sabato 26 febbraio 2011

si parte!!!!!!

Australia, superpole a Checa
Ma Max Biaggi è ad un soffio

Il catalano partirà davanti a tutti nella gara che inaugura la stagione 2011. L'italiano attacca e azzera i quattro decimi di ritardo del primo giorno. "Abbiamo fatto passi da gigante"

Max Biaggi, 39 anni. Ansa
Max Biaggi, 39 anni. Ansa
PHILLIP ISLAND (Aus), 26 febbraio 2011 – Carlos Checa firma la prima Superpole 2011 però Max Biaggi si avvicina alla vetta, sfiora il colpaccio e riapre il pronostico di un GP d’Australia che sembrava già in mano alla Ducati. Nella qualifica nuova versione (16 ammessi invece di 20) escono subito di scena lo spento Noriyuki Haga, neosatellite Aprilia e il rischiatutto Jonathan Rea che ha fatto drizzare di nuovo i capelli ai responsabili Honda cadendo all’ultimo curvone, ad oltre 200 km/h. Martedi scorso, per la rottura del motore, era volato a 250 km/h martoriandosi polso e gomito sinistri.
max all'attacco — Nei dieci minuti decisivi Max Biaggi è andato all’attacco con un fantastico 1’30”895 e Carlos Checa, che aveva dominato tutte le sessioni precedenti, per un attimo ha temuto di aver fatto cilecca. “Passando sul rettilineo ho visto che sulla tabella di segnalazione di Biaggi c’era lo stesso 1’30”8 che vedevo sul mio cruscotto, ho saputo di essere in pole solo quando sono tornato ai box accolto dalla festa dei meccanici” ha confessato il timido catalano, 38 anni, al secondo centro in carriera dopo quello nel GP degli Usa del maggio scorso. Biaggi però ha azzerato i quattro decimi di ritardo del giorno prima e domani potrebbe espugnare il tracciato più ostico, dove lo scorso ha fatto il peggiore risultato ( 5° e 8°) e l’Aprilia non vince dal 2000. “Abbiamo fatto passi da gigante, trovando la soluzione nei test di dicembre. Sono cambiate piccole cose che messe insieme fanno una grande differenza - ha ammesso Max -. Ho una grande squadra, non per nulla siamo campioni del Mondo. La gara sarà durissima, conteranno le temperature d’asfalto (il meteo prevede cielo coperto e possibilità di qualche scroscio, n.d.r.) e la scelta delle gomme. Noi intanto siamo lì”.
davanti — La prima fila è completata dalla sorpresa francese Sylvain Guintoli, al debutto sulla Ducati satellite, e dal britannico Leon Haslam che con grinta ha risolto, almeno sul giro secco, i problemi di trazione della Bmw. Dopo una difficile qualifica (12° tempo e scivolata venerdi) Marco Melandri è risalito in seconda fila (ottavo tempo). Con la spalla destra operata meno di due mesi fa e al debutto sulla Yamaha portare a casa punti sarebbe già un ottimo risultato.
i tempi — I tempi della Superpole del GP d’Australia, apertura del Mondiale Superbike a Phillip Island (m. 4445): 1. Checa (Spa-Ducati) 1’30”882 media 176,074 km/h; 2. Biaggi (Ita-Aprilia) 1’30”895; 3. Guintoli (Fra-Ducati) 1’31”293; 4. Haslam (Gb-Bmw) 1’31”429; 5. Laverty (Gb-Yamaha) 1’31”858; 6. Smrz (Cze-Ducati) 1’31”980; 7. Corser (Aus-Bmw) 1’32”182; 8. Melandri (Ita-Yamaha) 1’32”662; SP2: 9. Fabrizio (Ita-Suzuki) 1’32”153; 10. Sykes (Gb-Kawasaki) 1’32”204; 11. Waters (Aus-Suzuki) 1’32”240; 12. Rea (Gb-Honda) 1’32”708; SP3: 13. Lascorz (Spa-Kawasaki) 1’32”346; 14. Haga (Gia-Aprilia) 1’32”391; 15. Toseland (Gb-Yamaha) 1’32”547; 16. Xaus (Spa-Honda) 1’32”788; 17. Camier (Gb-Aprilia) 1’32”847; 18. Staring (Aus-Kawasaki) 1’32”883; 19. Berger (Fra-Ducati) 1’33”079; 20. Badovini (Bmw) 1’33”161; 21. Rolfo (Kawasaki) 1’33”286; 22. Aitchison (Aus-Kawasaki) 1’33”413.
Paolo Gozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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 “Più trote nei fiumi, meno al governo”
Contestato il figlio del Senatur
Un gruppo di ragazzi espone uno striscione contro Renzo Bossi che replica con una battuta. Il botta e risposta durante un convegno leghista a Tradate che ha evidenziato la frattura tra 'maroniani' e 'reguzzoniani' all'interno del Carroccio
“Più trote nei fiumi, meno trote al governo”. Questo il contenuto di uno striscione esposto ieri sera, proprio durante l’intervento del figlio del Senatur, Renzo Bossi, in occasione di un convegno leghista sul federalismo a Tradate, nel cuore della provincia di Varese. Autori della contestazione un gruppetto di giovanissimi del posto. Ragazzi tra i sedici e i diciotto anni che hanno agito senza sbandierare simboli di partito. E hanno strappato l’applauso di una consistente parte del pubblico presente in sala. Al tavolo dei relatori, dove erano presenti esponenti di spicco della Lega, come il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, è arrivata pronta la risposta del “Trota”, altrettanto applaudita: “Non sono al governo, sono in regione. Poi sono orgoglioso di essere una trota, perché sono pesci che nuotano nell’acqua pulita”.

Mentre dal palco continuava la carrellata di interventi pro federalismo, la manifestazione di dissenso è stata sedata da un gruppo di solerti militanti leghisti che, dopo alcuni secondi di smarrimento, si sono avventati sullo striscione, strappandolo di mano ai contestatori. I ragazzi sono stati accompagnati all’esterno del teatro, non senza qualche momento di frizione lungo i corridoi, dove sono volati paroloni e qualche insulto, ma nulla più. Nell’improvvisata security in salsa padana hanno prestato la loro opera diversi simpatizzanti. Tra i volontari anche un infervoratissimo Giangiacomo Longoni, consigliere regionale del Carroccio in Lombardia e “tutor”del Trota.

“Abbiamo solo espresso la nostra idea. Veramente avremmo voluto esporre anche un secondo striscione – hanno spiegato poi i ragazzi – per protestare contro il razzismo di stampo leghista, contro le espulsioni e il trattamento riservato agli extracomunitari. Vogliamo che venga riaffermato il principio dell’uguaglianza di tutti gli individui, senza distinzioni di religione, sesso e razza”. Sulle ragioni della contestazione a Renzo Bossi sono stati altrettanto chiari: “Questa sera era lui il simbolo più forte del pensiero leghista non tanto per la carica ricoperta, quanto perché incarna il ruolo del successore designato. Noi viviamo fianco a fianco con nostri coetanei che si dichiarano leghisti e sentiamo quello che pensano, quello che dicono. Noi vogliamo far sapere che i giovani del nord non sono tutti così”.

I giorni che hanno preceduto il convegno sono stati animati dagli echi di una pesante frattura interna alla Lega, che ha scomodato addirittura il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La questione starebbe tutta in un gioco di potere in atto da qualche tempo nel partito, una lotta di successione che si sta giocando tra i colonnelli leghisti e che vede opposte la fazione vicina al ministro e quella del “cerchio magico”, capitanata dall’onorevole Reguzzoni. Il convegno sul federalismo di Tradate è stato l’occasione per mettere in piazza questa frattura: un autentico sgambetto ordito ai danni dei padroni di casa, una delegittimazione pubblica. Tradate è infatti la città del presidente della provincia di Varese Dario Galli, e ha come sindaco Stefano Candiani, segretario provinciale del partito. Non solo i due non sono stati invitati, ma non sono stati nemmeno avvisati dell’evento. Un “affronto” tramato dalla segreteria di circoscrizione (vicina a Reguzzoni) contro l’asse maroniano del partito, che vede in Candiani e Galli due esponenti di rilievo.

Il segretario provinciale non ha gradito e pare abbia incassato il sostegno anche diretto del super ministro, che i bene informati dicono essere intenzionato a ricambiare il favore organizzando a sua volta un incontro pubblico sul federalismo nella vicina Busto Arsizio, la città di Reguzzoni. Si tratta dell’ennesimo capitolo di una querelle che dura da tempo: già la scorsa estate la segreteria di Candiani era stata messa in discussione da Reguzzoni e anche in quell’occasione un intervento di Maroni aveva rimesso le cose al loro posto. Ieri sera al convegno Galli e Candiani si sono presentati lo stesso: sono saliti sul palco e tra sorrisi e strette di mano hanno dato prova della proverbiale compattezza della Lega Nord, sciorinando il loro sermone sull’importanza e sulla bontà del federalismo municipale.

di Alessandro Madron

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BANKITALIA

Draghi, allarme crescita
"Stentiamo da quindici anni"

VERONA - Allarme del governatore di Bankitalia per la crescita. "Stenta da 15 anni - ha detto questa mattina al Forez -  e i tassi di sviluppo del nostro paese sono attorno all'1%". La domanda interna, inoltre, rimane "debole", e per tornare allo sviluppo sarebbe necessario un assetto normativo ispirato pragmaticamente all'efficienza del sistema".

