lunedì 31 gennaio 2011

via così......

Chrysler, Marchionne esulta:
«L'azienda è rinata»

MarchionneAmerica
I risultati di Chrysler per il 2010 «hanno superato le aspettative». Lo dice l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne.

«Abbiamo mantenuto la promessa di lanciare 16 nuovi veicoli negli ultimi 12 mesi. Questi veicoli sono la testimonianza della rinascita di Chrysler. Dopo i positivi commenti ricevuti, possiamo dire che quanto raggiunto da Chrysler lo scorso anno, sia sul fronte dei prodotti che su quello finanziario, ha superato le attese. Il nostro lavoro non è finito, abbiamo ancora molto lavoro da fare per adempiere agli obiettivi del piano quinquennale».

31 gennaio 2011
 
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La nuova Honda si fa in 3
Dovizioso: "Siamo da titolo"

Presentata a Sepang la RC212V che quest'anno schiera Pedrosa, Stoner e l'italiano: "Ho cambiato anche preparazione fisica, vogliamo vincere". Stoner: "Un onore essere nel team dove correva Doohan che da piccolo vedevo vincere mondiali"

Da sinistra Nakamoto, Stoner, Pedrosa e Dovizioso. Ap
Da sinistra Nakamoto, Stoner, Pedrosa e Dovizioso. Ap
SEPANG (Malesia), 31 gennaio 2011 - Un piccolo record l'ha già battuto. La nuova Honda HRC presentata a Sepang schiera in questo 2011 una formazione di tre piloti, i confermati Dani Pedrosa e Andrea Dovizioso oltre alla stella fresca di ingaggio Casey Stoner. L'obiettivo dichiarato è il titolo mondiale in una stagione in cui la concorrenza di Yamaha (con Jorge Lorenzo) e Ducati (con Valentino Rossi) promette di rendere interessantissima la classe regina. Una formazione con tre ufficiali nella stessa squadra è la prima volta nell'era delle MotoGP a quattro tempi ma non una novità assoluta: nel 1995 la stessa Honda schierò Mick Doohan, Alex Criville e Shinichi Ito. Sfumature che comunque evidenziano come la Casa di Tokyo abbia una fame pazzesca di tornare sul trono della classe principale.
Pedrosa, Dovizioso e Stoner alla presentazione. Ap
Pedrosa, Dovizioso e Stoner alla presentazione. Ap
stoner come mick — Il vice presidente Shuhei Nakamoto è chiaro: “Quest’anno l’impegno di Honda Racing è più grande che mai. Come era accaduto negli 90’, presentiamo un forte schieramento composto da tre piloti con un obiettivo chiaro: vincere il titolo. I nostri tre piloti sanno cosa è necessario per vincere in quanto in passato tutti e tre sono stati campioni del mondo. Daremo tutto il nostro supporto per questa importante sfida". Il più atteso era Casey Stoner, sbarcato dalla Ducati in sella a questa nuova RC212V: "È una grande emozione vestire i colori della Honda - ha detto l'australiano - quando ero piccolo vedevo Mick Doohan vincere titoli a ripetizione con questi colori, e per me è un onore essere adesso in questo team. Non vedo l'ora di iniziare i test perché il primo test a novembre è stato molto positivo, ma Valencia è una pista particolare ed è molto importante lavorare sulla moto qui a Sepang per capire meglio i punti di forza e quelli su cui dobbiamo migliorare".
ottimismo dovi — Andrea Dovizioso è pure ottimista anche se essere compagno di squadra di Stoner e Pedrosa non è certo una prospettiva confortevole: "Siamo tre piloti capaci di lottare per la vittoria e il titolo - ha detto - lo scorso anno abbiamo fatto una buona stagione, a Valencia abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti con le evoluzioni portate dalla Honda. Quest’anno il nostro obiettivo si è alzato, Honda ha lavorato molto durante l’inverno e anche io devo fare la mia parte. Mi sono allenato molto seguendo un nuovo metodo di preparazione per migliorare la resistenza in gara".
dani e la salute — E poi c'è Daniel Pedrosa, ansioso di tornare ultra competitivo per togliere a Jorge Lorenzo lo scettro di motociclista più forte in Spagna: "Sono contento di essere qui con la squadra e iniziare la programmazione del nuovo anno - ha detto - l’inverno è stato lungo, ho potuto riposare e dedicarmi alla riabilitazione della spalla. Mi sento più forte e sono curioso di valutare il mio livello fisico sulla moto. Sarà una sorta di test personale. Per quanto riguarda il programma di lavoro, continueremo a sviluppare la buona base dello scorso anno. In particolare, dobbiamo migliorare la stabilità della moto in entrata di curva e la trazione in uscita. Il mio obiettivo è lottare per il titolo. Finora non ci sono riuscito per varie ragioni ma se potessi cambiare qualcosa o augurarmi qualcosa il mio primo desiderio è prendere parte a tutte le gare ed evitare infortuni".
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IL CASO

Dal copyright alla censura web
Tutti contro la delibera Agcom

Un gruppo di associazioni scrive una lettera aperta al Parlamento sul regolamento che l'Autority ha messo in consultazione pubblica. "È anticostituzionale". Con un pretesto potrebbero chiudere siti come WikiLeaks di ALESSANDRO LONGO

STA PER arrivare in Italia un sistema automatico e diretto per sequestrare siti esteri, di qualsiasi tipo: da Wikileaks a giornali online stranieri; da blog a video amatoriali. E' quanto sostiene una campagna che partirà oggi pomeriggio, firmata da numerose associazioni e inviata in forma di lettera aperta indirizzata al Parlamento. Nel mirino c'è una delibera Agcom (Autorità garante delle comunicazioni) sul diritto d'autore e ora in consultazione pubblica. Prende forma quindi un allarme che già era nell'aria 1: cioè che quella delibera potrebbe trasformarsi in uno strumento di censura di siti stranieri. Ne sono convinti gli aderenti alla campagna, che con iniziative e spot su vari media: Adiconsum, Agorà Digitale di Marco Cappato (Radicali), Altroconsumo, Assonet-Confesercenti, Assoprovider-Confcommercio. Un sito web 2 consentirà chiunque di aderire alla campagna e di seguirne gli sviluppi. La lettera parla di rischio che nasca un "un sistema di controllo e censura pervasivo". E denuncia come "anticostituzionale" la delibera. Che adesso è in consultazione pubblica e sulla quale in meno di un mese la stessa Agcom - sentiti i pareri - dovrà prendere una decisione.

"Il motivo di questo allarme si scopre tra le righe della delibera Agcom", spiega Fulvio Sarzana, avvocato esperto di internet e tra i promotori della campagna. "Si legge che Agcom si riserva il diritto di sequestrare (cioè di impedirvi l'accesso agli utenti italiani) siti prevalentemente adibiti alla violazione del copyright o i cui server sono posti all'estero. Come si vede, con quella congiunzione "o" si apre un mondo". "Qualunque cosa connessa al diritto d'autore e posta all'estero può finire nel mirino dell'Authority, che deciderebbe il sequestro in autonomia, senza passare dall'autorità giudiziaria. E' una cosa inaudita nei Paesi democratici. Ed è incostituzionale", aggiunge Sarzana. "Addirittura si legge in delibera che nelle intenzioni dell'Authority questo sistema di sequestro dovrebbe diventare automatico".

Che cosa potrebbe succedere? "YouTube, che ha server in Irlanda, diventa irraggiungibile dall'Italia per un singolo video pirata", dice per esempio Sarzana, secondo cui inoltre la tutela del copyright potrebbe essere il pretesto per sequestrare siti o blog con contenuti sgraditi a qualcuno. "Nella trappola potrebbe capitare anche Wikileaks. Basta che qualcuno affermi che uno di quei documenti riservati viola il diritto d'autore e verrebbe sequestrato l'intero sito. Quando il server è all'estero, infatti, non si possono colpire i singoli file o pagine incriminate". Certo, i membri dell'Authority hanno ribadito che quella delibera serve solo a tutelare il diritto d'autore. "ma non conta quello che dicono a voce, bensì ciò che c'è scritto. E quello che c'è scritto dà gli strumenti per censurare siti e contenuti posti all'estero", continua Sarzana.

"Per scongiurare che tutto ciò avvenga in modo silenzioso, ci appelliamo all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni affinché effettui una moratoria sulla nuova regolamentazione sul diritto d'autore", si legge nella lettera. "Temiamo che i compiti che la regolamentazione affiderebbe all'Autorità Garante assumeranno dimensioni difficilmente gestibili dalla stessa Autorità e porteranno presto ad una congestione a cui seguirà probabilmente approssimazione o mera discrezionalità". I firmatari chiedono infine che sia il Parlamento, e non l'Authority, a partorire una nuova legge sul diritto d'autore.

