sabato 5 febbraio 2011

già.....

Simoncelli il più veloce
Vale risale nei primi dieci

A Sepang il pilota San Carlo Honda Gresini fa segnare il miglior tempo dell'intera tre giorni di test. Secondo Stoner, terzo Lorenzo. Cresce anche la Ducati di Rossi: "Sono soddisfatto, migliorano sia la moto che la spalla"

Marco Simoncelli gira a Sepang. Ansa
Marco Simoncelli gira a Sepang. Ansa
SEPANG (Malesia), 3 febbraio 2011 - Ancora dominio Honda. Nella terza giornata di test sul circuito di Sepang è Marco Simoncelli il più veloce dopo la sessione mattutina. Dopo Casey Stoner e Dani Pedrosa, è il pilota del team San Carlo Honda Gresini a fare segnare il miglior tempo: 2'00''757, che è anche il miglior tempo assoluto di questa tre giorni, 13 millesimi sotto quello fatto segnare ieri da Pedrosa.
migliora valentino — Alle spalle di Simoncelli troviamo Casey Stoner con la Honda ufficiale, che assieme al campione del mondo Jorge Lorenzo scende e ad Andrea Dovizioso scende sotto i 2'01". Ben Spies continua il suo processo di adattamento alla M1 ufficiale e visti i tempi in rigoroso miglioramento, il texano può già considerarsi promosso. Seguono Pedrosa, Aoyama, Hayden e Edwards. Decimo tempo per Valentino Rossi che però migliora sensibilmente la propria prestazione chiudendo in 2'01"942. "Anche se devo modificare un po'il mio stile di guida - ammette il Dottore - , prima di arrivare qui avrei messo la firma per fare venti, trenta giri al giorno e invece nei primi due ne ho fatto una quarantina e oggi cinquantadue. Certo alla fine ero davvero finito, comunque abbiamo lavorato bene anche oggi, siamo riusciti a raccogliere molti dati. Rimane molto da fare, ma rispetto all'inizio dei test ci siamo avvicinati decisamente a quella messa a punto di base che stiamo cercando".
I TEMPI — 1. Simoncelli (Honda Gresini) 2'00"757; 2. Stoner (Honda Team+0.054); 3. Lorenzo (Yamaha) a 0"088; 4. Dovizioso (Honda) a 0"188; 5. Spies (Yamaha) a 0"245; 6. Pedrosa (Honda) a 0"484; 7. Aoyama H (Honda Gresini) a 0"596; 8. Hayden (Ducati) 0.777; 9. Edwards (Yamaha) a 0"894; 10. Rossi (Ducati) a 1"085.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Federalismo municipale: più tasse per tutti
Ecco che cosa accadrà quando sarà legge, tra buchi nei bilanci e sconti ai più ricchi
Adesso potrebbe essere questione di un mese. Se tutto andasse nel modo più favorevole al governo, cioè se non ci fossero ulteriori intoppi, il decreto legislativo sul federalismo municipale potrebbe anche essere approvato in via definitiva dall’esecutivo in poco più di trenta giorni. È questo il tempo previsto dalla legge delega 42 del 2009 per un dibattito parlamentare necessario nel caso in cui il governo voglia comunque approvare un decreto su cui gli organi parlamentari abbiano dato un parere negativo. Che è quello che è successo due giorni fa nella Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale (composta da 15 deputati e 15 senatori).

Anche nell’ipotesi che questo pezzo di federalismo, che riguarda le imposte gestite dai Comuni, diventi operativo, non ci sarà alcuna rivoluzione autonomista, non sarà la svolta promessa dalla Lega Nord ai suoi elettori, o lo strumento per raddrizzare “l’albero storto della finanza pubblica” annunciato dal ministro Giulio Tremonti. Semplicemente un altro po’ del carico fiscale si sposterà dai titolari di rendite (immobiliari) al lavoro dipendente, con grandi incertezze per i conti dello Stato e dei Comuni stessi. Abbiamo chiesto al professor Alberto Zanardi, ordinario di Scienza delle finanze all’Università di Bologna, di spiegare cosa cambierà in concreto per i contribuenti e per i Comuni con le principali novità del federalismo municipale. Qui sotto le sue risposte.

