martedì 31 maggio 2011

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Usa: per Biaggi un k.o. e un 3°
Checa fa doppietta e allunga

A Salt Lake City il leader del Mondiale, su Ducati, vince entrambe le gare e si porta a + 61 su Melandri, 10° e 6° con la Yamaha, e + 62 sul romano dell'Aprilia che somma una caduta, per un contatto con Rea, in gara-1 e un podio. Bene Badovini (Bmw), 7° in gara-1 e Fabrizio (Suzuki), 5° in gara-2

Carlo Checa, 38 anni, pilota spagnolo della Ducati. Worldsbk.com
Carlo Checa, 38 anni, pilota spagnolo della Ducati. Worldsbk.com
SALT LAKE CITY (Utah, Usa), 30 maggio 2011 - Carlos Checa fa doppietta, sbanca il GP degli Usa di Superbike e prende il largo nel Mondiale, con 61 punti di vantaggio su Melandri e 62 su Biaggi. Nulla da fare contro il 38enne spagnolo che su questa aveva già dominato nel 2008, con la Honda, e lo scorso anno aveva visto andare in fumo due vittorie già in tasca per inopinabili guasti tecnici che avevano spianato la strada a Max Biaggi. Stavolta la Ducati, al 297° successo iridato, ha funzionato come un orologio e per gli inseguitori Melandri e Biaggi non c'è stato nulla da fare.
max a terra — Max Biaggi, scattato benissimo dalla seconda fila, ha compiuto al comando poche curve, poi si è fatto risucchiare dal gruppo fino alla collisione con Jonathan Rea (Honda). Entrambi sono volati nel fango accusandosi reciprocamente. “Ero davanti e non so dove volesse andare, la sua moto mi è venuta addosso” ha raccontato Biaggi. “Ero all'interno, Max ha chiuso e mi ha toccato” ha ribattuto il 24enne nordirlandese. Melandri, l'unico tra i big che non aveva mai corso qui, è andato in subito in crisi finendo soltanto decimo per problemi di assetto e d'aderenza. La Ducati ha fatto festa anche con Jakub Smrz e Sylvain Guintoli monopolizzando il podio come ad Imola 2010 con lo stesso Checa, Lanzi e Haga. Nonostante la gara perfetta, Carlito è arrivato al podio senza moto e coperto di fango. “Nel giro d'onore uno spettatore mi ha porto una bandiera, sono uscito per prenderla non ricordando che qui le vie di fuga sono paludi” ha sorriso il capofila del campionato. “Il Mondiale? Non ci penso, è ancora lunghissima e vado avanti gara dopo gara”. Scivolata anche per Michel Fabrizio (Suzuki) spinto a terra dall'incauto Ruben Xaus (Honda). Eccellente 7° posto invece per il debuttante Ayrton Badovini primo dei piloti di una Bmw colata a picco con Leon Haslam (ottavo) e Troy Corser solo 13° dopo aver compiuto i primi tre giri al comando.
gara-2 — Nella seconda manche, Checa In gara-2 Checa parte a razzo, si piazza davanti a tutti già alla prima curva e da lì non si muove più dominando la gara. Alle sue spalle chiudiono le due Aprilia, con Camier secondo e Biaggi terzo, bravo a riprendersi dopo gara-1, ma non abbastanza in palla per insidiare lo spagnolo. Quarto chiude Laverty, con la Yamaha, davanti a un positivo Fabrizio, con la Suzuki. Sesto Melandri, sempre secondo nel Mondiale, ma più lontano da Checa, che è in fuga.
Risultati, gara uno (21 giri, km. 103,047): 1. Checa (Spa-Ducati) in 38'46”915 media 159,425 km/h; 2. Smrz (Rcec-Ducati) a 2”766; 3. Guintoli (Fra-Ducati) a 4”093; 4. Camier (GB-Aprilia) a 8”885; 5. Laverty (Irl-Yamaha) a 15”718; 6. Sykes (GB-Kawasaki) a 20”477; 7. Badovini (Ita-Bmw) a 22”170; 8. Haslam (GB-Bmw) a 22”267; 9. Haga (Gia-Aprilia) a 24”087; 10. Melandri (Ita-Yamaha) a 27”150; 11. Berger (Fra-Ducati) a 29”422; 17. Rolfo (Kawasaki).
Risulatati, gara due: 1. Checa (Ducati); 2. Camier (Aprilia); 3. Biaggi (Aprilia); 4. Laverty (Yamaha); 5. Fabrizio (Suzuki); 6. Melandri (Yamaha); 7. Guintoli (Ducati); 8. Smrz (Ducati); 9. Badovini (Bmw); 10. Sykes (Kawasaki).
Classifica mondiale (prime posizioni): 1. Checa 195; 2. Melandri 134; 3. Biaggi 133; 4. Laverty 109.
Paolo Gozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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LA RICERCA

