pensando Hitachi. Le due società puntano sul nastro. Secondo quando si legge su New Scientists sembra che siano già stati prodotti i primi prototipi. Questi nastri magnetici di nuova generazione sono contenuti in "cartucce" di 10 centimetri e capaci di immagazzinare fino a 35 terabyte, ovvero 35 volte di più degli hard disk presenti oggi nei computer di casa e ufficio.


Il segreto delle nuove cassette. La rivista americana svela la novità nascosta all'interno di questa sperimentazione. A rendere speciale il vecchio supporto rivisitato ci sarebbe una "aggiunta" di particelle di una molecola di ferro e bario. Il debutto del nuovo sistema dovrebbe avvenire per lo Square Kilometre Array, il più grande radiotelescopio al mondo, che vedrà la luce nel 2024. La struttura produrrà un petabyte (un milione di Gigabyte) al giorno di dati, che verranno immagazzinati proprio nelle moderne cassette: "Per quell'epoca dovremmo riuscire a far stare 100 terabyte in ogni dispositivo - spiega Evangelos Eleftheriou di Ibm - restringendo le dimensioni delle tracce registrate e utilizzando un sistema più accurato per posizionare le testine usate per leggerli"

Le dimensioni del prototipo. Le nuove cassette dovrebbero misurare appena 10 centimetri di lunghezza e larghezza per uno spessore di 2 centimetri. Ma oltre alle dimensioni contenute, a quanto pare, questa sperimentazione avrà anche un basso impatto energetico. Usare le cassette ridurrà drasticamente l'uso di energia. Uno studio del 2010 della The Clipper Group, una società di consulenza tecnologica del New Hampshire (Usa) ha quantificato la differenza di energia tra i "data center" tradizionali e quelli basati sulle cassette. Apparentemente, le prime consumerebbero 200 volte di più rispetto ai supporti magnetici. Il motivo consiste nella necessita dei dischi di rimanere accesi anche quando non sono in funzione, un bisogno che le cassette non hanno.  

Ma non è tutto oro quel che luccica. Le nuove cassette portano con sé anche degli aspetti negativi. Come nei progenitori, le nuove cassette necessitano di qualcuno che le inserisca all'interno dei lettori. Per la loro lettura e analisi esistono infatti dei bracci meccanici che li inseriscono nei lettori. Un lavoro non da poco se si pensa all'immediata disponibilità di accesso ai dati che offrono normalmente gli hard disk. In più, nonostante le migliorie apportate dai ricercatori, rimane ancora la necessità di mandare avanti o indietro il nastro fino al punto in cui i dati che ci interessano sono stati scritti. Ma le due aziende hanno annunciato che nei loro laboratori si sta lavorando per risolvere anche questo problema. 

  (25 novembre 2012)
 
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"Spinnamento", stop dall'Ue
sì alle normative salva-squalo

Via libera dall'assemblea di Strasburgo al regolamento per tutelare questi animali: gli eurodeputati hanno approvato a larghissima maggioranza (566 voti a favore, 47 contro e 16 astensioni) una risoluzione che vieta tutte le deroghe al finning, la pratica di asportazione delle pinne di squalo a bordo dei pescherecci, rigettando gli animali ancora vivi in mare di PAOLA RICHARD

UNA sorte meno crudele per il futuro dei pescecani in Europa è possibile. Il Parlamento ha dato il via libera a Strasburgo al regolamento salva-squali: gli eurodeputati hanno approvato a larghissima maggioranza (566 voti a favore, 47 contro e 16 astensioni) una risoluzione che vieta tutte le deroghe al finning o "spinnamento", la pratica di asportazione delle pinne di squalo a bordo dei pescherecci, rigettando gli animali ancora vivi in mare. Il voto dell'assemblea plenaria di Strasburgo elimina le eccezioni al divieto europeo attivo dal 2003 di sbarcare i pesci già lavorati e dissezionati. Permessi che rendevano difficili, se non impossibili, i controlli su eventuali infrazioni al complicato sistema di corrispondenza tra il peso delle pinne e delle carcasse. Molti Paesi al mondo, compresi quelli in America Centrale, così come gli Stati Uniti e Taiwan, hanno adottato la politica delle 'pinne-attaccate' a cui l'Europa si adegua oggi.


"Il voto del Parlamento rappresenta una svolta fondamentale nell'impegno globale per fermare la devastante pratica del finning- ha dichiarato Sandrine Polti, consulente sulle politiche europee sugli squali per Shark Alliance e la statunitense Pew Environment Group- La nostra coalizione ha lavorato duramente per oltre sei anni per ottenere questa e altre riforme alle normative europee. Siamo entusiasti del voto di oggi e degli sviluppi positivi che potranno derivare".

Nel 2006, il Parlamento Europeo aveva chiesto di rafforzare il divieto europeo sul finning e nel 2010 una Risoluzione ha invitato la Commissione a vietare la rimozione in mare delle pinne di squalo. Nel novembre del 2011 la proposta della Commissione è stata approvata dal Consiglio dei Ministri della pesca e, nella primavera del 2012, dalla Commissione per l'ambiente del Parlamento.