"In questo modo si otterrà il risultato di ridare al Parlamento il ruolo di interlocutore privilegiato con la società civile, e di rispettare il principio di separazione dei poteri dello Stato". A chiedere all'Authority l'inedito compito di fare una legge sul diritto d'autore è stato il decreto Romani (di Paolo Romani, attuale ministro dello Sviluppo Economico). Che sia stata una forzatura lo sa bene però anche l'Agcom, che infatti in questo stesso contesto ha chiesto appunto al Parlamento 3 e al Governo di occuparsi di una revisione delle leggi sul diritto d'autore. Come a dire: noi lo facciamo perché ce l'ha imposto un decreto; ma anche noi sappiamo bene che questo dovrebbe essere compito di altre istituzioni.
(30 gennaio 2011)
 
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“Economia, mano tesa all’opposizione”. 
 
Ma in mezza giornata Berlusconi torna agli insulti La mano tesa all’opposizione è durata solo 8 ore. Sembrava un Silvio Berlusconi istituzionale e redento quello che questa mattina, dalle colonne del Corriere della Sera, prendeva a cuore il tema della crescita e tendeva la mano a Pierluigi Bersani “che è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni”. Invece, come del resto era già accaduto in passato, la gentilezza nei confronti del centrosinistra si trasforma, in meno di mezza giornata, in una nuova raffica di attacchi. E’ bastato che il Pd, per una volta compatto, rispondesse picche alla proposta del premier: “La risposta è arrivata fuori tempo massimo”, hanno fatto sapere i vertici democratici.

Ma questo il Cavaliere l’aveva già messo in conto. Anzi, era quello che sperava, perché sa perfettamente come il miglior collante per ricompattare il fronte della maggioranza sia passare all’attacco degli avversari. Strategia necessaria, in un periodo in cui la Lega è pronta a servire al Terzo polo la testa del premier in cambio del voto sul federalismo. Così Bersani, che nella lettera di questa mattina veniva definito un uomo “con la cultura pragmatica di un emiliano”, diventa – nel comunicato pomeridiano di Berlusconi – un “irresponsabile insolente”. Ecco le parole del Cavaliere, che sembrano avviare una vera e propria strategia elettorale, tutta incentrata sull’allarme tasse: “Prendo atto delle risposte propagandistiche e degli atteggiamenti irresponsabili e insolenti di una parte delle opposizioni di fronte all’unica proposta seria in campo per rilanciare l’economia e la società italiana e per curare nel solo modo possibile, e cioè con un grande piano nazionale per la crescita, il debito pubblico. Ma il Governo e la maggioranza faranno comunque la loro parte nel Parlamento e nel Paese con il rigore istituzionale necessario e auspicato da tutti, a partire dal presidente della Repubblica”. Non potendo giocare altre carte, quindi, B. sceglie di distogliere l’attenzione dal caso prostitute e minorenni. E confondere le acque sollevando tematiche economiche alle quali, da mesi (almeno nelle dichiarazioni pubbliche) si era completamente disinteressato.

Ed ecco il ritorno dell’allarme sull’imposta patrimoniale. Un tema che, a dire il vero, nessuna parte politica aveva proposto in tempi recenti. Ma è comunque un appiglio sufficiente per ergersi nuovamente a paladino del “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”: “Il partito dell’imposta patrimoniale – scrive ancora Berlusconi nel comunicato di questo pomeriggio – e dell’ipoteca pubblica sul patrimonio immobiliare, che si organizza con ogni evidenza per un nuovo esproprio di ricchezza a vantaggio della casta statalista e centralizzatrice, non deve prevalere. Questo partito riceverà un primo, decisivo colpo con il varo dei decreti sul federalismo fiscale”. Insomma, mentre in via Bellerio la Lega sta di fatto decidendo sulle sorti del governo e mentre Napolitano appare sempre più preoccupato dalla paralisi dei due rami del Parlamento, il premier cerca di riciclarsi in quello che gli riesce meglio: la campagna elettorale.

Tanto da ricominciare con le promesse: “Nell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di venerdì prossimo, si aggiungerà un piano di immediata defiscalizzazione e deregolamentazione per la rinascita del Mezzogiorno, per il quale si stanno approntando da mesi gli strumenti operativi”.

domenica 30 gennaio 2011

già......

F150, altri km con Massa
Più di 1000 tifosi a Fiorano

Il brasiliano ha completato altri giri sulla nuova Ferrari davanti a un folto pubblico. La monoposto è stata poi spedita a Valencia dove martedì iniziano i primi test di sviluppo. Domenicali ha ricevuto una delegazione dei Ferrari club

FIORANO (Mo), 29 gennaio 2011 - Freddo e umidità non hanno impedito a più di mille fans di salutare a Fiorano la Ferrari F150 e tutti i piloti a disposizione della Scuderia del Cavallino, a cominciare da Fernando Alonso e Felipe Massa per proseguire con Bianchi, Fisichella, Bertolini e i ragazzi della Ferrari Driver Academy. Nella seconda giornata dedicata a raccogliere immagini della nuova livrea della vettura a scopi commerciali, la pista di Fiorano ha aperto i cancelli per una rappresentanza dei soci dei Ferrari Club.
orgoglio italiano — "Voglio ringraziare tutti voi per essere venuti fino a quei per farci sentire la vostra passione - ha detto Stefano Domenicali nel saluto che ha aperto la giornata -. L'anno scorso, il giorno della vittoria di Monza sentire tutto il vostro affetto ci ha dato una grande spinta per la rimonta e speriamo di potervi ripagare quest'anno con un mondiale che ad Abu Dhabi ci è sfuggito per un soffio. Questa macchina è stata dedicata alle celebrazione per 150° anniversario dell'Unità d'Italia perché noi sentiamo sulla nostra pelle l'orgoglio di rappresentare il nostro Paese in tutto il mondo. Anche se nella nostra squadra ci sono persone che provengono da tante nazioni diverse, a cominciare da uno spagnolo come Fernando e un brasiliano, pur se di origine italianissima, come Felipe, abbiamo una gran voglia di portare in alto quel Tricolore che fa bella mostra di sé sulla nostra nuova vettura".
camion a valencia — Con condizioni meteo non certo favorevoli - un po' di nevischio nelle prime ore della mattina ha reso la pista bagnata - e temperature ancora più basse di quelle di ieri, sono stati poco più di una sessantina i chilometri percorsi da Felipe Massa al volante della F150. La vettura è stata poi caricata su un camion e spedita alla volta di Valencia, dove martedì inizieranno i test di sviluppo. A far esordire davvero la nuova nata nel primo confronto con le avversarie sarà Fernando Alonso, che guiderà anche il giorno successivo. Giovedì 3 toccherà a Felipe Massa chiudere la prima delle quattro sessioni di prove.
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IL CAOS

Tariffa rifiuti, è caos sull'Iva
Il governo vuole il rimborso

Il ministero dell'Economia ribalta una sentenza della Corte Costituzionale e chiede ai comuni di versare il 10% del gettito 2010. Sindaci sul piede di guerra. Il Campidoglio: "Cercheremo di non gravare sui cittadini"  di MONICA RUBINO

ROMA - L'Iva sulla tassa per i rifiuti va pagata. Un finale inatteso per quel 45% di enti locali che adotta la Tariffa igiene ambientale (Tia) introdotta dal decreto Ronchi del '97 in alternativa alla vecchia Tarsu. Dopo le associazioni dei consumatori, l'Anci, le commissioni tributarie e la Corte Costituzionale, una circolare del dipartimento delle Finanze nega definitivamente il diritto al rimborso dell'Iva pari al 10%, in contrasto con una sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2009. Il motivo? E' scritto chiaramente nel documento del ministero: "La Tia non ha natura tributaria e, conseguentemente, è soggetta ad Iva".

Un balletto lungo un anno. Con la sentenza 238 del 2009 la Corte Costituzionale aveva invece riconosciuto la natura tributaria della Tia e sancito l'illegittimità dell'Iva sulle bollette dei rifiuti, sulla base del principio che non si può applicare una tassa su un'altra tassa. Non solo: la Consulta aveva anche detto che gli utenti hanno diritto ai rimborsi di tutta l'Iva versata dal 2005 (quando la Tia ha sostituito la vecchia Tarsu) ad oggi.

Per quasi un anno i Comuni sono andati avanti in ordine sparso nel concedere o no i rimborsi e nel continuare o no ad applicare l'Iva, anche perché l'esecutivo non ha mai preso una decisione definitiva in merito. Qualche mese fa, rispondendo a un'istanza presentata dalla Trevisoservizi, l'Agenzia delle Entrate aveva chiarito che l'Iva non doveva essere applicata alla Tia, in quanto tributo. "Il governo - spiega
Tatiana Oneta, fiscalista dell'associazione Altroconsumo - ha deciso di non tenere in considerazione la sentenza della Consulta e lo statuto del contribuente: ora stiamo valutando quali azioni intraprendere. A buon senso i cittadini che non hanno pagato l'Iva lo scorso anno non dovrebbero restituire nulla allo casse dello Stato, fino a che non venga stabilita un'interpretazione univoca e definitiva della reale natura di questo versamento".

