giovedì 30 agosto 2012

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Miliardi di aiuti e operai a casa. Il mercato drogato delle rinnovabili

Il caso della Solsonica, che al termine della lunga bolla degli incentivi si ritrova in ritardo sul mercato rispetto alla concorrenza cinese ed è costretta a lasciare in cassa integrazione 222 dipendenti. Mentre altri 130 interinali hanno perso il lavoro da un giorno all'altro

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Incentivi pubblici, profitti privati, futuro dell’occupazione. La crisi che attanaglia il settore del fotovoltaico, l’energia pulita prodotta dai pannelli solari, mette in gioco tutto questo e mette in risalto l’assenza cronica di politica industriale che non sia a breve gittata e per interessi mirati. 
   LA SOCIETÀ leader del settore, la Solsonica di Rieti, ha attivato la cassa integrazione per i suoi 222 dipendenti. Una cassa integrazione a rotazione che per 16 figure professionali sarà a zero ore mentre i 130 lavoratori interinali, chiamati con contratti a tempo determinato, sono rimasti senza lavoro da un giorno all’altro. E’ una delle tante crisi aziendali, come altre dimenticata, nel cuoro di un grande polo industriale sul viale del tramonto. Viali illuminati, piste ciclabili, pulita e ordinata la zona industriale, che da Rieti si sposta verso Cittaducale, ormai si sta popolando di centri commerciali sempre più grandi e di capannoni su cui sempre più spesso appare il cartello “vendesi”. “In dieci, quindici anni – spiega Luigi D’Antonio, segretario provinciale della Fiom – dai circa 10 mila lavoratori impiegati siamo passati a meno della metà”. E non bastano certo le insegne luminose dei vari Trony per rimpiazzare la forza lavoro perduta.
   Anche la Solsonica testimonia questa parabola discendente. Erede della Texas Instuments, installata a Rieti negli anni 70 grazie ai fondi della Cassa del Mezzogiorno, lo stabilimento ha occupato anche 1200 operai. Poi la casa madre ha seguito il denaro degli incentivi pubblici che si spostavano ad Avezzano, in Abruzzo (successivamente abbandonato). A Rieti lo stabilimento viene rilevato dalla Eems che fornendo semiconduttori all tedesca Siemens tiene botta almeno fino agli anni 2000 anche se la manodopera scende a 5-600 dipendenti. Nel 2005, poi, la Eems sceglie la strada della Cina e nel giro di pochi anni viene fatta nascere la produzione di pannelli fotovoltaici che in comune con i semiconduttori hanno solo il silicio.
   SOLSONICA eredita dalla originaria Texas Instruments e poi dalla Eems – che nel frattempo è quotata in borsa – la bella location del suo stabilimento: stile Silicon Valley, con pratino verde, alberi curati e asilo aziendale, si getta in un settore che dal 2005 beneficia di un enorme flusso di denaro pubblico grazie agli incentivi che finanziano l’installazione di energia pulita. I clienti finali, grazie ai Conti Energia varati negli anni – il 27 agosto è partito il quinto – beneficiano di un risarcimento pari all’energia che riescono a immettere nella rete elettrica nazionale. In pochi anni lo Stato ha speso 6,7 miliardi di euro che non sono andati direttamente alle casse delle aziende ma che hanno favorito un traino della domanda davvero eccezionale. Il rapporto statistico 2011 fornito dal Gestore Servizi Energetici (Gse) descrive una dinamica di crescita esponenziale: nel 2007 gli impianti installati sono 7.647 che diventano 32mila l’anno successivo, 71mila nel 2009, poi 155mila nel 2010 e infine 330.196 nel 2011. I comuni che hanno almeno un pannello solare installato passano dall’11% del 2006 al 95% del 2011. In cinque anni la produzione di impianti aumenta di 280 volte. Gli incentivi sono fondamentali: il Conto energia, che premia con tariffe incentivanti l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni, cesserà quando avrà raggiunto cumulativamente la somma di 6,7 miliardi.
   UNO SPOSTAMENTO di risorse contestato dalle aziende di energia tradizionale – Enel ed Eni, innanzitutto – e difeso, ovviamente, dagli ambientalisti. E, per gli intrecci perversi dell’economia italiana, facilitato dalla contestuale crisi dell’Alcoa. E’ stato infatti il decreto con cui il governo Berlusconi favorì l’azienda di Portovesme, a far riaprire i termini per usufruire degli incentivi. Tutto ciò è stato forse utile a far decollare un settore che dovrebbe essere strategico pensi ai fumi dell’Ilva – ma ha drogato il mercato con effetti oggi drammatici. Anche perché a pagare gli incentivi sono state le bollette elettriche di tutti gli altri consumatori. Per tutte queste ragioni, il governo ha dimezzato gli incentivi e con il 5° Conto Energia ha deciso di chiudere il rubinetto. Con effetti immediati sulla produzione e, a cascata, sulla occupazione.
   In Solsonica non contestano il fatto di aver beneficiato degli aiuti ma puntano il dito contro la concorrenza cinese, definita “sleale”. “I produttori cinesi – spiega al Fatto Giuseppe Scopigno, dirigente dell’azienda reatina – riescono a imporre prezzi sotto costo grazie agli aiuti che ricevono dallo Stato. Servirebbero dei dazi per riequilibrare il rapporto”. Anche qui torna il tema degli aiuti di Stato. Che quando finiscono si scaricano sul l’occupazione. “L’azienda non ha capito in tempo come si muoveva il mercato” spiega Giuliano Casciani, Rsu Fiom , in azienda dai tempi della Texas. “Si capiva già con il 4° Conto Energia che il vento sarebbe cambiato e non sono state prese tutte le misure” aggiunge il rappresentante del sindacato che, pure, finora ha tenuto un atteggiamento di collaborazione con l’azienda. Che però non ha impedito la cassa integrazione, per il momento a rotazione, ma che a settembre potrebbe vedere la chiusura dello stabilimento. “Noi non intediamo chiudere” sottolinea Scopigno. Eppure c’è chi è già restato a casa.
 Domenico Carvetta è un ingegnere elettronico di 50 anni. All’azienda ha dato molto, ha fatto formazione negli Usa e in Cina, si è già fatto due anni di cassa integrazione dal 2008 al 2010 utilizzati per fare formazione, scrivere due libri, “sapere ogni cosa sul fotovoltaico”. Eppure, ad agosto, mentre era in vacanza in Calabria ha ricevuto una telefonata che diceva: “Il tuo profilo non serve, sei in Cassa integrazione, prolunga pure le tue ferie”. “Ovviamente, la mia vacanza è finita”. Da 2200 passa a 800 euro mensili con un “taglio lineare” netto alla sua spesa e a quella della sua famiglia. E’ una persona solare, ottimista che riferendosi all’azienda dice sempre “noi”. Eppure, di fronte alla crisi attuale spiega che per la prima volta “tra oggi e il futuro vedo un vuoto difficile da colmare”. Il foto-voltaico in Italia, oggi, è anche questo.
da Il Fatto Quotidiano del 29 agosto 2012

