martedì 31 maggio 2011

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Usa: per Biaggi un k.o. e un 3°
Checa fa doppietta e allunga

A Salt Lake City il leader del Mondiale, su Ducati, vince entrambe le gare e si porta a + 61 su Melandri, 10° e 6° con la Yamaha, e + 62 sul romano dell'Aprilia che somma una caduta, per un contatto con Rea, in gara-1 e un podio. Bene Badovini (Bmw), 7° in gara-1 e Fabrizio (Suzuki), 5° in gara-2

Carlo Checa, 38 anni, pilota spagnolo della Ducati. Worldsbk.com
Carlo Checa, 38 anni, pilota spagnolo della Ducati. Worldsbk.com
SALT LAKE CITY (Utah, Usa), 30 maggio 2011 - Carlos Checa fa doppietta, sbanca il GP degli Usa di Superbike e prende il largo nel Mondiale, con 61 punti di vantaggio su Melandri e 62 su Biaggi. Nulla da fare contro il 38enne spagnolo che su questa aveva già dominato nel 2008, con la Honda, e lo scorso anno aveva visto andare in fumo due vittorie già in tasca per inopinabili guasti tecnici che avevano spianato la strada a Max Biaggi. Stavolta la Ducati, al 297° successo iridato, ha funzionato come un orologio e per gli inseguitori Melandri e Biaggi non c'è stato nulla da fare.
max a terra — Max Biaggi, scattato benissimo dalla seconda fila, ha compiuto al comando poche curve, poi si è fatto risucchiare dal gruppo fino alla collisione con Jonathan Rea (Honda). Entrambi sono volati nel fango accusandosi reciprocamente. “Ero davanti e non so dove volesse andare, la sua moto mi è venuta addosso” ha raccontato Biaggi. “Ero all'interno, Max ha chiuso e mi ha toccato” ha ribattuto il 24enne nordirlandese. Melandri, l'unico tra i big che non aveva mai corso qui, è andato in subito in crisi finendo soltanto decimo per problemi di assetto e d'aderenza. La Ducati ha fatto festa anche con Jakub Smrz e Sylvain Guintoli monopolizzando il podio come ad Imola 2010 con lo stesso Checa, Lanzi e Haga. Nonostante la gara perfetta, Carlito è arrivato al podio senza moto e coperto di fango. “Nel giro d'onore uno spettatore mi ha porto una bandiera, sono uscito per prenderla non ricordando che qui le vie di fuga sono paludi” ha sorriso il capofila del campionato. “Il Mondiale? Non ci penso, è ancora lunghissima e vado avanti gara dopo gara”. Scivolata anche per Michel Fabrizio (Suzuki) spinto a terra dall'incauto Ruben Xaus (Honda). Eccellente 7° posto invece per il debuttante Ayrton Badovini primo dei piloti di una Bmw colata a picco con Leon Haslam (ottavo) e Troy Corser solo 13° dopo aver compiuto i primi tre giri al comando.
gara-2 — Nella seconda manche, Checa In gara-2 Checa parte a razzo, si piazza davanti a tutti già alla prima curva e da lì non si muove più dominando la gara. Alle sue spalle chiudiono le due Aprilia, con Camier secondo e Biaggi terzo, bravo a riprendersi dopo gara-1, ma non abbastanza in palla per insidiare lo spagnolo. Quarto chiude Laverty, con la Yamaha, davanti a un positivo Fabrizio, con la Suzuki. Sesto Melandri, sempre secondo nel Mondiale, ma più lontano da Checa, che è in fuga.
Risultati, gara uno (21 giri, km. 103,047): 1. Checa (Spa-Ducati) in 38'46”915 media 159,425 km/h; 2. Smrz (Rcec-Ducati) a 2”766; 3. Guintoli (Fra-Ducati) a 4”093; 4. Camier (GB-Aprilia) a 8”885; 5. Laverty (Irl-Yamaha) a 15”718; 6. Sykes (GB-Kawasaki) a 20”477; 7. Badovini (Ita-Bmw) a 22”170; 8. Haslam (GB-Bmw) a 22”267; 9. Haga (Gia-Aprilia) a 24”087; 10. Melandri (Ita-Yamaha) a 27”150; 11. Berger (Fra-Ducati) a 29”422; 17. Rolfo (Kawasaki).
Risulatati, gara due: 1. Checa (Ducati); 2. Camier (Aprilia); 3. Biaggi (Aprilia); 4. Laverty (Yamaha); 5. Fabrizio (Suzuki); 6. Melandri (Yamaha); 7. Guintoli (Ducati); 8. Smrz (Ducati); 9. Badovini (Bmw); 10. Sykes (Kawasaki).
Classifica mondiale (prime posizioni): 1. Checa 195; 2. Melandri 134; 3. Biaggi 133; 4. Laverty 109.
Paolo Gozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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LA RICERCA

Un'immagine indimenticabile?
Persone e pochi paesaggi

Uno studio del Mit rivela che gli scatti che più rimangono impressi nella memoria sono quelli in cui compaiono soggetti umani, seguiti da interni e oggetti a distanza ravvicinata. E, a sorpresa, boccia la natura. Perché "piacevole e memorabile sono due cose distinte" DI ALESSIA MANFREDI

DECINE e decine di scatti per immortalare le cascate dei Niagara, il parco di Yellowstone o i panorami delle Dolomiti, per fissare per sempre la vacanza del cuore? Fatica sprecata, pare, se in mezzo non ci siete finiti anche voi o qualche amico. Perché quello che rende un'immagine memorabile è la presenza di un soggetto umano, mentre paesaggi e scorci naturalistici si scordano molto più facilmente.

Ad affrontare con approccio scientifico un soggetto così sfuggente e personalissimo, dato che la memoria visiva è molto soggettiva, è uno studio - il primo nel suo genere -  del Massachusetts Institute of Technology 1, che sarà presentato a giugno alla IEEE conference on computer vision and pattern recognition, a Colorado Springs. Dopo aver coinvolto centinaia di volontari cui sono state mostrate qualcosa come 10mila immagini, un gruppo di neuroscienziati del Mit, guidati da Phillip Isola e dalla professoressa Aude Oliva, sono giunti a stilare una classifica piuttosto precisa: le foto che rimangono più impresse - in base ai risultati del loro studio - sono quelle in cui compaiono persone, seguite da scene di interni statiche e oggetti, meglio se ripresi in maniera ravvicinata. E gli immancabili paesaggi? Sono finiti in fondo, perché, nella maggior parte dei casi, risultano lasciare una traccia assai più labile nella nostra memoria.

Ansel Adams ci sarebbe rimasto male: uno scaffale di supermercato o un primo piano delle bocce al bowling più "forti" di quei meravigliosi scorci d'America scolpita in bianco e nero? Ebbene, i ricercatori dell'avanguardistico istituto di Cambridge, Usa, sostengono di aver individuato caratteristiche oggettive, che spiegherebbero perché una foto rimane impressa e un'altra no, a prescindere dalla sua gradevolezza. "Piacevole e memorabile sono due cose diverse" precisa infatti Isola, uno dei primi autori della ricerca. Ma gli elementi che ci fissano un'immagine nella mente sono, a detta degli studiosi, comuni più o meno a tutti. Tanto che hanno permesso loro di sviluppare un algoritmo al computer in grado di ordinare le foto in base al loro "tasso di memorabilità". Sicuramente utile a chi si occupa di fotografia in modo professionale, e perché no, anche a chi si diverte a mettere su Facebook gli scatti dei propri viaggi.

Oliva e colleghi avevano già dimostrato, in lavori precedenti, che il cervello può ricordare migliaia di immagini con un livello di precisione molto elevato. Ma non tutte le foto sono indimenticabili. Per cercare di scoprire cosa le renda tali, gli scienziati del Mit hanno mostrato a centinaia di persone migliaia di foto via computer, alcune delle quali venivano ripetute. Il compito dei partecipanti allo studio era di indicare, premendo un tasto sulla tastiera, quando sullo schermo appariva un'immagine che avevano già visto. Sulla base del numero di persone che hanno indicato correttamente l'immagine già vista è stata calcolata la sua "memorabilità".

In generale, al netto delle differenze individuali fra i soggetti coinvolti, i risultati sono stati "molto omogenei e chiari", ha spiegato Oliva. Dopo aver raccolto i dati, la docente e i suoi colleghi hanno costruito delle "mappe di memorabilità" di ciascuna immagine, chiedendo alla gente di etichettare tutti gli oggetti all'interno di essa. Mappe che possono essere analizzate attraverso un modello computerizzato, per determinare quali sono gli ingredienti chiave dell'"indimenticabilità".