La Capitale in prima linea. Il comune di Roma, in linea con la sentenza della Corte, dal 2010 non ha applicato più l'Iva sulla tassa dei rifiuti. Anche se, parallelamente, l'Ama - l'azienda municipale di raccolta e smaltimento dei rifiuti - ha aumentato la bolletta ai privati del 10%, ovvero di una percentuale uguale all'Iva eliminata. Una mossa che non ha cambiato nulla nelle tasche delle famiglie romane, ma che ora con il ritorno dell'Iva potrebbe avere tutt'altro peso. Dal primo gennaio 2011, infatti, i romani si troveranno a pagare un effettivo 10% in più sulla bolletta. Il governo, intanto, pretende dalla Capitale la restituzione dell'Iva non versata lo scorso anno, che ammonta a 70 milioni di euro. "Stiamo trattando con il ministero dell'Economia - ha sottolineato il nuovo assessore al Bilancio del comune di Roma Carmine Lamanda - per trovare un modo indolore di restituire l'ammanco all'erario e cercare di sgravare le famiglie da questo nuovo onere. Siamo però vincolati alla legge nazionale e quindi non possiamo fare nient'altro che applicarla, salvo aiuti che possono venire dal governo".

Altri comuni, invece, non ci stanno a restituire allo Stato i soldi dell'Iva non versata. Accade in Piemonte dove la Corte dei Conti regionale va in senso opposto all'esigenza delle Finanze di far cassa: nel parere 65/2010 afferma, infatti, che la Tia è un'entrata tributaria, quindi senza Iva.
(27 gennaio 2011)
 
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 Nel Pdl spuntano le voci critiche. E la manifestazione contro i pm viene cancellata
Prima le parole del ministro Pisanu, che si è richiamato all'etica pubblica e ha bocciato l'idea di un corteo a Milano contro la magistratura. Poi il dietro front ufficiale del partito per bocca di La Russa. Questa mattina l'Anm si era espressa duramente contro l'ipotesi di manifestazioni contro i giudici
Per la prima volta il Pdl è costretto alla marcia indietro nella sua battaglia contro i magistrati a difesa del premier. La manifestazione convocata ieri da Silvio Berlusconi per il 13 febbraio contro le toghe è stata oggi prima ridimensionata, poi annullata. Segno che non tutti, all’interno del partito, sposano la linea dettata dal Capo. Il primo a uscire allo scoperto, oggi, è stato l’ex ministro Giuseppe Pisanu, che in un’intervista al Corriere della Sera è stato presentato come “voce critica del Pdl”. Pisanu si è espresso chiaramente: “Il Cavaliere chiarisca davanti ai giudici”. E, per far capire meglio il messaggio, ha aggiunto: “Su Fini e la casa di Montecarlo solo forzature”. Ma non è tutto, perché nel primo pomeriggio Pisanu è entrato a gamba tesa proprio sull’iniziativa anti pm: “Non condividerei una manifestazione del Pdl contro la magistratura”.

Al di là delle parole di Pisanu, il contrordine nel partito di maggioranza dev’essere arrivato dall’alto, se anche due falchi come Daniela Santanchè e Ignazio La Russa si sono pronunciati pubblicamente per la bocciatura della manifestazione. Santanchè è andata dritta al punto: “Il 13 febbraio non ci sarà nessuna manifestazione di piazza del Pdl”. La Russa ha usato qualche giro di parole ma, tutto sommato, ha espresso lo stesso concetto: “Non credo che faremo una manifestazione il 13, né nazionale, né locale. La presenza sul territorio è la cosa più importante. La solidarietà diffusa che arriva al premier e al partito è più importante rispetto all’idea di chiuderci in un teatro o in una piazza”. E questo non è l’unico segnale che qualcosa stia cedendo anche nello zoccolo duro dei sostenitori del Cavaliere. Questa mattina il Foglio, la testata diretta da Giuliano Ferrara che è da sempre una cartina di tornasole della politica di Berlusconi, ha aperto con la notizia di una “iniziativa istituzionale straordinaria. Napolitano pensa di convocare martedì Schifani e Fini” perché “così – avrebbe detto Napolitano secondo il Foglio – non si va avanti”. L’articolo fa filtrare il tema della “paralisi istituzionale”, presentandola senza gridare al complotto invocato normalmente dagli house organ. Insomma, sembra più un messaggio che uno scoop. E poco importa che in mattinata il Quirinale abbia smentito la notizia della convocazione.

La decisione del Pdl, quindi, è un segno evidente del “dibattito interno” in corso e di qualche dissociazione dal berlusconismo duro e puro. Ma non solo. Una componente più “isitutuzionale” del partito non ha certamente ignorato i ripetuti appelli del Capo dello Stato (pubblici, ma anche e soprattutto nei contatti privati con uomini vicinissimi al premier) per scongiurare uno scontro esplicito tra poteri dello Stato. Proprio su questo tasto hanno battuto i magistrati, nella giornata dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

L’Anm ha espresso “molta preoccupazione per manifestazioni che sono contro i giudici”. Sarebbe, ha detto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara “il popolo che manifesta contro se stesso”. L’Associazione nazionale magistrati, in un testo letto dai presidenti delle giunte locali, ha risposto punto su punto ai videomessaggi di Berlusconi. ”Gli attacchi ai magistrati sono contro la giustizia e la Costituzione. Sono contro la giustizia gli insulti, le offese, le campagne di denigrazione di singoli giudici, le minacce di punizione, gli annunci di riforme dichiaratamente concepite come strumenti di ritorsione verso una magistratura ritenuta colpevole solo perché si ostina ad adempiere al proprio dovere di accertare la commissione dei reati e di applicare la legge imparzialmente e in maniera uguale nei confronti di tutti i cittadini”. E nella stessa direzione vanno “le strumentalizzazioni delle inchieste e delle decisioni giudiziarie e l’assurda interpretazione come complotto politico della semplice applicazione delle regole, dell’attuazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e del fisiologico funzionamento degli istituti di garanzia propri dei moderni Stati costituzionali di diritto”.

“La Magistratura – ha detto Palamara parlando con i giornalisti a margine della cerimonia di inaugurazione alla Corte d’Appello di Roma – è un pezzo dello Stato. La giustizia è amministrata in nome del popolo”. In riferimento, invece, alla manifestazione a sostegno delle toghe e della libertà di informazione, annunciata ieri da Michele Santoro, Palamara ha detto: “Sul resto non ci pronunciamo. La legittimazione della magistratura si fonda sulla credibilità delle decisioni e quindi sulla professionalità del lavoro del magistrato. Il consenso non è il fondamento dell’azione giudiziaria”. Probabilmente anche la contro-iniziativa di Santoro, Travaglio e Barbara Spinelli, indetta nella stessa città e nello stesso giorno di quella del Pdl, può aver fatto riflettere Berlusconi. Troppo alto il rischio di una figuraccia, specie se alla fine, i manifestanti pro-pm si fossero rivelati numericamente più consistenti di quelli pro-Cavaliere. Meglio evitare l’effetto boomerang. Ma soprattutto – la riflessione del premier – meglio evitare di portare in piazza un partito in cui i “distinguo” rispetto alla linea ufficiale, seppure sottotraccia, sono sempre di più.

sabato 29 gennaio 2011

yesss......


INQUINAMENTO

Polveri sottili, livelli record
fuorilegge quasi 50 città

Dati allarmanti nel dossier di Legambiente. Particolarmente grave la situazione in Pianura Padana con Torino, Brescia e Milano in testa alla classifica europea dello smog. "Servono politiche strutturali, non interventi spot"

ROMA - Lo scorso anno 48 capoluoghi di provincia hanno superato il limite giornaliero di polveri sottili nell'aria per più dei 35 giorni consentiti dalla legge. La situazione più grave è quella registrata dalle centraline di monitoraggio a Torino e Frosinone con 134 e 108 sforamenti. A seguire Asti (98), Lucca (97), Ancona (96) e Napoli (35). Sono questi i dati salienti del dossier "Mal'aria di città 2011" presentato da Legambiente alla vigilia dello stop alle auto a Milano 1 e Torino 2.

Le conseguenze sulla salute dei cittadini dello "smog cronico", afferma lo studio, sono drammatiche. Ogni 10.000 abitanti, più di 15 muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili. Lo scorso anno, denuncia ancora "Mal'aria", in 21 città i giorni fuori limite sono stati oltre 70, ovvero più del doppio ammesso dalla normativa. Al di là dei livelli eccezionali registrati in alcuni capoluoghi, a destare particolare allarme è la situazione complessiva della Pianura Padana, dove sono concentrati 30 dei 48 capoluoghi fuorilegge. La principale fonte d'inquinamento urbano deriva dai trasporti, responsabili, secondo il dossier, del 50% delle polveri sottili a Roma e dell'84% degli ossidi di azoto a Napoli. I trasporti su strada emettono annualmente circa il 34,7% del Pm10, il 55,5% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto, il 43,1% del monossido di carbonio.

La gravità della situazione italiana, ricorda Legambiente, è confermata dai dati dell'Agenzia europea per l'ambiente, che riporta ai primi posti della classifica delle città più inquinate Torino, Brescia e Milano, precedute solo da Plovdiv, in Bulgaria. Dall'Europa, che da due anni esorta il nostro governo a rispettare i limiti imposti dalla normativa comunitaria, è arrivato, inoltre, un monito formale. Lo scorso novembre la Commissione Europea ha deferito infatti l'Italia presso la Corte di giustizia per non aver rispettato la direttiva sulla qualità dell'aria.

