lunedì 27 febbraio 2012

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Berlusconi assolto? No, colpevole 10 volte su 25 accuse. I reati accertati ma impuniti
Checché ne dicano Silvio Berlusconi e i suoi trombettieri, la sua carriera di imputato è costellata di reati accertati ma impuniti. Ecco un riepilogo dei processi. Che non sono 100, ma 25 (a parte 6 iscrizioni a Palermo per mafia e riciclaggio, e 2 a Caltanissetta e Firenze per le stragi del 1992- ‘ 93: indagini archiviate per decorrenza dei termini). E in ben 10 B. è risultato colpevole, ma l’ha fatta franca per prescrizione (6), amnistia (2), depenalizzazione del reato (2).

CINQUE IN CORSO
Mediaset(frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita). Accusa: fondi neri per centinaia di milioni con l’acquisto a prezzi gonfiati di film Usa. Dibattimento a Milano.

Mediatrade/2 (frode fiscale). Accusa: 10 milioni sottratti al fisco con l’acquisto di film Usa. Udienza preliminare a Roma.

Caso Ruby(prostituzione minorile e concussione). Accusa: induzione alla prostituzione della minorenne marocchina Karima el Marough e telefonata in Questura per farla rilasciare dopo il fermo per furto. Dibattimento a Milano.

Nastro Fassino-Consorte(rivelazione di segreto d’ufficio). Accusa: aver ricevuto e girato al Giornale la bobina rubata di una bobina sul caso Unipol, non trascritta e segreta. Udienza preliminare a Milano.

Stragi 1993(concorso in strage). Accusa: complicità nelle bombe mafiose a Roma, Firenze e Milano. Nuova indagine a Firenze con richiesta di archiviazione.

CINQUE ARCHIVIAZIONI
Caso Saccà(corruzione). Accusa: aiuti finanziari promessi al capo di Raifiction in cambio di scritture a cinque “attrici”. Archiviato dal Gip di Roma.

Compravendita senatori(istigazione alla corruzione). Accusa: favori e soldi promessi a senatori Unione in cambio del No a Prodi. Archiviato dal Gip di Roma.

Voli di Stato(abuso d’ufficio e peculato). Accusa: trasportò amiche sull’aereo presidenziale da Roma a Olbia per festini in Sardegna. Archiviato dal Tribunale dei ministri.

Caso Sanjust(abuso d’ufficio e maltrattamenti). Accusa: mobbing sull’ex marito di Virginia Sanjust, amante di B., fatto trasferire dal Sisde. Archiviato dal Tribunale dei ministri di Roma.

Agcom-Annozero(abuso d’ufficio). Accusa: pressioni sull’Agcom per far chiudere Annozero dalla Rai. Archiviato dal Tribunale dei ministri di Roma.

CINQUE ASSOLUZIONI
Guardia di Finanza(corruzione). Accusa: quattro tangenti Fininvest a ufficiali Gdf per addomesticare verifiche fiscali. Condannato in primo grado, prescritto in appello, assolto in Cassazione per insufficienza di prove (comma 2 art. 530 Cpp).

Medusa (falso in bilancio). Accusa: 10 miliardi di lire in nero accantonati dall’acquisto di Medusa Cinema. Condannato in primo grado, assolto in appello e Cassazione per insufficienza di prove (comma 2 articolo 530 Cpp).

Mediatrade/1 (frode fiscale e appropriazione indebita). Accusa: fondi neri dall’acquisto di film Usa. Prosciolto in udienza preliminare a Milano. Ricorso della procura in Cassazione.

Sme-Ariosto/1 (corruzione). Accusa: aver corrotto magistrati romani per vincere la causa Sme contro De Benedetti; e aver tenuto a libro paga il giudice Squillante (capitolo Ariosto). Assolto in primo grado per insufficienza di prove su “Ariosto” e con formula ampia su “Sme”; con formula ampia su entrambi i capitoli in appello e Cassazione.

Telecinco(falso in bilancio e violazione antitrust). Accusa: aver controllato, tramite prestanome, il 100 % della tv spagnola in barba al tetto antitrust del 30 %. Assolto a Madrid per modifica della legge antitrust spagnola.

DUE AMNISTIE
Bugie P2(falsa testimonianza). Accusa: avere mentito al Tribunale di Verona sulla sua iscrizione alla P 2. Reato accertato, ma amnistiato nel 1990.

Fondi neri Macherio(frode fiscale, appropriazione indebita e 4 falsi in bilancio). Accusa: 4, 6 miliardi di lire pagati in nero per i terreni di Macherio. Prescritti 2 falsi in bilancio, amnistiato un terzo, assolto sul resto. 2

DEPENALIZZAZIONI
All Iberian/2(falso in bilancio). Accusa: fondi neri sulla offshore per corruzioni e scalate illegali in Italia e all’estero. Assolto perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” in quanto l’imputato B. ha depenalizzato il falso in bilancio nel 2001.

Sme-Ariosto/2(falso in bilancio). Accusa: fondi neri esteri per pagare giudici. Assolto perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”: l’ha depenalizzato lo stesso imputato.

SEI PRESCRIZIONI
All Iberian/1(finanziamento illecito). Accusa: 23 miliardi di lire in nero a Craxi. Condannato in primo grado, prescritto in appello e in Cassazione grazie alle attenuanti generiche prevalenti (l’imputato è incensurato) che dimezzano la prescrizione.

Mondadori(corruzione giudiziaria). Accusa: tangente al giudice Metta perché annullasse il Lodo Mondadori e consegnasse il gruppo di De Benedetti a B. Prosciolto per prescrizione, sempre per le attenuanti generiche che la dimezzano.

Lentini-Milan(falso in bilancio). Accusa: 10 miliardi di lire in nero al presidente del Torino, Borsa-no, in cambio della cessione del calciatore Lentini. Prescrizione grazie alla legge B. sul falso in bilancio che accorcia la prescrizione e alle attenuanti che la riducono ancora.

Bilanci Fininvest 1988- ’92(falso in bilancio). Accusa: fondi neri sottratti ai bilanci del gruppo. Prescrizione grazie alla legge B. sul falso in bilancio che accorcia la prescrizione e alle attenuanti che li tagliano vieppiù.

Consolidato Fininvest(falso in bilancio). Accusa: fondi neri per 1500 miliardi di lire su 64 società offshore del “comparto B” della Fininvest. Prescrizione grazie alla legge B. sul falso in bilancio che abbrevia i termini di prescrizione e alle attenuanti generiche che li riducono ancora.

Mills(corruzione giudiziaria). Accusa: aver corrotto l’avvocato inglese con 600 mila dollari in cambio di due false testimonianze nei processi Gdf e All Iberian. Prescrizione in primo grado, scattata dopo 10 anni anziché dopo 15 grazie alla legge ex Cirielli, varata nel 2005 dal governo dello stesso imputato B.

Da Il Fatto quotidiano del 26 febbraio 2012

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In Italia gli stipendi più bassi d'Europa
Fornero: "Una situazione da scardinare"

L'ultima rilevazione di Eurostat conferma la tendenza in atto ormai da qualche anno: il nostro paese si piazza al dodicesimo posto dietro a Grecia, Irlanda e Spagna. La retribuzione media è pari a 23mila euro. Per il ministro "occorre intervenire sulla reddittività". Al G20, affondo di Draghi: "Si proteggano lavoratori, non posto di lavoro"

di LUCA PAGNI MILANO -  I lavoratori italiani sono tra i meno pagati d'Europa. Meno degli spagnoli, ciprioti e irlandesi, che pure non se la passano meglio di noi. E la metà di tedeschi e olandesi. Una situazione che pesa sempre di più sulle famiglie. Tanto da meritare immediatamente la reazione del ministro del Walfare, Elsa Fornero: "In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Anche per questo sostiene il ministro è urgente trovare un accordo con il sindacato e si dice "fiduciosa" sulla possibilità di un'ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull'articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi".

Lo si sapeva, tanto è vero che il tema del costo del lavoro è scomparso da tempo dai radar delle doglianze di Confindustria. I cui esponenti ormai si lamentano solo del carico fiscale, o al massimo della minor produrrività, ma non certo di quanto pesa la busta paga sui bilanci.

Ulteriore conferma è arrivata ieri da Eurostat, l'agenzia di statistica dell'Unione Europea. Secono i dati del 2009, lo stipendio medio dei lavoratori italiani è al dodicesimo posto nella calssifica dell'area euro, nonostante il nostro paese sia ancora (ma per quanto?) la terza "potenza" industriale del Vecchio Continente. Entrando nel dettaglio, cosa dicono i numeri? In Italia, il valore dello stipendio annuo (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Ma meglio di noi fanno anche, paesi in cui la crisi ha colpito molto duramente come Irlanda, Spagna, Cipro e persino la bistrattata Grecia (ma con i tagli agli stipendi dell'ultimo anno scenderà molto in classifica con le prossime rilevazioni). Guardando ai cosiddetti Pigs, l'Italia riesce a superare solo il Portogallo.

Anche per quanto riguarda l'aumento delle retribuzioni, l'Italia risulta tra i paesi in cui il potere di acquisto ha retto di meno: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo.  E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).

Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni. Ma è solo un'illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia. Ma c'è poco da vantarci: a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fattori come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa  partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Il fenomeno, ovviamente, ha anche altre implicazioni. La prima, già messa in evidenza dagli studi legati all'immigrazione, ci dice che con il livello delle retribuzioni attuali, il nostro paese attira sempre meno manodopera qualificata e stranieri con un basso livello di istruzione. Il secondo fenomento è legato alla fuga delle competenze: tra i paese europei - soprattutto tra quelli con un basso indice demografico - si fa sempre più ricorso a laureati provenienti da altre nazioni. Non a caso, anche in Italia è sempre più frequente il caso di agenzie di recruiting che lavorano per conto di ditte tedesche: in Germania c'è carenza di medici e ingegneri.

E dal G20 arriva un affondo del governatore della Bce Mario Draghi: "'In alcuni paesi dell'Unione Europea" il modello sociale va rivisto "perché protegge il posto di lavoro e non i lavoratori" e questo ha provocato una massa di disoccupati.
 