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Samsung, raffica di lanci all'Ifa di Berlino
arriva il Note II e scommette su Windows 8

A pochi giorni dal verdetto del tribunale di San José che ha condannato l'azienda sudcoreana a pagare oltre un miliardo a Apple per violazione di brevetti, la compagnia presenta una serie di prodotti solidi, completi e ad ampio raggio. A partire dall'evoluzione del phablet lanciato lo scorso anno di ALESSIO SGHERZA

BERLINO - Magia e creatività sono stati gli slogan dell'evento Samsung all'Ifa di Berlino 2012, ma sotto il cofano quello che davvero si è visto è la solidità. La compagnia delle Tre Stelle ha presentato una linea di prodotti ad ampio raggio - dai telefonini ai frigoriferi - che è la miglior risposta allo smacco giudiziario ricevuto da Apple la scorsa settimana.

FOTO La presentazione di Berlino 1

Magia soprattutto a parole quindi, ma tanta sostanza nei prodotti. A partire dal nuovo Galaxy Note II, l'evoluzione del phablet lanciato proprio a Berlino lo scorso anno. Il Note è stato il primo dispositivo a definire la categoria dei phablet, a metà tra phone e tablet, con uno schermo più grande di quello di un cellulare classico ma non così tanto da competere con le tavolette da 7''. Il Note II è un'evoluzione, come detto: lo schermo si allarga leggermente (da 5,3 a 5,5 pollici, ma senza aumentare la risoluzione), la forma si fa appena più allungata, il processore diventa più potente (era dual core 1,40 Ghz, sarà quad core 1,60 Ghz).

Dal punto di vista hardware non è molto, ma Samsung promette una grande attenzione alle funzioni software, in particolare l'interazione con la nuova S Pen, il pennino caratteristico della serie Note (che include anche un tablet da 10.1 pollici). Il sistema operativo è sempre Android, ma la 4.1, mentre il Note attuale supporta solo la 4.0.