"Per curare la malattia cronica della cattiva qualità dell'aria e dell'inquinamento acustico - afferma Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente - non bastano interventi spot come la giornata nazionale della bicicletta o parziali limitazioni al traffico. Servono interventi più ampi e strutturali, dal contrasto all'auto privata al rilancio del trasporto pubblico, che deve essere appetibile per i cittadini tramite l'estensione delle corsie preferenziali e un'adeguata offerta dei km percorsi".

La rincorsa italiana a rientrare nella norma di quanto previsto non solo dal buon senso, ma anche dalle direttive europee, rischia però di essere senza fine. Proprio ieri il commissario Ue per l'Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik, ha annunciato infatti di essere intenzionato ad inasprire ulteriormente i limiti di PM10 consentiti proprio in considerazione dei danni provocati alla salute dei cittadini.  

Intanto dal consiglio comunale di Milano si apprende che la domenica a piedi di dopodomani potrebbe avere un bis già la settimana successiva. "Ad oggi c'è il 60% di possibilità che il 6 febbraio replicherermo la domenica a piedi - ha ammesso il vicesindaco Riccardo De Corato - io non faccio il guru, lo dico guardando i bollettini meteorologici che non preannunciano nemmeno per i prossimi giorni piogge o vento".
(28 gennaio 2011)
 
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A mare con i rifiuti
Arrestati l'ex braccio destro di Bertolaso, Di Gennaro, e il prefetto Catenacci. Avviso di garanzia per Bassolino. Al centro della nuova inchiesta lo sversamento del percolato in mare
Il mare non bagna Napoli. Le coste che vanno da Santa Lucia al litorale flegreo, da Paestum a Cuma, sono ammorbate da tonnellate di percolato. Monnezza liquida, nera, tossica. Così per anni hanno avvelenato la Campania. E’ questo il nucleo centrale dell’inchiesta della procura di Napoli che ieri ha portato all’arresto di 14 persone (otto in carcere, sei agli arresi domiciliari) e decine di avvisi di garanzia.

Nomi eccellenti, da Antonio Bassolino al suo assessore all’Ambiente, Nocera, fino a Gianfranco Nappi, capo della sua segreteria politica, tutti indagati. L’ex braccio destro di Guido Bertolaso, il prefetto Marta Di Gennaro, e il prefetto Corrado Catenacci, anche lui negli anni passati a capo del Commissariato straordinario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania, finiti agli arresti domiciliari.

E’ la quarta maxi-inchiesta sulla monnezza connection, e questa volta al centro dello scandalo c’è quella che gli imputati chiamano “l’emergenza percolato”. In sintesi: la dissennata gestione del ciclo dei rifiuti in Campania ha prodotto milioni di tonnellate di monnezza gettata in discarica. Ammassata lì, senza essere trattata, sotto il sole a fermentare e produrre tonnellate di liquidi velenosi, il percolato. Doveva essere smaltito, e senza troppi riguardi per le leggi e per l’ambiente.

”A me della Campania non me ne frega un cazzo, non me ne frega dello smaltimento dei rifiuti, il problema è loro. Devo fare tutto questo per 20mila euro al mese. Mi hanno chiamato, mi hanno fatto sedere su una sedia e mi hanno detto ti devi prendere il percolato”. E’ lo sfogo telefonico di Gaetano De Bari, amministratore delegato di “Hydrogest”, una delle società che ha avuto la gestione della depurazione in Campania. Gli impianti non erano in grado di smaltire percolato, non erano a norma, non c’era il minimo rispetto delle leggi. Eppure, scrivono i pm napoletani, “bisognava comunque gettare il percolato a mare e consentire ai gestori, senza loro colpo ferire, la pessima depurazione in atto. La violazione di norme e leggi prendeva il nome di collaborazione istituzionale”. Al Commissariato straordinario, alla Regione e al Ministero premevano perché i responsabili degli impianti prendessero il percolato senza fare storie. “L’assessore Nocera (Udeur e responsabile Ambiente nella giunta Bassolino, ndr) di fronte alle nostre obiezioni, dichiarò che se non avessimo seguito le sue richieste avrebbe fatto sequestrare gli impianti”. Minacce e ammiccamenti. “Nocera – scrive la procura napoletana – non disponeva di uno studio sulla compatibilità tra il percolato, le sue caratteristiche e i singoli impianti, aveva deciso di ottenere in qualsiasi modo l’assenso dei gestori ad accettare il percolato”. Nel processo “Rompiballe”, il prefetto Catenacci ammette l’impossibilità di far trattare i liquami dai depuratori campani. “Nel 2006, i gestori si rifiutavano di accogliere i liquidi delle discariche, rappresentai che la ricerca di una diversa forma di smaltimento avrebbe aperto le porte ad affari poco puliti, a vantaggio di ditte poco trasparenti, di cui spesso si era servita la Fibe (società dell’Impregilo, ndr) anche nell’acquisto o affitto delle discariche”.

Nessuno individuava strade alternative allo smaltimento. La filosofia che negli anni dell’emergenza ispira regione e commissariato è una sola. “Il perseguimento degli scopi del massimo vantaggio economico inteso in senso lato e della solo apparente soluzione dei problemi di interesse pubblico, entrambi i fini in totale pregiudizio del rispetto dei capisaldi della legge, della scienza, della tecnica e della salute pubblica”. Così si è realizzata in Campania “una colossale opera di inquinamento” in un’area dove vivono 3 milioni di persone. In mare finisce di tutto, zinco, azoto, inquinanti pericolosissimi. “Gli impianti non funzionano affatto, ma la cosa deve rimanere tra di noi”, si sente in una telefonata tra un funzionario e un gestore di depuratori. C’era qualcuno che analizzava i liquidi che gli impianti scaricavano a mare? “I risultati di questi campioni di acque reflue – si legge in una relazione dell’Arpac del 2007 – confrontati con quelli dei mesi precedenti attestano uno stato di sofferenza dello stato di ossidazione biologica dovuto anche alle modalità di immissione del percolato”.

Dal linguaggio burocratico alle telefonate dei responsabili. “La Hydrogest sta causando un disastro ambientale, il 30-40% dei fanghi viene sversato direttamente in mare”. “Gli impianti fanno schifo e pure la depurazione”. “Foce Regi Lagni ha buttato a mare tonnellate di merda al giorno”. Ma tutti sottovalutavano. “Diciamo che il prodotto ha un odore molto disgustoso, però non abbiamo trovato un indice di inquinamento da farlo ritenere pericoloso”, sono le parole di un funzionario responsabile della salute dei napoletani. Quanti occhi chiusi sul disastro della Campania. “Anche il Commissario straordinario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso e il suo vice Marta Di Gennaro avevano consapevolezza della problematica del percolato, e tuttavia lo gestivano con assoluta sufficienza, e soprattutto in dispregio di ogni regola”, scrivono i magistrati napoletani.

dal Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011

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Browser con scudo anti-spot
ora c'è più privacy per l'utente

A seguito delle richieste della FTC, Mozilla e Google lanciano nuove protezioni su Firefox e Chrome in grado di bloccare la pubblicità mirata. In arrivo anche sul prossimo Internet Explorer. L'obiettivo è evitare la tracciatura della navigazione per proteggere la sicurezza dei dati dell'utente di TIZIANO TONIUTTI


ROMA - La pubblicità mirata è un'innovazione importante per l'utente del web, che non viene più bersagliato da mille messaggi inutili, ma da comunicazioni basate sulle sue navigazioni e quindi, in teoria, dei suoi interessi. Un filtro "anti-spam" a monte che ha la sua indubbia funzionalità, ma con un costo importante: la privacy. Per sapere cosa interessa o meno all'utente, i fornitori di pubblicità online hanno bisogno di informazioni sulle abitudini web degli utenti. Queste vengono fornite dal browser e di certo, espongono la privacy a un rischio certo: le aziende di marketing sanno dove sei, cosa cerchi, cosa hai cercato, e cercano di capire cosa cercherai. Possono tracciare un quadro preciso dell'utente, a cui insomma manca solo nome e cognome. Dati comunque non difficili da recuperare.

Lo stop del FTC. Il tema è molto sentito dalla Federal Trade Commission. L'autorità statunitense che si occupa dei diritti dei consumatori ha chiesto agli sviluppatori di browser di porre l'utente in controllo pieno dei suoi dati di navigazione. Appello che i tre principali nomi della navigazione web hanno accolto subito. Per evitare il tracciamento, Mozilla e Google hanno presentato due estensioni per i rispettivi browser, Firefox e Chrome, ormai popolarissimi. Microsoft ne ha prevista una anche per Internet Explorer 9, la prossima versione del software di navigazione integrato in Windows.