In generale, spiegano gli scienziati, quelle che rimangono più impresse sono le foto in cui compaiono persone. Seguono poi immagini di spazi a grandezza umana, come ad esempio gli scaffali di frutta e verdura al mercato, e le zoomate sugli oggetti. Meno interessanti risultano invece paesaggi e scorci naturalistici, a meno che non contengano elementi strani o inaspettati.

"Per vie scientifiche, si è arrivati a dimostrare una realtà quasi lapalissiana", commenta Francesco Zizola, fotoreporter italiano vincitore di diversi World Press Photo award e di molti altri riconoscimenti internazionali. "L'essere umano è un animale che deve la sua sopravvivenza a diverse funzioni fra cui la vista, fondamentale. Memorizzando la fisionomia di altri esseri umani si può riconoscerne l'affidabilità o la pericolosità". Per questo le immagini che rappresentano altri soggetti umani si memorizzano più facilmente. "A questo tratto 'primitivo', legato, antropologicamente, alla necessità, nella società di oggi, dove l'immagine è dominante, si sono poi aggiunti altri elementi ma il dato mi pare confermare una realtà conclamata", conclude Zizola. 

Per arrivare a "distillare" l'algoritmo in grado di predire quanto un'immagine mai vista risulterà memorabile, sono stati studiati colori, forme, perfino la distribuzione dei contorni all'interno di uno scatto, in relazione a quanto questo è risultato facile da ricordare. E usate analisi statistiche, che permettono al computer di identificare tratti ricorrenti all'interno di una serie di informazioni.

Nel mondo perennemente connesso e massimamente social, uno dei possibili sviluppi che i ricercatori hanno subito ipotizzato è una applicazione per l'IPhone che potrebbe immediatamente indicare quanto rimarrà in testa a chi la guarda la foto che si è appena scattata. La sfida, in questo caso, è quella di far funzionare l'algoritmo con sufficiente velocità, dice Isola. Ma si può anche pensare alla messa a punto di nuovi test clinici per rivelare in modo più preciso quali aspetti della memoria visiva risultino carenti in persone che soffrono di specifici disturbi, o magari di giochi per aiutare ad allenare la memoria.
 
(30 maggio 2011)
 
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Milano e Napoli, volano De Magistris e Pisapia
Berlusconi: “Milanesi preghino Dio ora”
Alla fine il marchio della sconfitta lo mette Berlusconi in persona, parlando dalla Romania: “Abbiamo perso, è evidente”. La giustificazione è pronta: “Guardando caso per caso, la sconfitta non ha niente a che vedere con il governo”. Il premier assicura che l’esecutivo andrà avanti, contro tutto e contro tutti, “con l’accordo di Bossi”. E non risparmia la battutaccia nel giorno della sconfitta peggiore: “Ora i milanesi devono pregare il buon Dio che non gli succeda qualcosa di negativo”. Quanto a Napoli, dice il Cavaliere, gli elettori “si pentiranno tutti moltissimo”.

Il premier si spezza ma non si piega, insomma, mentre tutto attorno lo scenario racconta un cappotto completo su tutta la linea. Persa Milano per mano del “comunista” Pisapia. Tracollo a Napoli, dove De Magistris prende percentuali bulgare che neanche il Bassolino dei tempi d’oro. E poi Cagliari, che finisce nelle mani dell’altro comunista protagonista di queste amministrative, Massimo Zedda (60%). Via a cadere le città già perse al primo turno: Torino, Bologna. E infine Trieste, che torna nelle mani del centrosinistra. Basterebbero queste sei città per disegnare quel famigerato vento di cambiamento che trascina il centrodestra fuori dalle città che contano. Ma c’è di più, molto di più, andando a guardare nei centri piccoli e medi.

Il centrodestra tiene solo a Varese, dove il leghista Attilio Fontana porta a casa una vittoria sofferta. Il resto è ancora tinto dai colori del centrosinistra: Gallarate, dove la Lega sostiene di fatto il Pd, Novara, Rimini, Pordenone, Grosseto e Crotone. Mentre al centrodestra vanno Cosenza, Iglesias e Rovigo. Per quanto riguarda le province, vanno al centrosinistra quelle di Mantova, Pavia e Macerata. Mentre il centrodestra si prende Vercelli e Reggio Calabria.

Spremuti i dati elettorali, il succo politico è evidente. E Berlusconi lo sa bene. Tracollo, ad essere pietosi, disarmo totale, per dirla tutta. Il primo a farne le spese (unico nel suo genere) è il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che immediatamente rassegna le sue dimissioni. Per il resto è un diluvio di necessità di “riflettere”. Da Quagliariello ad Alemanno, da Frattini alla stessa Moratti, parte in realtà la resa dei conti dentro il partito. Il ministro degli esteri chiede di sperimentare il modello delle primarie nel partito. Ma a parte lui, con i big che tacciono sono i pesci più piccoli che sondano il terreno per capire chi e cosa sarà investito dal terremoto politico. Sisma che potrebbe scatenarsi già domani, quando il premier riunirà l’ufficio di presidenza del Pdl e il consiglio dei ministri. I nodi hanno nomi e cognomi: Mantovani, che da coordinatore lombardo non ha brillato, Scajola, deciso a dare battaglia. E poi Beccalossi, che al Tg4 ha criticato il premier sulle case abusive. E poi i sempre meno responsabili, ancora in attesa delle promesse poltrone. La lib-dem Melchiorre che lascia il posto da sottosegretario. Ogni nome, negli incubi del premier diventa una possibile corrente da disinnescare.

Il premier glissa sulla resa dei conti e preferisce parlare di “maggiore radicamento nel territorio”: ”Adesso ci vediamo e faremo quello che serve per radicare molto di più il partito sul territorio, come eravamo già intenzionati a fare”, dice ai giornalisti da Bucarest. Ma l’ipotesi, Berlusconi non lo nega, è quella di fare piazza pulita degli attuali coordinatori per fare posto al ministro della Giustizia Alfano: “Si tratta di un processo che era già avviato, un lavoro sul Popolo delle Libertà di cui mi occupo direttamente, perché vogliamo rilanciarlo alla grande”.

Non va meglio in casa della Lega. Matteo Salvini, a Milano, marca subito la distinzione: “Non siamo qui a fare i processi, ma è chiaro che il Pdl ha perso voti, e la Lega ne ha guadagnati”. Il ministro Calderoli, per parte sua, si mostra tranquillo, fedele nel solco tracciato dal premier: “Il governo andrà avanti fino alla fine della legislatura per fare le riforme. Si vince e si perde insieme”. Ma c’è da giurare che la base non sarà così netta nel distribuire le colpe, né così blanda nelle soluzioni.

Chi se la ride, nonostante i magri risultati elettorali, è il presidente della Camera. Gianfranco Fini affida ad una nota la sua vendetta: “Avevo avvertito Berlusconi, scrive Fini, lui mi ha ripagato buttandomi fuori”. Il leader di Fli si spinge oltre: “Il governo può anche non cadere, ma il berlusconismo è finito”. E aggiunge, preoccupato per la manovra economica alle porte: “Speriamo di non essere alla vigilia di giorni più complicati”.

Ridono, e di gusto, anche nel centrosinistra, e per oggi non potrebbe essere altrimenti. Pisapia e De Magistris, certo, festeggiano. Così come fanno festa Bersani - “Abbiamo smacchiato il giaguaro”, commenta sarcastico – Bindi, Veltroni, D’Alema, i big del partito democratico di solito impegnati a distinguersi per una volta sono tutti d’accordo. Da padre storico dei democratici sorride anche Romano Prodi, che si presenta in piazza del Pantheon a Roma per festeggiare. L’avvertimento dell’unico uomo che abbia battuto Berlusconi (per due volte) è tanto chiaro quanto perentorio: “Non più di cinque minuti per festeggiare – ammonisce – poi subito mettersi al lavoro”. C’è da augurarsi che i suoi seguano il consiglio.