Cedolare secca: risparmi per privilegiati
Riguarda la tassazione del reddito derivante da un immobile affittato. Per il contribuente il passaggio dall’Irpef alla cedolare secca con aliquota del 19 o 21 è opzionale, si può scegliere la soluzione. Lo sconto potenziale sulle imposte dovute è più rilevante per i contribuenti con un più alto reddito complessivo ed è indifferente per i redditi più bassi, che continueranno a scegliere l’Irpef. I comuni oggi ricevono circa 11 miliardi di trasferimenti. Ora al posto dei trasferimenti ci sono tributi devoluti e compartecipazioni. Tra questi la cedolare. Ma nella valutazione della ragioneria questa garantisce parità di gettito soltanto se emerge molto reddito ora sommerso. C’è quindi un problema di incertezza.

Addizionali Irpef: colpiti sempre i dipendenti
Per i Comuni si ritorna alla normalità: si passa dal blocco della possibilità di variazione delle aliquote Irpef a restituire le leve fiscali ai sindaci per aumentare, se ne hanno bisogno, il gettito. Ma se c’è una riduzione delle dotazioni dello Stato ai Comuni ci sarà una tendenza a usare questa leva, massimo per lo 0,4 per cento (con aumenti massimi dello 0,2 per cento annuo). Per i cittadini c’è il rischio di un aumento del peso di un tributo come l’Irpef che di fatto colpisce quasi solo dipendenti e pensionati. Sarebbe stato meglio riattivare l’Ici, per ripartire il peso tra lavoratori e percettori di rendite.

Scopo e turismo: 5 euro a notte e più infrastrutture
L’imposta di soggiorno e quella di scopo sono un’altra leva data ai Comuni, ma ancora non sono specificati i dettagli sul loro funzionamento. L’imposta di soggiorno attribuita ai Comuni capoluogo e a quelli turistici viene caricata sul prezzo di ogni notte di soggiorno, fino a un massimo di cinque euro. Il gettito che deriva dall’imposta deve essere utilizzato per finanziare spese collegate ai Beni culturali e questo è utile, perché i turisti producono reddito ma comportano costi. La tassa di scopo esisteva già, ma viene ampliata. Si tassano i cittadini spiegando che l’imposta serve per costruire un ponte, un’infrastruttura. Si allarga la tipologia di opere pubbliche finanziabili ma mancano ancora i dettagli.

Imposta municipale: più tasse per i commercianti
L’Imu (Imposta municipale unica) scatta dal 2014. Per i Comuni c’è l’incertezza che la nuova imposta garantisca lo stesso gettito delle imposte che accorpa. Cioè, all’85 per cento, l’Ici sulle seconde case e gli immobili commerciali. Cambia l’aliquota, stabilita allo 0,76 per cento, al di sopra del livello attuale che in media è lo 0,5 per cento. La ragione per cui aumenta è che su una parte dei redditi immobiliari gravano delle imposte dirette come l’Irpef. Si trasforma un’imposta sui redditi in una patrimoniale. Questa aliquota, secondo la relazione tecnica, dovrebbe generare parità di gettito. Per i Comuni comporta un limite all’intervento sulle aliquote, quindi minore autonomia. Per le imprese non si realizza la cancellazione dell’Irpef: continuano a pagarlo per gli immobili che usano per il loro lavoro. C’è quindi uno spostamento del carico fiscale a sfavore dei lavoratori autonomi, delle imprese e delle società di capitale che percepiscono redditi fondiari.

Fondo perequazione: chi ha avuto, ha avuto
È il vero elemento mancante del sistema. Dovrebbe sopperire alla diversa distribuzione delle imposte tra i diversi comuni, in modo da garantire ai Comuni di finanziare i fabbisogni standard delle loro funzioni. Cioè per i servizi fondamentali come gli asili nido, i trasporti pubblici locali, l’assistenza agli anziani. Ci saranno Comuni molto dotati perché hanno molte seconde case immobili commerciali, altri che non hanno questa fortuna. I Comuni dove ci sono tante prime case, sulle quali non si paga alcuna imposta, avranno relativamente poche entrate. Ci si aspettava un decreto legislativo che specificasse le fonti di finanziamento e le modalità di riparto di questo fondo a cominciare dalle direttive della legge delega. Invece non è specificato come si finanzia e come usa le risorse. Il problema è stato semplicemente rimandato, pericolosamente, visto che siamo vicini alla scadenza della delega (a maggio). Quindi non si sa quali saranno le risorse complessive a disposizione dei Comuni.