Non tracciarmi. L'estensione per Firefox verrà lanciata
a breve, e si chiama Don't Track me. Funziona secondo un principio di domanda-risposta tra il browser e il sito che si visita. Il risultato è che durante la navigazione, l'utente non verrà più inquadrato attraverso i suoi dati e riceverà pubblicità casuale, non basata sui suoi percorsi di navigazione o sulle ricerche. Quello di Mozilla è un sistema che potrebbe lasciare il campo a qualche perplessità, perché le aziende di marketing hanno così a disposizione l'informazione della volontà di un utente di uscire dal tracciamento. Il sistema di Google è invece un'estensione per Chrome, già disponibile, che si chiama Keep my Opt-outs 1. Funziona secondo un modello collaudato di liste di siti da cui non accettare "cookie", codici in grado di comunicare le preferenze dell'utente a terze parti. Si installa semplicemente e si aggiorna quando è necessario, con gli elenchi dei fornitori di pubblicità su misura. Il risultato è il medesimo dell'opzione per Firefox. Pubblicità senza contenuti personalizzati ed esperienza di navigazione più riservata. L'utente può verificare che la privacy rimanga garantita sul sito AboutAds 2, che contiene un database di aziende di marketing che forniscono contenuti pubblicitari ad personam, dai cui messaggi è ora possibile isolare il proprio browser.
 
(27 gennaio 2011)
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Santoro: “Il 13 febbraio manifestazione davanti al tribunale di Milano”
L'appello alla mobilitazione è firmato da Michele Santoro, Barbara Spinelli e Marco Travaglio
Segnatevi questa data, 13 febbraio. Milano torna a fare la Capitale morale. Senza bandiere né simboli di partito, davanti al Tribunale che indaga su Silvio Berlusconi, Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti: tutti in piazza per difendere l’indipendenza della magistratura, della libertà d’espressione e dei valori fondamentali della Costituzione nata dalla Resistenza. L’appello è firmato da Michele Santoro, Barbara Spinelli e Marco Travaglio. Ma l’obiettivo è riportare in piazza l’indignazione dei cittadini, far uscire dalla cappa mediatica dei tg la stanchezza per gli attacchi quotidiani contro i giudici e i giornalisti con la schiena dritta. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, vorrebbe riprovarci proprio quel giorno, domenica 13, con una manifestazione in piazza Duomo in difesa del governo. La sua tesi, tristemente nota, è che la magistratura stia tentando un colpo di Stato per far cadere la maggioranza di centrodestra. Come nel 2002. Era gennaio, il 12, quando il procuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, denunciava l’arroganza delle “riforme annunciate”, “gli intenti punitivi” del governo – anche allora a Palazzo Chigi sedeva Berlusconi – contro la magistratura. E concludeva con parole che sembrano scritte ieri: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività ‘resistere, resistere, resistere’ come su una irrinunciabile linea del Piave”. Il primo girotondo arrivò due settimane dopo. Le stesse che mancano all’appuntamento di “resistenza” del 13. Questa volta, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la vicenda Annozero.

E anche nel 2002, insieme ai giudici, nel mirino di Berlusconi erano finiti i giornalisti: “L’uso che Biagi… Come si chiama quell’altro? Santoro… Ma l’altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”. Secondo Articolo21, l’associazione in difesa della libera informazione, la piazza di Berlusconi ha lo stesso obiettivo di sempre: “Colpire a morte i poteri di controllo, imbavagliare la magistratura e quello che resta della libera stampa, oscurare la pubblica opinione affinché nulla sappia, consentire a uno solo di rivolgersi al paese attraverso le sue videocassette, senza domande, senza contraddittorio alcuno, senza diritto alla replica per gli aggrediti e gli insultati”. Anche per il leader Idv, Antonio Di Pietro, c’è bisogno “di una grande manifestazione popolare che dica no a tutto questo”.

In verità, nemmeno del centrodestra sono tutti convinti che l’idea di scendere in piazza abbia ancora un senso. Il rischio di trovarsi il deserto attorno, lo valuta più di qualcuno. Per questo tra le ipotesi alternative che circolano in queste ore c’è anche quella di raccogliere delle firme o di allestire dei gazebi in varie città. La prova del bagno di folla, per esempio, non convince il ministro Ignazio La Russa: “Stavamo e stiamo considerando l’ipotesi – confessa alle agenzie – che non prevedeva comunque piazza Duomo, ma quella alle sue spalle, dove abbiamo fatto già la scorsa manifestazione, e alla quale avrebbe potuto telefonare il presidente Berlusconi”. Prende le distanze anche il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “Si sta esaminando questa eventualità, che deve essere poi decisa definitivamente dalle strutture del partito”. Futuro e Libertà arriva a sostenere che l’ostinazione di Berlusconi sia sintomo del fatto che “è costretto a rincorrerci”: i finiani, infatti, lo stesso giorno sono a Milano per la loro assemblea costituente. Quel giorno si “rischia l’ingorgo” sintetizza un’Ansa: in piazza, a Roma, anche il Popolo Viola, mentre in tutte le città si troveranno le donne – da Francesca Comencini a Giulia Bongiorno, da Anna Finocchiaro a Susanna Camusso – in difesa della dignità femminile. Sarà un ingorgo, meglio di quelli del traffico con cui ci distraggono i tg.

da Il Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011

domenica 23 gennaio 2011

yess......

LA POLEMICA

Il vero "orrore" è isolare i magistrati

di ROBERTO SAVIANO Ho ricevuto la laurea honoris causa in Giurisprudenza, mi è stata conferita dall'Università di Genova; è stata una giornata per me indimenticabile. Credevo fosse fondamentale impostare la lezione, che viene chiesta ad ogni laureato, partendo proprio dall'importanza che il racconto della realtà ha nell'affermazione del diritto.
Soprattutto quando il racconto descrive i poteri criminali. Senza racconto non esiste diritto. Proprio per questo ho voluto dedicare la laurea honoris causa ai magistrati Boccassini, Forno e Sangermano del pool di Milano. Marina Berlusconi dichiara che le fa orrore che parlando di diritto si difenda un magistrato. Così facendo avrei rinnegato ciò per cui ho sempre proclamato di battermi. Così dice, ma forse Marina Berlusconi non conosce la storia della lotta alle mafie, perché difendere magistrati che da anni espongono loro stessi nel contrasto all'imprenditoria criminale del narcotraffico non vuol dire affatto rinnegare. Non c'è contraddizione nel dedicare una laurea in Giurisprudenza a chi attraverso il diritto cerca di trovare spiegazioni a ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Mi avrebbe fatto piacere ascoltare nelle parole di un editore l'espressione "orrore" non verso di me, per una dedica di una laurea in Legge fatta ai magistrati. Mi avrebbe fatto piacere che la parola "orrore" fosse stata spesa per tutti quegli episodi di corruzione e di criminalità che da anni avvengono in questo paese, dalla strage di Castelvolturno sino alla conquista della 'ndrine di molti affari in Lombardia. Ma verso questi episodi è stato scelto invece il silenzio.

Orrore mi fa chi sta colpevolmente e coscientemente cercando di delegittimare e isolare coloro che in questi anni hanno contrastato più di ogni altro le mafie. Ilda Boccassini, coordinatrice della Dda di Milano, ha chiuso le inchieste più importanti di sempre sulle mafie al Nord. Pietro Forno è un pm che ha affrontato la difficile inchiesta sulla P2 ed ha permesso un salto di qualità nelle indagini sugli abusi sessuali, abusi su minori. Antonio Sangermano, il più giovane, ha un'esperienza passata da magistrato a Messina, recentemente ha coordinato un'inchiesta, una delle prime in Italia, sulle "smart drugs", le nuove droghe. Accusarli, isolari, delegittimarli, minacciare punizioni significa inevitabilmente indebolire la forza della magistratura in Italia, vuol dire togliere terreno al diritto. Favorire le mafie. Ecco perché ho dedicato a loro la lezione di cui, qui di seguito, potete leggere un ampio stralcio.

* * *

È difficilissimo in questa fase storica italiana parlare al grande pubblico di come la parola possa contrastare un potere fatto di grandi capitali, di eversione, di forza militare, di grandi investimenti internazionali. Ogni volta che mi trovo a parlare nelle università piuttosto che in tv, c'è sempre dell'incredulità: come è possibile che lobby così potenti possano avere paura della parola?

In realtà forse la dinamica è un po' più complessa. Non è la parola in sé, scritta, pronunciata, dichiarata, ripresa, quella che fa paura. È la parola ascoltata, sono le persone che ascoltano e che fanno di quella parola le proprie parole. È questo che incute timore alle organizzazioni criminali. Paura che non riguarda semplicemente la repressione, loro la mettono in conto, come mettono in conto il carcere. Ma quasi mai mettono in conto l'attenzione nazionale e internazionale. Che poi significa semplicemente una cosa: significa dire che queste storie non riguardano solo gli addetti ai lavori, i politici locali, i magistrati, i cronisti, ma riguardano anche noi. Quelle storie sono le nostre storie, quel problema è il nostro problema, e va risolto perché è come risolvere la nostra stessa esistenza.