(26 febbraio 2012)

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 IL BOOM della comunicazione mobile continua senza sosta e l'appuntamento che l'intera industria si da oggi a Barcellona, per il Gsma 2012 1, assume per questo particolare importanza. Non solo perché in terra catalana tutte le principali aziende del settore presentanno le macchine che arriveranno sul mercato nei prossimi mesi, ma anche perché le innovazioni tecnologiche che verranno mostrate nella città spagnola ci daranno un'idea del mondo che verrà, di che forma prenderà l'era mobile post-pc nel prossimo futuro. Non pensiate che si tratti di una materia superflua, roba per smanettoni e maniaci: il nostro modo di comunicare, di scrivere, di pensare, la nostra vita quotidiana, viene modellata dagli strumenti che utilizziamo e questi strumenti, prima legati alla logica dei computer e delle macchine da tavolo, oggi sono sempre più mobili e collegati alla Rete.

A Barcellona molte aziende proporranno i loro nuovi prodotti e tantissime sono le voci circolate nelle ultime settimane. La LG, ad esempio, dovrebbe proporre tre nuovi telefoni nella sua linea L, l'Optimus L3, con un display da 3.2 pollici, l'L5, da 4 pollici e l'L7 da 4.3, tutti basati su Android 4. Ma anche il già annunciato Optimus 3D Max, che consente la visione in 3D senza occhiali. E per fare concorrenza ad uno dei telefoni di punta del mercato, il Galaxy Nexus, Lg propope il suo smatphone "quad-core", l'Optimus 4X HD, sostenuto da un chip Nvidia Tegra 3, uno schermo da 4.7pollici e Android Ice Cream Sandwich.

Grande curiosità ci sarà attorno alle ben otto nuove macchine che dovrebbero essere presentate dai cinesi della Zte, con chipset multi-core, 4G e sistemi operativi Android e Windows Phone, ma grande attesa c'è soprattutto per Nokia, che dovrebbe presentare i suoi nuivi Windows Phone della linea Lumia, ma che non ha rilasciato nessuna informazione ufficiale, lasciando spazio ad ogni tipo di supposizione sulle novità in arrivo. Molte saranno le novità che arriveranno anche da Samsung, Htc, Sony, Huawei, ma c'è da guardare con particolare attenzione la Intel, che ha sia dei nuovi chip per tablet, e ha un partner molto attivo come Lenovi, sia un telefono in lavorazione, e in questo caso il "socio" dovrebbe essere la Motorola.

A dominare la scena sarà come sempre Android, ma sarà interessante vedere come le diverse aziende cercheranno di "personalizzare" il sistema operativo, data lo straordinario affollamento del mercato Android. Affollamento che potrebbe, almeno sulla carta, favorire la Microsoft (che dovrebbe presentare il suo Windows 8 a Barcellona), o le aziende in grado di offrire su Android degli ecosistemi innovativi.

Non dovrebbero esserci grandi novità sul fronte dei tablets, vista l'assenza dei tre principali player di mercato, Apple, Amazon e Barnes&Noble, con iPad, Kindle Fire e Nook, che rappresentano quasi l'80 per cento delle vendite, ma non mancheranno nuovi modelli da parte di Samsung, Lenovo, Motorola, Htc, Huawei, forse anche Sony, nessuno dei quali ha, fino ad oggi, trovato una macchina vincente nel proprio catalogo. (26 febbraio 2012)

martedì 21 febbraio 2012

dai dai.............

Tasse ed evasione, ecco il decreto
"Forse subito il taglio dell'Irpef"

Oggi il testo del provvedimento sarà discusso dal pre-Consiglio dei ministri. Il ministro Patroni Griffi: "Possibile da subito l'esame degli sgravi"

di VALENTINA CONTE
Il decreto sulla semplificazione fiscale è in dirittura d'arrivo. Già oggi il testo - una quindicina di articoli - sarà limato nella riunione preparatoria del Consiglio dei ministri che, con ogni probabilità, lo licenzierà venerdì prossimo. Il decreto contiene l'attesa disposizione che destinerà gli introiti derivanti dal recupero dell'evasione, dalla stretta alla riscossione e all'accertamento fiscale nel biennio 2012-2013 - che lo stesso decreto rafforza - alla diminuzione delle tasse. Il governo punta a destinare le maggiori somme ad un Fondo speciale, per poi redistribuirle a favore delle fasce di reddito più basse, in particolare potenziando le detrazioni fiscali per i familiari a carico. Non si esclude, tuttavia, una sorpresa dell'ultim'ora che consenta di agire da subito sulle aliquote Irpef (abbassando il primo scaglione di tre punti, dal 23 al 20%). Sul punto, l'esecutivo è alla ricerca delle adeguate coperture finanziarie: "Possono esserci buone notizie in arrivo", ha affermato in proposito il ministro Patroni Griffi, spiegando che il Consiglio dei ministri di venerdì potrebbe prendere in esame l'ipotesi. "Abbiamo l'obiettivo di ridurre il disavanzo pubblico, ma anche di far affluire ai contribuenti onesti, in forma di minore aggravio fiscale, il gettito della lotta cresciuta contro l'evasione", ha confermato ieri il premier Monti a Piazza Affari.

I tagli tributari
Come promesso, le risorse che entreranno nelle casse dello Stato dal "contrasto all'evasione, potenziamento della riscossione e revisione delle sanzioni", così come irrobustite dallo stesso decreto, per il biennio 2012-2013 andranno a diminuire le tasse dei cittadini italiani. In particolare, confluiranno in un Fondo speciale (già previsto da una delle manovre della scorsa estate) e saranno destinate a sostenere le fasce di reddito più basse. In particolare, precisa il decreto, si punterà "all'incremento delle detrazioni fiscali per i familiari a carico". Un'apposita relazione del ministro dell'Economia illustrerà, ogni anno entro febbraio, al Parlamento l'entità delle risorse recuperate da redistribuire.

Debiti
La rateizzazione dei debiti tributari diventa flessibile. I contribuenti potranno decidere di pagare meno nella fase iniziale e di più successivamente. Il debitore infatti può chiedere un piano di rateazione, che invece di avere dei pagamenti costanti nel tempo ha rate crescenti per ciascun anno. Se gli uffici tributari accolgono la domanda del contribuente si blocca anche l'eventuale accensione dell'ipoteca. I piani di rateazione a rata costante già avviati al momento del varo del decreto rimangono in essere, così come le ipoteche. Così imprese e famiglie in crisi di liquidità potranno rinviare il pagamento di una parte dei debiti.

Gli evasori
Il governo pensa a controlli serrati sull'emissione dello scontrino fiscale e anche della ricevuta. Operazione che passa attraverso il potenziamento del 117, il servizio telefonico gratuito, attivo 24 ore su 24, attraverso cui si possono denunciare quegli esercenti che incassano il pagamento in nero. Il servizio è già attivo, ma ora diventerà uno strumento "dedicato" a disposizione dei cittadini per combattere l'evasione. Ora basterà una chiamata al 117, comunicare le proprie generalità e il commerciante che non ha emesso lo scontrino fiscale entrerà automaticamente nelle "liste selettive". Sono le liste cui attingere per gli accertamenti fiscali. 

Moneta
I turisti stranieri non incappano nel limite dei 1000 euro per gli acquisti in contanti che vale invece per gli italiani. La misura punta a incoraggiare gli acquisti da parte dei visitatori in arrivo dalle Nazioni più ricche del mondo. Questa deroga è soggetta a due condizioni. Al momento dell'acquisto, il negoziante dovrà fotocopiare il passaporto del cliente straniero. Non solo. I soldi incassati in contanti non potranno restare in negozio. Entro due giorni, il commerciante dovrà versarli sul proprio conto corrente allegando (al versamento) la fotocopia del passaporto del compratore

Guardia di Finanza
Il decreto che verrà esaminato oggi dal pre-consiglio dei ministri prevede il potenziamento degli strumenti istruttori della Guardia di Finanza in materia di indagini finanziarie.
Le Fiamme Gialle avranno inoltre maggiori poteri in materia di controlli sulle infrazioni alle norme sulla limitazione all'uso del contante. Novità anche per l'Agenzia delle entrate: verrà ridotto il numero dei dirigenti dell'Agenzia in rapporto di 1 a 40 per aumentare il numero del personale destinato alle operazioni dirette. In particolare verrà aumentato il numero di quadri destinati all'analisi delle informazioni tributarie.

L'Imu
Il decreto fiscale fornirà una serie di modifiche e chiarimenti sulla tassa sugli immobili, l'Imu, su tutte l'indicazione che lo sconto forfettario di 200 euro per ogni nucleo famigliare potrà valere per un'unica casa. In arrivo anche l'adeguamento del valore catastale a valori di mercato per tutti i comuni, omogeneizzando un sistema di rendite da tempo non aggiornato. Ultimi ritocchi anche
per l'intervento sull'esenzione riservato ai beni della Chiesa, specificando che solo gli immobili riservati esclusivamente a "luoghi di culto" possono essere esentati dai pagamenti.

Paradisi fiscali
Le comunicazioni delle cessioni di beni e di servizi effettuate o ricevute da o verso paesi appartenenti alla black list dell'Ocse sui paradisi fiscali diventa obbligatoria solo per le operazioni con valore superiore ai 500 euro. Prima la comuni-cazione era obbligatoria per ogni tipo di prestazione od operazione finanziaria, l'introduzione della soglia viene considerata un modo per ridurre gli adempimenti formali da parte di imprese e contribuenti e contemporaneamente far emergere le operazioni più rilevanti che l'Agenzia delle entrate può ritenere meritevoli di ulteriori approfondimenti e verifiche .

Studi di settore
I commercianti e gli altri contribuenti soggetti agli studi di settore dovranno diventare particolarmente accurati nel compilare i questionari e i moduli richiesti per costruire le previsioni di reddito delle varie categorie. Infatti chi falsifica le risposte o si sottrae al questionario non solo subirà una sanzione pecuniaria, già prevista dalla legge, ma finirà in maniera automatica anche nelle liste selettive da cui gli 007 del fisco e la Guardia di Finanza selezionano i soggetti su cui dare la priorità nei controlli  sui redditi. La misura arriva dalla constatazione che negli ultimi blitz gli esercenti che non rilasciavano scontrini erano inadempienti anche nel dare le informazioni agli studi di settore.

Equitalia
Equitalia sarà meno "vorace" nella riscossione dei debiti tributari. Viene concessa dunque una boccata di ossigeno alle imprese morose che non saranno costrette a interrompere la loro attività. Nel caso Equitalia dovesse procedere al pignoramento dei beni strumentali, il titolare dell'azienda sarà nominato custode giudiziario, in modo che la produzione continui. Stesso sollievo per le famiglie che devono dei soldi allo Stato, ma che possono contare su un solo stipendio. Se oggi il Fisco può pignorare il quinto dello stipendio del contribuente, il decreto stabilisce un tetto massimo del pignoramento fino al decimo (in caso di busta paga molto bassa).