E ulteriore preoccupazione per i prossimi mesi arriva dalla situazione libica. "Nella nostra economia - spiega il numero uno di Palazzo Koch - un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina  una minor crescita del prodotto di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni".

Le riforme. "Si è già cominciato - dice Draghi -, ma azioni riformatrici più coraggiose migliorerebbero le aspettative delle imprese e delle famiglie e aggiungerebbero per questa via impulsi alla crescita". L'Italia, sottolinea ancora, "dispone di grandi risorse, ha molte aziende, una grande capacità imprenditoriale, la sua gente è laboriosa e parsimoniosa".

I salari dei giovani. "I salari d'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta. E il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza, già elevata nel confronto internazionale, dalla ricchezza e dal reddito dei genitori". E' questa la spietata fotografia che il governatore scatta
sulla situazione economica che riguarda le giovani generazioni
 
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WEB

Google ritocca i risultati
per premiare i siti di qualità

I risultati del motore di ricerca più usato nel mondo adesso favoriranno chi scrive contenuti qualitativamente validi. Bandite "fabbriche" di informazioni, studiate per essere sempre nei primi posti, e siti copioni di FRANCESCO CACCAVELLA

VI È MAI venuta voglia di regalare una macchina quando vi trovate a Dallas oppure sposare un membro della guardia nazionale americana? Se la risposta è sì, da oggi potreste trovare qualche difficoltà a cercare informazioni su come farlo. Google ha annunciato ieri di aver modificato la formula con la quale classifica i risultati delle ricerche. Lo scopo è premiare i siti che pubblicano informazioni originali e di qualità e punire quelli che riempiono il web di contenuti superficiali, inutili o copiati solo per scalare le posizioni di ricerca.

Nel mirino sono finite le cosiddette "fabbriche di contenuti" (content farm), siti che riempiono il web con migliaia di pagine al giorno, perfettamente progettate per arrivare nelle prime posizioni delle ricerche. Questi siti, nel migliore dei casi, offrono informazioni  brevi e scarsamente approfondite, scritte da redattori malpagati; nel peggiore dei casi, offrono contenuti riciclati da altri siti con procedure automatiche o copiati tout court.

Iniziata a gennaio, quella di Google è una vera e propria campagna per migliorare la qualità dei suoi risultati, ma che potrebbe influenzare il modo stesso di fare informazione sul Web. Il motore di ricerca è spesso la prima fonte di accesso per qualsiasi tipo di sito e per quelli d'informazione, che basano la loro sopravvivenza su audience e pubblicità, la posizione nei risultati di ricerca può fare differenza fra successo e fallimento.

Google si guarda bene dal citarla,
ma sono in molti a pensare che buona parte delle novità introdotte da Google andranno a penalizzare i siti della galassia di Demand Media, come eHow.com 1, e quelli che ne ricalcano i principi. Quello che sembra rappresentare il modello vincente dell'informazione al tempo di Internet, e il cui sbarco in borsa del mese scorso ne ha fissato il valore di mercato ben oltre quello dell'editore del New York Times, basa la scelta dei contenuti da pubblicare non su principi giornalistici, ma su calcoli statistici. Non è più l'editore a scegliere cosa offrire all'opinione pubblica, ma l'opinione pubblica, e il mercato pubblicitario, a dire all'editore cosa pubblicare.

I numeri di Demand Media fanno impressione: quasi 6000 contenuti al giorno fra articoli e video, più di 8 miliardi di visualizzazioni in un anno, 13 mila redattori occasionali sparsi per il mondo che vengono pagati, in media, 15 dollari a contenuto (poco più di 10 euro). Per ogni mille visitatori, Demand Media dichiara di ricavare 13,45 dollari. Ma ciò che rende Demand Media differente è il modo di scegliere il contenuto da pubblicare: un algoritmo automatico, lo ha spiegato Wired nel 2009, esamina le ricerche più frequenti degli utenti sul Web e confronta, per ogni parola chiave, il potenziale pubblicitario (quanta pubblicità è generata da quel contenuto, quanta concorrenza c'è e così via). Alla fine del processo il sistema commissionerà ad un redattore un contenuto: se le parole chiave trovate sono "auto dallas" e risulta che dalla combinazione con "regalare" vi siano buoni introiti pubblicitari, il redattore dovrà scrivere un articolo su "Come regalare un'auto a Dallas" (che, a dirla tutta, è un vero articolo 2).

Il modello dei contenuti low cost di Demand Media fa storcere a molti. Rosenblatt, il suo amministratore delegato, non vuole però che la sua società sia vista come una sorta di discount dell'informazione: "Ogni singolo articolo che pubblichiamo è originale e scritto da redattori e definirci una 'content farm' è semplicemente un insulto per i nostri lettori" ha dichiarato in una recente intervista. I contenuti pubblicati, è un altro mantra della società, sono molto letti perché combaciano con quello che la maggioranza delle persone vuole sapere.
Fatto sta che il modello ha fatto strada. Lasciando da parte strategie editoriali di secondo piano, come Associated Content di Yahoo!, America On Linex ha scritto nel suo piano editoriale ("The Aol Way") che la scelta dell'argomento da pubblicare nel network di siti che gestisce dovrebbe basarsi su "1) traffico potenziale, 2) entrate monetarie, 3) tempistica, 4) integrità editoriale". Dopo la diffusione del piano due redattori storici di Engadget, sito di riferimento nel mondo per l'informazione tecnologica di proprietà di Aol, si sono licenziati e il capo-redattore del sito ha dovuto scrivere su Twitter che "Engadget, tanto per essere chiari, non è per niente soggetto alla Aol Way".

Si vedrà nei prossimi mesi se i risultati di questa piccola crociata di Google contro i contenuti di scarsa qualità, che per adesso è limitata agli Stati Uniti e sarà estesa ad altre nazioni più in là, porteranno ricerche di maggiore qualità per gli utenti e faranno rimodulare i piani editoriali a chi pensa che, online, gli algoritmi automatici possano sostituire la scelta editoriale. Demand Media, nel frattempo, ha fatto sapere dal suo blog che "fino ad ora [questa mattina, ndr] non abbiamo rilevato nel settore Content&Media un impatto" del cambiamento dell'algoritmo di Google. Chi vuole sapere come regalare una macchina a Dallas, siamo sicuri, starà facendo salti di gioia.
(25 febbraio 2011)

mercoledì 23 febbraio 2011

mitico.....

“Senza contratto per scansare le censure Rai” 
 
Luca Bizzarri svela l'accordo firmato con la tv pubblica per il Festival di Sanremo e racconta la satira ai tempi di Berlusconi. E su Masi in platea dice: "Rosicava da pazzi, ma rideva alle battute perché aveva paura che lo inquadrassero"
Basta giurare che l’intervista non assomiglierà a quella Canalis-De Niro. Sollievo. Sospiro. Sanremo. Luca Bizzarri saluta il Festival.

Partiamo dal paraculismo. Accusa fondata?
Essere paraculi vuol dire cercare di acquistare i favori di qualcuno. Non ne abbiamo bisogno. Non dobbiamo convincere nessuno: abbiamo un contratto di sei anni con Mediaset.

Ecco, dicono anche: sputano nel piatto in cui mangiano.
La risposta gliela diamo mercoledì sera, dallo studio delle Iene. Ci hanno chiamato in tanti da Mediaset per dirci “bravi”, non credo si sentano “sputati”.

Alla fine di “Ti sputtanerò”, la sera del debutto, hai fatto roteare il microfono in aria. Poi guardando in camera, un gran sorriso: “ce l’abbiamo fatta” o “ve l’abbiamo fatta”?
Entrambe. Avevo capito che faceva ridere, il pubblico applaudiva calorosamente. Molta gente che lavora con noi ci aveva sconsigliato: “Non andate”. Potevamo scegliere una strada più serena.

Invece ne se siete usciti vivi. E anche di più.
La prima tv veramente nazional-popolare che abbiamo fatto è stata Sanremo: siamo partiti dal gradino più alto. Io ho pensato solo al Festival per sei mesi. Mi rendo conto che ci sono altri problemi nella vita, ma per uno che fa il mio mestiere non è dato sbagliare all’Ariston. Potevamo bruciarci. Ho perso 5 chili. Ho pianto 10 ore, dopo.

Che differenza c’è tra la Rai in mano alla politica e Mediaset in mano al padrone della politica?
L’abbiamo detto dal palco la prima sera. A Mediaset c’è un editore che ha delle esigenze, contro cui combatti in maniera diretta. In Rai ci sono mille persone fra te e l’editore. Poi per fortuna ci sono i Mazza.

Il Giornale ti ha dato uno in pagella per il bacio a Morandi. Il bacio di Giuda. Si saranno offesi per la citazione in “Ti sputtanerò”?
Ma no…Era ironico il loro uno come il mio bacio.