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Ferrari, voglia di recupero
Perez e Petrov stanno bene

Dopo il GP di Monaco Domenicali fa il punto: "Peccato per il secondo posto, ma se alla vigilia ce lo avessero pronosticato avremmo firmato. Noi non molliamo, adesso altre due gare favorevoli". Il messicano, dimesso, vuole correre in Canada. Ok il russo della Renault

MONTECARLO (Monaco), 30 maggio 2011 - Dal doppiaggio subìto a Barcellona, al secondo posto di Montecarlo. Forse è ancora troppo presto per definirlo un vero riscatto Ferrari. Lo è nei numeri e nella competitività dimostrata, non lo è se si considera che forse è meglio aspettare GP su piste assai meno anomale del Principato. Ma siccome Fernando Alonso è, prima ancora che un pilota forte, una persona intelligente, ecco che il bilancio del fine settimana monegasco è tutto racchiuso nelle parole del dopo gara: "Si poteva vincere, ma questo secondo posto è comunque importante perché dà morale alla squadra".
situazione dura — Proprio il morale, oltre che i punti e un carico aerodinamico migliore, è quello che in questo momento serve moltissimo alla rossa. "Noi non molliamo - ha detto il responsabile della gestione sportiva Stefano Domenicali - inutile nasconderlo, c'è un po' di rammarico, ma se alla vigilia ci avessero detto che avremmo ottenuto il secondo posto ci avremmo messo la firma". "La situazione, nelle due classifiche, si sta facendo sempre più difficile - commenta ancora Domenicali -, ma ora ci aspettano due gare che, sulla carta, dovrebbero vederci competitivi. Poi, prima della pausa estiva, tireremo le somme".

Alonso e i suoi meccanici contenti del secondo posto. Ap
Alonso e i suoi meccanici contenti del secondo posto. Ap
parla fry — A Maranello si cercherà ovviamente di spingere in avanti sullo sviluppo per tentare un difficile recupero. "Andiamo in Canada desiderosi di continuare a migliorare la nostra prestazione" è l'auspicio di Pat Fry, uno dei tre tecnici su cui la scuderia di Maranello ha deciso di puntare dopo il benservito al direttore tecnico Aldo Costa. Tra quindici giorni, "ci saranno - promette - alcune novità sulla vettura: dobbiamo continuare a spingere sullo sviluppo, in modo da ridurre il distacco che ci separa ancora dai migliori".

L'incidente tra Alguersuari e Petrov. Ap
L'incidente tra Alguersuari e Petrov. Ap
perez dimesso — Oggi intanto buone notizie per Sergio Perez. Il messicano, protagonista di un brutto incidente nelle qualifiche del GP, ha lasciato il Princesse Grace Hospital di Montecarlo. Il pilota della Sauber, secondo quanto si apprende, dovrà restare un paio di giorni a riposo nel Principato prima di poter fare ritorno a casa. Il messicano, che nel violento urto della sua monoposto con le protezioni della pista all'uscita del tunnel ha riportato una commozione cerebrale e una lesione a una gamba, dovrebbe essere in grado di disputare il GP di Montreal in programma fra due settimane. "Non c'è nessun problema per il Canada - garantisce Perez - è l'obiettivo principale e non vedo la ragione per cui non dovrei esserci. Ora devo rimanere qui due o tre giorni per recuperare in pieno, ho preso un bel colpo alla testa, adesso non è proprio il caso di volare. Voglio starmene tranquillo in albergo, prendermi il tempo necessario e ricominciare a vivere normalmente".
ok petrov — Sta bene anche Vitaly Petrov, il pilota della Lotus portato in ospedale in ambulanza dopo l'incidente in cui è rimasto coinvolto negli ultimi giri della corsa, quello che ha fatto scattare la bandiera rossa a sei giri della fine congelando di fatto la graduatoria della gara. "Le mie gambe erano rimaste incastrate nell'abitacolo e non le sentivo bene" ha raccontato il pilota russo che non ha però subito conseguenze fisiche ed è stato dimesso dopo un'ora.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dal giardino di casa al cliente
È vendita libera per gli ortaggi

Il consiglio comunale di San Francisco, in California, ha approvato un'ordinanza che permette a chiunque di vendere ai vicini, nei mercatini, ai ristoranti e ai bar i prodotti che produce nel giardino di casa. E lo stesso faranno i comuni di Berkeley, Oakland, San José e Santa Cruz. Ecco perché di PAOLO PONTONIERE

SAN FRANCISCO - Dalla corsa all'oro alla Stagione dell'Amore (the Season of Love) e dalla rivoluzione dell'Internet ai matrimonio gay: San Francisco è da sempre in prima fila nella sperimentazione economica e sociale. Adesso la città californiana ha deciso di porsi all'avanguardia anche del movimento statunitense per lo sviluppo di un'agricoltura urbana. Con una delibera che ha sorpreso anche i produttori locali - che hanno già contribuito alla rinascita dei mercatini di quartiere e allo sviluppo d'una cucina basata tutta su ingredienti coltivati nel raggio di poche miglia da luogo dove vengono consumati -  il consiglio comunale della città ha di recente approvato un'ordinanza che permette a chiunque di vendere ai vicini, nei mercatini, ai ristoranti e ai bar gli ortaggi che produce nel giardino di casa. "Questa è una splendida occasione per incrementare la produzione alimentare cittadina, per stabilire un precedente che può servire da esempio ad altre realtà urbane e per recuperare una preziosa porzione dei terreni cittadini che giacciono abbandonati", ha spiegato Ed Lee, il sindaco asiatico-americano della città: "Bisogna liberare quei lotti e sottrarli alle spinte speculative".

La passione della città californiana per l'agricoltura urbana affonda le radici nella storia. Già negli anni Settanta, muovendosi controcorrente, San Francisco aveva fatto tendenza decidendo di aprire le terre di proprietà comunali ai cittadini che volevano coltivare frutta, ortaggi, verdure e fiori. Li chiamarono Community Garden, giardini comuni. Autogestiti su licenza del comune dai loro agricoltori, fiorirono a centinaia. Molto spesso nei quartieri più poveri o su terre marginali, contribuendo non solo all'abbellimento della città ma anche al recupero di terreni contaminati da vecchie attività industriali e navali. Negli anni Ottanta questa decisione aveva poi portato alla nascita di SLUG, the San Francisco League of Urban Gardeners, la prima alleanza di base statunitense per la riaffermazione di pratiche agricole in ambiente metropolitano.

"Si trattava di esperienze private", osserva Mary Purpura, Urban Ecologist di The Potrero View, uno dei principali giornali di quartiere della città: "I giardinieri urbani coltivavano o per scopi estetici, per rilassarsi o per arricchire un tantino la loro alimentazione, era insomma un'esperienza più intellettuale, una dichiarazione politica, che una scelta di sviluppo. Questa è diversa: è la prima volta che negli Stati Uniti una città permette ai suoi abitanti di coltivare e vendere dal giardino di casa propria. Non è solo una rivoluzione economica ma è anche un grande cambiamento del costume e potenzialmente dei flussi commerciali, che rifocalizza il consumo alimentare sulle produzioni regionali".

E se non si tratta di vera e propria rivoluzione, si parla in ogni caso di una decisone destinata a fare storia. Inziative di questo tipo sono infatti adesso in via di approvazione non solo a Berkeley, Oakland, San José e Santa Cruz - città tutte limitrofe a San Francisco - ma anche in comuni come Detroit, che oltre ad essere finiti in bancarotta adesso devono fare i conti con una popolazione che si impoverisce gradualmente e con interi quartieri abbandonati al disfacimento urbano. "L'abolizione di regole antiquate permetterà ai coltivatori urbani di reintrodurre una tradizione semplice e vetusta alla quale le nostre città hanno rinunciato solo di recente", assicura Caitlyn Galloway, animatrice dei Little City Gardens, il community garden di San Francisco dal quale è partita l'idea.
(27 maggio 2011)
 

domenica 29 maggio 2011

bè......

NUCLEARE

Stress test Ue al via da giugno
Svizzera, addio all'atomo

Raggiunta l'intesa per i controlli sula tenuta degli impianti decisi dopo la catastrofe di Fukushima. Le simulazioni di attacchi terroristici verranno valutate in un secondo momento. Berna intanto annuncia che non costruirà nuove centrali

BRUXELLES - Partiranno il prossimo primo giugno gli stress test 1 sulle 143 centrali nucleari europee decisi dall'Unione Europea in seguito all'allarme creato dalla catastrofe di Fukushima. Ad annunciarlo è stato il commissario Ue all'Energia, Guenther Oettinger, dopo l'intesa araggiunta con le autorità nazionali di regolamentazione dell'energia nucleare sulle modalità e i tempi con cui reazlizzare le prove per verificare la tenuta degli impianti. L'accordo è stato possibile con la consueta tattica di aggirare gli scogli motivo di scontro. Nel caso degli stress test le divergenze tra Stati membri riguardavano l'opportunità di inserire tra i fattori da valutare anche la tenuta a fronte di un possibile attacco terroristico e di incidenti aerei. L'Ue ha stabilito quindi che le simulazioni di queste due casistiche in particolare "saranno gestite separatamente, dopo che gli Stati membri hanno evidenziato l'esigenza di riservatezza" di dati di questo tipo.