Un'immagine indimenticabile?
Persone e pochi paesaggi

Uno studio del Mit rivela che gli scatti che più rimangono impressi nella memoria sono quelli in cui compaiono soggetti umani, seguiti da interni e oggetti a distanza ravvicinata. E, a sorpresa, boccia la natura. Perché "piacevole e memorabile sono due cose distinte" DI ALESSIA MANFREDI

DECINE e decine di scatti per immortalare le cascate dei Niagara, il parco di Yellowstone o i panorami delle Dolomiti, per fissare per sempre la vacanza del cuore? Fatica sprecata, pare, se in mezzo non ci siete finiti anche voi o qualche amico. Perché quello che rende un'immagine memorabile è la presenza di un soggetto umano, mentre paesaggi e scorci naturalistici si scordano molto più facilmente.

Ad affrontare con approccio scientifico un soggetto così sfuggente e personalissimo, dato che la memoria visiva è molto soggettiva, è uno studio - il primo nel suo genere -  del Massachusetts Institute of Technology 1, che sarà presentato a giugno alla IEEE conference on computer vision and pattern recognition, a Colorado Springs. Dopo aver coinvolto centinaia di volontari cui sono state mostrate qualcosa come 10mila immagini, un gruppo di neuroscienziati del Mit, guidati da Phillip Isola e dalla professoressa Aude Oliva, sono giunti a stilare una classifica piuttosto precisa: le foto che rimangono più impresse - in base ai risultati del loro studio - sono quelle in cui compaiono persone, seguite da scene di interni statiche e oggetti, meglio se ripresi in maniera ravvicinata. E gli immancabili paesaggi? Sono finiti in fondo, perché, nella maggior parte dei casi, risultano lasciare una traccia assai più labile nella nostra memoria.

Ansel Adams ci sarebbe rimasto male: uno scaffale di supermercato o un primo piano delle bocce al bowling più "forti" di quei meravigliosi scorci d'America scolpita in bianco e nero? Ebbene, i ricercatori dell'avanguardistico istituto di Cambridge, Usa, sostengono di aver individuato caratteristiche oggettive, che spiegherebbero perché una foto rimane impressa e un'altra no, a prescindere dalla sua gradevolezza. "Piacevole e memorabile sono due cose diverse" precisa infatti Isola, uno dei primi autori della ricerca. Ma gli elementi che ci fissano un'immagine nella mente sono, a detta degli studiosi, comuni più o meno a tutti. Tanto che hanno permesso loro di sviluppare un algoritmo al computer in grado di ordinare le foto in base al loro "tasso di memorabilità". Sicuramente utile a chi si occupa di fotografia in modo professionale, e perché no, anche a chi si diverte a mettere su Facebook gli scatti dei propri viaggi.

Oliva e colleghi avevano già dimostrato, in lavori precedenti, che il cervello può ricordare migliaia di immagini con un livello di precisione molto elevato. Ma non tutte le foto sono indimenticabili. Per cercare di scoprire cosa le renda tali, gli scienziati del Mit hanno mostrato a centinaia di persone migliaia di foto via computer, alcune delle quali venivano ripetute. Il compito dei partecipanti allo studio era di indicare, premendo un tasto sulla tastiera, quando sullo schermo appariva un'immagine che avevano già visto. Sulla base del numero di persone che hanno indicato correttamente l'immagine già vista è stata calcolata la sua "memorabilità".