Samsung è un gigante dell'elettronica, non solo della telefonia o del computing. E infatti non poteva mancare di lanciarsi nel mercato nascente delle 'fotocamere connesse', ovvero macchinette fotografiche con uno schermo touch, sistema operativo e connettività. La Galaxy Camera ha un sensore da 16 megapixel e uno schermo da 4,77 pollici sul retro tramite il quale usare Android, scaricare applicazioni come Instagram e Facebook, e condividere istantaneamente le foto e video scattati. Il tutto con un'ottica F2.8, 23 mm e uno zoom ottico da 21x.

Ma Samsung non punta tutto sul sistema operativo di Google. Infatti la grande novità dell'autunno sarà il lancio, il 26 ottobre, di Windows 8. E la compagnia sudcoreana cosa poteva fare se non creare una nuova linea dedicata? Nasce così Ativ (si pronuncia a-tìv, ed è l'anagramma di 'Vita'), una serie di quattro dispositivi che sposano il nuovo Os di Microsoft. Si tratta di due pc (Ativ Smart Pc e Ativ Smart Pc Pro), un tablet (Ativ Tab) e uno smartphone (Ativ S).
 
Entrambi i pc hanno una tastiera magnetica che si collega a uno schermo touch che può funzionare anche come tablet e supportano la S Pen. Le caratteristiche sono interessanti (anche se non di altissima fascia, ma il prezzo di partenza di 750 dollari negli Usa è competitivo) e la durata della batteria è tutta da provare (promettono fino a 14 ore per la versione non Pro). "Due prodotti pensati sia per il consumer che per il business", spiegano dal palco quelli di Samsung.

L'Ativ Tab sarà il diretto concorrente dell'iPad e del Surface entry level di Microsoft. E' un tablet con processore Arm (quelli a basso consumo, ma meno potenti), processore dual core e schermo da 10.1 pollici. Dovrebbe costare sensibilmente di meno dello Smart Pc, ma il prezzo non è noto.

Ultimo prodotto della serie è l'Ativ S, uno smartphone con Windows Phone 8, processore dual core e fotocamera da 8 megapixel. Un prodotto di fascia media, probabilmente per non cannibalizzare le vendite nella fascia alta del Galaxy SIII e del Note II.

Vi basta? A Samsung no, infatti ha portato a Berlino l'aggiornamento dei portatili della Serie 9, nuove Smart Tv, da 55 e 75 pollici, frigoriferi e lavatrici. Tutto per la casa insomma, sempre senza magia: i vestiti da lavare sono qualcosa di concreto, e Samsung - nonostante le dichiarazioni e lo show - guarda al sodo.
  (30 agosto 2012)
 
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Lampade ad incandescenza addio
da settembre vendita vietata

Con lo stop anche alle lampadine di potenza inferiore ai 60W si conclude il processo di messa al bando voluto dall'Unione Europea. Con le fluorescenti benefici su bolletta e consumi, ma anche problemi per lo smaltimento

di VALERIO GUALERZI ROMA - Lampadine ad incandescenza addio. Dal primo settembre vanno in pensione anche le ultime vecchie energivore lampadine. Supermercati, ferramenta e negozi di elettricità non potranno più vendere neppure quelle di potenza inferiore a 60 W, le ultime a finire fuorilegge in base alla normativa comunitaria entrata in vigore nel 2009. I negozi potranno offrire ai clienti solo le rimanenze di magazzino o le speciali scorte per quei tipi di lampade e lampadari utilizzabili solo con particolati modelli ad incandescenza (comprese quelle per forni e frigoriferi). 

LE FOTO 1

In commercio restano quindi solo le lampadine alogene, led e a basso consumo energetico. E alla base della scelta europea di mettere al bando i vecchi modelli c'è proprio la necessità di ridurre i consumi elettrici. Le lampadine fluorescenti a parità di watt emettono infatti circa cinque volte la luce prodotta da quelle ad incandenscanza. Il passaggio da un modello all'altro va avanti ormai da divesi anni in maniera graduale e per essere completato, malgrado la scomparsa delle vecchie lampadine dagli scaffali, richiederà ancora del tempo, ma secondo alcune stime se fosse avvenuto in un colpo solo avrebbe ridotto teoricamente i consumi elettrici destinati all'illuminazione delle case italiane dagli attuali 7 miliardi di kWh annui a circa 2,1, con un risparmio non indifferente.