Giochi e scommesse
Un fondo da centomila euro annui "destinato alle operazioni di gioco a fini di controllo": verrà istituito, stabilisce il decreto, dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. A utizzarlo saranno gli stessi dipendenti dei monopoli, o il personale della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, che potranno effettuare operazioni di gioco "al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico", comprese "quelle relative al divieto di gioco dei minori". L'obbligo della documentazione antimafia per gli amministratori e i consiglieri delle società di gestione viene inoltre esteso dal decreto "ai parenti e agli affini entro il terzo grado". (21 febbraio 2012)
 
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I redditi online dei ministri: tutti i patrimoni sui siti istituzionali 

Francesco Profumo, Giampaolo Di Paola, Corrado Passera e Annamaria Cancellieri sono i primi a pubblicare sul web patrimoni, stipendi e proprietà immobiliari
Il governo Monti
Operazione trasparenza per il governo Monti: oggi infatti, come annunciato ieri dal Presidente del Consiglio durante l’incontro a Piazza Affari, i ministri pubblicheranno online i loro redditi, che saranno così a disposizione dei cittadini per la consultazione. Una decisione che arriva in ritardo, una settimana dopo la scadenza dei 90 giorni per pubblicare la situazione patrimoniale del membri dell’esecutivo in cui solamente Profumo aveva resi noti i propri dati, ma solo in parte. E il premier infatti ha dichiarato che questo è soltanto il primo passo visto che in seguito proporrà “che tutto il personale politico e amministrativo di alto livello si sottoponga a qualcosa di analogo”.

Sul ministro della Difesa è già disponibile il reddito dichiarato dal ministro Giampaolo Di Paola che ha dichiarato 199.778,25 euro a decorrere dal 16 novembre 2011 e per il 2011 ha percepito 25.179,17 euro lordi. Non sono in essere altri incarichi o rapporti di lavoro dipendente con pubbliche amministrazioni ma viene percepita una pensione. Nell’anno 2011 ha percepito  314.522,64 di pensione provvisoria e 29.441,44 euro per servizio all’estero in base all’art.1808 D.lgs 66/2010. Tra i beni immobili una casa di proprietà a Livorno di 130 mq e quota di titolarità al 50% e due auto (Mercedes Classe B 180 CDI CV.109, anno di immatricolazione 2009, e Volkswagen Polo CV 85,  anno di immatricolazione 2004). Per quanto riguarda gli strumenti finanziari, Di Paola possiede 398 azioni Enel, 68 di Finmeccanica e 14 di Deutesche Telekom. Tra i fondi comuni di investimento il ministro possiede 1.468 quote di Pioneer Paesi Emergenti pari a €.15.000 e 5.877 quote di Pioneer SSF Euro pari a €.30.000. Tra gli altri depositi, Bot e Btp per un valore complessivo di €.150.000, una polizza Assicurativa Generali di €.85.000 e obbligazioni per €.655.000.

Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera
,  nel 2011 ha avuto un reddito complessivo di circa 3,5 milioni di euro, su cui ha pagato 1,4 milioni di tasse. Da ministro, il compenso scenderà a 220mila euro circa. Nel patrimonio figurano, tra l’altro, depositi per 8,8 milioni sostanzialmente derivanti dalla vendita delle azioni Intesa, azioni, obbligazioni, una casa a Parigi e una Mercedes. Nel dettaglio, il reddito complessivo dichiarato dal ministro nel 2011 (anno d’imposta 2010) è stato pari a 3.529.602 euro, con un imponibile di 3.185.043 euro. I beni immobili indicati nella dichiarazione dei redditi sono un fabbricato di 141 metri quadrati a Parigi e un terreno di 3.220 metri quadrati a Casale Marettimo (Pisa), detenuti entrambi al 100%. Nella casella beni mobili figura solo una Mercedes A180 immatricolata nel 2010. Più corposa la voce relativa agli strumenti finanziari: Passera possiede azioni della Lariohotels spa, pari al 33% circa (di cui il 21,6% in nuda proprietà) per un valore patrimoniale complessivo di circa 5 milioni e il 33,33% della Immobiliare Venezia Srl, per un valore di 1,6 milioni. Tra gli altri depositi figurano, oltre agli 8,8 milioni derivanti dalla vendita delle azioni Intesa a fine dicembre, titoli obbligazionari per 169mila euro, titoli obbligazionari in dollari per 23mila euro, polizze vita per 1,28 milioni e fondo pensione complementare per 3,3 milioni. Il ministro Passera, infine, registra un indebitamento finanziario (mutui accesi per l’acquisto degli immobili) pari 2 milioni di euro (importo residuo) con il Banco di Brescia e a 910mila euro (importo residuo) con il Credit Lyonnais.

Disponibile online anche il reddito del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri che ha dichiarato un compenso lordo di 183.084,35 euro. Nessun paragone con i il passato, perchè i dati resi noti dalla Cancellieri si limitano all’elenco (24) di beni immobili tra appartamenti, abitazioni, magazzini, box, cantine, negozi, terreni agricoli di proprietà o comprioprietà dislocati tra Milano, Roma e Palazzolo Acreide. La Cancellieri ha una Toyota Land Cruiser e strumenti finanziari alla Banca popolare di Vicenca per circa 6mila euro.

Per il 2010 il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi ha dichiarato un reddito complessivo di 504.367 euro pagando un’imposta netta di 208.743 euro. E’ quanto si legge nella dichiarazione dei redditi 2011 del ministro pubblicata sul sito. Nel 2012 il reddito con l’incarico da ministro dovrebbe dimezzarsi dato che il compenso annuo lordo sarà di 205.915 euro. Il ministro, secondo quanto si legge sulla posizione patrimoniale pubblicata sul sito, ha piena proprietà solo di un fabbricato a Roma di tre vani mentre per altri tre fabbricati e un terreno ha una nuda proprietà condivisa.

Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo
dichiara invece 199.778 euro lordi.  E’ in aspettativa e senza assegni dall’incarico di Professore universitario di ruolo al Politecnico di Torino e si è dimesso da presidente del Cnr. E’ proprietario di un fabbricato a Savona, comproprietario di un fabbricato e di un garage ad Albissola Mare (Savona), di un appartamento a Torino, di uno a Salina (Messina) e di tre garage  a Torino. Possiede una sola auto, una Lancia Lybra. Nel portafoglio azionario registra 894 azioni di Intesa, 1210 della Banca Monte dei Paschi di Siena, 250 De Longhi, 262 Enel, 3630 Telecom Italia, 137 Finmeccanica, 250 Del Clima, 5199 Unicredit.

Dati pubblicati online anche per il ministro del Turismo Piero Gnudi che ha dichiarato un reddito lordo come ministro pari a 53.238,51 euro di stipendio, 11.309,22 euro di indennità integrativa speciale, 135.230,52 euro di indennità per i ministri non parlamentari. Il reddito dichiarato nel 2011 era di 1.717.187 euro totali a cui andavano sottratti 22.336 euro di deduzioni. Su tale reddito, Gnudi aveva 713.244 euro di imposte da versare allo Stato. Il ministro non ha beni immobili. Ha due auto, una Fiat Stilo e una Audi A3 del 2008. Oltre a un Gozzo Aprea Mare 10 del 2005 in leasing. Gnudi annuncia poi di essersi dimesso da tutte le cariche sociali: in passato era infatti presidente del Cda di Emittenti titoli, Tages capital, Sesto immobiliare; consigliere di amministrazione di Alfa Wassermannn, Astaldi, D&C, Galotti, Il Sole 24ore, Unicredit ed era componente di Assonime. Ha invece mantenuto la carica come presidente del Cda di Consorzio Profingest, vicepresidente del Cda di Consorzio Alma, consigliere della Fondazione Golinelli. Il ministro possedeva poi alla data della nomina numerose azioni di diverse aziende quotate, tra cui 152.392 azioni Enel e 100.00 Enel Greenpower, 342.498 Intesa San Paolo oro e 85.000 Intesa San Paolo risparmio, 337.000 Telecom Italia risparmio, 207.912 Unicredit; Ctz per 1.222.000 euro, 267.000 euro in azioni Hvb e 191.696 euro in Bca.

Reddito lordo di 120mila euro nel 2011, relativo al 2010, per il ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi. Attualmente, Riccardi cumula il compenso da ministro, 199.778,25 euro lordi, con la pensione da docente universitario che ha iniziato a percepire a marzo 2011, 81.154,58 euro, per un totale di circa 280.933,13 euro. Riccardi possiede un appartamento e un terreno a Trevi, in provincia di Perugia, e la nuda proprietà di un appartamento a Roma che è in usufrutto alla madre. E ha un deposito titoli da 80mila euro all’Unicredit e il 25% di un altro deposito titoli, da 46mila euro totali, al Monte dei Paschi di Siena.

Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata
nel 2012 riceverà invece per il suo incarico 203 mila euro lordi. Nel 2010 percepiva 123 mila euro di stipendio, più 214 mila di indennità da ambasciatore negli Usa. Con la nomina alla Farnesina ‘perde’ dunque virtualmente oltre 100 mila euro. Il ministro possiede una Golf del 2012, una Ford Focus del 2004 e una Harley Davidson 883 del 2005. Ha terreni agricoli a Curno e Brembate di Sopra (Bg), una villa a Brembate di Sopra e due comproprietà, a Roma e New York. Nessuna azione.

Guadagnava invece più da dipendente del ministero che da ministro, Mario Catania. Il titolare delle Politiche agricole percepirà infatti 211 mila euro nel 2012, mentre nel 2010 ne prendeva 213 mila e nel 2011, prima della nomina, aveva uno stipendio di 280 mila euro. I suoi risparmi sono tutti investiti in titoli di Stato, per un valore di 450 mila euro. Catania ha inoltre una Volkswagen Golf del 2004. Ed è proprietario della casa in cui vive a Roma: circa 120 mq. Ha anche la proprietà del 50% di una casa a Manciano
 
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Panasonic scommette su Eluga
smartphone sottile e ultraleggero

Presentato ad Amburgo il nuovo gadget che prova a scombinare i piani di Google e Apple. L'azienda giapponese torna in Europa dopo sei anni e cerca di riprendersi una fetta di mercato affidandosi ad Android e al design. Il CEO Abadie: "E un prodotto unico, di senso". In Italia ad aprile dal nostro inviato DANIELE VULPI

AMBURGO - Elegant design, user friendly e gateway (elegante, facile da usare e porta di connessione), tre concetti che di acronimo fanno Eluga, ovvero il nome dello smartphone con cui Panasonic riprova, sei anni dopo, a prendersi una fetta del mercato europeo. Il colosso giapponese (ex Matsushita) rimette i piedi in un segmento che aveva deciso di abbandonare nel 2006 e dove adesso la competizione è molto più forte, considerando l'affollamento dei marchi e l'evoluzione dei dispositivi mobili, ma è sempre un mercato appetibile visti i tassi di crescita straordinari che sembrano non conoscere crisi. L'azienda giapponese si gioca quindi le sue carte con un terminale molto caratterizzato, a suo modo estremo e in controtendenza, che arriverà in Italia ad aprile a un prezzo che dovrebbe mantenersi intorno ai 450 euro senza superare i 500, e che è stato svelato ad Amburgo nel corso di un evento mondiale per la presentazione dei nuovi prodotti Panasonic e che probabilmente sarà presentato ufficialmente al prossimo World Mobile Congress di Barcellona, tra una settimana.