In generale, al netto delle differenze individuali fra i soggetti coinvolti, i risultati sono stati "molto omogenei e chiari", ha spiegato Oliva. Dopo aver raccolto i dati, la docente e i suoi colleghi hanno costruito delle "mappe di memorabilità" di ciascuna immagine, chiedendo alla gente di etichettare tutti gli oggetti all'interno di essa. Mappe che possono essere analizzate attraverso un modello computerizzato, per determinare quali sono gli ingredienti chiave dell'"indimenticabilità".

In generale, spiegano gli scienziati, quelle che rimangono più impresse sono le foto in cui compaiono persone. Seguono poi immagini di spazi a grandezza umana, come ad esempio gli scaffali di frutta e verdura al mercato, e le zoomate sugli oggetti. Meno interessanti risultano invece paesaggi e scorci naturalistici, a meno che non contengano elementi strani o inaspettati.

"Per vie scientifiche, si è arrivati a dimostrare una realtà quasi lapalissiana", commenta Francesco Zizola, fotoreporter italiano vincitore di diversi World Press Photo award e di molti altri riconoscimenti internazionali. "L'essere umano è un animale che deve la sua sopravvivenza a diverse funzioni fra cui la vista, fondamentale. Memorizzando la fisionomia di altri esseri umani si può riconoscerne l'affidabilità o la pericolosità". Per questo le immagini che rappresentano altri soggetti umani si memorizzano più facilmente. "A questo tratto 'primitivo', legato, antropologicamente, alla necessità, nella società di oggi, dove l'immagine è dominante, si sono poi aggiunti altri elementi ma il dato mi pare confermare una realtà conclamata", conclude Zizola. 

Per arrivare a "distillare" l'algoritmo in grado di predire quanto un'immagine mai vista risulterà memorabile, sono stati studiati colori, forme, perfino la distribuzione dei contorni all'interno di uno scatto, in relazione a quanto questo è risultato facile da ricordare. E usate analisi statistiche, che permettono al computer di identificare tratti ricorrenti all'interno di una serie di informazioni.

Nel mondo perennemente connesso e massimamente social, uno dei possibili sviluppi che i ricercatori hanno subito ipotizzato è una applicazione per l'IPhone che potrebbe immediatamente indicare quanto rimarrà in testa a chi la guarda la foto che si è appena scattata. La sfida, in questo caso, è quella di far funzionare l'algoritmo con sufficiente velocità, dice Isola. Ma si può anche pensare alla messa a punto di nuovi test clinici per rivelare in modo più preciso quali aspetti della memoria visiva risultino carenti in persone che soffrono di specifici disturbi, o magari di giochi per aiutare ad allenare la memoria.
 
(30 maggio 2011)
 
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Milano e Napoli, volano De Magistris e Pisapia
Berlusconi: “Milanesi preghino Dio ora”
Alla fine il marchio della sconfitta lo mette Berlusconi in persona, parlando dalla Romania: “Abbiamo perso, è evidente”. La giustificazione è pronta: “Guardando caso per caso, la sconfitta non ha niente a che vedere con il governo”. Il premier assicura che l’esecutivo andrà avanti, contro tutto e contro tutti, “con l’accordo di Bossi”. E non risparmia la battutaccia nel giorno della sconfitta peggiore: “Ora i milanesi devono pregare il buon Dio che non gli succeda qualcosa di negativo”. Quanto a Napoli, dice il Cavaliere, gli elettori “si pentiranno tutti moltissimo”.

Il premier si spezza ma non si piega, insomma, mentre tutto attorno lo scenario racconta un cappotto completo su tutta la linea. Persa Milano per mano del “comunista” Pisapia. Tracollo a Napoli, dove De Magistris prende percentuali bulgare che neanche il Bassolino dei tempi d’oro. E poi Cagliari, che finisce nelle mani dell’altro comunista protagonista di queste amministrative, Massimo Zedda (60%). Via a cadere le città già perse al primo turno: Torino, Bologna. E infine Trieste, che torna nelle mani del centrosinistra. Basterebbero queste sei città per disegnare quel famigerato vento di cambiamento che trascina il centrodestra fuori dalle città che contano. Ma c’è di più, molto di più, andando a guardare nei centri piccoli e medi.