"In realtà purtroppo non è esattamente così - spiega il vicedirettore di Legambiente Andrea Poggio - perché mentre il turn over procedeva abbiamo aumentato l'illuminazione complessiva dei nostri appartamenti e fatto un po' meno attenzione a spegnere le luci quando siamo lontani da una stanza, proprio per la consapevolezza che ora si consuma meno". "Ad ogni modo - precisa ancora Poggio - anche così si tratta di un bel passo avanti sia per l'ambiente, con la riduzione delle emissioni legate alla produzione di elettricità, sia per il portafoglio, in quanto una famiglia con la sostituzione di tutte le lampadine di casa è in grado di tagliare la bolletta di un 10-15%".

Il passaggio dalle incandescenti alle fluorescenti porta con sé anche un'altra conseguenza importante nelle abitudini dei consumatori. Una volta esauste le lampadine a basso consumo (che hanno anche una vita media decisamente più lunga di quelle tradizionali) devono infatti essere smaltite in maniera appropriata in quanto contengono metalli che sono sia inquinanti sia preziosi e quindi meritevoli di essere riciclati. Non possono essere gettate quindi né nell'indiffenziata né nel vetro, ma devono essere portate (nei Comuni che sono attrezzati), nelle isole ecologiche, oppure ai venditori. Questi ultimi, visto che sul prezzo di vendita applicano una maggiorazione legata proprio al servizio di ritiro dei Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) hanno l'obbligo di raccoglierle, ma purtroppo questo obbligo non sempre viene rispettato.
(28 agosto 2012)

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Ancora in pista senza Ducati
Yamaha fa le prove di 2013

BRNO (Repubblica Ceca), 27 agosto 2012

Test della MotoGP a Brno. Jorge Lorenzo prova la moto per l'anno prossimo ma la boccia: "Non abbiamo trovato lati positivi e il telaio verrà evoluto". La rossa proverà a Misano e intanto fa la corte a Spies

La MotoGP non si ferma. Dopo due GP di fila, in diversi continenti - a Indianapolis, Usa, ha fatto seguito Brno, Repubblica Ceca - ancora un giorno di test, senza la Ducati, che va invece in pista domani e mercoledì a Misano con Valentino Rossi. Intanto per la rossa è praticamente certo l'arrivo di Ben Spies per il team satellite.
Jorge Lorenzo, 25 anni, leader del Mondiale.  Reuters
Jorge Lorenzo, 25 anni, leader del Mondiale. Reuters
prove di 2013 — I giapponesi non si fermano, anche se le loro moto sembrano ad altissimo livello. E addirittura la Yamaha ha fatto debuttare la M1 per il 2013 (con il motore ancora al primo stadio di sviluppo). Ma Jorge Lorenzo (3° nella lista dei tempi), leader del Mondiale con 13 punti di margine su Dani Pedrosa, non è stato troppo ottimista sulle sue qualità: "Non abbiamo trovato lati positivi e il telaio verrà evoluto in base a questa prova". Lo spagnolo ha anche lavorato sulla moto attuale, modificando la forcella per ottenere più stabilità in frenata. Il vincitore di domenica Pedrosa, che ieri è rimasto nei tempi dietro il connazionale, ha lavorato per migliorare la moto attuale, che poi è già la 2013. Accanto aveva Jonathan Rea, di provenienza Superbike, arrivato direttamente da Mosca per sostituire Casey Stoner infortunato, ma il debutto è stato difficile con un 9° tempo a oltre 3" dai migliori. Che sono stati i due piloti "satellite" Yamaha Cal Crutchlow e Andrea Dovizioso, separati da 1 decimo, con l'italiano in pista soltanto per mezza giornata. Infine un ritorno-show, per Loris Capirossi, dopo il ritiro dello scorso anno, capace in soli 6 giri di girare con la Honda Gresini di Bautista in 2'00"411, un tempo ottimo, che non sfigurerebbe contro i piloti titolari: "Un divertimento assoluto", ha commentato dopo aver girato anche con le Crt Suter, Bqr e Honda.
dal nostro inviato
Filippo Falsaperla© RIPRODUZIONE RISERVATA

domenica 26 agosto 2012

ahhahahaha

 SBK, rivoluzione russa
Melandri sorpassa Max

VOLOKOMASK (Russia) , 26 agosto 2012

Nel GP di Mosca Sykes si aggiudica gara-1 davanti alla Bmw di Marco e all'Aprilia di Biaggi. Ma in gara-2 Melandri trionfa e il romano cade: in classifica è ora il ravennate a comandare