da Il Fatto quotidiano del 5 febbraio 2011
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Oggi a Milano tutti con Libertà e Giustizia 
“Dimettiti, per un’Italia libera e giusta” è il titolo della manifestazione che si terrà oggi a Milano (al Palasharp) per chiedere al presidente del Consiglio di lasciare Palazzo Chigi. I cancelli sono aperti dalle 13.30 e chi voleva conquistare uno dei novemila posti a sedere si doveva mettere in fila molto presto, già di buon mattino, perché l’iniziativa promossa dall’associazione Libertà e giustizia registra da giorni il tutto esaurito (ma chi resterà fuori dalla struttura potrà seguire comunque l’evento grazie a maxi-schermi e altoparlanti).

Sul palco gli interventi più attesi sono quelli degli scrittori Roberto Saviano e Umberto Eco, dello storico Paul Ginsborg, del costituzialista Gustavo Zagrebelsky e dell’attore Moni Ovadia, ma aderiscono anche figure di spicco della politica (Dario Franceschini, Giuliano Pisapia), del sindacato (Susanna Camusso, Maurizio Landini), della società civile (Beppino Englaro, Maurizio Pollini, Giovanni Bachelet) e del giornalismo (Gad Lerner, Concita De Gregorio, Bice Biagi). Coordinano Sandra Bonsanti, fondatrice di Libertà e giustizia, e Simona Peverelli. Previsto anche un contributo video del presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro.

SEGUI LA DIRETTA, DALLE ORE 15



Il giornalista Gad Lerner


“Ci sarò anch’io alla manifestazione del Palasharp, iniziativa che
corrisponde a un sentimento ormai diffuso in tutto il Paese”. Già da qualche giorno Gad Lerner ha lanciato dal suo blog gadlerner.it il raduno milanese. E i fan sembrano apprezzare, i commenti on line non mancano, anche se c’è chi prende subito esempio dal padrone di casa (il sito si chiama significativamente il blog del bastardo) segnalando come il raduno dei novemila sia “un dispendio di energie magari necessario, ma enorme!”. Come dire, il solito circo per nulla, a spese dei bravi cittadini.
Perché partecipare dunque, col rischio di vivere un altro (inutile) girotondo?
Per tutti i buoni motivi che sappiamo ormai a memoria. Non potrei davvero aggiungere altro, è la realtà di ogni giorno che impone la partecipazione a una giornata così.
Si tratta della famosa emergenza democratica?
Stiamo sperimentando la pressione straordinaria di un uomo che stringe forte fra le sue mani una gigantesca forza economica e una pesantissima carica mediatica. Chiunque al suo posto si sarebbe già dimesso da un pezzo, dopo aver commesso le azioni che ha commesso. Quella italiana è un’anomalia assoluta, e non ci si può stancare di ricordarla.
Negli ultimi tempi è tornata di moda la parola potere. Secondo lei i cittadini hanno davvero voglia di capire quali siano oggi i poteri forti, magari per valutare se anche il potere dei cittadini può avere una sua forza?
Berlusconi è in grado di far pesare a un’intera nazione un sistema calato e imposto dall’alto. Questo è il dato di fatto, di questo bisogna parlare oggi.

L’attore Moni Ovadia

“Senta, le dico questo. Se avessi io i suoi mezzi farei sventolare la bandiera rossa sul Vaticano nel giro di due anni. Garantito”. Moni Ovadia porterà oggi in scena l’energia ironica della protesta. Ma per spiegare cosa sia diventato il fenomeno Berlusconi spende parole precise.
Il Pdl continua a essere il partito di maggioranza relativa. Cosa manca all’Italia per cambiare idea?
Sono questioni strutturali, antiche. La tentazione di delegare le funzioni democratiche a un uomo solo per evitare di impegnarsi in prima persona è un dato endemico della cultura nazionale. Sono convinto che se Mussolini non fosse stato ucciso dalla Resistenza sarebbe tornato a governare.
Trasformismo all’italiana?
Si incrociano due fenomeni. Da un lato manca ancora una coscienza del dettato costituzionale. Molti pensano che la democrazia sia andare a votare tizio o caio una volta l’anno, e non capiscono che quando evasione e corruzione schizzano a livelli inaccettabili – come accade oggi – la Costituzione è di fatto negata. E poi ci sono naturalmente quelli cui fa molto comodo vivere in un posto così, dove i furbi se la cavano sempre.
E voi che potrete dire di significativo a Milano?
Che non ci arrendiamo, che andremo avanti nonostante tutto, perché dopo Berlusconi ci sarà comunque tanto da fare ma è necessario partire dalle sue dimissioni. L’ipotesi di una grande alleanza politica per mandare a casa il premier mi sembra plausibile: non sarà il massimo, ma almeno si potranno ristabilire condizioni minime di normalità. E poi c’è un altro vantaggio.
Quale?
Una volta pensavo di morire democristiano, e stavo malissimo. Ma lasciare questa Terra sotto il berlusconismo proprio no, non ce la posso fare.