Raccontare è parte necessaria e fondamentale del diritto. Non raccontare è come mettere in discussione il diritto. Può sembrare un pensiero astratto ma quando si entra in conflitto con le organizzazioni, il loro potere, il loro modo di fare, allora si inizia a capire. E si capisce perché, non solo in Italia, c'è chi investe energie e interviene non sul racconto delle cose, ma su chi le racconta. Come se il narratore fosse responsabile dei fatti che sta narrando. Si invita per esempio a non raccontare l'emergenza rifiuti a Napoli per non delegittimare la città: quindi non sono i rifiuti che delegittimano la città ma chi li racconta. Se un problema non lo racconti, e soprattutto se non lo racconti in televisione, quel problema non esiste. È una sorta di teoria dell'immateriale, ma in realtà fa capire quanto sia fondamentale la necessità di raccontare.

Non è una particolarità italiana, dicevo. In Messico per esempio negli ultimi sei mesi sono stati ammazzati 59 giornalisti: ragazzi che avevano aperto dei blog, che avevano fondato delle radio, giornalisti delle testate più importanti. Caduti per mano del narcotraffico, che è oggi il più potente del mondo e che ha deciso di impedire la comunicazione di quello che sta succedendo in Messico con una scelta totalitaria, nell'eliminazione sistematica di chiunque tenti non solo di raccontare. Qualsiasi persona che inizi a raccontare diventa immediatamente un nemico, un pericolo perché accende la luce, anche piccola, ma che può interessare.
Ricordo una persona che ho molto stimato, e avevo conosciuto quando decise di esprimermi solidarietà nei momenti più difficili della mia vita: Christian Poveda. Aveva deciso di andare in Salvador a raccontare la Mara Salvatrucha, potentissime bande di strada che controllano lo spaccio della coca. Poveda li riprende con il loro consenso e ne fa un documentario dal titolo La vida loca, meravigliosamente tragico, forte perché anche lì c'è quel principio: queste storie diventano le storie di tutti. Ebbene Poveda con questo documentario comincia ad accendere luci ovunque, anche sui rapporti tra le Maras e la politica. Iniziano ad arrivare i giornalisti. E il 20 settembre del 2009 sparano in testa a Christian, che muore in totale silenzio, sia in Italia che in Europa, lasciando in qualche modo una sorta di ormai fisiologica accettazione: hai scritto di queste cose, o meglio hai ripreso questo cose, non puoi che essere condannato.

Spesso la morte non è neanche la cosa peggiore. Chi prende questa posizione, chi usa la parola per raccontare, per trasformare, paga un prezzo altissimo, nella delegittimazione, nell'isolamento e in quello che devono pagare i loro cari. La poetessa russa Anna Achmatova vive il periodo della rivoluzione bolscevica, il regime la considera una dissidente, una sorta di scarto della società del passato da modificare. Il suo ex marito che è un grandissimo poeta, viene fucilato, bisognava indebolirla in tutti i modi. Lei era già diventata una poetessa di fama soprattutto in Francia, quindi era difficile toccarla senza dare un'immagine repressiva della Russia sovietica. La prima cosa che fanno è cercare di spezzarle la schiena poetica: le arrestano il figlio. Lei è disposta a scambiare la vita del figlio con la sua. Non serve a molto, lui resta in carcere e lei racconta una scena bellissima: ogni mattina migliaia di donne si mettevano in fila davanti alle carceri sovietiche portando dei pacchi, spesso vuoti, soltanto per vedere l'espressione del secondino. Se il secondino accettava il pacco significava che la persona, marito, figlio, fratello, padre, era viva. Se non lo accettavano era stata fucilata. Quando lei si presenta il secondino la riconosce: "Ma lei è Anna Achmatova". Lei fa cenno di sì, e la persona che sta dietro: "Ma lei è una poetessa, quindi può raccontare tutto questo". Lì c'è una poetessa, piccola magra, devastata dai suoi drammi, che diventa all'improvviso la speranza. I versi diventano la speranza: può raccontare, può far esistere, cioè può trasformare.

Mi sono sempre chiesto come si fa a vivere così, come hanno fatto queste persone a sopportare decenni di delegittimazione, per aver scritto poesie o anche solo delle canzoni. Come è successo a Miriam Makeba, a cui il governo bianco sudafricano ha inflitto trent'anni di esilio per il disco "Pata pata", una canzone che racconta di una ragazza che vuole solo danzare, divertirsi, che vuole essere felice. Ma questo fa paura, voler vivere meglio fa paura, Miriam Makeba fa paura. E più canta nei teatri di tutto il mondo, più l'Africa intera si riconosce in quella canzone, che non parla di indipendenza, di lotta ai bianchi, ma di voglia di vivere e felicità. Fin quando non arriva il governo Mandela che la richiama in Sudafrica. È anche questa l'incredibile potenza della parola. Per questo sono convinto che il racconto sia parte del diritto, non può esistere il diritto senza racconto. Ma oggi, e non è solo la mia opinione, in Italia chi racconta ha paura. Certo, siamo in una democrazia, non abbiamo a che fare con un regime, con le carceri. Non siamo in Cina. Ma non si può negare che chiunque oggi decida di prendere in Italia una posizione critica contro il potere, contro il governo, rischia la delegittimazione, rischia di essere travolto dalla macchina del fango. Quando accende il computer per iniziare a scrivere sa già cosa gli può succedere. La formula è scientifica e collaudata: "Se tu racconti quello che dai magistrati è considerato un mio crimine, io racconto il tuo privato. Tutti hanno scheletri nell'armadio, quindi meglio che abbassiate lo sguardo e molliate la presa".

Ma per gli intellettuali raccontare è una necessità, comunque la si pensi. E in queste ore il loro compito è quello di dire che non siamo tutti uguali, non facciamo tutti le stesse cose. Certo, tutti abbiamo debolezze e contraddizioni, ma diverso è l'errore dal crimine, diversa è la corruzione dalla debolezza. Mentre si cerca di far passare il concetto che siamo tutti "storti" per coprire le storture di qualcuno. Oggi si parla molto di gossip e il gossip è rischioso, perché lo si usa per nascondere i fatti emersi dalle inchieste e per dimostrare che "fanno tutti schifo". E il compito, ancora una volta, delle persone che ascoltano, che scrivono e che poi parlano, è quello di discernere, di capire, ovunque esse siano, con i figli a tavola, nei bar, comunque la pensino.

C'è una bellissima preghiera di Tommaso Moro: Dio aiutami ad avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, di sopportare le cose che non posso cambiare ma soprattutto dammi l'intelligenza per capire la differenza. Questo è il momento in cui in noi possiamo trovare la forza di cambiare e comprendere finalmente che non dobbiamo credere che tutto quello che accade sia inevitabile e quindi soltanto sopportare.

Infine, dedico questa laurea e questa giornata, che ovviamente non dimenticherò per tutta la vita, a tre magistrati: alla Boccassini, a Forno e a Sangermano, che stanno vivendo, credo, giornate complicate solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia.
 
(23 gennaio 2011)
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Ecclestone, altro guaio
In Germania: "Corruzione"

L'accusa della stampa tedesca: avrebbe versato denaro sul fondo di Gribkowsky, l'ex consigliere della banca pubblica bavarese "BayernLB" arrestato a Monaco di Baviera dopo la scoperta di un maxi-conto da 50 milioni di dollari a lui intestato in Austria. Dal canto suo, il capo della Formula 1 nega qualsiasi coinvolgimento

MILANO, 22 gennaio 2011 - La rapina, le botte, poi il "no" al Gp di Roma. Il patron della Formula 1, Bernie Ecclestone, non passa mesi tranquilli. L'ultima novità - scrive oggi la stampa tedesca - è che sarebbe coinvolto nel presunto scandalo di corruzione che ha per protagonista Gerhard Gribkowsky, l'ex consigliere della banca pubblica bavarese "BayernLB" arrestato a Monaco di Baviera dopo la scoperta di un maxi-conto da 50 milioni di dollari a lui intestato in Austria. Lo scrive il quotidiano Sueddeutsche Zeitung.
Bernie Ecclestone, 80 anni, numero uno della Formula 1. Ap
Bernie Ecclestone, 80 anni, numero uno della Formula 1. Ap
Il giornale presenta alcune circostanze che implicherebbero Ecclestone nel pagamento del denaro a una Fondazione di base a Salisburgo, di cui Gribkowsky era beneficiario. In particolare, il quotidiano scrive che la società di Salisburgo "GREP GmbH", nelle cui casse Gribkowsky aveva depositato gran parte dei fondi, il 14 dicembre 2007 aveva inviato a Ecclestone una lettera strettamente confidenziale con una sollecitazione di pagamento. Ecclestone nega qualsiasi coinvolgimento con i fondi, ma nella lettera - prosegue la Sueddeutsche Zeitung - la "GREP" lamentava il mancato versamento di una parte - 2,3 milioni di dollari - di un compenso concordato in precedenza.
I fondi scoperti in Austria non sono mai stati dichiarati da Gribkowsky in Germania e provengono dalle Mauritius e dai Caraibi, ma l'ex dirigente della "BayernLB" finora non ha rivelato nè chi li ha versati, nè per quale motivo. Già nei giorni scorsi, il settimanale tedesco Stern aveva collegato il maxi-pagamento a una società fondata da Ecclestone.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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GIGANTI WEB

Google, rivoluzione ai vertici
per ritrovare l'anima start-up

Col ritorno dei fondatori - Page CEO al timone dell'azienda e Brin a inventare nuovi prodotti - e il passaggio di Schmidt alle relazioni esterne, si chiude un'era. Un cambio generazionale deciso per contrastare Facebook, Twitter, Apple & c. E riprendersi il primato dell'innovazione di DANIELE VULPI 

È UN RITORNO al futuro. Il sisma che si è registrato ai vertici di Google 1, motore di ricerca numero 1 al mondo, suona più o meno così. E molto probabilmente nasce dalla voglia di perpetuare la leadership andando a recuperare lo spirito di quando si muovevano i primi passi nella Silicon Valley. Di certo ha colto di sorpresa molti osservatori dell'universo hi-tech. La rivista Techcrunch l'ha definito un vero e proprio "big bang", Il New York Times la spiegato con la necessità di ritrovare la "scintilla della start-up", la Cnn si si è domandata: "Perché?"