Marco Melandri taglia vittorioso il traguardo. Reuters
Marco Melandri taglia vittorioso il traguardo. Reuters
Nello storico debutto del motorismo Mondiale in Russia Marco Melandri strappa il primato a Max Biaggi e lancia la Bmw verso l'iride. A tre round dalla fine (Nurburgring, Portimao e Magny Cours) con 150 in palio il 30enne ravennate ribalta la classifica passando da -10,5 a +18,5 punti: se non è un'ipoteca, ci assomiglia molto.
spallata — Melandri aveva dato la spallata nella gara d'apertura conclusa al secondo posto dietro lo scatenato Tom Sykes in testa dalla prima curva per festeggiare il rinnovo annuale (con opzione per altri due) con la Kawasaki. Cauto all'inizio sulla pista umida con gomme slick, come tutti gli altri protagonisti, Melandri ha attaccato nel finale sorprendendo Biaggi mai davanti al rivale per problemi di aderenza e terzo per grazia ricevuta: all'ultimo giro l'Aprilia ha rallentato lo scudiero Eugene Laverty per salvare tre punti. “Non mi piacciono questi giochetti, sarà più bello mettercela tutta e provare a vincere” aveva graffiato Melandri.
ritmo — Detto fatto. Al secondo via, con Sykes ancora re dello sprint, Melandri ha lentamente risalito il gruppo imponendo un ritmo insostenibile per Biaggi. I due rivali sono rimasti incollati solo per un paio di tornate: all'ottavo giro Max è uscito fuori traiettoria all'ultima curva perdendo due posizioni e nello stesso punto, il giro dopo, ha sbagliato la frenata schiantandosi contro l'incolpevole Leon Haslam, con l'altra Bmw. “Mi hanno segnalato subito che Biaggi era fuori, ero partito per non accontentarmi e così ho fatto.” Melandri ha inquadrato nel mirino Laverty e Rea, poi ha superato di slancio anche Sykes volando alla conquista della decima vittoria, la 6° quest'anno con la Bmw che consolida il primato anche nel Costruttori proprio alla viglia del GP di Germania “dove mi piacere fare un altro regalo alla Marca che mi ha ridato fiducia”. Duello finito? “In Superbike perde punti è un attimo, bisogna sempre puntare al massimo perchè ancora non è fatta”.
speranze ducati — La Russia ha stroncato le speranze Ducati con la caduta di Carlos Checa spinto fuori pista al terzo giro di gara uno da Jonathan Rea, pupillo della Honda che in serata è volato a Brno per provare da domattina la MotoGP domani liberata dall'infortunio di Casey Stoner. Il nordirlandese, 25 anni, non ha ancora rinnovato con la squadra Superbike perchè ambisce ad un posto in MotoGP, magari con il team satellite Gresini ancora sul mercato. Nella frazione finale Checa è arrivato quarto approfittando della carambola tra Laverty e lo stesso Rea rialzatosi per concludere settimo. Il debutto della Superbike in Russia, prima di F.1 e MotoGP, si è rivelato un inaspettato successo con 32500 spettatori arrivati nonostante la pioggia del mattino al Moscow Raceway inaugurato il mese scorso. Tribune stracolme e grande entusiasmo per il terzo posto dell'idolo di casa Vladimir Leonov nella Supersport (medie cilindrate) vinta dal turco Kenan Sofuoglu.
Paolo Gozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Pedrosa: "Avanti così"
Lorenzo: "Si fa dura"

BRNO (Rep. Ceca), 26 agosto 2012

Lo spagnolo della Honda: "Bella gara, spero di continuare fino alla fine perché Lorenzo è forte". Jorge "Ci manca qualcosa, speriamo di trovarlo col nuovo telaio perché Dani non sta sbagliando niente"