La Rai vi ha censurato qualcosa?
Mai, però di un pezzo ci è stato detto: “questo non lo potrete mai fare”.

Quale?
Saviano. Nel nostro team c’era chi aveva dubbi.

Perché?
Bisognerebbe chiederlo a chi non fa l’imitazione di Saviano. Lui è un personaggio molto positivo, ma a me fanno paura le beatificazioni, soprattutto in questo Paese che in un attimo ti santifica e un secondo dopo ti crocifigge. E poi essere presi in giro fa bene.

Beppe Caschetto, il vostro manager, ha definito “faticoso” l’accordo con la Rai.
Il punto di frizione riguarda l’approvazione dei testi.

Siete andati all’Ariston senza contratto?
Diciamo che il nostro agente ha trovato una soluzione transitoria per andare in onda garantendoci autonomia editoriale.

È vero che il centone della prima sera s’intitolava “Ti processerò”?
No, è stata cambiata solo l’ultima strofa. Prima finiva così: “Ti sputtanerò e continuerò, tanto il mio paese si è sputtanato già”. Al mattino abbiamo letto i giornali e abbiamo aggiunto la frase sul 6 aprile. Mentre cantavamo i centoni di Morandi, dietro il palco c’era Martino, uno dei nostri autori, con il testo. E Gianni sbirciava per controllare che non sbagliassimo la metrica.

Avete fatto un pezzo sul qualunquismo. Peggio quello o lo sdegno democratico?
C’erano tutte e due le cose. Qualcuno ha scritto che abbiamo assolto Berlusconi. Ovviamente non è così. Era un dialogo da bar.

Possibile che non ci si possa liberare dei riti della politica incartapecorita? Voto alle facce della prima fila, con i dirigenti e mezzo cda Rai.
Il più alto a Masi, rosicava da pazzi ma rideva perché aveva paura che lo inquadrassero.

Il consigliere Verro ha detto che la direzione artistica non era “in linea con i valori del servizio pubblico”. Quali sono i valori del servizio pubblico?
La domanda andrebbe girata a Verro. Ma credo parli a nuora perché suocera intenda.

Ancora Verro: “un umorismo che divide”.
Sono sciocchezze. Se qualcuno si fa dividere da Luca e Paolo stiamo a posto. Mi pare che abbia diviso più Verro. Sabato sera un consigliere Rai, che stava vicino a Verro, uno di una certa età, è venuto a farmi i complimenti.
Mi è sembrata una bella cosa.

La questione satira a Sanremo, assicura Masi, sarà portata in Cda già giovedì: nemmeno i super ascolti bastano?
Ci si occupa di tutto tranne che del Festival. Si usa il festival per parlar d’altro. Sanremo è una trasmissione televisiva di canzoni che fanno una gara.

Gramsci sul primo canale: eversivo?
Per niente.

Garimberti ha detto che quando è apparsa l’immagine del fondatore dell’Unità a qualcuno è venuto lo sturbo. Visto qualcosa dal palco?
Non mi pare. Però prima che apparisse in grafica l’autore del testo, vedevo grandi segni d’assenso. Forse non hanno letto abbastanza Gramsci.

Era un atto d’accusa contro l’indifferenza degli italiani?
Certo: c’è molta preoccupazione, più che giustificata, per il momento difficilissimo che il Paese sta attraversando.

Quando avete saputo che Benigni avrebbe partecipato, avete detto: “Non faremo un pezzo comico. Sarebbe come fare un film porno dopo Rocco Siffredi. Non vorremmo che le nostre misure fossero paragonate a quelle di un grande maestro”.
Il monologo di Benigni mi ha stupito, perché prima guardavo alla serata dell’Unità in maniera diversa. Dopo, mi è sembrata molto più importante. È stato bravissimo: ha convinto me, uno che pensava fosse una pomposa vaccata. E con me, immagino, moltissimi altri.

“Credo che vivere voglia dire essere partigiani”, Antonio Gramsci. E tu?
Io direi anche “Libertà è partecipazione”. Conosco meglio Gaber di Gramsci.

Ti sei sottratto soprattutto all’idea di essere etichettato politicamente. Anarchico va bene?
No. Perché anche quella è una categoria. Ho delle idee, non le nascondo. Poi il filtro della comicità le fa venir fuori. Facendo ridere le persone di se stesse, non di Berlusconi. Io sono solo un cittadino che crede nelle istituzioni. Per questo vado a votare.

Dal palco, la sera dei 150 anni, avete fatto un appello alla responsabilità civile. Convinci uno che al seggio non ci va.
Sono vent’anni che cerco di convincere mio fratello a votare e non ci riesco. Temo di non essere molto bravo. Ma a me sembra così giusto, così bello, votare. Io sono diffidente verso le manifestazioni di piazza, hanno veramente significato solo nei regimi. L’Italia non è l’Egitto o la Libia. E poi, dal ’94 a oggi, le manifestazioni contro Berlusconi non sono servite a nulla. Il voto invece sì, eccome, se serve.

da Il Fatto quotidiano del 22 febbraio 2011

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INCHIESTA

La rivincita dei nerd
secchioni al potere

Da ragazzi erano timidi, asociali e malati di pc. Ora, con invenzioni come iPhone e WikiLeaks, hanno rivoluzionato il modo di comunicare dal nostro inviato ANGELO AQUARO

NEW YORK - E così alla fine hanno vinto loro, i ragazzi con gli occhiali, i primi della classe tenuti alla larga da tutti, quelli che stasera non esco e neppure domani e neppure domani l'altro, perché il mondo sta tutto nella mia cameretta, nel personal computer, nell'iPad, nel cloud, in quella nuvoletta che adesso tutti ci unisce nel mondo virtuale del web. Ci ha messo mezzo secolo, quella parola - nerd - apparsa per la prima volta proprio nel 1951, qui in America su Newsweek, per fare il giro del mondo e del significato: trasformandosi da "sfigato" in "figo". Ma mica è solo una questione di slang, di linguaggi. L'ultima generazione - la "evoluzione dei nerd", come la chiamano gli esperti - è pronta a cambiare letteralmente il mondo: con quelle nuovissime, pacifiche ma micidialissime bombe atomiche chiamate, per esempio, Facebook e WikiLeaks.

Prendete quella foto scattata nella Silicon Valley l'altro giorno: dice tutto. C'è lui, Barack Obama, il Comandante in capo del mondo occidentale, il presidente - piaccia o non piaccia - più seducente del pianeta, che alza il bicchiere e rende omaggio a quella tavolata di nerd e di ex nerd. Alla sua sinistra Steve Jobs, il mago di Apple oggi stremato dalla malattia, e alla destra il suo giovanissimo erede nel regno dei "techies", i re del web e dell'hitech, cioè Mark Zuckerberg. Mancava soltanto Bill Gates, il fondatore di Microsoft ormai uscito fuori scena, il primo ragazzo con gli occhiali a conquistare il mondo.

E
naturalmente, non poteva esserci il nemico pubblico numero, ricercatissimo in tutto il pianeta, quel signore che agli occhi dell'amministrazione Usa è il nerd cattivo, l'angelo caduto: Julian Assange.

Siete pronti? La rivincita dei nerd è appena iniziata. Tra qualche notte anche Hollywood circonderà di Oscar quel
The Social Network che racconta, appunto, la straordinaria avventura di Zuckerberg e del suo Facebook. L'ennesimo segno dei tempi. Il regista, David Fincher, è lo stesso di Fight Club, il film che celebrò negli anni Novanta la ribellione fisica dell'America uscita dallo yuppismo, tutta muscoli e palestra. L'esatto contrario, cioè, dell'universo nerd.

Ma chi sono davvero questi nerd e perché non possiamo più fare a meno di loro? Intendiamoci: i nerd duri, si fa per dire, e puri sono altri. Quelli che invece dei cartoon made in Usa vanno a caccia di anime giapponesi. Quelli che al vecchio rock rumoroso preferiscono le sperimentazioni tecno-sentimentali dei Radiohead - oppure il folk alternativo e colto dei Decemberists. Quelli che impazziscono per la fantasy e la fantascienza, dal Signore degli Anelli a Blade Runner, ma anche per la saghe cyborg di William Gibson. Quelli che in America chiamano geek e noi chiameremmo invece "smanettoni": dal computer al cellulare tutto ciò che è tecno, per loro, non ha mai segreti.

Ma questa così disegnata sarebbe una tribù metropolitana come un altra. Un mondo a parte che si nutre di miti in continuo aggiornamento: in continui updates, come si dice nel linguaggio del web e delle applicazioni dei telefonini. Invece oggi nerd sono i personaggi che Ben Stiller e Adam Sandler portano sul grande schermo in quelle commedie - vedi ora Just Go With It - che attualizzano (up to date, appunto) l'americanone svampito alla Cary Grant. Nerd sono le tecniche di seduzione che innumerevoli libri e applicazioni pubblicizzano: perché "da ragazzino ero un tipo difficile" è diventato un modo per provarci - e con un certo successo, anche. E nerd sono gli occhiali alla moda che per primo negli anni '80 Elvis Costello rilanciò (copiandoli da Buddy Holly) e oggi sono invece il segno distintivo dei "falsi nerd": quelli cioè che si atteggiano a finti secchioni soltanto perché è un'immagine alternativa all'imperativo maschile e machista dominante - come ieri sarebbe stato portare baffoni e capelloni.