Ecco, appunto. Perché dal prossimo 4 aprile il CEO Eric Schmidt, anni 55, dopo un decennio lascerà il suo posto esecutivo a uno dei co-fondatori, Larry Page, anni 37, per andare a occuparsi di rapporti esterni, con l'altro fondatore Sergey Brin, anni 37, che si concentrerà sui nuovi prodotti? Le parole che hanno accompagnato questo giro di valzer alla guida del colosso mondiale del web, ovviamente tutte al miele, qualche traccia la danno. Quelle dell'uomo della concretezza - il condottiero già a capo di big dell'Hi-tech (Bell, Xerox, Sun e Novell) che venne chiamato nel 2001 a guidare un'azienda che cresceva a ritmi da capogiro ma che rischiava di sfuggire di mano ai suoi creatori - sono rassicuranti: "Larry (Page, ndr) è pronto per guidare Google". E il nuovo capo (che
aveva già ricoperto il ruolo di CEO prima dell'arrivo di Schmidt): "Eric è un ottimo leader, da lui ho imparato tanto, ho preso molte lezioni". Ancora Schmidt: "Finora siamo sempre stati coinvolti nel processo decisionale allo stesso livello. E insieme abbiamo discusso su come semplificare la nostra struttura per rendere più veloce il nostro processo decisionale. Questo era il momento giusto per farlo".

Così, nel giorno in cui sventola una trimestrale sopra le attese degli analisti (fatturato di 8,44 miliardi di dollari contro i 6,67 del quarto trimestre 2010, 2,54 miliardi di profitti), il triumvirato si scioglie: Schimdt diventa consigliere considerando ormai conclusa la sua funzione di tutela e gli ex laureati di Stanford prendono decisamente in mano il timone. Alla loro maniera, però. Il nuovo amministratore delegato (Page) col compito di spingere al massimo e controllare di persona il business in un mercato dalle acque sempre agitate e che adesso ha qualche insidia in più; l'altro (Brin) per fare quello che gli è sempre piaciuto e che in fondo ha rappresentato l'anima vincente di Google: immaginare e sperimentare il web prossimo venturo.

Una cosa è certa: negli ultimi 10 anni (che nell'informatica sono un'era geologica) molte cose sono cambiate. La giovane e snella start-up di Mountain View si è trasformata negli anni in un gigante che tutto fa e in (quasi) tutto si afferma come leader planetario. Tuttavia, in quanto gigante si ritrova quasi a fare i conti nel tempo con uno scatto appannato e con una ridotta capacità visionaria. Quella dote tipica di chi comincia e sa che soltanto con le idee realmente innovative può sviluppare business e addentare il mercato. Senza contare il fastidio per quelle fughe di cervelli che hanno lasciato Googleplex andando a trovare nuovi stimoli in giovani aziende della Silicon Valley, Facebook compresa. In questa chiave un vertice ridisegnato e rimesso nelle mani dei fondatori appare la strada obbligata per un colosso che ha 23 mila dipendenti in tutto il mondo, fattura 28 miliardi di dollari ogni anno e non può permettersi risposte "lente" alle sfide del mercato.

Non solo. Attorno a Mountain View il panorama è cambiato, e pure parecchio. Ora ha l'impatto e i numeri monstre di Facebook, mentre Google cerca ancora 2 - senza trovarla - una strada convincente per dire la sua nel mondo dei social network: Buzz non ha conquistato gli utenti e Orkut è un mondo a parte. Il modello Zuckerberg funziona (proprio oggi ha fatto sapere di aver raccolto 1,5 miliardi di dollari, di avere quindi un valore di 50 miliardi e di volersi quotare in Borsa nel 2012), sia come raccolta pubblicitaria che come contenuti, ha margini di crescita ancora inesplorati e questo spaventa non poco Big G. Così come spaventa la crescita di Twitter, che è capace di modificare il modo stesso con cui gli utenti comunicano. Anche perché tra gli obiettivi di chi ha in mano il mercato delle ricerche e dell'advertising online ci sono proprio dei terreni - come la pubblicità in mobilità - sui quali la concorrenza è già agguerrita e sta cominciando a segnare il territorio.

C'è Apple, per esempio, a scandire i tempi dell'innovazione - e a prendersi in anticipo fette di mercato - con i suoi modelli di iPhone con la sua tavoletta "magica" iPad, con il negozio multimediale online, con le invenzioni software. Certo, Google ha risposto sempre ma lo ha fatto con risultati contrastanti. Se l'ambiente open source per smartphone Android sta riscuotendo successo, Mountain View deve fare i conti con i ritardi di Chrome OS, sistema operativo tutto "Cloud" ma ancora in fase di beta, e della Google TV. Insomma, il gigante soffre quando in qualche caso è costretto rincorrere. Vuol tornare a dettare la linea. Provando a cambiare pelle per ritrovare la "scintilla" di una volta.
(21 gennaio 2011)

sabato 22 gennaio 2011

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Svelata sul sito Ferrari la FF
È la prima 4x4 di Maranello

Le immagini della nuova vettura sul web. Rivoluzionato il concetto di Gran Turismo con un'auto che unisce prestazioni, sicurezza e comodità: motore V12 da 660 Cv, 335 km/h di velocità massima, trazione integrale, ma anche 4 posti e un ampio vano bagagli

La Ferrari FF ha un V12 di 6261 cc che eroga 660 cavalli
La Ferrari FF ha un V12 di 6261 cc che eroga 660 cavalli
MARANELLO (Modena), 21 gennaio 2011 – È arrivata sul Ferrari.com, il sito internet ufficiale della Casa di Maranello, la nuova FF, la quattro posti più versatile nella storia della marca, nonché la prima vettura del Cavallino a trazione integrale.
tutto per 4 — La Ferrari FF - acronimo di Ferrari Four (quattro posti, quattro ruote motrici) -, definisce un concetto assolutamente nuovo di Gran Turismo sportiva, rompendo con il passato e tracciando una vera e propria rivoluzione. Questa nuova 12 cilindri, disegnanta da Pininfarina, concilia, come nessuno mai ha saputo fare prima, il carattere estremamente sportivo con la grande fruibilità, la raffinata eleganza e il comfort, per regalare a e passeggeri emozioni uniche. La FF adotta, per la prima volta nella storia della Casa di Maranello, un sistema di trazione integrale, il 4RM brevettato dalla Ferrari, che riduce del 50% il peso rispetto a uno tradizionale, mantiene una ripartizione delle masse con il 53% sul posteriore ed è completamente integrato con i controlli elettronici per avere prestazioni record su tutti i terreni e in tutte le condizioni, con la gestione, a ogni istante, della coppia applicata su ciascuna ruota.
La nuova Ferrari FF è stata disegnata da Pininfarina.
La nuova Ferrari FF è stata disegnata da Pininfarina.
prestazioni — La FF, che ha nuove sospensioni a smorzamento magnetoreologico e l'ultima generazione dell'impianto frenante Brembo in carbo-ceramica ha prestazioni eccezionali: il suo motore V12 da 6261 cc a iniezione eroga 660 CV a 8000 giri/min, accoppiato al cambio F1 doppia frizione, garantisce accelerazioni elevatissime (3,7" da 0-100 km/h) e una velocità massima di 335 km/h. Il miglior rapporto peso/potenza della categoria, 2,7 Kg/CV, insieme alla perfetta ripartizione dei pesi, conferisce poi alla vettura un’eccezionale prontezza di risposta su ogni tipo di percorso: dalla pista alla città, fino alle strade a bassa aderenza anche fortemente innevate.
La FF può ospitare 4 persone e ha un bagagliaio da 450 litri
La FF può ospitare 4 persone e ha un bagagliaio da 450 litri
abitabilità — La nuova vettura di Maranello offre ai passeggeri massima flessibilità di spazi, con ricche dotazioni ed eleganti finiture, per una qualità di vita a bordo mai raggiunta prima su una vettura così prestazionale: può ospitare comodamente, infatti, quattro persone e ha un vano bagagli di ben 450 litri, ampliabili fino a 800 grazie ai sedili posteriori ribaltabili. Vastissima la gamma di personalizzazioni e accessori che include sei colori specifici e interni con pelli alla semianilina, innovative per modalità di selezione e trattamento. La Ferrari FF debutterà ufficialmente al Salone dell’Auto di Ginevra, in programma dal 3 al 13 marzo 2011.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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INTERNET