Pedrosa e Lorenzo sul podio di Brno. Afp
Pedrosa e Lorenzo sul podio di Brno. Afp
"Alla fine è arrivata una bella gara, soprattutto verso la fine, era difficile per me tenere Jorge Lorenzo dietro, perché in un circuito così Lorenzo aveva molto più grip e io facevo fatica a dare gas, ma sono riuscito a dare il mio ritmo e rimanere poi davanti, sono contento". Lo ha detto Dani Pedrosa dopo avere tagliato il traguardo per primo davanti a Jorge Lorenzo al termine di una battaglia davvero emozionante. "Quando mi sono allargato un po' - ha raccontato Pedrosa - lui mi ha passato in modo molto veloce, ma ho avuto un'altra ottima opportunità, ho provato il sorpasso e ci sono riuscito. Fino ad ora tutto bene - ha continuato Pedrosa - ci sono punti in cui andiamo meglio, ma devo continuare così perché Lorenzo è sempre lì. Speriamo di continuare così, di riuscire a mantenere la concentrazione e continuare a guidare bene".
fiducia — Un pensiero Pedrosa lo ha mandato anche a Stoner. "Peccato non ci fosse - ha detto - con lui oggi magari avremmo fatto bagarre in tre, oggi abbiamo provato a tenere duro, loro hanno molto grip, ma noi abbiamo tenuto duro. Sapevo che se avessi commesso un piccolo errore lui mi avrebbe passato". A proposito del campionato, poi Pedrosa ha detto che sta provando a fare il meglio. "Lorenzo è forte e con un rivale così duro devi fare meglio o come lui - ha detto - altrimenti è difficile. Speriamo di rimanere fino alla fine della stagione così". Importante a livello mentale anche la consapevolezza del rinnovo e della fiducia ricevuta dalla Honda: "Sicuramente la Honda mi ha dato molta fiducia in tutti questi anni - ha detto - abbiamo avuto periodi duri, con le gomme, anche quando io mi facevo male spesso. Loro però sono sempre rimasti al mio fianco, questo è stato importante. Quest'anno ho fatto buoni test invernali, senza cadere, senza ospedali e adesso ho più feeling con la moto, riesco a spingere di più".
Gazzetta TV
 
decimo — Jorge Lorenzo si accontenta dei 20 punti: "Sono sempre positivo e sono felice perchè abbiamo fatto una bella gara - ha detto il pilota della Yamaha - mi è dispiaciuto non arrivare primo visto che ci sono andato molto vicino. Ci abbiamo provato, ma lui lui è stato davvero molto forte. Ho provato a infilarmi, ci sono riuscito, ma lui è stato bravo e si è infilato nuovamente. La verità è che sono molto stanco e non sono riuscito a tenere il suo ritmo alla fine. Gara molto bella, ma difficile perché ho provato ad andare via, ma non ci sono riuscito. Lui in qualche curva era superiore, non ci sono riuscito. Quando ho capito che non potedvo scappare ho rallentato un po' e mi ha passato, poi abbiamo preso fiato entrambi, ci abbiamo provato sia lui che io. Ci ho provato io, ho sbagliato l'uscita, ho preso una linea troppo esterna e lui è passato". Lorenzo ha poi parlato della situazione di classifica: "Sono ancora 13 punti di distacco, Pedrosa è maturo, costante, non ha sbagliato mai. La sua moto è performante, la nostra pure, ma facciamo un po' fatica. Speriamo di avere qualche decimo in meno rispetto a lui con le prove che faremo domani. Altrimenti sarebbe dura".
Gazzetta TV
 
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Apple e Android, cresce il mercato delle app. E anche il rischio pirateria

Dal 2008 ne sono state scaricate 25 miliardi dall’Apple Store, mentre il concorrente Android può vantare 10 miliardi di download complessivi. Un mercato che per l'Italia vale 75 milioni di euro e che, però, vede anche la crescita di quello illegale

app interna nuova
I dati sul boom del mercato delle app per smartphone Apple e Android parlano di un settore in continua crescita. Dal 2008, 25 miliardi di app sono state scaricate dall’Apple Store, mentre il concorrente Android con il suo Google Play può vantare 10 miliardi di download complessivi. Ma le ombre non mancano. L’anello debole del sistema è infatti rappresentato dagli sviluppatori indipendenti, ovvero da quelli che dovrebbero trarre il maggiore vantaggio dalla possibilità di entrare nelle vetrine virtuali dei market online.
Tra le tante difficoltà che costellano la loro strada c’è, per prima, quella della visibilità. Secondo uno studio pubblicato all’inizio di agosto da Adeven, società specializzata nel settore, il 60% delle app pubblicate sull’Apple Store non sono mai state scaricate e addirittura mai visualizzate dagli utilizzatori di iPhone e iPad. In pratica, quindi, delle 650mila app disponibili, solo 250mila riescono a raggiungere i potenziali acquirenti. Le altre 400mila sono “app zombie”, come vengono definite nel rapporto di Adeven: applicazioni che non sono mai state scaricate e che forse non finiranno mai su un dispositivo mobile. Il secondo spauracchio degli sviluppatori indipendenti è la pirateria. Un fenomeno che interessa soprattutto, ma non solo, le app per Android. Secondo quanto dichiarato da un portavoce di Madfinger Games, società specializzata nella creazione di giochi per piattaforme mobili, la percentuale di copie pirata dei suoi videogame su piattaforma Android raggiungerebbe l’incredibile percentuale dell’80%. Secondo i dati in loro possesso, sui sistemi iOS si parlerebbe di un numero di giochi illegali pari “solo” al 60%.
Un allarme preso sul serio anche dalle autorità federali, che giusto ieri hanno sequestrato tre siti accusati di diffondere versioni pirata di app per tablet e smartphone. Confermando la chiusura di applanet.net, appbucket.net e snappzmarket.com, il procuratore Sally Quillian Yates ha esposto una vera dichiarazione d’intenti, sottolineando che “le leggi per la tutela del copyright si applicano alle app per tablet e smartphone esattamente come per gli altri software” e che mirano a “proteggere e incoraggiare il duro lavoro e l’ingegnosità degli sviluppatori che cercano di farsi largo in questo settore della nostra economia”. La preoccupazione per la tutela degli sviluppatori non è un problema solo americano. Secondo i dati pubblicati lo scorso giugno dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, il mercato si sta guadagnando rapidamente uno spazio di primo piano anche in Italia. Stando al rapporto, il settore delle app mobile per smartphone e tablet in Italia ha visto una crescita dell’89% nel corso del 2011 e il mercato a esse collegate ha un valore di 75 milioni di euro. In casa nostra, però, la parte del leone la fa ancora Apple con l’85% delle vendite mentre il concorrente Android si deve accontentare delle briciole.