"Faremo tutti gli sforzi per assicurare gli standard di sicurezza più elevati sia negli impianti nucleari dell'Unione europea che in quelli vicini ai confini - ha detto Oettinger - Ora arriva la parte più difficile: far rispettare i criteri con tutto il rigore necessario". Il processo che parte il primo giugno prevede tre fasi: una preliminare, in cui le centrali dovranno fornire documentazione e rispondere a un questionario,
poi un esame da parte delle autorità nazionali e infine una "peer review", attraverso gruppi multinazionali che controlleranno i rapporti delle autorità nazionali.

Le prove sulle centrali nucleari misureranno quindi la capacità di resistenza di fronte a catastrofi nucleari ed errori di origine umana; non considereranno invece la minaccia di attentati terroristici. Secondo l'accordo raggiunto tra i Ventisette, le misure preventive in caso di attentati saranno affrontate da un gruppo separato (perché le autorità di sicurezza nucleare - ha spiegato la Commissione Europea - non si occupano di questioni di sicurezza nazionale e i Paesi membri ritengono che le misure in questo ambito debbano rimanere riservate).

Intanto dopo Germania 2 e Giappone 3, il club dei "pentiti" del nucleare si arricchisce di un altro influente membro. Il governo svizzero ha raccomandato infatti oggi al Parlamento confederale di rinunciare a sostituire le centrali nucleari una volta che queste avranno esaurito la loro vita operativa, intorno al 2034.
(25 maggio 2011)
 
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Milano, per ogni voto Moratti spende 287 euro 

Il sindaco uscente spende una fortuna ma conquista solo il record del voto più caro d'Italia. Il centrosinistra si scopre formica: la coalizione di Pisapia spende dieci volte di meno e mette in tasca 80mila voti in più
L’elettore più caro d’Italia abita a Milano e vota Letizia Moratti. Ogni preferenza al sindaco uscente è “costata” la cifra record 287,8 euro. Lo rivelano i prezzi del “supermarket elettorale”, visitato rapportando le spese delle liste in competizione con i risultati del primo turno (guarda la tabella). Lo schieramento che sostiene Letizia Moratti ha speso oltre 11 milioni e mezzo di euro in manifesti, eventi, spese di personale e così via. Quello per Giuliano Pisapia si ferma a 814.800 euro, dieci volte di meno. Una differenza che si ritrova anche nello sforzo economico profuso dai singoli partiti: il Pdl, ad esempio, ha investito ben tre milioni di euro per sostenere il proprio candidato mentre il Pd ne ha spesi 10 volte di meno per il proprio, 300mila euro tondi tondi. La Lega Nord segue il pacchetto di liste pro Moratti piazzandosi al sesto posto per spese elettorali (350mila euro) e terza in città per numero di preferenze (57.403, il 9,64%). Il partito di Bossi non ha seguito il Pdl nell’escalation degli investimenti: un voto in camicia verde è costato 6 euro. Ma se il centrodestra ha speso tanto, quanto ha incassato in termini di voto?

Per saperlo bisogna mettere in rapporto le cifre di spesa ufficiali depositate in Comune con il numero di voti preso. Lo schieramento di liste e candidati che appoggia Letizia Moratti ha investito 11,6 milioni di euro e ha ricevuto 273,542 voti (41,59%), spendendo così per ogni voto una media di 40,4 euro per ogni preferenza ricevuta mentre lo schieramento in sosteno a Giuliano Pisapia ha speso 814.820 euro e ha incassato 315.999 voti (il 48,05% del totale) arrivando ad un costo per voto pari a 2,58 euro.

Il record spetta a Letizia Moratti: per la propria campagna elettorale dichiara di aver speso 4,5 milioni di euro e in termini di voto ha ricevuto 15.634 preferenze, con una media di 287,83 euro spesi per ogni voto ricevuto. Come si è arrivati a questo calcolo è semplice. Per ottenere le preferenze del candidato sindaco di uno schieramento basta prendere i voti totali e sottrarre quelli riconducibili a liste e candidati diversi dal candidato sindaco. La differenza coincide con il voto di preferenza. Sono stati 15.635 i cittadini che hanno scritto Moratti. Pisapia la doppia con 34.371 preferenze.

Rimanendo ai dati finora noti. Perché , in realtà, il sindaco uscente non ha ancora ufficializzato l’intera somma investita. E questo aveva dato adito a polemiche proprio sulla trasparenza delle singole liste. Si è ipotizzato che Moratti avesse stanziato qualcosa come 20 milioni di euro. Così è intervenuta in prima persona per chiarire: “Ritengo che la spesa sarà come quella del 2006 pari a circa 6,5 milioni di euro” . Eppure secondo gli atti ufficiali depositati per legge in Comune ha speso 4,5 milioni. Dove sono finiti due milioni di euro? Si ritrovano spalmati in tre liste in sostegno del sindaco uscente. “Milano al centro” di Mariolina Moioli e Giovanni Terzi ha speso 1,4 milioni di euro. Ancora più sospetta la lista “Giovani per l’Expo! Insieme a Letizia Moratti” che conta 48 candidati, tutti dal profilo giovanissimo e senza alcuna esperienza, che ha speso 970mila euro. E la lista che fa campo a un ex assessore (Edoardo Croci), cui la stesa Moratti aveva ritirato le deleghe, torna a sostenerla con una dote elettorale di 550mila euro. Nei giustificativi presentati non è obbligatorio indicare la provenienza dei fondi ma solo il totale della cifra.

L’iniezione di soldi, secondo molti, ha trasformato le amministrative del 2011 in un supermarket del voto. Paragonabile al mercato calcistico creato Silvio Berlusconi quando ha iniziato a pagare i giocatori con cifre a sei zeri, alterando gli equilibri. Ma Milano, guardando al risultato del primo turno, sembra essere diventata refrattaria alla logica economica del più forte. Ma chi sono allora i veri vincitori? Si è parlato tanto del Movimento a Cinque Stelle perché con soli settemila euro di spese per la campagna elettorale sono stati abbondantemente premiati dalle urne (21.251 voti presi pari al 3,2 per cento delle preferenze). Un voto è costato ai cosiddetti “grillini” 0,32 centesimi. Ma il recordman del voto “meglio speso” è Giancarlo Pagliarini, fuoriuscito della Lega della prima ora confluito nel gruppo misto per manifesta lontananza dal partito: ha speso mille euro di tasca propria e ha incassato 4mila voti. Una preferenza gli è costata 0,26 centesimi, meno di chiunque altro. Si scopre decisamente caro l’arancio, simbolo della lista di Milly Moratti, cognata milionaria del sindaco. La sua lista civica spende 93mila euro, incassa 7.940 voti (1,33%) e finisce per quotare un voto a 11,7 euro. Si vedrà adesso il risultato del ballottaggio. Se cioè l’investimento morattiano può sortire effetti positivi nella fase finale della corsa elettorale. E’ però evidente, a oggi, che per vincere le elezioni non basta avere più soldi degli avversari da investire nella propaganda.


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Internet, all’eG8 nessun accordo sulle regole
Si è concluso ieri a Parigi il primo eG8, il summit sulla Rete che ha preceduto l’apertura dei lavori degli otto grandi della terra, iniziata oggi a Deauville in Francia. Due giorni di dibattito intorno a Internet e social network, in relazione alle rivolte in Maghreb e alla tutela dei dati personali. All’apertura dei lavori di martedì, il Presidente Nicholas Sarkozy, promotore dell’evento, ha parlato di Web come passo decisivo per la storia dell’umanità dopo la scoperta dell’America e la Rivoluzione industriale. Nonostante questo, però, si è premurato di porre l’accento sulla necessità di una regolamentazione condivisa per i governi, vero obiettivo del meeting. Sarkozy è stato il promotore di Hadopi, la legge contro il file sharing tra le più rigide in Europa. Tuttavia, le sue speranze sono state disilluse. Infatti, come ha sintetizzato Xavier Niel del provider francese Iliad SA, il messaggio dell’eG8 è: “Please try not to regulate“.

Gli ospiti di punta sono stati Rupert Murdoch e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg. Per il magnate australiano, la rivoluzione di Internet ha intaccato tutti i settori culturali e industriali ad eccezione di uno: l’istruzione. Per il ceo di News Corp le scuole sono l’ultimo baluardo della rivoluzione digitale e la grande sfida dei nostri tempi riguarda lo sviluppo e la ricerca del capitale umano. Una prospettiva che giustifica il suo investimento di 360 milioni di dollari per l’acquisto del 90% di Wireless Generation, azienda che fornisce agli insegnanti software per verificare la preparazione degli studenti e fornire e-learning personalizzato.