LE IMMAGINI 1

Anti iPhone, avanti un altro. L'eleganza c'è, se non altro per il fatto che questo gadget ha uno spessore di 7,8 millimetri e un peso di soli 103 grammi. Una sensazione di leggerezza che gli smartphone più popolari
non danno. E poi Android 2.3, lo schermo 4,3 pollici Oled qHD, l'Nfc (Near Field Communication per i pagamenti sicuri), il processore Omap4 dual core, la fotocamera da 8 megapixel, e la produzione per ora in due colori: silver e nero.  Ancora: l'Eluga è water & dust proof, ovvero resistente all'acqua e inattaccabile dalla polvere, ha la microsim e batteria non removibile come l'iPhone che dovrebbe garantire 30 ore in stand-by grazie anche al software eco-mode. Ciò che lascia perplessi è la scelta di dotare il dispositivo di soli 8 giga di memoria interna e la mancanza di una camera frontale per le videochiamate su voIP. Tenendo presente che non ci sono alloggiamenti per microSD, la capacità di immagazzinare video e foto risulta assai penalizzata. I dirigenti difendono le loro scelte sostenendo che questo dispositivo mobile nasce per poter scambiare video e foto con camera e che la camera frontale non è così indispensabile e potrebbe arrivare nel prossimo modello.

L'intreccio digitale. "Abbiamo scelto Android perché è il sistema che si avvia a dominare il mercato", ha spiegato il CEO di Panasonic Europe Laurent Abadie, "l'aggiornamento all'ultima versione Ice Cream Sandwich avverrà entro questa estate. L'hardware e il design per noi sono molto importanti e lo saranno sempre ma crediamo molto anche nelle app e nella loro capacità di far parlare tra loro dispositivi diversi, come le nostri tv Viera e le nostre fotocamere Lumix. Per questo abbiamo creato app che vanno a fare questo lavoro, l'utente può sceglierle se installarle o meno". In effetti si tratta di una brandizzazione assai discreta. Panasonic ha scelto sostanzialmente di affidarsi ad Android e al suo market store. Intanto si fa notare per la preview dell'applicazione che farà dialogare smartphone e tv: niente di diverso da quello che fa l'iPhone adesso, sia chiaro, ma è il modo che colpisce: le fotografie e i video si spostano dallo smartphone alla tv, ovviamente Panasonic, con il dito, facendo un semplice swipe. Come se il grande schermo digitale fosse un'estensione del piccolo schermo del cellulare. E' un movimento intuitivo e naturale. Lo stesso succede con le pagine web.

Battaglia dura nel Vecchio continente. Abadie sa che la sfida alle porte non è delle più facili, quindi non alza il mirino. "L'obiettivo di vendite per Eluga? Modesto, l'uno per cento del mercato entro il primo anno, non di più. Poi si vedrà: un traguardo potrebbe essere quello dei 15 milioni di smartphone venduti nel mondo entro il 2015. Noi crediamo che Eluga sia un prodotto unico, con un senso. La nostra visione vede lo smartphone al centro: vogliamo introdurre soluzioni avanzate, ecologiche e sostenibili per la casa, e vogliamo farlo con un dispositivo mobile. La televisione è centrale nel salotto, lo smartphone lo è nel movimento, nell'interconnessione tra gli oggetti della casa. E noi puntiamo molto in questo". Una scommessa che è quindi nelle mani del favore che incontrerà tra il pubblico questo e i modelli che seguiranno, già nel 2012. La sfida tra Panasonic e i colossi di oggi, ovvero Samsung, Nokia ed Apple, in ordine di leadership a livello planetario, non è ancora cominciata. Guadagnarsi fette di mercato pur in un settore che ha dei tassi di crescita superiori alla media, con le vendite che secondo stime convergenti sono state del 47 per cento rispetto all'anno passato non sarà facile. L'azienda fondata nel 1918 a Osaka da Konosuke Matsushita ci crede. E si riaffaccia con obiettivi ambiziosi in un continente dove un dispositivo mobile su tre è uno smartphone.

(20 febbraio 2012)

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Bombe chimiche dimenticate
"Minacciano le città"

Secondo Legambiente sono a rischio anche Napoli e Roma. "Nessuna bonifica effettuata sui residuati delle guerre mondiali e dei raid sul Kosovo"

di GIOVANNI VALENTINI
ROMA - Si dice "bomba" in senso generalmente metaforico: per dire una notizia o un fatto clamoroso, destinato a scoppiare suscitando reazioni e polemiche. Ma qui diciamo "bombe", al plurale, in senso stretto: cioè ordigni esplosivi. Per maggior precisione, bombe chimiche. Sono quelle che, a più di mezzo secolo dalla fine della seconda Guerra mondiale, giacciono ancora in fondo ai nostri mari e ai nostri laghi o sul nostro territorio, minacciando l'ambiente e la salute dei cittadini.

Dal Golfo di Napoli al litorale pugliese nel basso Adriatico, dai fondali pesaresi al lago di Vico (Viterbo) fino all'area industriale di Colleferro, in provincia di Frosinone, l'inventario delle armi chimiche compilato da Legambiente disegna la mappa di un pericolo occulto che incombe sulla nostra sicurezza. Un'eredità invisibile dell'ultima guerra o piuttosto un'ipoteca nascosta che grava tuttora sulla sicurezza della popolazione. Oltre ai siti inquinati di cui si conosceva già l'esistenza, l'indagine dell'associazione ambientalista ne ha individuati altri sulla base di diversi documenti militari. Ma a tutt'oggi non risulta che siano state svolte indagini accurate per localizzarli esattamente e quantificarne il materiale pericoloso. Né tantomeno lavori di bonifica. Si sa però che il "campionario" di queste sostanze chimiche comprende liquidi irritanti come l'iprite o la lewisite; l'arsenico, tossico e cancerogeno; e ancora il fosgene, un gas asfissiante.

LA DISCARICA DEL BASSO ADRIATICO
Sono oltre 30 mila - secondo il dossier di Legambiente - gli ordigni inabissati nel sud dell'Adriatico, lungo la costa pugliese, di cui 10 mila solo nel porto di Molfetta e di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari. Agli arsenali chimici dispersi sui fondali durante la seconda guerra mondiale, si sono aggiunte le bombe inesplose sganciate dagli aerei della Nato durante il conflitto del Kosovo nel 1999. Fra il 1946 e il 2000, molti pescatori della zona hanno fatto ricorso a cure ospedaliere, dopo essere entrati in contatto con aggressivi chimici provenienti da residuati bellici. Le analisi dei sedimenti marini hanno rilevato gravi conseguenze anche nei pesci, causate da sostanze come l'iprite e concentrazioni di arsenico superiori ai valori di soglia. Mentre la bonifica procede a rilento, la Regione Puglia ha stanziato intanto 2 miliardi di euro per favorire il ripopolamento della fauna ittica.

L'ARSENALE CHIMICO DI PESARO
Nel settembre del '43, subito dopo l'armistizio, il quartier generale tedesco ordinò di conquistare tutti i depositi di gas sul territorio italiano, tra cui quello di Urbino, per evitare che cadessero in mani nemiche. Il materiale venne trasportato su camion fino a Pesaro e Fano, per essere caricato su un treno. Ma, in seguito all'avanzata anglo-americana, i tre vagoni con 84 tonnellate di testate all'arsenico rientrarono a Pesaro, vennero svuotati da squadre speciali e buttati in acqua. Così 4.300 grandi bombe C500T furono caricate su barconi e nell'agosto del '44 ben 1.316 tonnellate di iprite finirono in mare dove ancora oggi continuano a essere potenzialmente molto pericolose.

LE BOMBE NEL GOLFO DI NAPOLI
Alcuni documenti militari americani, denominati "rapporti Brankowitz", parlano del Golfo di Napoli e del mare intorno all'isola di Ischia come siti per lo smaltimento di arsenali chimici. Durante la presidenza Clinton, per un dovere di trasparenza, si decise di rendere pubblici gli atti. Ma, dopo l'attentato alle Torri Gemelle, George W. Bush impose di nuovo il segreto. Una "Bozza" di 139 pagine, redatta il 27 aprile 1987 da William R. Brankowitz, contiene un "sommario storico sul movimento delle armi chimiche". A pagina 5 si legge che nell'aprile del '46 una quantità non specificata di bombe al fosgene è partita da "Auera" (probabilmente si tratta di Aversa, base militare americana) con destinazione il mare aperto: presumibilmente, venne effondata al largo della costa campana.

A NORD E A SUD DI ROMA
La "Città della Chimica", una gigantesca base di oltre 20 ettari, fu voluta da Mussolini e realizzata sulle rive del lago di Vico (Viterbo). Conclusa nel 2000 la bonifica del sito, le autorità militari dichiararono che non esistevano ulteriori rischi di contaminazione. Ma nel novembre 2009 l'Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) del Lazio rilevò in un'alga tossica la presenza di diverse sostanze chimiche inquinanti. Finalmente, nel marzo 2010, le autorità militari hanno riconosciuto la necessità di ulteriori interventi di bonifica all'interno del centro chimico. A Colleferro, provincia di Frosinone, dopo la prima guerra mondiale il calo della produzione di esplosivi impose la ristrutturazione della BPD, l'azienda fondata dall'ingegner Leopoldo Parodi Delfino e dal senatore Giovanni Bombrini. Negli anni '70 e '80, gli scarti della produzione furono interrati all'interno del sito industriale, con "ripercussioni devastanti" sull'intera Valle del Sacco. Ma, secondo Legambiente, la produzione bellico-chimica è proseguita fino ai giorni nostri, prima in direzione dell'Iraq e poi della Libia.
(20 febbraio 2012)

lunedì 20 febbraio 2012

ma dai.......