Il centrodestra tiene solo a Varese, dove il leghista Attilio Fontana porta a casa una vittoria sofferta. Il resto è ancora tinto dai colori del centrosinistra: Gallarate, dove la Lega sostiene di fatto il Pd, Novara, Rimini, Pordenone, Grosseto e Crotone. Mentre al centrodestra vanno Cosenza, Iglesias e Rovigo. Per quanto riguarda le province, vanno al centrosinistra quelle di Mantova, Pavia e Macerata. Mentre il centrodestra si prende Vercelli e Reggio Calabria.

Spremuti i dati elettorali, il succo politico è evidente. E Berlusconi lo sa bene. Tracollo, ad essere pietosi, disarmo totale, per dirla tutta. Il primo a farne le spese (unico nel suo genere) è il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che immediatamente rassegna le sue dimissioni. Per il resto è un diluvio di necessità di “riflettere”. Da Quagliariello ad Alemanno, da Frattini alla stessa Moratti, parte in realtà la resa dei conti dentro il partito. Il ministro degli esteri chiede di sperimentare il modello delle primarie nel partito. Ma a parte lui, con i big che tacciono sono i pesci più piccoli che sondano il terreno per capire chi e cosa sarà investito dal terremoto politico. Sisma che potrebbe scatenarsi già domani, quando il premier riunirà l’ufficio di presidenza del Pdl e il consiglio dei ministri. I nodi hanno nomi e cognomi: Mantovani, che da coordinatore lombardo non ha brillato, Scajola, deciso a dare battaglia. E poi Beccalossi, che al Tg4 ha criticato il premier sulle case abusive. E poi i sempre meno responsabili, ancora in attesa delle promesse poltrone. La lib-dem Melchiorre che lascia il posto da sottosegretario. Ogni nome, negli incubi del premier diventa una possibile corrente da disinnescare.

Il premier glissa sulla resa dei conti e preferisce parlare di “maggiore radicamento nel territorio”: ”Adesso ci vediamo e faremo quello che serve per radicare molto di più il partito sul territorio, come eravamo già intenzionati a fare”, dice ai giornalisti da Bucarest. Ma l’ipotesi, Berlusconi non lo nega, è quella di fare piazza pulita degli attuali coordinatori per fare posto al ministro della Giustizia Alfano: “Si tratta di un processo che era già avviato, un lavoro sul Popolo delle Libertà di cui mi occupo direttamente, perché vogliamo rilanciarlo alla grande”.

Non va meglio in casa della Lega. Matteo Salvini, a Milano, marca subito la distinzione: “Non siamo qui a fare i processi, ma è chiaro che il Pdl ha perso voti, e la Lega ne ha guadagnati”. Il ministro Calderoli, per parte sua, si mostra tranquillo, fedele nel solco tracciato dal premier: “Il governo andrà avanti fino alla fine della legislatura per fare le riforme. Si vince e si perde insieme”. Ma c’è da giurare che la base non sarà così netta nel distribuire le colpe, né così blanda nelle soluzioni.

Chi se la ride, nonostante i magri risultati elettorali, è il presidente della Camera. Gianfranco Fini affida ad una nota la sua vendetta: “Avevo avvertito Berlusconi, scrive Fini, lui mi ha ripagato buttandomi fuori”. Il leader di Fli si spinge oltre: “Il governo può anche non cadere, ma il berlusconismo è finito”. E aggiunge, preoccupato per la manovra economica alle porte: “Speriamo di non essere alla vigilia di giorni più complicati”.

Ridono, e di gusto, anche nel centrosinistra, e per oggi non potrebbe essere altrimenti. Pisapia e De Magistris, certo, festeggiano. Così come fanno festa Bersani - “Abbiamo smacchiato il giaguaro”, commenta sarcastico – Bindi, Veltroni, D’Alema, i big del partito democratico di solito impegnati a distinguersi per una volta sono tutti d’accordo. Da padre storico dei democratici sorride anche Romano Prodi, che si presenta in piazza del Pantheon a Roma per festeggiare. L’avvertimento dell’unico uomo che abbia battuto Berlusconi (per due volte) è tanto chiaro quanto perentorio: “Non più di cinque minuti per festeggiare – ammonisce – poi subito mettersi al lavoro”. C’è da augurarsi che i suoi seguano il consiglio.