Zuckerberg invece si è concentrato sulle nuove tendenze del web, dominate  dall’esigenza degli utenti di condividere informazioni personali. Per quanto riguarda le rivolte in Maghreb, invece, ha ridimensionato il ruolo dei social media convinto che sia stata la Rete nel suo complesso a ricoprire un ruolo chiave per la mobilitazione reale. Per quanto riguarda Facebook ha spiegato che dopo i giochi, saranno l’industria della musica e quella del cinema a fare business sulla piattaforma e che l’azienda non ha intenzione di consentire la registrazione ai minori di 13 anni, come era stato ventilato nei giorni scorsi.

Nel corso del meeting Sarkozy è stato attaccato da alcune associazioni che si battono per i diritti in rete quali il  Civil Society Internet Governance Caucus che contestava l’agenda dell’eG8: troppo spazio alle aziende e poco al principio della net neutrality. Ed è ancora mistero sulle responsabilità di un gruppo di attivisti francesi, La Quadrature du Net, che con i suoi hacker avrebbe causato il black out a intermittenza della rete wireless durante il forum.

Per quanto Sarkozy intendesse spingere verso la formulazione di regole condivise le conclusioni del meeting hanno semplicemente posto alcuni temi su cui i governi dovranno riflettere: tra questi la gestione delle reti e la collaborazione tra operatori e governi per la ripartizione dei costi, la protezione dei dati personali e del diritto d’autore nell’era 2.0 oltre alla libera circolazione delle informazioni. Tema su cui nessuno degli ospiti, tra i colossi come Google e Facebook e gli esperti invitati per speech e workshop, ha proposto una linea precisa perché l’imposizione di regole rigide può danneggiare i profitti aziendali. I sei delegati dell’eG8, tra cui Mark Zuckerberg e il presidente esecutivo di Google Eric Schmidt, sono oggi a Deauville per spiegare i risultati dei due giorni di meeting. L’unico messaggio da trasmettere ai grandi della terra è che Internet è l’elemento chiave per lo sviluppo dei paesi e delle loro economie. Il primo eG8 si è concluso senza nemmeno un  canovaccio per avviare una pragmatica regolamentazione del web al contrario di quanto Sarkozy si aspettava.

sabato 28 maggio 2011

ma dai.............

Quel pianeta è abitabile
a venti anni luce da noi

Sette volte la massa della Terra e probabile presenza di acqua in forma liquida. Un nuovo studio su un corpo extrasolare individua caratteristiche ideali per lo sviluppo della vita. Ma per raggiungerlo impiegheremmo 300.000 anni di TIZIANO TONIUTTI

ROMA - Venti anni luce, così lontano eppure così vicino. E un nome strano, Gliese 581d, che viene dalla stella nana attorno a cui orbita, Gliese 581, senza la "d" finale. E' un nuovo pianeta che gli scienziati francesi che l'hanno individuato definiscono "capace di ospitare la vita, in forme simili a quelle che conosciamo sulla Terra". La scoperta è stata annunciata da un comunicato del Cnrs, il centro per la ricerca scientifica francese. Si stima che il pianeta possa avere una massa sette volte superiore alla terra, ed estendersi per circa il doppio della superficie. E' dal 2007 che ne è nota l'esistenza, ma un nuovo studio ne definisce l'abitabilità, dopo una ricerca più accurata sull'atmosfera, che permetterebbe la presenza di acqua.

Gliese 581d orbita infatti all'esterno della cintura verde della relativa stella, nella cosiddetta "zona di Goldilock", una posizione in cui la temperatura è ideale per l'esistenza dell'acqua in forma liquida. Non è così caldo da farla evaporare e nemmeno così freddo perché congeli. E con il tipo di atmosfera ad alta densità di diossido di carbonio, che gli scienziati ritengono probabile per un pianeta così grande come quello individato, potrebbero quindi esserci piogge, nuvole, oceani. E quindi la vita, in forma vegetale e anche animale. E addirittura intelligente, sempre nel campo delle ipotesi. Gliese 581d è solo uno degli oltre cinquecento pianeti extrasolari scoperti negli ultimi 15 anni

Ma
secondo chi l'ha scoperto, 581d potrebbe non avere un ambiente del tutto simile alla Terra. Anzi, sarebbe "un posto piuttosto strano da visitare". L'aria più densa e le nuvole più compatte, secondo il Cnrs, manterrebbero la luce in superficie in una perpetua colorazione rosso-tramonto, piuttosto scuro. E la grande massa del pianeta lascia ipotizzare una gravità doppia rispetto alla Terra. E comunque, arrivarci non è possibile per la nostra attuale tecnologia. Venti anni luce significa che per raggiungere Gliese ci vorrebbero circa 20 anni, viaggiando alla velocità della luce. Utilizzando le nostre attuali tecnologie, ci vorrebbero circa 300mila anni. Un tempo necessario per studiare molti altri metodi per viaggiare nello spazio.
 
(19 maggio 2011)

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NUCLEARE

Stress test Ue al via da giugno
Svizzera, addio all'atomo

Raggiunta l'intesa per i controlli sula tenuta degli impianti decisi dopo la catastrofe di Fukushima. Le simulazioni di attacchi terroristici verranno valutate in un secondo momento. Berna intanto annuncia che non costruirà nuove centrali

BRUXELLES - Partiranno il prossimo primo giugno gli stress test 1 sulle 143 centrali nucleari europee decisi dall'Unione Europea in seguito all'allarme creato dalla catastrofe di Fukushima. Ad annunciarlo è stato il commissario Ue all'Energia, Guenther Oettinger, dopo l'intesa araggiunta con le autorità nazionali di regolamentazione dell'energia nucleare sulle modalità e i tempi con cui reazlizzare le prove per verificare la tenuta degli impianti. L'accordo è stato possibile con la consueta tattica di aggirare gli scogli motivo di scontro. Nel caso degli stress test le divergenze tra Stati membri riguardavano l'opportunità di inserire tra i fattori da valutare anche la tenuta a fronte di un possibile attacco terroristico e di incidenti aerei. L'Ue ha stabilito quindi che le simulazioni di queste due casistiche in particolare "saranno gestite separatamente, dopo che gli Stati membri hanno evidenziato l'esigenza di riservatezza" di dati di questo tipo.

"Faremo tutti gli sforzi per assicurare gli standard di sicurezza più elevati sia negli impianti nucleari dell'Unione europea che in quelli vicini ai confini - ha detto Oettinger - Ora arriva la parte più difficile: far rispettare i criteri con tutto il rigore necessario". Il processo che parte il primo giugno prevede tre fasi: una preliminare, in cui le centrali dovranno fornire documentazione e rispondere a un questionario,
poi un esame da parte delle autorità nazionali e infine una "peer review", attraverso gruppi multinazionali che controlleranno i rapporti delle autorità nazionali.

Le prove sulle centrali nucleari misureranno quindi la capacità di resistenza di fronte a catastrofi nucleari ed errori di origine umana; non considereranno invece la minaccia di attentati terroristici. Secondo l'accordo raggiunto tra i Ventisette, le misure preventive in caso di attentati saranno affrontate da un gruppo separato (perché le autorità di sicurezza nucleare - ha spiegato la Commissione Europea - non si occupano di questioni di sicurezza nazionale e i Paesi membri ritengono che le misure in questo ambito debbano rimanere riservate).

Intanto dopo Germania 2 e Giappone 3, il club dei "pentiti" del nucleare si arricchisce di un altro influente membro. Il governo svizzero ha raccomandato infatti oggi al Parlamento confederale di rinunciare a sostituire le centrali nucleari una volta che queste avranno esaurito la loro vita operativa, intorno al 2034.
(25 maggio 2011)
 
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Celentano ad Annozero, Pdl chiede intervento Agcom. Santoro: “Non si presti a censure”
Bastano la presenza di Celentano e le sue parole e il centrodestra torna immediatamente ad attaccare Michele Santoro e Annozero. “Adriano Celentano viola la par condicio” dicono dal Pdl dopo che durante la trasmissione il cantante ha dichiarato la sua preferenza per Giuliano Pisapia candidato sindaco a Milano. All’indomani di una puntata dagli ascolti record, con quasi 6 milioni di spettatori, il centrodestra si scatena sulla trasmissione di Michele Santoro e con quattro commissari Agcom e il capogruppo Pdl in Vigilanza Butti chiede all’Autorità di aprire un’istruttoria.