Celentano fa volare gli ascolti
Morandi: "Contestazioni pilotate"

L'ultima serata del festival meglio della finale del 2011. Podio tutto rosa, vince Emma seguita da Arisa e Noemi. Molleggiato sul palco, applausi e fischi. Claudia Mori attacca il consigliere Verro. Il conduttore: "Oggi ho visto Adriano, mi ha detto 'non avere toni trionfalistici perché bisogna anche saper vincere'"

Celentano fa volare gli ascolti Morandi: "Contestazioni pilotate" Celentano e Morandi
cantano insieme

SANREMO - Celentano fa volare gli ascolti. L'ultima serata del festival è stata vista nella prima parte da 14 milioni 456 mila telespettatori con uno share del 50,93%, mentre la seconda parte è stata seguita da 12 milioni 31mila spettatori con uno share del 68,73%. Nella finale dunque il festival supera se stesso: lo scorso anno la prima parte della serata conclusiva aveva registrato 12 milioni 537 mila spettatori e uno share del 45,97%, la seconda 11 milioni 633 mila e il 63,68%.

LA SERATA FINALE, PODIO ROSA

FOTO TRIONFO DI EMMA - DETTAGLI DAL FESTIVAL

Il festival del caos e delle polemiche. L'intervento di Celentano è stato applaudito ma pure contestato da una ridda di fischi e di grida, "basta", "predicatore", che però non hanno convinto il Clan: finito l'intervento Claudia Mori ha incontrato il consigliere d'amministrazione Rai Antonio Verro e, stringendogli la mano, lo ha ringraziato "per la buffonata che avete organizzato". Insomma, il sospetto è che la contestazione sia stata organizzata, tant'è che dall'entourage di Adriano fanno notare come, al termine dell'esibizione, molte poltrone della galleria si fossero curiosamente liberate. E se le parole pronunciate dal Molleggiato sul palco sollevano nuove polemiche, il caos vero lo agitano quelle indirizzate da sua moglie e portavoce al cda Rai. Con corredo di reazioni.

CELENTANO -
Il sospetto che le contestazioni in platea fossero pilotate è lo stesso Gianni Morandi: "Lo erano, erano assolutamente pilotate", ha detto durante la conferenza stampa finale. "Abbiamo mandato una persona in galleria e c'erano tre-quattro persone che sistematicamente fischiavano, con uno schema preciso. Era tutto organizzato, non so da chi, ma lo era. E' impossibile che all'Ariston succeda una cosa del genere, non l'ho mai visto in tanti anni di festival. Era un'operazione troppo mirata". Più dubbioso sul fatto che Claudia Mori abbia accusato il consigliere di amministrazione Rai Antonio Verro, "Ma no, non credo", ha detto Morandi.

Che questa mattina con Celentano è andato a fare colazione. "Ci siamo un po' rasserenati dopo questi 15 giorni. Abbiamo seguito gli ascolti, siamo rimasti molto contenti. Gli ho chiesto di venire in sala stampa, ma lui ha risposto 'salutali tutti, e ringraziali'. E ha aggiunto 'non avere toni trionfalistici perché bisogna anche saper vincere", ha spiegato Morandi.

MORANDI - "Dopo quattro edizioni del Festival con 'Bonolis Clerici, Morandi, Morandi', c'è bisogno di facce nuove", ha detto il conduttore della 62esima edizione della gara canora sanremese, che non si ricandida per il prossimo anno, secondo cui "anche per il modo in cui è costruito l'evento, andrà fatta riflessione". Morandi ha fatto notare come "quando andiamo a vedere gli ascolti di ieri sera, bisogna tornare a Fazio per altri numeri così, ma è chiaro che l'impianto sarà da rinnovare". "Noi potremo dare una mano - ha assicurato - visto che conosciamo bene quanto sia complessa la macchina da dentro". "Magari", ha concluso Morandi potrà tornare magari in qualità di "cantante in gara".

PAPALEO - "Ormai ho consumato tutto, non ho più un briciolo di energia", ha detto Rocco Papaleo che in questi giorni ha affiancato Morandi sul palco. "Devo ringraziare Gianni che ha permesso a me di sentirmi a mio agio ed esprimermi, e anche al mio neurologo devo rivolgere un pensiero in questo momento per gli ottimi tranquillanti che mi ha prescritto che mi hanno calmato ma addormentato". Per Rocco Papaleo, "il momento musicale più alto del festival è stato il duetto di Celentano e Morandi" in 'Ti penso e cambia il mondo'. Un giudizio accolto da un applauso dei giornalisti in sala stampa. Gianni Morandi ha allora tenuto a ricordare che "l'autore di questo bellissimo brano è Pacifico".

RAI - "Celentano non è Cacciari, non è Sgalambro, è un cantante che vuole esprimere le sue opinioni e subordina la sua presenza in tv alla possibilità di esprimerle. La Rai gli ha dato questa possibilità e Celentano si è preso la sua libertà, a tratti licenza", questa la valutazione del direttore di Rai1 Mauro Mazza. "Capisco la posizione del presidente Garimberti - ha detto Mazza in conferenza stampa - perché con l'insistenza sulle testate cattoliche Celentano è stato antipatico, stridente con il livello artistico del personaggio. Garimberti dice che Celentano è stato fuori contesto, io dico che da 50 anni è fuori contesto e questo lo rende diverso e unico nel panorama artistico". L'intervento, ha detto Mazza "mi è sembrato quello di un parrocchiano a una riunione diocesana, un ragionamento elementare, basico, da credente e va valutato in questi termini".

"Credo che con questo Sanremo si chiuda un ciclo. L'azienda fa bene a non rinnovare il contratto all'attuale Direzione Artistica e ad affidare l'organizzazione del prossimo Festival alla nuova Direzione Intrattenimento". E' l'opinione del consigliere di amministrazione Antonio Verro. Per Verro, "occorre abbandonare la strada degli ascolti facili basati sulle polemiche e puntare di più sulla qualità della musica e delle risorse interne. E' questa la vera sfida per un servizio pubblico".
 
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Una legge per tutelare i cronisti precari
Compensi equi o niente fondi agli editori 

La proposta, firmata dal parlamentare Udc Enzo Carra, ha già avuto l'ok dalla commissione della Camera. E ora attende il via libera dal governo. Il testo prevede una commissione ad hoc per valutare le qualità retributive dei vari editori
Il quotidiano La Voce di Romagna paga 2,5 euro ad articolo i giornalisti esterni, ma dallo Stato il giornale riceve 2,5 milioni di finanziamento. Il Tempo fissa un tetto massimo di 15 euro e ne incassa 840mila di finanziamento pubblico. E chi collabora alla Gazzetta di Modena non può sperare di spuntare oltre 4 euro ad articolo. Ne sa qualcosa Giovanni Tizian, che per i suoi pezzi sulla mafia in Emilia Romagna è finito sotto scorta. Minacciato dalla ‘ndrangheta per quelle righe così malpagate. Questa la realtà di buona parte dell’editoria italiana. Una realtà che ora, però, arriva a una svolta. Di mezzo, infatti, c’è una proposta di legge, firmata dal parlamentare Udc Enzo Carra, e che subordina il finanziamento pubblico a un’equa retribuzione. Insomma, o gli editori iniziano a pagare meglio i cronisti oppure possono dire addio ai milioni dello Stato. La proposta è già stata approvata dalla Commissione cultura della Camera e ora per diventare legge attende solo il via libera del governo di Mario Monti che certo subirà le pressioni degli editori. Spiega lo stesso Carra: “Il governo deve dire se è d’accordo con il Parlamento o se intende negare questa opportunità ad un provvedimento tanto atteso”.

Il testo, in quattro articoli, prevede che una commissione ad hoc stabilisca i parametri retributivi minimi che gli editori dovranno applicare, pena la perdita non solo delle provvidenze (che nel 2012 ammonteranno a 137 milioni di euro) ma anche di tutti i contributi pubblici, compresi quelli accessori per carta, postalizzazione degli abbonamenti, telefono etc. Entro tre mesi dal suo insediamento, dovrà quindi individuare i “trattamenti economici proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva di categoria in favore dei giornalisti con rapporto subordinato”.
La stessa commissione dovrà poi valutare le politiche retributive di quotidiani, periodici (anche telematici), agenzie di stampa, radio e tv e redigere un elenco dei datori di lavoro che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi stabiliti. Una sorta di bollino blu per gli editori. Infine le due righe decisive, scolpite come pietra: “A decorrere dal 1 gennaio 2012 l’iscrizione nell’elenco di cui sopra è requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico in favore dell’editoria”.

Insomma, il governo si trova di fronte a una decisione fondamentale per il futuro dell’informazione la cui condizione attuale, invece, conta un esercito di cronisti sottopagati, non tutelati e spesso minacciati. Ad oggi, infatti, precari, autonomi e freelance sono più numerosi degli assunti (24mila rispetto a 19mila) e contribuiscono per oltre il 50% alla realizzazione di quotidiani, periodici, radio, tv e informazione online. Eppure sono sottopagati, privi di tutele e sotto il ricatto continuo di perdere il lavoro da parte di editori che – per contro – fanno man bassa di provvidenze. A fotografare la situazione è il “tariffario dei compensi” realizzato dall’Ordine dei giornalisti sulla base di segnalazioni, note di pagamento e contrattini arrivati dai collaboratori di tutta Italia negli ultimi 18 mesi: Il Mattino paga 21 euro ma dopo 20 articoli non paga più anche se il quotidiano campano ha ricevuto 956.652 euro di contributi, La Repubblica Lazio ha ridotto da 50 a 30 euro i pezzi di 5-6mila battute e ha ricevuto sempre i suoi 16,1 milioni di euro di aiuti, Il Manifesto – che di problemi ne ha parecchi – non ha mai pagato a fronte di 5,3 milioni di contributi, Il Messaggero sotto le 800 battute non paga e i contributi incassati sono 1,44 milioni, Il Tempo, 840mila euro di provvidenze, paga 7,5 euro per articoli sotto i 40 moduli, 15 per quelli superiori; si ferma a 5-9 centesimi a riga il compenso per i collaboratori del Sole24Ore, dimezzato a inizio anno a fronte di 19,2 milioni di aiuti, mentre Libero paga 18 euro anche per un’apertura a chi ha protestato – segnala l’Odg – si visto rispondere “prendere o lasciare”. I contributi sono però 5,4 milioni.