Proprio la comparsa del "falso" è - Jean Baudrillard docet - il segno del successo della categoria. Ma questo non vuol dire che i veri nerd siano scomparsi. Anzi. C'è perfino chi ci scorge un'origine genetica. Nel suo Storia naturale del Nerd (che negli Usa ha il titolo più localistico di American Nerd: storia della mia gente) Benjamin Nugent si spinge fino a sottolineare la contiguità dei veri nerd con i portatori della sindrome di Aspergers. Cioè quella forma di autismo che avrebbe colpito innumerevoli geni: da Wolfgang Amadeus Mozart fino al solito Bill Gates, arruolato nella categoria dalle orgogliosissime associazioni di Aspies, come li chiamano affettuosamente qui. Difficoltà di relazionarsi socialmente, interessi focalizzati, vere e proprie distrazioni: i sintomi ci sono tutti. Prima della cultura, insomma, verrebbe la natura?

Qui il tema si fa più delicato. Ma la vera domanda da porsi - sindrome o meno - è un'altra: com'è possibile che questi campioni dell'asocialità siano diventati nel giro di qualche decennio i campioni del mondo intero? Quando Nugent ha scritto la sua storia, quattro anni fa, Zuckerberg doveva ancora cominciare la sua avventura che lo avrebbe portato a fare di Facebook il club di 600 milioni di umani: uno stato virtuale grande tre volte gli Usa. E soprattutto era ancora un hacker felice e sconosciuto l'uomo che con la sua invenzione ha stravolto il mondo dell'informazione: Julian Assange. Anche lui nerd?

Quando glielo chiedi, Nugent si accende: "Zuckerberg e Assange sono entrambi molto, molto nerd. Nella loro incapacità di apparire, entrambi, come leader carismatici: ma anche negli straordinari effetti che le loro tecnologie hanno avuto sul mondo". C'è però una differenza fondamentale tra i due e, per esempio, Bill Gates. "Gates è stato importantissimo perché ha cambiato l'immagine del miliardario ed è stato il primo nerd a imporsi come un gigante. Ma sarebbe stata capace di suscitare con Windows una rivoluzione politica da qualche parte nel mondo? Credo di no. Quello era solo un prodotto. Facebook e WikiLeaks, invece, l'hanno fatto". E come? Nel passato, spiega Nugent "la capacità di una persona di fomentare una rivoluzione era inseparabile dalle sue parole e dalla sua presenza. Magari attraverso i libri, come fece Karl Marx. O attraverso l'esempio, come ci insegnò il Mahatma Gandhi". Zuckerberg e Assange, nel loro piccolo, non sono dei grandi oratori: al contrario. "Entrambi si sono limitati a creare "soltanto" i mezzi tecnologici con cui altri hanno iniziato una rivoluzione. Creare una macchina più importante di quello che tu rappresenti: questo sì che è un atteggiamento nerd". Che viene da lontanissimo. "È il vecchio mito di Frankstein: tu crei il mostro e non puoi più fermarlo".

Eccola l'evoluzione del nerd. Il ragazzino con gli occhiali Peter Parker oggi per cambiare il mondo non ha più bisogno di trasformarsi in Spiderman - proprio adesso fra l'altro celebrato a Broadway dal semi-nerd Bono. Sì, il mondo è già cambiato grazie alla rivoluzione dei nerd. Senza scomodare i coraggiosi ragazzi del muro arabo, qui in Occidente ormai parliamo tutti come loro: con gli sms e con le mail. "Solo che loro comunicavano così già dagli inizi degli anni '80 - conclude Nugent - mentre noi li abbiamo raggiunti soltanto adesso". Gia, c'è voluto mezzo secolo per riscoprirci tutti ragazzini con gli occhiali. 
(23 febbraio 2011)
 
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Alonso: "Renault, che sorpresa
Vettel vuole la rossa? Normale"

Lo spagnolo della Ferrari è fiducioso: "Nei test siamo andati molto bene, ma la concorrenza è forte e dobbiamo continuare a crescere. Sebastian sogna di correre a Maranello? Tutti hanno questa aspirazione"

Fernando Alonso durante i test al Montmelò. Reuters
Fernando Alonso durante i test al Montmelò. Reuters
MILANO, 22 febbraio 2011 - "Vettel sogna la Ferrari? Tutti i piloti la sognano. Qualcuno lo dice, ma tutti lo pensano". Fernando Alonso risponde così in un'intervista al Tg1. "Siamo in una buona posizione, sappiamo che dobbiamo migliorare perché la concorrenza è forte, ma siamo lì", dice il pilota spagnolo del Cavallino facendo il punto sullo sviluppo della F150. Finora, nei test Alonso è rimasto sorpreso in particolare da una scuderia. "La Renault si sta mostrando molto più competitiva di quanto fosse lo scorso anno".
OTTIMISMO — "Tutti i test - prosegue Alonso - con la F150 sono andati bene, siamo molto ottimisti in vista della partenza della stagione in Australia. Da quanto abbiamo visto finora, siamo in buona posizione. Ma dobbiamo crescere ancora perché gli altri team saranno competitivi. Siamo fiduciosi, tutto procede bene".
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

martedì 22 febbraio 2011

yess......

 L'INIZIATIVA

Wwf, ecco l'ora per la terra
via le luci in tutto il mondo

Il 26 marzo anche in Italia la campagna per spegnere monumenti, uffici, case dalle 20,30 alle 21,30 per dare un segnale ai governi. Tra le tante iniziative anche il concorso "la mia scuola non divora il pianeta" promossa con Repubblica@Scuola di ANTONIO CIANCIULLO

Molti pericoli, come la diossina o le emissioni radioattive, sono subdoli, sfuggono alla vista e all'olfatto, uccidono in silenzio.  Ma c'è un indicatore ben visibile che segnala l'espansione velocissima di un'industrializzazione spesso priva di attenzione all'equilibrio  ambientale: l'inquinamento luminoso. Visto dai satelliti, in notturna, il pianeta blu è di un bianco elettrico: una ragnatela di punti luminosi che diventa molto fitta in Europa e in America Settentrionale e risparmia solo gli oceani e una parte dell'Africa. Il 26 marzo (in Italia dalle 20 e 30 alle 21 e 30) l'intensità di questa macchia luminosa s'indebolirà. E' l'Ora della Terra 2011, la campagna promossa dal Wwf per dare un segnale ai governi chiedendo di cambiare rotta e di passare dalla crescita basata sui combustibili fossili a uno sviluppo fondato sui consumi consapevoli, sulle fonti rinnovabili e sulla green economy.

Alle 20 e 30 si spegneranno simbolicamente le luci di monumenti, uffici e case in tutto il mondo, coinvolgendo  -  secondo le stime degli organizzatori  -  più di un miliardo di persone. "Questo è l'unico pianeta che abbiamo, è da matti, è da sciocchi non proteggerlo!", ha detto Marco Mengoni, il cantante vincitore degli MTV Europe Music Awards 2010, nel video-messaggio da oggi su web e social network.
A. Ci saranno eventi nelle piazze delle principali città italiane, cene a lume di candela, visite notturne nelle oasi del Wwf, osservazioni guidate delle
stelle, concerti e spettacoli.

Al via da oggi anche l'iniziativa "La mia scuola non divora il pianeta", promossa da Repubblica@Scuola

"Negli ultimi anni abbiamo assistito a una divaricazione preoccupante", osserva Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf. "Da una parte un'opinione pubblica sempre più attenta ai problemi ambientali e sempre più allarmata dalle conseguenze ormai tangibili dei mutamenti climatici che stanno moltiplicando alluvioni, siccità e uragani. Dall'altra governi che rinviano misure efficaci per tagliare le emissioni di gas serra. Per questo chiediamo a tutti, la sera del 26 marzo, di farsi sentire con un piccolo gesto simbolico spegnendo le luci per un'ora. Abbiamo organizzato questa protesta in  128 paesi: se uniamo le forze possiamo davvero produrre un cambiamento importante".
Sull'urgenza di questo cambiamento concordano anche le Nazioni Unite. Oggi viene presentato il Green Economy Report dell'Unep, il Programma ambiente Onu, da cui risulta che continuiamo a sovvenzionare le scelte più dannose. L'uso dei combustibili fossili, i principali responsabili del caos climatico, viene finanziato  con oltre 650 miliardi di dollari annui. E' una cifra che, direzionata verso uno sviluppo a basso impatto ambientale e ad alto tasso occupazionale potrebbe dare un contributo importante alla ripresa economica. L'Unep calcola che con un investimento compreso tra i 1.000 ed i 2.500 miliardi di dollari all'anno si potrebbero avviare percorsi sostenibili in campo agricolo, nel settore delle costruzioni, nei rifornimenti energetici, nelle attività di pesca e forestali, nell'industria, nel turismo, nei trasporti, nella gestione delle acque e dei rifiuti. Bisogna spegnere la luce del vecchio modello energetico e accendere quella delle rinnovabili e dell'efficienza.
  di Repubblica.it e dal Wwf per invitare gli studenti delle medie e superiori a presentare un'idea per rendere la propria scuola sostenibile: l'idea migliore farà vincere un contributo economico per avviarne la realizzazione.
(21 febbraio 2011)