Facebook raccoglie 1,5 mld
ne vale 50, in Borsa nel 2012

A tanto ammontano i fondi investiti nel social network dagli azionisti. Zuckerberg & c. non hanno ancora deciso come utilizzarli. Intanto la Consob americana apre un'inchiesta sulla struttura dell'offerta Goldman Sachs

NEW YORK - Facebook raccoglie 1,5 miliardi di dollari, il che la valuta 50 miliardi di dollari. Il social network non ha ancora deciso come investirà i fondi. E afferma: entro il 30 aprile 2012 sarà avviata la richiesta per l'ipo. Le risorse raccolte includono anche l'investimento di Goldman Sachs, per il quale le richieste da clienti fuori dagli Stati Uniti sono state più elevate dell'offerta. "Siamo soddisfatti di essere riusciti a rafforzare la nostra posizione di liquidità - afferma David Ebersman, chief financial officer di Facebook -. Abbiamo ora una maggiore flessibilità finanziaria che ci consente di valutare le opportunità che si presentano".

Facebook supererà entro l'anno quota 500 azionisti o investitori. E da quel momento avrà 120 giorni a disposizione per regolarizzare la propria posizione con la Sec (la legge prevede che una società non quotata possa aver un numero massimo di 499 azionisti o investitori. Una volta raggiunta quota 500 o più c'è l'obbligo di registrarsi).

Facebook ha chiuso i primi nove mesi dell'anno - emerge dal documento informativo distribuito da Goldman Sachs distribuito agli investitori del social network - con un utile netto di 355 milioni di dollari su ricavi per 1,2 miliardi di dollari. I clienti di Goldman che hanno acquistato titoli del social network hanno dovuto investire in un veicolo di investimento con base in Delaware, e creato dalla banca, chiamato FBDC Investors.

Agli investitori è stato
chiesto un investimento minimo di 2 milioni di dollari e l'obbligo di non cedere le azioni fino al 2013, anche sul mercato secondario. Le condizioni offerte ai partner di Goldman sarebbero più vantaggiose, in quanto non sarebbe stato fissato un investimento minimo di 2 milioni di dollari. L'investimento di Goldman in Facebook ha suscitato l'attenzione anche nella Sec, che aveva già avviato un'indagine sul mercato secondario.

La Consob americana ha aperto un'inchiesta sulla struttura dell'offerta Goldman Sachs per Facebook, ampiamente coperta dalla stampa. La legge federale e statale vieta la "promozione e la pubblicità" nelle offerte private. "Alla luce dell'imponente copertura, Goldman ha deciso di procedere con l'offerta solo con investitori fuori dagli Stati Uniti. Goldman ha concluso che il livello di attenzione dei media potrebbe non essere coerente con le leggi americane".
(21 gennaio 2011)
 
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LA STORIA

La città felice grazie ai rifiuti
"La discarica ci rende ricchi"

A Mariana, nel Mantovano, bonus bimbi e poche tasse. Gli abitanti raccontano: "C'è una casa con 9 appartamenti a 90 euro al mese. I giovani vogliono tutti venire qui. E il Comune senza questa risorsa avrebbe fatto bancarotta 15 anni fa" di JENNER MELETTI

MARIANA (Mantova) - C'è una montagna di terra, subito dopo l'ingresso della discarica. "Serve per ricoprire i rifiuti scaricati dai camion. Prima passano i compattatori con le ruote dentate, e subito dopo il tutto viene coperto con questa argilla. Vede, siamo tanto veloci che anche i gabbiani non trovano nulla da mangiare. Ne vediamo qualcuno, ogni tanto". C'è una montagna di terra, subito dopo l'ingresso della discarica. "Serve per ricoprire i rifiuti scaricati dai camion. Prima passano i compattatori con le ruote dentate, e subito dopo il tutto viene coperto con questa argilla. Vede, siamo tanto veloci che anche i gabbiani non trovano nulla da mangiare. Ne vediamo qualcuno, ogni tanto". È contento, il sindaco Angelo Rosa, trent'anni in politica prima Dc poi Margherita e ora capo di una giunta "pronta a discutere di tutto meno che di politica". "Se non ci fosse la discarica, come Comune avremmo fatto bancarotta già quindici anni fa".

E invece, in una terra piatta che più piatta non si può, i compattatori che altrove hanno portato proteste e fiamme, qui hanno portato ricchezza. "Bisogna usare la testa. Se si ragiona, anche i problemi più gravi si risolvono. Io quelli di Napoli un po' li capisco. Ad ogni emergenza, c'è chi dice di risolvere tutto e invece non risolve nulla. Ma anche loro debbono cambiare testa: non possono continuare a dire: la discarica si deve fare, ma non qui da noi. Ci vogliono programmazione e consenso".

La ricchezza
si vede, in questo paese - 732 abitanti - grande come certi condomini di periferia. Nel centro storico le case sono ben tenute e appena fuori, invece degli appartamenti, si costruiscono ville e villette a schiera. "Capitolo 1: se vuoi che la gente venga ad abitare qui, devi dargli una casa. E allora noi vendiamo aree già urbanizzate a 30 euro al metro quadrato, contro i 200 di Asola, un Comune a 8 chilometri da qui. Una villetta a schiera di 120 metri quadri calpestabili qui la compri con nemmeno 120.000 euro". Il tesoro comunale è la discarica stessa. Per ogni tonnellata di rifiuto solido urbano il Comune incassa 13 euro e altri soldi arrivano dal biogas prodotto nello stesso impianto. L'anno scorso sono arrivati 1,2 milioni di euro (in un bilancio comunale che, senza discarica, supera appena il milione). "E così - racconta il primo cittadino - possiamo fare cose importanti: chi abita qui, o arriva per abitare nella villetta acquistata, quando si sposa riceve 750 euro. Quando nasce il primo figlio, ecco 500 euro per le prime spese. Per il secondo e altri figli, 1000 euro a testa. I bimbi crescono e vanno alle elementari: ecco allora 500 euro all'anno. Abbiamo la scuola materna e lì non si paga la retta".

Asilo nido, materna ed elementari, con doposcuola, non hanno bisogno di catering. "Il Comune ha una cuoca, la signora Daniela Ferrari, e ci pensa lei". Sono tutte unite, le scuole. Oggi si servono pasta con olio e parmigiano, filetto di merluzzo, verdure miste. "Il resto del personale non è tanto - cinque impiegati, uno stradino, un vigile urbano a metà con Acquanegra - ma ci basta. I bimbi pagano la mensa, ma appena 3 euro a pasto, contro i 7,71di Redondesco, il Comune qui vicino, o Mantova". Nessuna tassa sui rifiuti, l'Irpef è sconosciuta, l'Ici era scomparsa anni prima dell'annuncio di Berlusconi.

Il sindaco mostra con orgoglio il "suo" piccolo regno. "Questa casa padronale l'abbiamo comprata e ristrutturata. Ne abbiamo ricavato nove appartamenti molto curati, che affittiamo a chi è in difficoltà: novanta euro al mese. E poi abbiamo costruito la bocciofila, stiamo preparando la palestra... Insomma, fino a quindici anni fa rischiavamo di scomparire: eravamo rimasti solo in 596. Adesso siamo in crescita e la cosa bella è che dai paesi vicini arrivano soprattutto giovani che si vogliono sposare e mettere su casa".

Quasi non si vede, la discarica. È alta dieci - dodici metri in tutto. "Con la pronta copertura dei rifiuti, non c'è mai odore cattivo. A volte si dà la colpa alla discarica ma la puzza arriva dal letame o liquidi suini sparsi nelle campagne". Comunque, il tesoretto comunale è a tre chilometri dal paese, lontano dagli occhi. "Ero sindaco anche allora, quando a metà degli anni '90 si seppe che la Regione aveva deciso di mettere la discarica del mantovano qui o a Redondesco o Acquanegra. Io mi sono detto: se deve arrivare, tanto vale avere oltre al disturbo anche qualche vantaggio. Se la mettono nel Comune accanto ho solo problemi e nessuna entrata. Ho cercato l'accordo con gli altri sindaci ma loro non ne volevano sapere. Ho fatto riunioni con i cittadini, ho spiegato il progetto. Solo pochissimi erano contrari. Dicevano le stesse cose che si sentono adesso in televisione, quando si vuole fare una discarica da qualche parte. "Sì, ma non a casa nostra". E così da 15 anni l'impianto è nel nostro territorio ma proprio a ridosso degli altri due paesi, più vicini del nostro alla discarica. Chissà perché, con quei sindaci non sono più riuscito a fare pace".
 
(22 gennaio 2011)