Un blitz degli editori, però, è ancora possibile. Prevedibile che gli associati Fieg marcheranno stretto il governo Monti perché respinga in toto la legge. A spiegare perché è il direttore generale della Federazione degli editori, Fabrizio Carotti: “La materia è già regolata da un contratto collettivo e la sua definizione avviene attraverso il confronto delle parti. Imporre tariffe minime per legge equivale a esercitare un’indebita interferenza tra le parti. Ci chiediamo poi come questo indirizzo sarà accolto dal governo, visto che l’orientamento degli ultimi provvedimenti assunti sulla tariffazione delle attività professionali va nella direzione esattamente contraria. Subordinare le spettanze di contributo pubblici a queste tariffe sarebbe un esercizio poco rispettoso dell’autonomia contrattuale della parti”.

“Ma quali parti? Quale autonomia?” Risponde il presidente dell’Ordine Enzo Iacopino. “I due euro ad articolo non sono il prodotto di una negoziazione tra le parti in condizioni di parità. L’editore semplicemente sfrutta lo stato di necessità del lavoratore e questo è contrario alla Costituzione”.

I prossimi giorni saranno tesissimi e decisivo sarà l’orientamento di Giulio Anselmi, neopresidente Fieg al posto del dimissionato Malinconico. “Non vorrei dover rimpiangere Malinconico – avverte Iacopino – ma non posso non notare come il nuovo orientamento della Fieg coincida con il cambio al vertice. Per un anno la federazione ha avuto un atteggiamento di disponibilità e per due volte, pur eccependo criticità, si è espressa favorevolmente alla legge. Ora il vento sembra cambiato e mi sorprende perché a guidare la federazione è un giornalista professionista di lungo corso come Anselmi”.

Un segnale però c’era stato, ricorda Jacopino, all’ultimo festival del giornalismo di Perugia. “Anselmi era ancora presidente dell’Ansa e ha chiesto a freelance e collaboratori di smetterla con la lamentazione sul precariato, perché i giornalisti che stanno fuori dalle redazioni altro non desiderano che assumere per sé i privilegi dei colleghi contrattati che già li hanno. Proprio lui che può rendere ampia testimonianza dei privilegi collegati ai ruoli che ha avuto nella sua meritata carriera”. Tra giornalisti ed editori, insomma, volano stracci. Ora tocca al governo decidere di quale fare bandiera.
 
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Federer padrone del cemento indoor
A Raonic piace San José

MILANO, 20 febbraio 2012

Roger non perde su questa superficie dal novembre 2010 e qui ha vinto 20 dei suoi 71 tornei. Il canadese bissa il suo successo dello scorso anno. Volandri fa 13, quanto le posizioni guadagnate in classifica: ora è 56°. Tra le donne Azarenka a un passo dal record di vittorie consecutive da inizio stagione detenuto dalla Sharapova: 17 contro 18


Mancano due settimane e mezzo all'inizio del primo Masters 1000 della stagione, in programma sul bollente cemento californiano di Indian Wells dall'8 al 18 marzo, e Roger Federer continua a scandire il tempo con la vittoria tutto sommato scontata di Rotterdam. Tra le donne invece continua il dominio assoluto della bielorussa Victoria Azarenka, ancora imbattuta e più forte che mai. Ma è stata una settimana indimenticabile soprattutto per Filippo Volandri che giocando a livelli altissimi, è riuscito, in finale a San Paolo, a giocare per oltre due ore al pari del numero 11 del mondo Nicolas Almagro dopo aver fatto fuori niente meno che David Nalbandian e Thomas Bellucci. Un bel biglietto da visita per il clou della stagione sul rosso che s'infiammerà da metà a aprile con, in successione, i tornei di Monte Carlo, Roma, Madrid e Parigi.
ATP
71 — I tornei vinti in carriera da Roger Federer che ieri ha centrato il primo titolo dell'anno, il secondo di sempre a Rotterdam dopo la vittoria del 2005 su Ivan Ljubicic (5-7 7-5 7-6).
24 — Le vittorie consecutive di Roger Federer sul veloce indoor. Lo svizzero non perde sul veloce indoor dal 13 novembre 2010 quando mancò 5 match point contro Gael Monfils nella semifinale di Parigi-Bercy.
20 — I tornei sul veloce indoor vinti da Federer: il primo a Milano il 4 febbraio 2001 quando superò per 6-4 6-7 6-4 il francese Julien Boutter.
14 — Le finali giocate in carriera da Juan Martin Del Potro: 9 quelle vinte (Stoccarda, Kitzbuhel, Los Angeles e Washington 2008, Auckland, Washington e US Open 2009, Delray Beach e Estoril 2011), 5 quelle perdute (Tokyo 2008, Canadian Open e Masters 2009, Vienna 2011 e Rotterdam 2012).
127 — Le presenze italiane nelle finali: 48 i tornei vinti e 79 le finali perdute. L'unica vittoria degli ultimi 5 anni è stata quella ottenuta nel giugno scorso da Andreas Seppi nel torneo di Easbourne.
26 — Le finali record di Adriano Panatta: al secondo posto c'è Corrado Barazzutti con 13, al terzo Paolo Bertolucci con 11 e al quarto Filippo Volandri e Andrea Gaudenzi con 9.
13 — Le posizioni guadagnate in classifica Atp da Filippo Volandri che passa dal numero 69 al numero 56.
9 — Le finali giocate in carriera da Filippo Volandri; la prima a Umago nel 2003 persa contro Carlos Moya, poi quella vinta a St. Polten contro Xavier Malisse, poi le cinque perse di fila a Umago e Palermo 2004, Palermo 2005, Buenos Aires e Casablanca 2006 e Bucarest 2006, poi quella vinta a Palermo nel 2006 e infine quella di ieri persa a San Paolo del Brasile.
4 — Gli anni scarsi che Filippo Volandri è fuori dai primi 50 giocatori del mondo. L'ultima volta è accaduto l'11 maggio 2008 quando fu classificato al numero 42 del ranking mondiale.
Gazzetta TV
 
11 — I titoli Atp conquistati in carriera da Nicolas Almagro: Valencia 2006, Valencia 2007, Costa do Sauipe e Acapulco 2008, Acapulco 2009, Bastad e Gstaad 2010, Costa do Sauipe, Buenos Aires e Nizza 2011 e San Paolo 2012.
61 — Gli ace messi a segno da Milos Raonic nel vittorioso torneo di San Josè. L'asso canadese ha difeso brillantemente il titolo conquistato nel 2011 con l'86% di punti vinti sulla prima e 41 turni di battuta tenuti sui 42 disputati.
3 — Le vittorie di Milos Raonic: 2011 San Josè, 2012 Chennai e San Josè. Due invece le finali perdute da Denis Istomin: New Haven 2010 e San Josè 2012.
3 — tornei maschili in programma questa settimana: a Buenos Aires c'è il top ten David Ferrer e gli italiani Filippo Volandri e Potito Sarace. A Memhpis ci sono John Isner e Andy Roddick, a Marsiglia quattro top ten (Tsonga, Fish, Tipsarevic e Del Potro) con i nostri Cipolla e Seppi.
Victoria Azarenka quasi sorridente mentre colpisce di dritto. Epa
Victoria Azarenka quasi sorridente mentre colpisce di dritto. Epa
WTA
45 — Le partite vinte di fila dall'inizio dell'anno da Steffi Graf nel lontano 1987. La tedesca perse il primo match dell'anno il 4 luglio in finale a Wimbledon contro Martina Navratilova.
17 — Le partite vinte consecutivamente dall'inizio dell'anno dalla numero uno del mondo Victoria Azarenka (5 a Sydney, 7 e Melbourne e 5 a Doha). L'ultima giocatrice a fare meglio è stata Maria Sharapova che iniziò il 2008 con 18 vittorie consecutive (7 all'Open d'Australia, 2 in Fed Cup, 5 a Doha e 4 a Indian Wells prima della semifinale persa contro Svetlana Kuznetsova).
11 — I titoli vinti in carriera da Victoria Azarenka: Brisbane, Memphis e Miami 2009, Stanford e Mosca 2010, Miami, Marbella e Lussemburgo 2011, Sydney, Australian Open e Doha 2012.
6 — Le top ten in gara a Dubai (2 milioni di dollari di montepremi sul cemento). La numero uno è Victoria Azarenka e la due Petra Kvitova. In gara anche Francesca Schiavone (esordio con Ana Ivanovic) e Flavia Pennetta (esordio con Anabel Medina Garrigues).
2 — Le italiane in gara a Memphis (220.000 dollari indoor): Camila Giorgi affronta al primo turno la testa di serie numerio uno Nadia Petrova, Alberta Brianti invece attende al secondo la vincente tra Ksenia Pervak (n° 2 del seeding) e Rebecca Marino.
1 — I tornei vinti della spagnola Lara Arruabarrena Vecino che ieri ha brindato al primo titolo della carriera superando nella finale di Bogotà la russa Alexandra Panova.
Luca Marianantoni© RIPRODUZIONE RISERVATA

venerdì 17 febbraio 2012

e da noi?

 Germania, il presidente Wulff si dimette per favori da imprenditori amici

Il cancelliere Angela Merkel annulla la visita ufficiale in Italia prevista oggi per seguire la crisi interna. A Wulff la procura di Hannover contesta l'ottenimento di un finanziamento agevolato e alcuni giorni di vacanza pagati da altri. "Ho commesso errori, ma sarò scagionato. Lascio perché la fiducia nei miei confronti è incrinata".
Il presidente della Repubblica tedesco Christian Wulff si è dimesso per un’accusa di interesse privato in ufficio. Un finanziamento a tasso agevolato da un imprenditore amico e qualche notte di vacanza pagata da altri sono costati la poltrona al capo dello Stato della locomotiva economica europea. Un esito molto diverso da quello che simili vicende hanno sortito in Italia. In una conferenza stampa a Berlino, pur ammettendo “errori” Wulff ha rivendicato la correttezza del proprio comportamento e si è detto certo di uscire indenne dalla vicenda giudiziaria. Ma ha affermato di voler lasciare la carica di fronte alla “fiducia incrinata” dei cittadini in un momento così delicato per la Germania e per l’economia europea.

L’incarico di presidente della Repubblica federale tedesca è passato ad interim al presidente della Camera Bassa Horst Seehofer (Csu). Lo ha annunciato lo stesso Wulff. A breve partiranno le consultazioni per un nuovo incarico.