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Corea del Sud

Sud Corea, condannati Apple e Samsung
per violazione reciproca di brevetti

Vietate le vendite di alcuni prodotti delle due società nel paese. La sentenza arrivata mentre la giuria del tribunale federale di San Jose, in California, sta deliberando per un simile caso tra i due colossi

SEUL - Il tribunale distrettuale di Seul, in Corea del Sud, ha condannato Apple e Samsung per aver violato i rispettivi brevetti, vietando la vendita di alcuni prodotti delle due società nel Paese.

LEGGI Il processo in California: si attende verdetto 1

La corte ha stabilito che l'azienda di Cupertino ha violato due brevetti di Samsung in materia di telecomunicazioni e ha ordinato di bloccare le vendite di iPhone 3GS, iPhone 4, iPad 1 e iPad 2. Inoltre, il tribunale ha giudicato che Samsung ha violato uno dei brevetti di Apple relativi al touch screen e ha ordinato di ritirare dagli scaffali i Galaxy S2 e altri prodotti della società in Corea del Sud.

Possono invece continuare a essere commercializzati gli ultimi prodotti delle due compagnie, come iPhone 4S e Galaxy S3. Le società dovranno inoltre pagarsi a vicenda un risarcimento: Samsung è stata condannata a un risarcimento di 25 milioni di won (17mila euro), mentre Apple dovrà pagare al rivale 40 milioni di won (28mila euro).

La sentenza è arrivata proprio mentre la giuria del tribunale federale di San Jose, in California, sta deliberando in un simile caso tra i due colossi.

Le multe comminate sono a titolo di compensazione delle violazioni dei brevetti: Apple ha ne usati impropriamente due della rivale sulle tecnologie wireless, mentre Samsung ha infranto i diritti sulla funzione utilizzata per lo scorrimento dei documenti elettronici.

Il giudice Bae Jun-hyun ha ordinato alla Apple di fermare la vendita di quattro prodotti 'irregolari', incluso l'iPhone 4 l'Ipad 2, ma non l'iPhone 4S, attualmente il pezzo forte della casa di Cupertino. Quanto a Samsung, invece, è stato disposto il divieto alla commercializzare di 10 prodotti, tra cui lo smartphone Galaxy S2.

Sul design di iPhone e Galaxy S, pur con evidenti analogie (come gli angoli arrotondati), il giudice ha osservato che "i due prodotti hanno un aspetto diverso" in considerazione della "limitata possibilità di apportare grandi modifiche nei prodotti di tecnologia mobile con touch-screen e che Samsung ha differenziato i suoi prodotti con tre pulsanti nella parte anteriore, adottando diversi modelli di fotocamera".

Per questo, è difficile dire che i consumatori possano confondere l'iPhone con il Galaxy che hanno chiaramente i rispettivi brand d'origine sul retro di ciascun modello. In più, la clientela considera fattore rilevante per l'acquisto fattori come i sistemi operativi, le applicazioni, il prezzo e i servizi disponibili.
(24 agosto 2012)

 

domenica 19 agosto 2012

yes...........