Shark Alliance la coalizione che in Italia associa Legambiente, Marevivo, Tethys Research Institute, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Fondazione Cetacea, Danishark Elasmobranch Research, GRIS, Verdeacqua, MedSharks, CTS e Slow Food, attribuisce in particolare il merito di questa vittoria agli Europarlamentari Guido Milana (S&D/PD), Andrea Zanoni (ALDE/IDV) e Potito Salatto (PPE/FLi).

"I gruppi membri di Shark Alliance sono ora pronti a proseguire su questa strada per promuovere il regolamento finale 'pinne-attaccate' e sbarcare a terra gli squali interi, così come nell'assicurare ulteriori e complementari misure di tutela di tutti i pesci cartilaginei" ha dichiarato Serena Maso, coordinatore nazionale per l'Italia di Shark Alliance.
 
(22 novembre 2012)

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Einstein, cervello più piccolo della media ma con onde e pieghe anomale

Uno studio Usa, grazie a immagine inedite, rivela la struttura anomala di giri e solchi dell'organo cerebrale del fisico premio Nobel. Il geniale scienziato tedesco, teorico della Relatività, usava definire il suo modo di pensare 'muscolare' piuttosto che strutturato con le parole

Einstein, cervello più piccolo della media ma con onde e pieghe anomale
Non sempre le dimensioni fanno la differenza. Il cervello di Albert Einstein ad esempio era piuttosto piccolo: pesava infatti appena 1.230 grammi, contro i 1.500 di uno nella media. Eppure deve esserci una ragione in grado di spiegare come mai un cervello così piccolo potesse generare tanta, geniale, intelligenza. E’ quanto deve aver pensato il gruppo di ricercatori guidato da Dean Falk della Florida State University che ha analizzato al dettaglio 14 foto inedite del cervello del grande scienziato, scoprendo alcune caratteristiche anatomiche potenzialmente in grado di spiegarne il genio. Quali, riferisce galileonet.it, lo racconta uno studio pubblicato sulla rivista Brain. Le foto analizzate provengono dall’autopsia effettuata alla morte di Einstein dal patologo Thomas Harvey, il quale prelevò il cervello, sezionandolo in 240 ‘blocchi’ che inserì poi in una sostanza simile alla resina. Da questi blocchi ricavò in seguito più di 2.000 sezioni sottilissime, che inviò negli anni a diversi colleghi perché venissero analizzate a fondo, insieme alle immagini del cervello stesso. Campioni e foto sono stati studiati più volte a partire dagli anni ’80 da diversi gruppi di ricerca, rivelando alcune caratteristiche peculiari: ora una alta densità di neuroni in alcune parti del cervello, ora una presenza anomala di cellule della glia (quelle che aiutano i neuroni a trasmettere i segnali nervosi).
Lo stesso Falk aveva già analizzato alcuni di questi reperti, scoprendo, in un lavoro del 2009, che i lobi parietali del cervello del premio Nobel per la Fisica, teorico della Relatività, presentavano una struttura anomala dei giri e dei solchi, suggerendo che queste caratteristiche fossero associate alla grande capacità dello scienziato di concettualizzare i problemi fisici. Nel nuovo studio, Falk e il suo team, riferisce ancora galileonet.it, hanno avuto a disposizione immagini inedite, provenienti dalla collezione privata di Harvey, testimonianze preziose per completare il quadro. I ricercatori hanno quindi messo a confronto il cervello di Einstein con quello di altri 85 campioni presi dalla letteratura medica, confermando quanto in parte osservato nel 2009, ovvero che diverse sezioni presentano una quantità di giri e di solchi molto superiori alla norma. Queste particolarità strutturali fornivano probabilmente alle regioni interessate una superficie insolitamente larga, caratteristica che potrebbe aver contribuito alle straordinarie capacità intellettive dello scienziato.
In particolare sia la corteccia prefrontale – una regione associata con la pianificazione, con l’attenzione e con il perseverare di fronte alle sfide – sia alcune regioni dell’emisfero sinistro – coinvolte nel controllo motorio e nell’arrivo di input sensoriali alla zona della faccia e della lingua – risultavano infatti particolarmente allargate. Secondo Falk queste caratteristiche potrebbero spiegare una famosa affermazione di Einstein, che usava definire il suo modo di pensare ‘muscolare’ piuttosto che strutturato con le parole. “Potrebbe darsi che utilizzasse la sua corteccia motoria in modi nuovi e straordinari, connessi con le capacità di concettualizzazione astratta”, ipotizza Falk a proposito, su Science. Per Albert Galaburda, neuroscienziato della Harvard Medical School di Boston, lo studio, riferisce ancora galileonet.it solleva anche una serie di domande a cui gli scienziati non possono ancora dare risposta. “Einstein è nato con un cervello speciale che lo ha reso un grande fisico, o è stato piuttosto il suo fare fisica ad alti livelli che ha causato l’espansione di alcune parti del suo cervello?”, si chiede infatti Galaburda. Una vecchia domanda quindi: è la natura o la cultura a determinare le predisposizioni e le capacità umane? Secondo Falk è un insieme delle due. I genitori di Einstein lo allevarono infatti incoraggiando il pensiero critico e lo sviluppo della creatività in diversi campi. “In qualche modo Einstein programmò da solo il suo cervello, e vivendo in un periodo in cui il campo della fisica era pieno di intuizioni pronte per dare i loro frutti, lui si trovò ad avere il cervello giusto nel tempo e nel posto giusto”, conclude Falk.
 
 

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