Per parte sua Santoro parla di “interventi censori” e all’Authority manda a dire: “Non si presti a questa strumentalizzazione indegna”. La commissione servizi e prodotti dell’Agcom, che dovrà esaminare l’esposto, si riunirà lunedì, dopo il consiglio.

Il clima si infuoca dal mattino con i quattro commissari Agcom di area di maggioranza, Antonio Martusciello, Stefano Mannoni, Roberto Napoli e Enzo Savarese, che chiedono agli uffici di aprire con urgenza un’istruttoria sulla puntata. “Oggetto di accertamento, per presunta violazione delle norme sulla par condicio – precisano – è l’intervento di Adriano Celentano, nel corso del quale il cantante ha manifestamente espresso le proprie preferenze di voto in favore del candidato Giuliano Pisapia nel turno di ballottaggio che si svolgerà a Milano il 29 e 30 maggio, contravvenendo così all’esplicito divieto previsto dall’art. 5 comma 2 della legge 28/2000”.

Santoro replica, accusa i quattro commissari di comportarsi “come rappresentanti di partito e non come membri di un’Autorità indipendente”. Poi sull’intervento di Celentano arrivano anche le dichiarazioni del capogruppo Pdl in Vigilanza Alessio Butti, che annuncia due nuovi esposti, uno contro Annozero per le dichiarazioni del cantante e l’altro contro il Tg3 : “Hanno violato non solo le regole deontologiche del giornalismo ma anche i principi di obiettività, equità ed imparzialità di trattamento dei soggetti concorrenti, previste dal regolamento Agcom dell’aprile 2011”, tuona Butti, “le regole devono valere per tutti”. Il riferimento alle multe piovute contro Tg1, Tg2, Tg4, Tg5 e Studio aperto per lo spazio concesso al premier Berlusconi, è chiaro.

A difesa di Annozero insorge il centrosinistra con Vincenzo Vita del Pd e Pancho Pardi dell’Idv. Roberto Zaccaria, anche lui Pd, che del servizio pubblico è stato presidente, interviene per chiarire che la par condicio non riguarda gli ospiti: “Ricordo che anni addietro si voleva bloccare un’intervista di Biagi a Montanelli perché il grande giornalista manifestava preferenze di voto – dice -. La legge sulla par condicio era in vigore ed il programma andò regolarmente in onda”.

Anche Santoro interviene di nuovo, cita gli articoli della legge, ribadisce la sua convinzione che l’interpretazione non debba essere quella restrittiva indicata dal Pdl: “Adriano Celentano – ricorda – ha manifestato la sua preferenza per Pisapia in un libero contraddittorio con Maurizio Lupi, al quale è stato affidato il coordinamento della campagna elettorale a favore di Letizia Moratti. Lo aveva già fatto in un’altra occasione senza suscitare alcun intervento da parte dell’Agcom”.

Insomma, conclude il giornalista: “Siamo di fronte ad interventi di chiara natura censoria, mossi da una forza politica che sta cercando di comprimere gli spazi di informazione e la libertà di espressione perchè si trova in manifesta difficoltà nei confronti dell’elettorato”.

giovedì 26 maggio 2011

hahahhahhah

Monaco, bene la Ferrari
Alonso primo, poi Hamilton

Prima giornata di prove libere a Montecarlo: la rossa dello spagnolo ha il miglior tempo davanti alla McLaren e alla Mercedes di Rosberg. Poi Button e il leader iridato tedesco della Red Bull che precede Massa

MONTECARLO (Monaco), 26 maggio 2011 - Fernando Alonso accende il sogno dei tifosi ferraristi in vista delle qualifiche del Gran Premio di Monaco: dopo aver colto il secondo miglior tempo al mattino, lo spagnolo è stato il più rapido nel pomeriggio sia con le gomme di mescola morbida (1’16"408) sia con quelle di mescola super morbida (1’15"123).
protagonista — E dunque, dopo le vicende tormentate degli ultimi giorni, che hanno portato all’allontanamento dalla direzione tecnica di Aldo Costa, lo spagnolo si candida a essere tra i protagonisti della battaglia per la pole che un anno fa lo aveva visto invece forzato spettatore per il botto rimediato al sabato mattina. A far segnare il secondo miglior tempo Lewis Hamilton, che su questa pista si era imposto nel 2008: l’inglese, che ha fatto segnare il miglior tempo parziale nel primo settore, è staccato di soli 105 millesimi.
brilla nico — Da segnalare anche la brillante prestazione di Nico Rosberg (Mercedes) che ha accusato anche alcuni problemi al Kers ma ha chiuso con il terzo tempo a 0"198. Nella virtuale seconda fila anche Jenson Button. Mentre il capofila del campionato Sebastian Vettel ha chiuso quinto ma il tedesco è stato poi protagonista di un produttivo test con le super morbide di ben 20 giri.
massa rischia — Massa, che ha rischiato seriamente di danneggiare la propria monoposto sia in uscita alla chicane delle piscine sia all’uscita dalla Anthony Noghes, è sesto, davanti a Schumi (la sua macchina è stata riparata dopo il botto a Santa Devota del mattino) e Webber, che ovviamente nel pomeriggio ha cercato di recuperare terreno dopo l’inconveniente al cambio. Oltre ad aver ottenuto un eccellente tempo sul giro, Alonso, che qui indossa un casco color oro (sarà poi messo all’asta), ha impressionato anche con le gomme dure nella simulazione sulla durata: girando in 1’18", poi quando è passato a uno stint lungo con le super morbide ha siglato 1’17"3.
strategie — Come lo spagnolo hanno lavorato un po’ tutti a valutare le gomme morbide e super morbide (queste ultime mai usate sinora in un gran premio e poco studiate anche nei test invernali) sulla distanza: un compito indispensabile per cominciare ad abbozzare le strategie e capire quante soste andranno fatte. Non è riuscito invece a girare Liuzzi: i meccanici non sono riusciti a riparare in tempo la sua Hrt dopo l’incidente alla variante del porto del mattino. Infine da segnalare un incidente a Vitaly Petrov che ha rotto l’alettone, sbattendo contro il guard-rail alla staccata della chicane del porto.
dal nostro inviato
Andrea Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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L’Arpa Puglia sbugiarda l’Ilva di Taranto
sulle emissioni di gas cancerogeno
Secondo i vertici dell'acciaieria, la riduzione del rilascio in atmosfera del benzo(a)pirene è merito dell'azienda. Ma l'ente ambientale è scettico. “Solo propaganda”, dicono i comitati ambientalisti che sottolineano come i valori della sostanza siano ancora molto superiori al massimo consentito
“E’ molto difficile affermare che la diminuzione del benzo(a)pirene sia legata al miglioramento delle performance ambientali dell’Ilva”. A parlare così è Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa Puglia che interviene nella polemica scoppiata nei giorni scorsi a Taranto fra l’Ilva e il comitato Altamarea sull’interpretazione dei dati relativi all’inquinamento da benzo(a)pirene, idrocarburo aromatico altamente cancerogeno, nei quartieri a ridosso del grande stabilimento siderurgico tarantino.

Un monitoraggio dell’Arpa relativo ai primi tre mesi del 2011 ha rilevato nell’aria del quartiere Tamburi, il più vicino alle ciminiere dell’Ilva e tristemente noto come una delle aree più inquinate d’Italia, 1,55 ng/m3 di benzopirene a gennaio, 2,82 ng/m3 a febbraio e 1,43 ng/m3 a marzo. A fronte dei limiti massimi di diffusione in atmosfera della sostanza che non dovrebbero superare come media annua 1 nanogrammo al metro cubo.

Dal confronto con i dati relativi dei primi tre mesi di 2009 e 2010 emerge come i valori dell’idrocarburo siano effettivamente in diminuzione. Ed è proprio dalla loro lettura che era scaturito il botta e risposta fra i vertici dell’azienda e il comitato Altamarea, che raggruppa comitati cittadini e associazioni come Arci, Legambiente, Wwf e Libera.

“Prendiamo atto positivamente nel constatare come i valori siano nettamente inferiori a quelli registrati nello stesso periodo del 2010” annunciava ottimisticamente la direzione dell’acciaieria con una nota a firma di Adolfo Buffo, Responsabile Qualità e Ambiente. “I valori riscontrati parlano di una riduzione di circa il 40%, e dimostrano come l’impegno di tutti possa portare a risultati importanti ed incoraggianti nel raggiungere, entro dicembre 2012, il valore obiettivo di 1 ng/m3 fissato dalla legge, ma che la comunità di Taranto, così come l’Ilva, vogliono conseguire nel più breve tempo possibile”.