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Sepang, è sempre Honda
Rossi è 9° ma in risalita

Prima giornata di test MotoGP in Malesia con Stoner velocissimo davanti a Pedrosa sia sul giro singolo sia sul passo. Terzo Lorenzo su Yamaha. Per Valentino 53 giri con la Ducati: ha più forza ma la spalla fa ancora male. I tempi però migliorano

Casey Stoner a colloquio coi suoi meccanici. Ap
Casey Stoner a colloquio coi suoi meccanici. Ap
SEPANG (Malesia), 22 febbraio 2011 - I piloti della MotoGP sono tornati in pista a Sepang, per altri tre giorni di test, dopo quelli di inizio febbraio che erano stati monopolizzati dai piloti Honda, con Valentino Rossi e la Ducati staccati di un secondo. Nella prima giornata, la Honda si è confermata molto competitiva, forse la moto migliore in questo momento, come dice la classifica, con Casey Stoner primo, Dani Pedrosa secondo, Andrea Dovizioso quinto e Marco Simoncelli ottavo, entrambi sopravanzati nel finale da Colin Edwards (quarto), ma poco regolare.
super casey — Stoner è andato fortissimo nel singolo giro, ma anche nel passo, riuscendo a scendere per ben 15 volte sotto il muro dei 2’02”. Dopo di lui, i più costanti sono stati Ben Spies con la Yamaha, sesto assoluto, e Andrea Dovizioso, ma anche il campione del mondo Jorge Lorenzo, risalito solo nel finale al terzo posto, ha un buon passo. Buoni progressi per Rossi, già arrivato a un solo decimo dal suo tempo migliore di inizio febbraio. Rispetto ad allora, Valentino ha più forza, anche se la spalla destra gli fa più male, ma il pilota della Ducati ha comunque effettuato 53 giri, cercando il miglior bilanciamento della GP11.
più vicino — Rossi è nono e il distacco dalla vetta è sempre attorno al secondo (1”012), ma considerando che Stoner ne ha rifilati oltre tre a Pedrosa e quasi otto al quinto in classifica, si capisce come sia decisamente più vicino ai migliori. Caduti, senza conseguenze, Nicky Hayden (decimo a 0”6 da Rossi) e Karel Abraham, in grande difficoltà Loris Capirossi, penultimo e staccato di oltre due secondi.
parla vale — "Come primo giorno possiamo essere soddisfatti - ha detto Valentino Rossi - siamo a un secondo dal top, come alla fine del primo test, ma senza provare l'attacco al tempo con la gomma morbida come hanno fatto gli altri. In generale oggi sono stato tra il quinto e il sesto posto, che è l'obiettivo che ci siamo posti qui". "Circa tre decimi li perdo sempre per la spalla, perché sono, ancora adesso, più forte nelle curve a sinistra quando normalmente è il contrario, il resto lo dovremo invece trovare lavorando sulla moto - prosegue Rossi - sono contento anche perché abbiamo girato sempre con le gomme dure che fino a oggi ci avevano fatto faticare. Infine abbiamo scelto uno dei due set up, diversi per quanto riguarda la distribuzione dei pesi, che avevamo definito nel test precedente e che sarà la nostra base di lavoro, quella su cui ci concentreremo i nostri sforzi nei prossimi giorni".
Giovanni Zamagni© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Festuccia, talismano Italia
Col Galles non ha mai perso

Per la sfida in programma sabato al Flaminio il c.t. Mallett ha convocato il tallonatore del Racing Parigi che ha un ottimo bilancio coi britannici. "La chiave della partita sarà a livello fisico". Benvenuti: "Vogliamo dimostrare che con l'Inghilterra è stato un incidente"

Carlo Festuccia (al centro) in maglia azzurra
Carlo Festuccia (al centro) in maglia azzurra
MILANO, 22 febbraio 2011 - Il primo cap con il Galles nel 2003. "Con meta. E abbiamo vinto". Il cap numero 50 sabato al Flaminio, perché, titolare o panchina, Carlo Festuccia ci sarà. "E sempre contro il Galles. Contro di loro ho giocato 3 volte, il bilancio è di 2 vittorie e un pareggio: sono imbattuto". Meglio che ci sia, deve aver pensato il c.t. Nick Mallett, che ha convocato il trentenne tallonatore del Racing Parigi al posto dell'infortunato Fabio Ongaro. Per la verità Festuccia era stato già chiamato nella settimana prima della trasferta in Inghilterra, proprio per le non perfette condizioni fisiche di Ongaro, ma poi era stato rimandato a casa nel weekend.
RIPARTIRE — E dagli errori e dalla sconfitta di Twickenham (59-13) l'Italia deve ripartire. "Abbiamo analizzato i diversi problemi emersi in touche, è troppo facile dare la colpa solo al lanciatore", spiega Festuccia. "Si tratta di un'insieme di componenti: comunicazione, lancio e sostegno. Per avere buone touche si deve esprimere un perfetto sincronismo tra tutti e 8 i giocatori". Nella settimana che porterà al match di sabato (ore 15.30) contro il Galles (che ha perso all'esordio in casa con l'Inghilterra e vinto in Scozia nella seconda giornata), gli azzurri stanno lavorando soprattutto con un obiettivo: "Ritrovare le nostre basi e un gioco concreto", dice Festuccia. Allo spettacolo, meglio pensino altri. "La prima cosa sarà ricominciare a vincere gli uno contro uno, poi penseremo al gioco collettivo. La chiave della partità sarà a livello fisico, dovremo cercare di raggrupparli e non farli aprire. Magari senza perdere palloni". Anche perché senza palloni, si può solo placcare. Fondamentale, questo, che emerge nelle statistiche degli azzurri: primi nel Torneo per numero di placcaggi. "Significa che la difesa è presente, ma significa anche - osserva Festuccia - che la palla non l'abbiamo noi. La difesa non deve subire pressione e tensione".
RISCATTO — Rimasto a guardare nelle prime due partite del Torneo, Tommaso Benvenuti spera che contro il Galles possa toccare anche a lui. "Io continuo a lavorare, cercando di mettermi in luce per avere la mia opportunità", dice il ventenne trequarti del Benetton Treviso. "La squadra ha voglia di migliorare e di riscattarsi dopo la sconfitta in Inghilterra. Più che altro c'è grande voglia di dimostrare che questo gruppo può fare di meglio e che Twickenham è stato solo un incidente di percorso". Si dice, da fuori, che il c.t. Mallett rischi il posto nel caso in cui l'Italia chiuda il 6 Nazioni senza vittorie, ma il 'golden boy' spiega che questo discorso non tocca il gruppo azzurro: "Con Nick abbiamo tutti un ottimo rapporto e non saranno certo delle sconfitte a minarlo. Il resto, i problemi politici, non ci riguardano".
ARRIVA TEBALDI — Intanto al raduno della Borghesiana (Roma) è arrivato anche Tito Tebaldi. Il mediano di mischia degli Aironi Vidana è stato convocato viste le non perfette condizioni fisiche del compagno di club e di ruolo Pablo Canavosio. Costretto a rinunciare del tutto al match, invece, Paul Derbyshire: il flanker non ha ancora risolto i problemi al soleo della gamba sinistra che già lo avevano costretto a saltare le prime due giornate del torneo e domani rientrerà a Treviso. Ha saltato l'allenamento del mattino invece Andrea Masi (centro/ala del Racing Parigi), alle prese con una dorsalgia.
Roberto Parretta© RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 21 febbraio 2011

già.......