Nell’attesa dell’annuncio di dimissioni, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha annullato la visita in Italia prevista oggi. Il cancelliere, riporta l’Adn Kronos, ha telefonato al presidente del Consiglio Mario Monti, manifestando l’intenzione di organizzare al più presto un nuovo incontro a Roma. Oltre al premier, Merkel avrebbe dovuto incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il cancelliere ha indetto una conferenza stampa in cui ha avuto parole d’elogio per Wulff, per le cui dimissioni ha espresso “rispetto e rammarico”, ma, ha aggiunto, “una delle forze dello stato di diritto è che tratta tutti nello stesso modo”.

“Credo di essermi comportato in maniera retta senza commettere illeciti e questo verrà dimostrato”, ha affermato Wulff nel suo intervento a palazzo Bellevue, la residenza del presidente della Repubblica. “Lascio la strada libera al mio successore”, ha aggiunto. “Ho fatto errori ma sono stato sempre in buona fede. Negli ultimi mesi ho subito una serie di pressioni, dalle quali io e mia moglie siamo stati feriti”. Il breve discorso si è concluso con l’annuncio delle dimissioni. “Un presidente ha bisogno della fiducia non solamente di una parte, ma di tutti i cittadini tedeschi. Gli sviluppi delle ultime settimane hanno fatto vedere che la fiducia nei miei confronti è gravemente compromessa, per questo ho deciso di dimettermi per risolvere quanto prima la situazione”.

L’inchiesta su Wulff è stata aperta nei giorni scorsi dalla procura di Hannover
, che ha chiesto al Parlamento di revocare l’immunità al presidente. L’accusa è di avere ottenuto un prestito di 500mila euro da un imprenditore amico con un tasso di favore del 4%. In più sono emersi tre pernottamenti in un albergo dell’isola di Sylt di 258 euro l’uno, pagati sempre da un imprenditore a lui vicino e che Wulff dice di aver rimborsato in contanti.

Oltre ai partiti dell’opposizione, anche nei settori della maggioranza di governo sta venendo meno il sostegno politico al capo dello Stato, a partire dal partito liberale, che ha già preso chiaramente le distanze. Da qui la decisione di farsi da parte.

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Valentino e i 33 anni
"Mi sembravano alieni"

Milano, 16 febbraio 2012

Rossi parla su Twitter del suo compleanno scherzando sull'età: "A 20 vedevo quelli di 33 come venuti dallo spazio". Sulle frasi post Inter-Novara: "Mi sono vergognato, ma ero costruttivo. Capello? Vorrei Mourinho. Guardiola? Sarà dura portarlo via dal Barcellona"

Valentino Rossi oggi compie 33 anni. Afp
Valentino Rossi oggi compie 33 anni. Afp
Il compleanno di Valentino Rossi arriva a due giorni dal suo onomastico. "A San Valentino mio padre mi chiama sempre per farmi gli auguri - aveva scritto Rossi su Twitter il 14 febbraio - e io tutte le volte gli ricordo che sono nato il 16". A parte tutto, Rossi taglia il traguardo dei 33 anni, e già sono fioccate, durante gli scorsi test della Malesia battute sulla sua età.
il caldo — "Anche io quando ero più giovane - aveva detto Rossi autoironico a Sepang - facevo più giri con questo caldo". E mentre nel mondo virtuale, sono migliaia gli auguri che stanno arrivando al nove volte campione del mondo e pilota della Ducati, è sempre lui che stempera l'occasione. "Quando avevo 20 anni - ha scritto oggi Valentino su Twitter - guardavo quelli di 33 come se fossero alieni venuti dallo spazio. Poi mi sono distratto un attimo. Colpa d'Alfredo! (ha scritto Valentino citando l'amico Vasco Rossi). Grazie a tutti per gli auguri, ne stanno arrivando moltissimi!".
scuse — Poi, intervistato da Sky Sport 24, il pesarese è tornato a parlare delle frasi twittate dopo la sconfitta dell'Inter di domenica scorsa contro il Novara. In particolare il post "stasera non vorrei essere il portacenere di Moratti" ha un po' imbarazzato lo stesso pilota: "Mi sono vergognato da matti a casa - ha spiegato - io sono un grande tifoso dell'Inter e veder perdere la mia squadra in casa con una squadra sulla carta più debole fa male, ma le mie volevano essere critiche costruttive, sono sempre con loro. Capello all'Inter? Non mi piacerebbe essere un calciatore di Capello, mi piacerebbe però se venisse all'Inter. Certo, da interista vorrei Mourinho, mi piacerebbe che tornasse lui anche se so che è difficile, ci ha lasciati troppo presto. Guardiola? A parte la sciarpa, mi piacerebbe moltissimo, è molto simpatico e bravo ma sarà dura portarlo via dal Barcellona". Rossi sarà nuovamente in pista in Malesia per una nuova tappa di test a Sepang dal 28 febbraio al primo marzo.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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WSJ: "Google spiava gli utenti Apple"
Sotto accusa il motore di ricerca

Lo rivela il quotidiano statunitense. Poche linee di codice per aggirare le impostazioni di privacy di chi utilizza Safari per connettersi al web. Google ha interrotto queste attività dopo essere stato contattato dal giornale: "Nei cookie non sono salvate informazioni personali"

GOOGLE si sveglia un po' più malvagia oggi. O meglio: il mondo ne sa un po' di più. Il Wall Street Journal ha infatti pubblicato un dossier sulle pratiche messe in atto dall'azienda fondata da Brin e Page nei confronti degli utenti che utilizzano il browser Safari, il programma per la navigazione internet della Apple, e quindi installato su tutti i Mac, iPhone e iPad.
 
Il sistema, svelato proprio dal quotidiano statunitense, tracciava e memorizzava il comportamento online degli utenti attraverso cookie (piccoli file di testo che contengono informazioni sulla navigazione), aggirando le impostazioni di privacy del programma. Che, per default, impedisce l'installazione di cookie.

Le informazioni di navigazione degli utenti sono fondamentali per il modello pubblicitario proposto da Google, che offre annunci personalizzati agli utenti in base ai suoi interessi.

Con un comunicato al giornale Google - il cui motto informale è "Don't be evil", letteralmente "Non essere malvagio" ma meglio tradotto come "non comportarti male" - ha dichiarato: "Nei cookie non sono salvate informazioni personali". Eppure subito dopo essere stata contattata dal Wsj, Google ha interrotto questa politica. Oltre a Mountain View altre tre aziende pubblicitarie utilizzano questo stesso metodo: Vibrant Media, WPP PLC's Media Innovation Group e Gannett Co.'s PointRoll.

"Diversamente da altri importanti browser, il browser Safari di Apple blocca per impostazione predefinita i cookies di terze parti",
ha spiegato più in dettaglio Rachel Whetstone, Senior Vice President Communications e Public Policy di Google. "Tuttavia, Safari abilita per i propri utenti svariate funzioni web che fanno affidamento su terze parti e sui cookies di terze parti, quali i pulsanti "Like". Lo scorso anno", spiega ancora la Whetstone, "abbiamo cominciato ad usare questa funzionalità per abilitare alcune funzioni (come per esempio la possibilità di fare "+1" su contenuti di interesse dell'utente) per quegli utenti di Safari che erano loggati nel loro account Google e che avevano scelto di vedere pubblicità personalizzate e altri contenuti". L'azienda ribadisce ancora di aver usato tutte le accortezze per far sì che lo scambio di informazioni tra Safari e Google fossero anonime. "Tuttavia, il browser Safari conteneva altre funzionalità che hanno fatto sì che altri cookies pubblicitari di Google fossero installati nel browser", dice la Whetstone. "Non avevamo previsto che potesse succedere e ora abbiamo cominciato a rimuovere questi cookies pubblicitari dai browser Safari. E' importante sottolineare che, esattamente come con altri browser, questi cookies pubblicitari non raccolgono informazioni personali".

Mountain View precisa che gli utenti di Internet Explorer, Firefox e Chrome non sono stati interessati dal problema, "né lo sono stati utenti di qualsiasi browser, incluso Safari, che avevano scelto di fare opt-out dal nostro programma di pubblicità basata sugli interessi utilizzando il nostro strumento di Gestione Preferenze Annunci Pubblicitari". Safari è il software per la navigazione a internet più utilizzato su smartphone e tablet, proprio per il successo di iPhone e iPad.
 
(17 febbraio 2012)
 

mercoledì 15 febbraio 2012

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/15/ior-colpo-di-spugna-sullantiricilaggio/191297/

Norme antiriciclaggio: Ior, ecco le carte
che inchiodano il Vaticano sulla trasparenza 

In una lettera il cardinale Nicora, capo dell'Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede, lancia l'allarme: "Con la nostra ultima legge facciamo un passo indietro e resteremo un paradiso fiscale". Il documento inviato a Gotti Tedeschi e alla Segreteria di Stato
Monsignor Attilio Nicora
Altro che trasparenza, altro che collaborazione, altro che volontà di fornire tutte le informzioni a chi indaga. Il Vaticano non ha alcuna intenzione di attuare gli impegni assunti in sede europea per aderire agli standard del Comitato per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali (MONEYVAL) e non ha alcuna intenzione di permettere alle autorità antiriciclaggio vaticane e italiane di guardare cosa è accaduto nei conti dello IOR prima dell’aprile 2011. A scriverlo nero su bianco sono le due massime autorità in materia dentro le mura leonine: il cardinale Attilio Nicora (ex presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e ora presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria del Vaticano, l’AIF) e il professor Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale della Città del Vaticano.

Il Fatto Quotidiano è entrato in possesso di due documenti riservati, da loro redatti, che raccontano qual è, al di là dei comunicati della sala stampa, la vera politica della Santa Sede sul fronte antiriciclaggio. Una politica che nei fatti somiglia a quella di uno dei tanti paradisi fiscali del mondo. Il primo documento è firmato dal presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, professore di diritto e magnifico rettore della Lumsa (Libera Università MAria Ss Assunta) oltre che membro del consiglio direttivo dell’AIF. Si tratta di un parere legale richiesto dalla Segreteria di Stato alla massima autorità consultiva in materia giuridica nel Vaticano. In pratica il cardinale Tarcisio Bertone chiedeva a Dalla Torre di stabilire quale fosse la giusta interpretazione da dare alla nuova normativa antiriciclaggio introdotta da Papa Benedetto XVI nel dicembre del 2010 ed entrata in vigore nell’aprile scorso.