Immediata la replica di Altamarea che in una nota del presidente Biagio De Marzo bollava le statistiche come una mistificazione ai danni dei cittadini: “Questi dati, contrariamente a quanto l’Ilva dichiara, non sono per nulla un successo in quanto superano in media del 93% il valore che la precedente normativa aveva posto come limite per il benzo(a)pirene. Con evidente intento propagandistico – continua De Marzo – l’Ilva raffronta tale dato cattivo con quello pessimo del 2010 (3 ng/m3 nei primi tre mesi del 2010); confronta cioè un dato inaccettabile (1,93 ng/m3 di media trimestrale) con un dato ancora peggiore, ma entrambi sono superiori a 1 ng/ m3”.

Una battaglia di cifre che riaccende i riflettori anche sull’abolizione da parte del governo, con il decreto legislativo 155/2010, dell’obbligo di intervento per le industrie che superano il limite annuo di 1 ng/m3 di immissioni. Una legge che in pratica autorizza le aziende a rimandare il problema benzo(a)pirene alla fine del 2012, con parametri di controllo stabiliti su base annua e ammorbidendo di fatto i rischi di conseguenze per le industrie inquinanti. Nonostante le emergenze e nonostante l’OMS consideri questa sostanza al massimo livello di pericolosità.

Solo la Puglia, per far fronte proprio alla realtà di Taranto, ha reintrodotto i vincoli nel febbraio 2011 con una legge regionale. “Purtroppo questa legge avrò pochi effetti pratici – sostiene il presidente di Altamarea. “Serve una presa di posizione netta da parte delle autorità sanitarie riguardo la pericolosità di questa sostanza. Non possiamo più accettare che si rimanga a guardare mentre per anni la gente continua a respirare questi veleni”.

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VERTICE G8

Berlusconi ad Obama
"In Italia dittatura dei giudici"

DEAUVILLE - In italia "abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra". A dirlo è stato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a margine dei lavori del G8. Ciò che sorprende è il nome dell'interlocutore, Barack Obama. Dalle immagini che riprendono il colloquio dei due leader si comprende nettamente che il premier, anche con il numero uno americano, si è lamentato della situazione della magistratura in Italia. "Noi abbiamo presentato - ha detto - una riforma della giustizia che per noi è fondamentale, in Italia abbiamo quasi una dittatura dei giudici 1 di sinistra". il premier si è avvicinato ad Obama mettendogli una mano sulla spalla e intrattenendosi con lui per alcuni minuti.

Dopo la maratona televisiva "multata" dall'Agcom 2, dopo le altre interviste a giornali e emittenti, Berlusconi questa volta ha scelto il palcoscenico del G8 per attaccare di nuovo la magistratura, rivolgendosi direttamente al presidente degli Stati Uniti. Un colloquio ripreso dal circuito televisivo interno del vertice, ma che i delegati e i giornalisti hanno potuto sentire praticamente "in diretta", anche attraverso il labiale. Pochi minuti per dire ad Obama che nel nostro paese, secondo il premier, il potere è detenuto dalla magistratura "di
sinistra". A quanto è stato possibile capire, il presidente americano, a cui le parole del premier sono state riportate anche con l'aiuto dell'interprete, non ha dato alcuna risposta a Berlusconi.

L'exploit di Berlusconi verso Obama è stato duramente criticato, in Italia, dall'opposizione: il vicepresidente dei deputati del Pd, Alessandro Maran, l'ha bollata come una nuova "brutta figura davanti al mondo". "Le agenzie - premette - riferiscono che Berlusconi ha avuto un colloquio di ben due minuti, 120 secondi con il presidente degli Stati Uniti. E, indovinate su cosa il nostro presidente del Consiglio ha intrattenuto Barack Obama ritardando l'apertura del summit e indispettendo Nicolas Sarkozy e Angela Merkel? Sulla quasi 'dittatura dei giudici di sinistra' in Italia. Certo, gli argomenti all'ordine del giorno dei 'grandi' riuniti a Deauville in Francia sono la primavera araba, la decisione su un eventuale sostegno finanziario ai paesi nordafricani in transizione verso la democrazia, la situazione in Medio Oriente, la successione alla guida del Fmi. Ma Berlusconi ha una sola ossessione e noi, di fronte al mondo, facciamo un'altra brutta figura".

Dello stesso tenore Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv: "Berlusconi continua a gettare discredito sul nostro Paese. Le dichiarazioni rese a Obama al vertice del G8 sono solo la conferma di quanto poco rispetto abbia per gli italiani, la Costituzione e per l'equilibrio fra i tre poteri che sono alla base del nostro sistema  democratico".
 
(26 maggio 2011)
 

mercoledì 25 maggio 2011

mitico.......

Rossi sulla nuova Silverstone
30 giri e scherzi con Surtees

Su due Ducati stradali Vale ha scoperto il tracciato, in una cerimonia con tanti campioni, delle 2 e 4 ruote, di ieri e oggi. "Mi è piaciuta, pista tecnica e impegnativa. John mi ha detto che correva qui negli Anni 50 e io gli ho risposto che a quei tempi non seguivo le gare.."

Valentino Rossi festeggia il terzo posto di Le Mans. Ap
Valentino Rossi festeggia il terzo posto di Le Mans. Ap
SILVERSTONE (Gran Bretagna), 17 maggio 2011 - Valentino Rossi protagonista in pista a Silverstone su una Ducati. Solo che non si trattava di una competizione e la moto non era la Desmosedici con cui è arrivato terzo domenica a Le Mans. Il pesarese, infatti, è stato presente, insieme a tanti altri campioni, delle due e quattro ruote, di oggi e di ieri, alla cerimonia di inaugurazione delle nuove strutture della pista inglese, la Silverstone "Wing”, come è chiamata la moderna ala della pista inglese, comprendente box spaziosi, sala stampa, uffici e auditorium.
antipasto per il 12 giugno — Solo un antipasto, di quello che si vedrà il 12 giugno, quando Silverstone ospiterà la sesta gara del mondiale 2011. Rossi, che nel 2010 non ha partecipato al GP sulla pista inglese, perché infortunato, ha colto l’occasione per fare qualche giro, prima con una 1198 Superbike, poi con una 1198 stradale standard con tanto di targa e specchietti. Una trentina di giri in tutto, che hanno stimolato il pilota italiano.
Valentino Rossi con John Surtees a Silverstone. Reuters
Valentino Rossi con John Surtees a Silverstone. Reuters
vale divertito — “Mi sono molto divertito - ha detto Vale - perché dopo qualche giro con la 1198 Superbike, abbiamo avuto un problema elettrico e abbiamo deciso di usare una 1198 stradale che ci ha portato al volo la filiale inglese di Ducati. Mi è piaciuto molto guidarla qui, su una pista bella, difficile, molto tecnica, impegnativa, con sezioni molto veloci, dove le traiettorie giuste sono importanti, e altre molto strette dove si deve avere un buon grip in accelerazione. La prima curva è completamente cieca, devi tenere una linea molto precisa, ma tutta la prima parte è grandiosa, è quella che preferisco. Mi sono divertito, anche perché c’erano tanti piloti che hanno fatto la storia dei motori, come John Surtees che mi ha detto che qui ci ha corso negli Anni 50. Io allora non le seguivo le gare - ha chiuso scherzando Vale -, ma lui è stato grande”. Alla giornata hanno partecipato, fra gli altri, i piloti di F.1 Webber e Button, il team principal Mercedes, Ross Brawn e James Toseland, Jackie Stewart, Nigel Mansell, Stirling Moss, John Surtees e Randy Mamola.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Energia, l'efficienza conviene
Google fa scuola alle aziende

Il colosso di Mountain View chiama a raccolta i responsabili dei data center di mezzo mondo per spiegare come si possa risparmiare e contemporaneamente fare bene all'ambiente: grazie a pochi accorgimenti "da massaia" di VALERIO GUALERZI

ZURIGO - L'efficienza energetica prima ancora che di tecnologie sofisticate e grandi investimenti è un fatto di consapevolezza e gesti banali. Un'affermazione che forse a molti può apparire scontata, ma le cose cambiano se a sostenerla è un colosso mondiale dell'economia e del high-tech come Google. Sorpresa lei per prima da come sia facile e conveniente risparmiare in bolletta, l'azienda americana ha deciso di diffondere questa scoperta a un pubblico più vasto possibile, chiamando a raccolta oggi a Zurigo i responsabili dei data center di mezzo mondo. Il messaggio è chiaro e diretto: "There is no magic in efficiency", ovvero "non c'è nulla di magico nell'efficienza energetica".