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Ferrari, voglia di recupero
Perez e Petrov stanno bene

Dopo il GP di Monaco Domenicali fa il punto: "Peccato per il secondo posto, ma se alla vigilia ce lo avessero pronosticato avremmo firmato. Noi non molliamo, adesso altre due gare favorevoli". Il messicano, dimesso, vuole correre in Canada. Ok il russo della Renault

MONTECARLO (Monaco), 30 maggio 2011 - Dal doppiaggio subìto a Barcellona, al secondo posto di Montecarlo. Forse è ancora troppo presto per definirlo un vero riscatto Ferrari. Lo è nei numeri e nella competitività dimostrata, non lo è se si considera che forse è meglio aspettare GP su piste assai meno anomale del Principato. Ma siccome Fernando Alonso è, prima ancora che un pilota forte, una persona intelligente, ecco che il bilancio del fine settimana monegasco è tutto racchiuso nelle parole del dopo gara: "Si poteva vincere, ma questo secondo posto è comunque importante perché dà morale alla squadra".
situazione dura — Proprio il morale, oltre che i punti e un carico aerodinamico migliore, è quello che in questo momento serve moltissimo alla rossa. "Noi non molliamo - ha detto il responsabile della gestione sportiva Stefano Domenicali - inutile nasconderlo, c'è un po' di rammarico, ma se alla vigilia ci avessero detto che avremmo ottenuto il secondo posto ci avremmo messo la firma". "La situazione, nelle due classifiche, si sta facendo sempre più difficile - commenta ancora Domenicali -, ma ora ci aspettano due gare che, sulla carta, dovrebbero vederci competitivi. Poi, prima della pausa estiva, tireremo le somme".

Alonso e i suoi meccanici contenti del secondo posto. Ap
Alonso e i suoi meccanici contenti del secondo posto. Ap
parla fry — A Maranello si cercherà ovviamente di spingere in avanti sullo sviluppo per tentare un difficile recupero. "Andiamo in Canada desiderosi di continuare a migliorare la nostra prestazione" è l'auspicio di Pat Fry, uno dei tre tecnici su cui la scuderia di Maranello ha deciso di puntare dopo il benservito al direttore tecnico Aldo Costa. Tra quindici giorni, "ci saranno - promette - alcune novità sulla vettura: dobbiamo continuare a spingere sullo sviluppo, in modo da ridurre il distacco che ci separa ancora dai migliori".

L'incidente tra Alguersuari e Petrov. Ap
L'incidente tra Alguersuari e Petrov. Ap
perez dimesso — Oggi intanto buone notizie per Sergio Perez. Il messicano, protagonista di un brutto incidente nelle qualifiche del GP, ha lasciato il Princesse Grace Hospital di Montecarlo. Il pilota della Sauber, secondo quanto si apprende, dovrà restare un paio di giorni a riposo nel Principato prima di poter fare ritorno a casa. Il messicano, che nel violento urto della sua monoposto con le protezioni della pista all'uscita del tunnel ha riportato una commozione cerebrale e una lesione a una gamba, dovrebbe essere in grado di disputare il GP di Montreal in programma fra due settimane. "Non c'è nessun problema per il Canada - garantisce Perez - è l'obiettivo principale e non vedo la ragione per cui non dovrei esserci. Ora devo rimanere qui due o tre giorni per recuperare in pieno, ho preso un bel colpo alla testa, adesso non è proprio il caso di volare. Voglio starmene tranquillo in albergo, prendermi il tempo necessario e ricominciare a vivere normalmente".
ok petrov — Sta bene anche Vitaly Petrov, il pilota della Lotus portato in ospedale in ambulanza dopo l'incidente in cui è rimasto coinvolto negli ultimi giri della corsa, quello che ha fatto scattare la bandiera rossa a sei giri della fine congelando di fatto la graduatoria della gara. "Le mie gambe erano rimaste incastrate nell'abitacolo e non le sentivo bene" ha raccontato il pilota russo che non ha però subito conseguenze fisiche ed è stato dimesso dopo un'ora.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dal giardino di casa al cliente
È vendita libera per gli ortaggi