Yamaha, è l'anno zero
Inizia il dopo Valentino

Presentata la nuova M1, la prima senza lo sviluppo di Rossi. Lorenzo: "Siamo una grande squadra e correrò senza pressioni, possiamo farcela anche quest'anno". Spies: "Bello correre con Jorge, la moto nei test ha già fatto vedere di essere veloce"

Lorenzo e Spies con la nuova M1.
Lorenzo e Spies con la nuova M1.
SEPANG (Malesia), 21 febbraio 2011 - Comunque la si voglia girare, per la Yamaha questo è un anno zero. La Casa giapponese ha presentato oggi a Sepang la YZR-M1 con cui il campione in carica Jorge Lorenzo e lo statunitense Ben Spies lotteranno per il titolo della MotoGP 2011. Ma soprattutto cercheranno di non far rimpiangere un certo Valentino Rossi, uno che ha riscritto la storia recente della Casa dei tre diapason. Che l'anno scorso non ha vinto perché Lorenzo è stato grande. Ma che comunque non si può certo dimenticare in poco tempo. La sfida è rivincere e dimostrare che si può restare ai vertici anche senza il supporto del pilota forse più forte dell'era moderna.
ingredienti — Sulla carta gli ingredienti ci sono tutti. A cominciare dai due piloti: Lorenzo e Spies formano una coppia ben assortita. "È davvero molto bello iniziare una nuova stagione con Yamaha - ha detto Jorge Lorenzo - la vittoria del Mondiale dello scorso anno è un'emozione incredibile ancora viva, ma ora c'è una nuova sfida, per me sarà una grossa responsabilità gareggiare da campione in carica anche se avrò meno pressione perché il peso della vittoria me lo sono levato. Abbiamo una grande squadra e sono convinto che il lavoro fatto dagli ingegneri in inverno ci permetterà di lottare per il titolo anche quest'anno".
ben ci prova — Per il suo compagno di squadra Ben Spies è un anno importante, può essere quello della consacrazione dopo una stagione di apprendistato: "Ho lavorato molto lo scorso anno, sono molto contento di poter correre al fianco di Jorge - ha detto - nei primi test la moto ha mostrato un ottimo comportamento, adesso abbiamo altri giorni di test per affinare l'assetto. E poi non nascondo che il blu di questa carena mi piace da matti". Da martedì a giovedì i team della MotoGP lavoreranno sulla pista malese per una tre giorni di test importante in vista dell'esordio iridato del prossimo 20 marzo.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL CASO

Telecom, che stretta al p2p
stop software 'mangia-banda'

Dal primo marzo il maggior operatore nazionale e proprietario della rete nazionale metterà questa novità nero su bianco, aggiornando le condizioni contrattuali. Come hanno già fatto altre telecom. Che cosa cambia e cosa potrà cambiare di ALESSANDRO LONGO

TELECOM Italia comincerà a rallentare, per i propri clienti Adsl, i servizi che consumano più banda, come il peer to peer (file sharing): l'ha annunciato nei giorni scorsi 1. Dal primo marzo metterà questa novità nero su bianco, aggiornando le condizioni contrattuali. Non è certo il primo operatore a compiere questo passo in Italia. Ma è comunque una cosa notevole, dato che si tratta dell'operatore maggiore e del proprietario della rete nazionale italiana. Sembra quindi che la vita degli appassionati di peer to peer sia destinata a diventare più difficile, a breve. Telecom annuncia infatti che "potrà limitare la velocità di connessione ad Internet, intervenendo sulle applicazioni che determinano un maggior consumo di banda (peer to peer, file sharing ecc.)". Il motivo dichiarato è "garantire l'integrità della rete e il diritto da parte della generalità degli utenti di accedere ai servizi di connettività a internet anche nelle fasce orarie in cui il traffico dati è particolarmente elevato". Ricordiamo che su circuiti peer to peer si trovano spesso musica, film e software pirata, ma non solo: anche opere e contenuti leciti.

In un'altra pagina 2, Telecom aggiunge che limitare applicazioni come il peer to peer servirà a "garantire anche nelle ore di punta una sufficiente disponibilità di banda per il funzionamento soddisfacente delle altre applicazioni "realtime" (es. navigazione internet, posta elettronica, Youtube, ecc.)". La buona notizia è insomma che il video streaming, pur consumando molta banda, non sarà limitato. Si sa anche che queste limitazioni colpiranno solo le centrali congestionate dal traffico, quindi in località e in orari precisi. Telecom però non ha definito questi ultimi, come fa sapere a Repubblica.it, né le esatte modalità e i tempi di introduzione della novità. Dal primo marzo infatti si riserva il diritto di applicare le limitazioni, ma potrebbe aspettare ancora qualche tempo prima di metterle in pratica. Pubblicherà altri dettagli su questa pagina 3, nei prossimi giorni.

Vari operatori Adsl già da tempo limitano il peer to peer, nei momenti di congestione del traffico. Lo specificano, sui propri siti, TeleTu e Wind, tra gli altri. Telecom si è deciso a farlo solo ora probabilmente per fronteggiare casi straordinari di traffico congestionato, su alcune centrali telefoniche (forse quelle non collegate in fibra ottica). In quanto proprietaria della rete, Telecom ha sempre avuto meno problemi di congestione rispetto ad altri operatori, infatti.

Il problema di fondo, che emerge dell'esperienza degli utenti, è che i limiti al peer to peer possono essere a volte davvero penalizzanti. Al punto da rendere di fatto inutilizzabile il servizio, poiché troppo lento. Telecom specifica però che i limiti non pregiudicheranno l'efficienza del peer to peer. E questo è un punto importante. Al momento in Europa non ci sono leggi esplicite a questo riguardo, ma saranno recepite nei prossimi mesi (probabilmente a maggio) con il nuovo "Telecoms Package" 4, cioè il pacchetto di regole tlc deciso dall'Unione Europa. Qui si vieta per la prima volta di bloccare qualsiasi tipo di servizio e si impone agli operatori di comunicare agli utenti con trasparenza le proprie pratiche di gestione traffico. "Il problema è che queste regole sono troppo generiche. Non ci sono obblighi precisi su quanto limitare i servizi e su quale livello di informazioni offrire agli utenti", spiega Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali di Altroconsumo. "Per questo motivo- continua Pierani- il Beuc, l'organizzazione dei consumatori europea, la settimana scorsa ha chiesto alla Commissione europea di pubblicare una raccomandazione con regole più precise su questo tema, che per gli esperti va sotto il nome di neutralità della rete".

E su rete fissa va in fondo sempre meglio che su rete mobile, dove gli operatori arrivano ormai a decidere tariffe diverse a seconda del tipo di applicazione Internet utilizzata dall'utente e a penalizzare il VoIP 5. Si noti che anche gli operatori mobili, per prudenza nei confronti dei regolatori, hanno scelto di non bloccare specifiche applicazioni sulla propria rete. Alcuni di loro però (Tim, Vodafone, Wind) limitano a fare pagare a parte, rispetto al canone a forfait, quelle sgradite (peer to peer e VoIP). Così l'utente può accedere comunque a tutti i siti e le applicazioni; ma di fatto è scoraggiato a usare il VoIP perché lo pagherebbe molto.

E' una forma di discriminazione tariffaria, insomma. Secondo i difensori della neutralità della rete, anche questa discriminazione minaccia l'innovazione. E' come se un operatore Adsl, poiché offre la tv, facesse pagare a parte Youtube rispetto al normale canone mensile. E magari non lo facesse pagare a parte solo agli utenti abbonati all'offerta Adsl più costosa. Una volta ammesso il principio che è lecita la discriminazione tariffaria, si possono aprire vari scenari ed è questo che spaventa i sostenitori della neutralità. Tipo: l'operatore x fa un accordo con l'editore y e quindi include nel forfait dell'Adsl solo il traffico fatto su certi tipi di giornali online e non su altri. Non blocca l'accesso ai giornali di altri editori (ci mancherebbe), ma comunque ne scoraggia la lettura.

Al momento sono pratiche legittime, tuttavia. La situazione potrebbe cambiare solo se la nostra Autorità garante delle comunicazioni decidesse che anche questa è una pratica proibita. Prima o poi si pronuncerà a proposito, al termine di un'indagine che sta conducendo sul tema della neutralità della rete ma che è ancora in una fase preliminare.

(20 febbraio 2011)

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  Berlusconi, tre giorni per riscrivere la giustizia 
Tre giorni di lavori serrati per riscrivere la giustizia, tutelarsi dal caso Ruby e mettere a tacere la stampa. Lunedì, martedì e mercoledì, tanto basta perché il calendario della politica venga riempito, ancora una volta, dalle necessità giudiziarie del presidente del Consiglio. Berlusconi del resto lo aveva annunciato ieri e lo ha ripetuto stamattina in un audiomessaggio sul sito dei Promotori della Libertà: “Introdurremo nuove norme di garanzia che scoraggino la pratica di fornire ai giornali il risultato delle intercettazioni”. Bavaglio, quindi, e ancora: “La giustizia è divenuta sempre più un contropotere politico che esonda dai principi costituzionali”. Quindi “tra i provvedimenti che sottoporremo di qui in avanti al Parlamento”, ci saranno “la divisione dell’ordine requirente da quello giudicante, con la separazione degli ordini tra avvocati dell’accusa e giudici giudicanti e con un Consiglio Superiore della Magistratura, uno per i pm e uno per i giudici, accompagneremo queste novità da una riforma elettorale del Csm per ridurre quella che oggi è una politicizzazione che è eccessiva e che è inaccettabile”. Senza contare l’altrettanto annunciata riforma della Corte Costituzionale, oggi rea di abrogare “leggi giustissime”.