Come Il Fatto ha raccontato, nel Vaticano si erano distinte due linee diverse: la prima, sostenuta dal direttore generale dell’AIF, l’avvocato Francesco De Pasquale, puntava a spingere la banca vaticana, lo IOR, a collaborare con le autorità antiriciclaggio interne (AIF) e a fornire tutte le informazioni richieste dalla giustizia italiana, anche sui fatti precedenti all’aprile del 2011. La seconda linea, sostenuta invece dall’avvocato Michele Briamonte dello studio Grande Stevens di Torino, invece sosteneva che l’AIF non avesse quei poteri di ispezione sui movimenti bancari precedenti all’aprile del 2011. Ovviamente la lotta di potere tra AIF e IOR, la disputa tra De Pasquale e Briamonte, aveva un riverbero immediato nei rapporti tra Stati. Solo se avesse vinto la linea “collaborativa” dell’AIF le autorità giudiziarie e bancarie italiane sarebbero state in grado di mettere il naso (tramite il cavallo di Troia dell’AIF) nei segreti dello IOR. Altrimenti le indagini italiane in corso si sarebbero arenate.

Il Fatto aveva pubblicato il 31 gennaio scorso un documento riservato (“Memo Ior-AIF”) dal quale si comprendeva che stava vincendo la linea “non collaborativa” e che il presidente dello IOR e dell’AIF avevano tentato di coinvolgere il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il segretario del Papa, George Gaenswein, per convincere il Governo Vaticano a collaborare con l’autorità giudiziaria italiana. Sul memo si leggeva: “L’AIF (….) ha inoltrato allo Ior alcune richieste di informazioni relative a fondi aperti presso l’Istituto, cui quest’ultimo ha corrisposto, consentendo tra l’altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla Procura di Roma (….) Ultimamente, tuttavia la Direzione dell’Istituto ha ritenuto di riscontrare le richieste dell’Aif – relative ad operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari – fornendo informazioni soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti”. Quando quel documento rivelato dal Fatto era stato ripubblicato 8 giorni dopo da La7 in tv, la Santa Sede aveva finalmente emanato un comunicato per smentire che il Vaticano non intendesse fornire informazioni bancarie sui movimenti precedenti all’aprile del 2011. “Non emerge la resistenza dello IOR a collaborare in caso di indagini o procedimenti penali su fatti precedenti al primo aprile 2011″.

Il parere di Dalla Torre dimostra il contrario e spiega perché i magistrati della Procura di Roma non stanno ricevendo le informazioni né per via di rogatoria, come raccontato in tv dal pm Luca Tescaroli, né tramite l’AIF, come è successo nel caso dei pm Nello Rossi e Stefano Fava che indagano il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Cipriani per violazione delle norme in materia di antiriciclaggio. Il parere di Dalla Torre dimostra che si tratta di una scelta voluta. Alla domanda di Bertone, se lo IOR debba rispondere all’AIF anche per le operazioni avvenute prima dell’aprile del 2011, la risposta del presidente del Tribunale è infatti un no tondo: la legge “non permette all’AIF l’accesso alle operazioni e ai rapporti intercorsi prima dell’entrata in vigore della legge”.
Esattamente l’opposto di quanto affermato nel comunicato della sala stampa della Santa Sede del 9 febbraio. Il parere di Dalla Torre risale al 15 ottobre del 2011 e delinea la linea che poi sarà attuata nel decreto del Presidente del Governatorato Vaticano del 25 gennaio scorso. Il decreto dell’arcivescovo Bertello, priva l’AIF dei poteri di ispezione, rimessi a successivi regolamenti da emanare. Con la conseguenza che le indagini bancarie e giudiziarie dello Stato italiano in materia si fermeranno.
Il senso di questa scelta è spiegato dal secondo documento, firmato dal presidente dell’AIF, il Cardinale Attilio Nicora. E’ una lettera del presidente dell’AIF del 12 gennaio 2012, trasmessa il giorno dopo dall’avvocato De Pasquale dell’AIF per mail al presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e precedentemente inviata al Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Questo documento, che pubblicheremo integralmente domani, è la dimostrazione che lo Stato Vaticano ha scelto di fare retromarcia, dopo l’approvazione della legge del dicembre del 2011 che ha rappresentato certamente un primo importante passo verso l’apertura alla trasparenza bancaria.

Peccato che come segnala Nicora in neretto: “Non va trascurato l’aspetto attinente ai profili di opportunità verso l’esterno e al rischio reputazionale a cui può andare incontro la Santa Sede”. Insomma, l’AIF – l’Autorità antiriclaggio diretta dall’avvocato Francesco De Pasquale e presieduta dal cardinale Attilio Nicora – è oggi poco più che uno specchietto per le allodole, privata dei poteri. Un’Autorità depotenziata che ha perso la sua guerra con la linea di chiusura sposata dal segretario di Stato Bertone, perché evidentemente si era mostrata troppo collaborativa con le autorità italiane. Questo passo indietro sulla strada del Vaticano per uscire dalla “lista grigia” dei paesi poco affidabili dal punto di vista fiscale e finanziario, è segnalato proprio dal cardinale Attilio Nicora quando si vede sottoporre la prima bozza del decreto (poi pubblicato il 25 gennaio) il 9 gennaio. Una bozza che al Fatto risulta essere stata modificata solo leggermente e che non è stata invece toccata ed è divenuta un decreto per la parte che più contava: la drastica riduzione dei poteri dell’AIF di ispezione nei conti dello IOR. La battaglia non è definitivamente conclusa. Il decreto deve essere convertito entro 90 giorni. Il Governo italiano e l’Unione Europea hanno tempo fino alla fine di aprile per fare pressione sullo Stato del Vaticano perché torni sui suoi passi. Non sembra però che né il premier Mario Monti né i partiti si interessino particolarmente alla questione.

da Il Fatto Quotidiano del 15 febbraio 2012
 
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Falla incrina crittografia web
"Tutta colpa di un algoritmo"

Alcuni ricercatori, tra la California e la Svizzera, hanno scovato un buco nel sistema di criptazione online, quello che sovraintende allo shopping online, all'home banking e alla sicurezza delle nostre caselle di posta. Il problema non coinvolge molti utenti, lo 0,38% dei casi, ma va risolto subito. Il costi, in termini di fiducia, sono troppo alti

SIA CHIARO: non è un allarme planetario ma c'è quanto basta per intervenire con una certa sollecitudine. Sì, perché ad essere scosso alla fondamenta è un sistema con il quale molti di noi hanno avuto e hanno a che fare quotidianamente: la crittografia dei pagamenti online. E' successo che un gruppo di ricercatori statunitensi ed europei abbia ancitipato i risultati di uno studio (intitolato "Ron era sbagliata, Whitfield è giusto", in omaggio a due pionieri della crittografia a chiave pubblica, Ron Rivest e Whitfield Diffie) per testare la sicurezza dei sistemi che governano, tra i tanti servizi, anche lo shopping online, l'home banking e le nostre caselle di posta. Con un verdetto inatteso: non tutte le chiavi pubbliche generate automaticamente per dare la massima segretezza alle transazioni sono risultate sicure: analizzandone 7.1 milioni, circa 27 mila sono risultate non del tutto affidabili. La bassa percentuale di questi casi, lo 0,38%, del totale, fa si che il problema sia per ora lontano dalla stragrande maggioranza degli utenti (e forse anche dagli altri, considerando le infime probabilità di un attacco) ma il problema c'è. E va affrontato in fretta per garantire il 100 per cento della sicurezza, senza se e senza ma.

Qual è il problema.
I sistemi attuali di crittografia asimmetrica prevedono la generazione casuale, tramite un algoritmo, di due numeri primi più un terzo. Una sequenza che non può essere riprodotta con una formula matematica da possibili pirati informatici. Il problema a questo punto risiederebbe nell'affidabilità di alcuni algoritmi deputati alla generazione di queste chiavi che sovraintendono alle transazioni. Nel senso che verrebbe a cadere la casualità nella generazione di questi numeri che - è facili da immaginare - a questo punto potrebbero essere individuati. Il problema è che gli stessi ricercatori che hanno individuato questa falla non sanno dire quale ne é la causa. Ed è proprio questo il dato che preoccupa di più, assieme al fatto che per scoprire il "buco" i ricercatori non hanno dovuto ricorrere a chissà quali sofisticati strumenti: per esaminare i numeri della chiave pubblica, semplicemente, hanno utilizzato l'algoritmo di Euclide. Un modo efficace per trovare il massimo comune divisore di due interi. I ricercatori hanno usato diversi database di chiavi pubbliche, tra cui uno presso il Massachusetts Institute of Technology e un altro creato dalla Frontier Foundation Electronic, un gruppo per i diritti privacy su Internet. "Siamo stati molto attenti: non abbiamo intercettato tutto il traffico, non abbiamo 'sniffato' tutte le transazioni in rete", ha detto Hughes. "Ci siamo affidati a banche dati che contengono informazioni pubbliche e abbiamo scaricato le chiavi pubbliche".
Che fare. Scelte non ce ne sono: intervenire subito, con decisione e sanare questa falla. Per evitare di mettere in discussione un sistema sul quale si sta spostando, anno dopo anno, gran parte delle transazioni economiche. Il dato vero, viene da pensare, è che adesso il software e l'hardware consentono ai malintenzionati di non doverci mettere settimane e mesi per svelare una chiave, ma poche ore, se non minuti. E questo preoccupa. Per questo è necessario dissipare ogni dubbio. Il problema è non disperdere il patrimonio di fiducia che nel tempo questo sistema di pagamenti digitali si è guadagnato, fino al punto di diventare parte integrante della nostra vita.

"Giusto pubblicare lo studio". "Questa ricerca è un avvertimento sgradito a molti", ha spiegato James P. Hughes, cryptoanalista indipendente della Silicon Valley che ha lavorato con un gruppo di ricercatori guidato da Arjen K. Lenstra, un matematico olandese che insegna all'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, in Svizzera. "Certo, qualcuno potrebbe dire che nel 99,8 per cento dei casi la sicurezza va bene", ha aggiunto. "Ma ciò significa anche che ben due su mille chiavi non sarebbero sicuro. E anche Le chiavi segrete sono accessibili a chiunque prende la briga di rifare il nostro lavoro". "Il pantano di vulnerabilità che abbiamo guadato nella nostro ricerca ha reso praticamente impossibile informare adeguatamente tutti i soggetti coinvolti, anche se abbiamo di tutto per informare le aziende più grandi e contatto tutti gli indirizzi e-mail specificato nei certificati colpiti ancora validi", hanno spiegato i ricercatori. "Il fatto che la maggior parte dei certificati non contenga adeguate informazioni di contatto ci ha limitato non poco. La nostra decisione di rendere pubblici i risultati, stante la nostra incapacità di comunicare direttamente tutti i soggetti coinvolti, è stata soppesata".
(15 febbraio 2012)