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Tassa di concessione governativa
spira il vento della class action

È il balzello che fa preferire le prepagate ai contratti. Ora i comuni chiedono che sparisca, forti di una norma Ue che lo fa applicare solo alle aziende. Poi toccherà agli utenti? di ALESSANDRO LONGO

DA PIU' parti si è scatenata una battaglia legale contro una tassa che penalizza solo gli utenti di cellulari italiani: quella di "concessione governativa", 5,16 euro al mese che lo Stato riscuote da tutti gli abbonati a servizi telefonici di rete mobile. Sono esclusi dal balzello solo gli utenti con scheda prepagata, com'è noto, e proprio per questo motivo in Italia sono rari gli utenti che hanno un abbonamento. Questo tipo di offerta avrebbe però in teoria numerosi vantaggi per il consumatore- ridotti per colpa, a punto, della tassa: cellulare gratuito, sconti sulle telefonate. Non a caso, ormai in altri Paesi europei gli abbonamenti sono più comuni delle prepagate (soprattutto nel Regno Unito), all'opposto che da noi. Già, solo da noi c'è questa tassa e quindi sono un folklore tutto italiano frasi come "non potevo chiamarti perché ho finito il credito" (utile scusa, a volte, in verità). O la fila all'edicola per una ricarica.

La buona notizia è che nei prossimi mesi tutto questo potrebbe finire. "Abbiamo appena istruito la pratica di class action contro l'Agenzia delle Entrate, chiedendo un rimborso di massa", dice Elso Gerandin, presidente del Celva (Consorzio degli Enti  Locali della Valle d'Aosta). Hanno aderito tutti gli enti locali della Regione: i 74 Comuni, le otto Comunità montane e il Consorzio BIM (Bacino Imbrifero Montano), per un totale di 880 mila euro di rimborsi richiesti. Il motivo è una legge europea, il Codice di comunicazione elettroniche, secondo cui la tassa è dovuta solo sulle sim di uso aziendale. E si sta imponendo l'idea, in giurisprudenza, che le pubbliche amministrazioni, non essendo equiparabili ad aziende, non sono tenute a pagare. E' quanto stabilito a gennaio dalla commissione tributaria del Veneto, a favore dei Comuni del territorio. Si stanno moltiplicando quindi i ricorsi intentati da vari enti locali per non pagare più la tassa.

Quella di Celva però è la prima azione collettiva. "Se avrà successo, l'iniziativa potrebbe estendersi a tutta l'Italia scatenando una valanga di ricorsi, anche dai privati cittadini", dice Gerandin. Siamo comunque all'inizio: Celva aspetterà entro marzo la risposta dell'Agenzia delle Entrate (il silenzio vale come un rifiuto della richiesta di rimborso)  e, nel caso, procederà con il ricorso alla Commissione tributaria provinciale.

"Era noto da tempo che il Codice delle comunicazioni elettroniche vietava la tassa agli utenti non aziendali, ma solo ora comincia la battaglia legale", spiega Guido Scorza, avvocato esperto di diritto nelle nuove tecnologie. Il problema è che per i privati può essere più difficile, che per una pubblica amministrazione, mettersi d'accordo per una class action, sopportandone i costi. L'alternativa può essere intentare un'azione individuale presso il proprio tribunale di competenza, per avere riconosciuto il diritto a non pagare la tassa. Solo una class action vinta, però, riuscirebbe a estenderlo a tutti i consumatori aderenti e, alla fine, a spingere lo Stato a eliminare il balzello. Aduc e Altroconsumo dicono a Repubblica.it che al momento stanno studiando la questione, ma ancora non hanno deciso se partire con una class action.
(05 febbraio 2011)
 

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