Dai proclami ai fatti il passo è stato brevissimo. Basta guardare alla settimana entrante per capire che Berlusconi non scherzava quando diceva “questa volta non ci fermerà nessuno”. Si comincia domani, dalla lettera che l’onorevole-avvocato Maurizio Paniz, assurto tra i preferiti del Capo per il suo impegno nel respingere le perquisizioni negli uffici del tesoriere del premier Spinelli, consegnerà nelle mani del presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, Pierluigi Castagnetti. Paniz annuncerà così la sollevazione del conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale per il Ruby-gate. La procura di Milano, è la tesi, avrebbe violato l’autonomia della Camera perché, non avendola informata della richiesta di rito immediato nei confronti del premier, non le ha permesso di sollevare immediatamente il conflitto. In realtà, indiscrezioni hanno già fatto trapelare che la Consulta potrebbe sfilarsi dalla questione e dichiarare inammissibile il ricorso, attribuendo la competenza alla Cassazione. Ma per Berlusconi sarebbe solo l’ennesima dimostrazione di dover “riformare” – come del resto anticipato – anche la stessa Corte, spostando ai due terzi la maggioranza necessaria per il voto.

Intanto, martedì 22 sarà il giorno di Fabrizio Cicchitto. Nella riunione dei capigruppo, il numero uno dei parlamentari e dei falchi Pdl chiederà la calendarizzazione del processo breve. Si parla degli inizi di marzo. Un iter molto vicino a quello del famigerato bavaglio, che epurato delle obiezioni dei finiani, dovrebbe arrivare ad approvazione “definitiva” – almeno nelle intenzioni – entro aprile. Se entrambi i percorsi arrivassero a compimento, morirebbero in un istante i processi Mills e Mediaset, seppelliti dalla prescrizione breve per gli incensurati quale Berlusconi è. Ancora martedì è previsto un comitato ristretto dei ministri per avviare il lavoro sulla riforma della giustizia. E’ il primo passo della strategia svelata dal premier: Csm, separazione delle carriere, Consulta. In quindici giorni Berlusconi vuole il testo definitivo, anche perché  - come segnala Repubblica – nelle prossime settimane ripartono i processi Mediaset (28 febbraio), Mediatrade (5 marzo) e Mills (11 marzo). Una intensa attività politica sarebbe sicuramente un legittimo impedimento di tutto rispetto. Se non per Berlusconi almeno per i suoi avvocati, gli onorevoli Ghedini e Longo.

Mercoledì 23, invece, la consulta Pdl si riunisce, presiede Ghedini, per studiare immunità e intercettazioni. La partita interessa anche l’opposizione, perché se è vero che il Pd l’ha ufficialmente bollata come legge ad personam, tra i democratici c’è anche chi è tentato da un passo indietro al periodo pre-Tangentopoli. Tanto che Franco Marini si è sbilanciato a dire: “Se i padri costituenti l’avevano introdotta un motivo c’è”. La questione nel Pd non è in ogni caso all’ordine del giorno, anche perché rischierebbe di rinfocolare le polemiche tra ex popolari ed ex diessini. E soprattutto perché l’elettorato potrebbe non apprezzare, trasformando una posizione ambigua del partito nell’ennesima emorragia di voti.

Resta invece aperta la posizione del Quirinale. L’asticella dello scontro tra Berlusconi e Napolitano resta molto alta. Ancora oggi il presidente della Repubblica, in una intervista al tedesco Welt-am-Sonntag, è tornato a circoscrivere lo spazio politico dentro i limiti della Costituzione: “Penso – ha detto riferendosi ai guai giudiziari del premier –  che abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia”. Napolitano ha poi ribadito la sua linea contro la trasformazione della “politica in guerriglia”. Ma Berlusconi non sembra avere nessuna intenzione di adeguarsi, convinto com’è del consenso popolare e soprattutto di quello parlamentare, dopo che i numeri della maggioranza alla Camera – il 14 dicembre il Cavaliere prese 314 voti – sono arrivati a quota 320.

domenica 20 febbraio 2011

hahahahahaha

Alonso, guasto e 3° tempo
Vettel è sempre un fulmine

Test al Montmelò: lo spagnolo della Ferrari rallentato in mattinata da un problema elettrico. "Un sensore si è rotto, niente di preoccupante". Il campione del mondo con la Red Bull ancora il più veloce, davanti ad Alguersuari. Liuzzi 12° con la Hispania Racing

Fernando Alonso, 29 anni, nei test del Montmelò. Reuters
Fernando Alonso, 29 anni, nei test del Montmelò. Reuters
MONTMELO' (Spagna), 19 febbraio 2011 - Guasto per la Ferrari di Fernando Alonso nella giornata di test in corso sul circuito del Montmelò, in Spagna. La F150th del pilota spagnolo, in mattinata si è fermata all'altezza della curva 4 per un problema elettrico risolto rapidamente dagli uomini della Ferrari. Un guasto meccanico, definito "un problema minore" da Alonso, che però ha ritardato il programma della scuderia del Cavallino. Dopo un'ora di stop il programma è proseguito regolarmente e Alonso ha chiuso la giornata con il terzo tempo, in 1'23"978, a sei decimi da Vettel, che ha fatto segnare il miglior crono della giornata.
vettel su tutti — Il tedesco della Red Bull, infatti, come ieri, è stato il più rapido di tutti con il tempo di 1'23"315, precedendo di due decimi la Toro Rosso dello spagnolo Jaime Alguersuari (1'23"519) e, appunto, la Ferrari di Fernando Alonso. Quarta la Renault del tedesco Nick Heidfeld (1'24"242), poi la Sauber del giapponese Kamui Kobayashi 1'24"243. Dodicesimo con il tempo di 1'27"044 Vitantonio Liuzzi, al volante della Hispania Racing, unico team che deve ancora definire la seconda guida della stagione oltre a Karthykeyan, che ha già firmato. Vettel ha staccato il suo tempo in mattinata, quando ha effettuato serie serie di uno-due giri in stile qualificazione, poi nel pomeriggio la Red Bull ha provato una simulazione di gara che, però, non è stata portata a compimento, prima per una bandiera rossa e poi per un problema alla monoposto che ha costretto Vettel ad una lunga sosta ai box. Noie anche per McLaren, con Button spettatore a causa di un guasto idraulico. Il campione del mondo 2009 ha poi girato nel pomeriggio, mettendo insieme 54 tornate con il tempo di 1'24"923, l'ottavo della gironata.
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"noia elettrica" — "Stamattina per la prima volta abbiamo avuto qualche problema e abbiamo perso qualche ora di prove - ha spiegato Alonso -. Ma niente di preoccupante, la Ferrari è ok e ha ancora molte carte da giocare, un sensore elettrico si è rotto e la macchina si è spenta". Poi lo spagnolo parla di gomme "Non ho ancora provato le nuove soft, lo faremo oggi pomeriggio ma soprattutto domani e dopodomani con Felipe". E sull'ipotesi annullamento GP del Bahrain per le rivolte in corso nel Paese, lo spagnolo spiega: "Sappiamo che nei prossimi giorni saranno prese delle decisioni. Posso solo dire che a me piace molto correre in Bahrain, l'anno scorso ho vinto e quella gara mi ha regalato grandi emozioni". Dopo la sessione pomeridiana, Alonso raggiungerá Sanremo per assistere alla serata finale del Festival, dove è in gara sua moglie Raquel Del Rosario, in coppia con Luca Barbarossa.
I tempi della giornata: 1. Vettel (Red Bull-Renault) 1'23"315 (104); 2. Alguersuari (Toro Rosso-Ferrari) 1'23"519 (97); 3. Alonso (Ferrari) 1'23"978 (90); 4. Barrichello (Williams-Cosworth) 1'24"008 (118); 5. Heidfeld (Renault) 1'24"242 (41); 6. Kobayashi (Sauber-Ferrari) 1'24"243 (125); 7. Rosberg (Mercedes) 1'24"730 (131); 8. Button (McLaren-Mercedes) 1'24"923 (54); 9. Di Resta (Force India-Mercedes) 1'25"194 (80); 10. Kovalainen (Lotus-Renault) 1'26"421 (58); 11. Petrov (Renault) 1'26"884 (61); 12. Liuzzi (HRT-Coswrorth) 1'27"044 (70); 13. Glock (Virgin-Cosworth) 1'27"242 (66); 14. Teixeira (Lotus-Renault) 1'31"584 (26).
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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CELLULARI

Silicon Valley? Non c'è campo
I segreti della rete mobile Usa

Al summit dei grandi dell'hi-tech con Obama nessuno twittava. Non c'era copertura. Si, proprio nella "culla" della tecnologia mondiale. Ma anche nel resto del paese non va poi tanto meglio. Ecco perché dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

NEW YORK - Come summit tra il presidente della superpotenza mondiale e i "padroni del cyber-universo" poteva andare meglio. Barack Obama e i massimi imprenditori della Silicon Valley sono stati umiliati dal flop dei loro telefonini. C'è un "giallo" dietro la cena tra il presidente 1 e i leader di Google, Facebook, Apple giovedì sera: perché nessuno di loro ha raccontato qualcosa su Twitter? Di solito da questi eventi arrivano dei mini-segnali in tempo reale, frammenti di gossip, o qualche meditazione filosofica. Invece durante la serata organizzata a Woodside nella casa del celebre venture capitalist John Doerr, tutto taceva.
  