Stando alle ultime stime, complessivamente il settore dell'information technology è responsabile di circa il 2% delle emissioni globali di gas serra e di questo 2% una quota compresa tra il 14 e il 18% è dovuto all'enorme consumo di energia richiesto per far funzionare i centri elaborazione dati e tenerli al fresco, evitando che si surriscaldino. Bestioni che possono arrivare a succhiare fino a 10 MW per gestire le richieste a un motore di ricerca, il trading online o l'e-commerce e che generalmente hanno una PUE (power usage effectiveness) intorno a 2. Tradotto da questa speciale unità di misura creata appositamente dal consorzio internazionale Green Grid per calcolare l'efficienza energetica dei data center, significa che circa il 20% di elettricità che assorbono dalla rete viene sprecata
per utilizzi (raffreddamento e illuminazione dell'ambiente, ad esempio) che non hanno nulla a che fare con i loro compiti "istituzionali".

 "Siamo partiti dai piccoli DC che utilizziamo non per il motore di ricerca ma nei nostri uffici", spiega alla platea di Zurigo Joe Kava, Direttore delle "data center operations" di Google. "Abbiamo scoperto che eravamo ad una PUE di circa 2,4, la situazione era assolutamente fuori controllo. Nel giro di pochi mesi  -  ricorda - grazie ad investimenti per appena 25 mila dollari siamo attorno e 1,5, il che ci fa risparmiare 67 mila dollari l'anno". "Ebbene - dice ancora Kava  -  sapete quali sono stati gli interventi più importanti? Montare delle tende di plexiglass come quelle delle macellerie dei supermercati intorno alle pile di server e puntare i bocchettoni dell'aria condizionata nella giusta direzione. Per questo vi dico che non bisogna essere un gigante della tecnologia per migliorare l'efficienza, tagliando drasticamente la bolletta".

Urs Hoelzle, vicepresidente senior di Google, incontrando i giornalisti ai margini del "Data Summit" rende il concetto ancora più chiaro: "Si può fare la stessa cosa su qualsiasi scala di grandezza, anzi penso che sia pazzesco non farlo. Eppure la maggior parte delle aziende che gestiscono dei data center non lo fanno. Sono convinte che sia difficile e costoso, ma non si rendono conto di quanto spendono veramente in elettricità e di quanto sia semplice risparmiare. Noi come impresa leader sentiamo la responsabilità di rendere più aziende possibile partecipi di questa nostra scoperta".

Il fatto che molto possa essere ottenuto praticamente a costo zero con accorgimenti "da massaia" non significa che Google non sia al lavoro per trovare soluzioni più radicali e spettacolari. L'incontro di Zurigo è stato quindi occasione per illustrare i progressi compiuti nella realizzazione dell'avveniristico data center di Hamina, in Finlandia. In una vecchia cartiera degli anni '50 in riva al Baltico, entro la fine dell'anno dovrebbe entrare in funzione un innovativo sistema di raffreddamento ad acqua marina a bassissimo impatto ambientale e ridottissimi consumi energetici. Un gioiello costato circa 200 milioni di euro che si va ad aggiungere ai data center di minori dimensioni che già oggi in Belgio e Irlanda utilizzano rispettivamente l'acqua di un canale di scolo e l'aria esterna per tenere i computer al fresco.
 
(24 maggio 2011)
 
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Nucleare, come sopravvivere a un disastro
Quattro ragazzi si sono chiusi in un bunker 11 giorni fa e ci resteranno fino al 12 giugno, per andare a votare 'sì' al referendum. Sperimentano come sarebbe la vita in un bunker dopo un disastro atomico. Alice, Luca, Alessandra e Silvio: "I nostri modelli siamo noi, dobbiamo lottare per il quorum"
Sono chiusi in un appartamento di 70 metri quadri fuori Roma da 11 giorni, e ci rimarranno fino al 12 giugno, quando lasceranno la casa per votare “sì” al referendum abrogativo sul nucleare. Sono quattro ventenni: Alice, Alessandra, Luca e Silvio. Sperimentano la vita in un bunker dopo un incidente nucleare, senza concedersi deroghe: le finestre sono sigillate col silicone, davanti ai vetri i nastri bianchi e rossi indicano le zone off limit (cioè l’aria aperta), mangiano solo prodotti in scatoletta e l’acqua imbottigliata non la usano solo per bere, ma anche per lavarsi i denti e per l’igiene personale. Per entrare nel bunker si seguono le procedure del “protocollo di protezione” diffuso dopo l’incidente nucleare di Fukushima, in Giappone. Bisogna indossare una tuta bianca che copre tutto il corpo, testa inclusa. Poi una mascherina sul volto e dei copri scarpe. Ci apre la porta Silvio, 22 anni, con la maschera d’ossigeno sulla faccia, e ci misura la radioattività prima di lasciarci accedere al salotto dove i quattro vivono e lavorano. Alle pareti i simboli “peace and love” e fiori che escono da bidoni gialli e neri di “scorie radioattive”.

Superato l’esame ci si libera della tuta anche se – spiegano – bisognerebbe fare la doccia e cambiarsi i vestiti. La prima cosa che si nota è l’aria pesante, satura, l’odore dei piedi e dei corpi che resta impregnato nei divani e nei letti a castello. Prima erano in sette, ma tre di loro hanno dovuto abbandonare il progetto perché i datori di lavoro non li avrebbero aspettati ancora. “Anche per noi che studiamo – racconta Alessandra, 21 anni, studentessa di Psicologia all’Università di Bari – è difficile. Pensavamo di avere molto tempo a disposizione, ma non è così”.

La giornata inizia alle 9 del mattino, tranne che per l’addetto alla pulizia dei bagni, che deve aver finito prima di colazione. Si suddividono i compiti della giornata: c’è chi risponde alle mail, chi scrive il blog, chi aggiorna il sito. A mezzogiorno si comincia a cucinare e all’una si pranza. Il pomeriggio è dedicato ai video messaggi che i ragazzi registrano parlando di nucleare e non solo: della vita da reclusi, della fatica ad addormentarsi, della difficoltà di convivere. Di chi fuma e deve smettere perché agli altri dà fastidio. Anche perché l’idea non è nata da un gruppo di amici, ma da attivisti che si sono trovati e uniti anche se si conoscevano poco. Grazie a Greenpeace che ha fornito loro la casa, il server e un supporto tecnico al loro sito (www.ipazzisietevoi.org) stanno riuscendo ad attirare l’attenzione su un referendum che è sempre più ai margini del dibattito pubblico, oscurato dalle elezioni amministrative. “Fallire non è un’opzione – dice Silvio, il più combattivo del gruppo – se non raggiungiamo il quorum invadiamo le piazze e scuotiamo i palazzi del potere, perché non passeremo il nostro futuro rinchiusi in bunker come questo”.

E poi, aggiunge Alice, “ora sappiamo che non è successo nulla: tutti noi abbiamo fidanzati con cui parliamo al telefono, le nostre famiglie sono sane e ci confortano. Ma come ci sentiremmo, se ci fosse davvero un incidente, a stare sigillati qui sapendo che fuori il mondo muore?”. Alice, 26 anni, per far parte del gruppo ha messo in stand by la sua tesi di laurea in Scienze della comunicazione sociale e alcuni lavori part-time. Lei è quella che subisce di più le critiche sul blog: “Siete come il Grande Fratello”, “Volete solo farvi notare”. E spiega: “Siamo in onda 24 ore al giorno, è vero. Ma lo facciamo solo per dimostrare che non abbandoniamo mai la casa: infatti non c’è l’audio nello streaming”. Luca, l’unico che supera (di poco) i trent’anni, è anche il solo a essersi licenziato per protestare contro il nucleare: “Sono un ingegnere ambientale, sono bravo. Credo che ritroverò il mio posto di lavoro, anche se so che il rischio di rimanere a terra c’è. Ma questa causa è più importante di me”. Ed è più importante delle scatolette di tonno, di pomodori pelati, di carne, della granita in freezer e del tavolino di plastica che stanno costruendo con le bottigliette rimaste dalla raccolta differenziata (una volta alla settimana, per buttare l’immondizia, possono aprire la porta). È una questione di diritti, e della capacità di quattro ragazzi di farsi sentire anche da chi del nucleare e delle sue conseguenze si disinteressa: “Perché il nostro modello non è Di Pietro e nemmeno Celentano: siamo noi”.

Da Il Fatto Quotidiano del 24 maggio 2011