Il consiglio comunale di San Francisco, in California, ha approvato un'ordinanza che permette a chiunque di vendere ai vicini, nei mercatini, ai ristoranti e ai bar i prodotti che produce nel giardino di casa. E lo stesso faranno i comuni di Berkeley, Oakland, San José e Santa Cruz. Ecco perché di PAOLO PONTONIERE

SAN FRANCISCO - Dalla corsa all'oro alla Stagione dell'Amore (the Season of Love) e dalla rivoluzione dell'Internet ai matrimonio gay: San Francisco è da sempre in prima fila nella sperimentazione economica e sociale. Adesso la città californiana ha deciso di porsi all'avanguardia anche del movimento statunitense per lo sviluppo di un'agricoltura urbana. Con una delibera che ha sorpreso anche i produttori locali - che hanno già contribuito alla rinascita dei mercatini di quartiere e allo sviluppo d'una cucina basata tutta su ingredienti coltivati nel raggio di poche miglia da luogo dove vengono consumati -  il consiglio comunale della città ha di recente approvato un'ordinanza che permette a chiunque di vendere ai vicini, nei mercatini, ai ristoranti e ai bar gli ortaggi che produce nel giardino di casa. "Questa è una splendida occasione per incrementare la produzione alimentare cittadina, per stabilire un precedente che può servire da esempio ad altre realtà urbane e per recuperare una preziosa porzione dei terreni cittadini che giacciono abbandonati", ha spiegato Ed Lee, il sindaco asiatico-americano della città: "Bisogna liberare quei lotti e sottrarli alle spinte speculative".

La passione della città californiana per l'agricoltura urbana affonda le radici nella storia. Già negli anni Settanta, muovendosi controcorrente, San Francisco aveva fatto tendenza decidendo di aprire le terre di proprietà comunali ai cittadini che volevano coltivare frutta, ortaggi, verdure e fiori. Li chiamarono Community Garden, giardini comuni. Autogestiti su licenza del comune dai loro agricoltori, fiorirono a centinaia. Molto spesso nei quartieri più poveri o su terre marginali, contribuendo non solo all'abbellimento della città ma anche al recupero di terreni contaminati da vecchie attività industriali e navali. Negli anni Ottanta questa decisione aveva poi portato alla nascita di SLUG, the San Francisco League of Urban Gardeners, la prima alleanza di base statunitense per la riaffermazione di pratiche agricole in ambiente metropolitano.

"Si trattava di esperienze private", osserva Mary Purpura, Urban Ecologist di The Potrero View, uno dei principali giornali di quartiere della città: "I giardinieri urbani coltivavano o per scopi estetici, per rilassarsi o per arricchire un tantino la loro alimentazione, era insomma un'esperienza più intellettuale, una dichiarazione politica, che una scelta di sviluppo. Questa è diversa: è la prima volta che negli Stati Uniti una città permette ai suoi abitanti di coltivare e vendere dal giardino di casa propria. Non è solo una rivoluzione economica ma è anche un grande cambiamento del costume e potenzialmente dei flussi commerciali, che rifocalizza il consumo alimentare sulle produzioni regionali".

E se non si tratta di vera e propria rivoluzione, si parla in ogni caso di una decisone destinata a fare storia. Inziative di questo tipo sono infatti adesso in via di approvazione non solo a Berkeley, Oakland, San José e Santa Cruz - città tutte limitrofe a San Francisco - ma anche in comuni come Detroit, che oltre ad essere finiti in bancarotta adesso devono fare i conti con una popolazione che si impoverisce gradualmente e con interi quartieri abbandonati al disfacimento urbano. "L'abolizione di regole antiquate permetterà ai coltivatori urbani di reintrodurre una tradizione semplice e vetusta alla quale le nostre città hanno rinunciato solo di recente", assicura Caitlyn Galloway, animatrice dei Little City Gardens, il community garden di San Francisco dal quale è partita l'idea.
(27 maggio 2011)
 

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