Discrezione, riservatezza? Un po' strano, in quest'epoca di trasparenza. E poi la cena tra Obama, Steve Jobs, Marck Zuckerberg e tutti gli altri era un evento di pubbliche relazioni, non un summit per discutere di segreti industriali. La vera ragione di quell'assordante silenzio digitale l'ha dovuta confessare lo stesso chief executive di Twitter, Dick Costolo (che partecipava alla cena insieme agli altri): "I telefonini non funzionavano, in quella zona non c'era copertura, impossibile mandare dei tweet".
  
Come in molte aree della Silicon Valley, peraltro. Chi frequenta quella zona sa che "la culla" di tutte le rivoluzioni tecnologiche degli ultimi cinquant'anni è una delle zone del mondo peggio attrezzate in quanto a ripetitori. Un tempo se ne faceva un vanto: tutto merito dell'ambientalismo, che impediva di deturpare il paesaggio con le "torri". Ma la scusa non spiega perché i telefonini funzionano male anche nella vicina San Francisco, dove pure ci sono grattacieli e le antenne verrebbero dissumulate.
  
D'altronde sulla costa opposta, qui a New York, sappiamo che è raro concludere in modo "naturale" una conversazione al cellulare senza che cada la linea. Così grazie alla "cena del futuro" tra Obama e i giganti della Silicon Valley è caduto il velo su un piccolo sporco segreto dell'America: il paese dove i telefonini funzionano sempre peggio. Le cause? Di recente si tende a dare la colpa al boom degli smartphone, Blackberry e soprattutto iPhone, le cui applicazioni divorano potenza dalle reti. Ma è una spiegazione parziale.

In realtà la causa di fondo è il comportamento delle aziende telecom. Gli smartphone per loro sono una fonte di profitti: perché non investono per potenziare le reti? Perché le telecom sono tornate ad essere un oligopolio. Il paesaggio industriale del settore è segnato da una concentrazione crescente. AT&T, T-Mobile e Verizon la fanno da padroni. In molti Stati Usa la scelta per l'utente è limitata a soli due operatori.
  
In queste situazioni la collusione tra i colossi ai danni del mercato è molto facile. Se il consumatore non ha alternativa, perché investire per migliorargli il servizio? Meglio ingrassare i profitti aziendali, e i bonus dei chief executive. Che poi li reinvestono altrove: magari in finanziamenti alle campagne elettorali, anche quelle di Obama.
(19 febbraio 2011)

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Debito e crescita, a cosa (non)
serve l’intesa del G20
la notizia che emerge dal summit di ieri, a Parigi, è che la Cina è sempre più forte e gli Stati Uniti più isolati. La tesi americana (e non solo) è questa: dalla crisi si può uscire soltanto se i cinesi iniziano a consumare di più
Dai vertici del G20 non ci si possono aspettare decisioni operative, non è quella la sede, ma una misura dei rapporti di forza. E la notizia che emerge dal summit di ieri, a Parigi, è che la Cina è sempre più forte e gli Stati Uniti più isolati. La tesi americana (e non solo) sostenuta dal segretario al Tesoro Tim Geithner fin dal suo insediamento è questa: dalla crisi si può uscire soltanto se i cinesi iniziano a consumare di più e a risparmiare meno, con il governo di Pechino che rivaluta lo yuan per frenare le esportazioni di merci cinesi e far rifiatare le poco competitive aziende americane.

La proposta di Geithner di limitare al 4 per cento i deficit o i surplus della bilancia delle partite correnti (cioè la misura di esportazioni meno importazioni, considerando anche aiuti internazionali e pagamenti di interessi sui prestiti) è stata affossata mesi fa. Da allora, come scriveva ieri il quotidiano Les Echos, “la Francia si è impadronita del dossier con l’obiettivo di riequilibrare le politiche economiche per assicurare una crescita forte, stabile e duratura”. Non per altruismo, ovviamente, ma nel proprio interesse.

Problema: come si stabilisce se un Paese è in equilibrio o no? Per due giorni i 20 si sono scontrati sui parametri da considerare, con spaccature diverse da quelle “ricchi contro poveri” cui siamo abituati. La Francia e la Germania, infatti, erano a fianco della Cina per evitare che venissero individuati come problematici i Paesi che esportano molto: nel 2009 Berlino aveva una bilancia commerciale più in attivo di quella cinese, cioè le sue esportazioni al netto delle importazioni pesavano sul Pil oltre il 6 per cento, quelle cinesi meno del 5.

Risultato: la Cina ottiene che nel calcolo degli squilibri con l’estero non si conti il flusso degli interessi che affluiscono nelle sue casse grazie al debito straniero che detiene, soprattutto americano. È una vittoria diplomatica, che rafforza anche gli altri membri della sigla Bric, Brasile, Russia e Cina. Gli altri parametri per giudicare i Paesi le cui finanze pubbliche sono una minaccia per l’economia globale saranno il deficit di bilancio e il debito pubblico, i debiti privati, i risparmi. “La tesi italiana diventa globale”, esulta il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che da sempre vuole venga considerato l’indebitamento privato (in Italia è basso) per giudicare la capacità di un Paese di sostenere quello pubblico (in Italia è stellare, quasi al 120 per cento del Pil). Ma il successo è solo simbolico: i titoli di debito pubblico devono comunque essere collocati sui mercati, agli investitori internazionali.

La Germania è riuscita a far prevalere facilmente la propria linea. Si possono indicare i parametri ma senza specificare le soglie oltre le quali diventano preoccupanti, è stata l’inflessibile posizione del ministro delle Finanze di Berlino Wolfgang Schäuble. La ragione è semplice: mentre la Germania sta plasmando l’Unione europea a sua immagine e somiglianza, dal punto di vista fiscale, non può accettare di essere indicata come Paese squilibrato in sede G20 soltanto perché esporta molto. E gli Stati Uniti? Geithner ha ribadito che la loro situazione fiscale è “insostenibile” e che “lo yuan resta sottovalutato”. Ma, dentro il G20, gli Usa sono i soli che possono condurre una politica monetaria aggressiva e unilaterale per correggere quelli che considerano gli squilibri globali. E lo stanno facendo, con la Federal Reserve che inonda il mercato di dollari. Quindi il prezzo in dollari delle materie continua a crescere. E il conto finale potrebbero pagarlo gli europei, con la Bce (più indipendente della Fed) pronta ad alzare i tassi per frenare l’inflazione indotta. Queste pressioni inflazionistiche “devono essere prese sul serio”, ha avvertito ieri il presidente della Bce Jean-Claude Trichet.

da Il Fatto Quotidiano del 20 febbraio 2011

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Una proteina collega la corea di Huntington all?epilessia

Lo studio ha permesso di osservare come anche l’ambiente cellulare circostante sia importante per una maturazione corretta delle cellule staminali in neuroni GABAergici
Che cosa lega due malattie apparentemente distanti come la corea di Huntington e l’epilessia? La risposta è in un particolare gruppo di geni denominati Dlx, già noto per essere implicati nell’insorgenza di gravi malattie genetiche a carico dello scheletro nella fase embrionale, e che sono risultati importanti anche nello sviluppo di un tipo specializzato di cellule nervose, i neuroni GABAergici in un nuovo studio pubblicato sul Journal of Neuroscience a firma del gruppo di ricerca Telethon coordinato da Giorgio Merlo, dell’Università di Torino, con la collaborazione di Enzo Calautti e di Elena Cattaneo, rispettivamente delle università di Torino e Milano.

I neuroni GABAergici hanno un ruolo fisiologico importante nell’inibizione di altri neuroni che hanno un’attività troppo intensa o troppo prolungata ma sono implicati – qualora si verifichino alterazioni di numero o di qualità oppure problemi nel processo di differenziamento dalle cellule staminali neurali – nell’insorgenza della corea di Huntington, della sindrome di Rett, dell’epilessia, della sindrome fetale alcolica e forse anche dell’autismo. I problemi, come hanno mostrato i risultati di quest’ultimo studio sul modello murino, sono proprio legati ai geni Dlx.

“Lo studio ha permesso di osservare come anche l’ambiente cellulare circostante sia importante per una maturazione corretta delle cellule staminali in questo tipo di neuroni”, ha spiegato Merlo. “In particolare abbiamo scoperto che l’anello mancante tra Dlx e i neuroni GABAergici è una proteina segnale chiamata Wnt5a, capace di “dirigere” il comportamento delle cellule staminali presenti nel cervello e di indurle a formare proprio cellule GABA”.

Il ruolo della Wnt5a è stato confermato anche in vitro: in presenza della proteina risulta favorito il processo di maturazione delle cellule staminali neurali in neuroni GABAergici.

“Il prossimo passo sarà andare a fondo dei meccanismi con cui le cellule staminali presenti nel cervello rispondono a questo segnale: potremmo così ottenere informazioni importanti su qual è il modo migliore per intervenire con dei trattamenti farmacologici e far sì che la produzione di neuroni GABAergici vada a buon fine”, ha concluso Merlo. “Questo lavoro è anche un ottimo esempio di come si possa coniugare la ricerca su malattie genetiche rare – quella che Telethon finanzia in accordo con la propria missione – con lo studio di meccanismi molecolari di base coinvolti anche in patologie a maggiore diffusione”. (fc)