Passi di Apple verso il piccolo schermo
Wsj: "Cerca un accordo con le tv via cavo"

La notizia, pubblicata dal quotidiano finanziario, non è l'unica che conferma le intenzioni di Tim Cook di puntare forte sull'evoluzione della Apple Tv. E' stato infatti appena approvato un brevetto per i menu televisivi, che dà un assaggio di come potrebbe apparire la televisione secondo Apple di ALESSIO SGHERZA

CUPERTINO - Già si mormorava 1, tra addetti ai lavori e siti tecnologici, di un'accelerazione impressa da Tim Cook sulla iTv, come potrebbe chiamarsi l'evoluzione di Apple Tv. Ma nelle ultime ore due notizie concrete corroborano mesi di rumour. La prima è contenuta in un articolo pubblicato dal Wall Street Journal: Apple è in contatto con alcune televisioni via cavo statunitensi per un progetto di un dispositivo che possa trasmettere in diretta, ma che faccia anche le funzioni di tv on demand, negozio virtuale e video-registrazione.

La tv in diretta è quello che ancora manca a prodotti come Apple Tv o Google Tv: si possono acquistare film e serie tv online, guardarle in un secondo momento, vedere sul televisore di casa i video dei propri dispositivi, ma la tv vera e propria manca ancora. Ecco quindi l'offensiva sui cable network: ci pensiamo noi, starà dicendo Apple, i vostri canali li trasmettiamo via internet. Ma le reti non sono convinte ancora: da una parte, Apple rischia di diventare un competitor del settore; dall'altra, hanno paura che il 'canone' da pagare a Cupertino possa
schiacciare i profitti (Apple ad esempio prende il 30% sulle app vendute sul suo store).

Se è vero che un matrimonio d'interesse non si può fare da soli, e quindi Apple dovrà trovare un accordo con i network, quello che invece la casa della mela sa fare benissimo è sviluppare la tecnologia con cui sfruttare quei contenuti, quando li avrà.

Ecco quindi che proprio alla vigilia di Ferragosto, Apple ha ricevuto l'approvazione per un brevetto su un'interfaccia grafica dei menu televisivi, con la capacità aggiuntiva di essere contestuali al video, ovvero in grado di adattarsi a ciò che stiamo vedendo. Il brevetto, il numero US 8,243,017 B2, ha come titolo "Menu overlay including context dependent menu icon" (ovvero "Menu in sovraimpressione che include icone dipendenti dal contesto"), fa largo uso di nomi di canali e programmi su cui evidentemente Cupertino pensa di poter mettere le mani ed è illustrato anche graficamente per mostrare i menu.

Due piccoli passi separati che preparano l'evoluzione della Apple Tv come la conosciamo oggi. Per sapere se Cupertino reinventerà la televisione come ha fatto con computer, lettori musicali, cellulari e tablet forse bisognerà aspettare meno del previsto. Secondo un analista, i dati in arrivo dai fornitori dimostrano che iTv è già in produzione e potrebbe essere lanciato entro il 2012.
  (18 agosto 2012)
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Africa, la crescita boom che non serve. “Alla gente arrivano solo le briciole”

Secondo il Fmi l'area subsahariana aumenterà il Pil fino a quasi il 6%, la Nigeria diventa la locomotiva, mentre i Brics investono sempre di più nel continente. Ma dietro queste cifre si nascondono molte contraddizioni perché l'aumento del Pil non porta progresso: "C'è una cattiva distribuzione delle risorse"

christine lagarde ngozi okonjo-iweala ministro finanze nigeria interna nuova
Se si guardano i dati economici recenti di molti paesi africani il rischio è quello di restare abbagliati e non riuscire più a scorgere quello che rimane nell’ombra: terribili contraddizioni di un intero continente. Le ultime indicazioni riguardano Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica del Congo e Repubblica Centroafricana, sei nazioni riunite nella Comunità monetaria dell’Africa Centrale che secondo la comune banca centrale cresceranno quest’anno complessivamente del 5,7%, in accelerazione rispetto al + 5,1% del 2011. Ultimo tassello di un puzzle che disegna un area del globo in piena salute, almeno in apparenza. Il Fondo Monetario Internazionale calcola che nel 2012 l’Africa a Sud del Sahara registrerà un incremento del prodotto interno lordo vicino al 6% e riuscirà ad attrarre investimenti esteri per 90 miliardi di dollari. In questo scenario spiccano paesi come la Nigeria, che con un tasso di crescita dell’8% e un rapporto debito/pil al 36% si avvia a superare il Sud Africa nel ruolo di prima economia del continente. Oppure il Ghana dove il Pil marcia a ritmi vicini al 9% annuo grazie a un forte sviluppo dell’industria locale dei servizi informatici, una sorta di piccola India africana. Persino il Ruanda, tristemente noto soprattutto per i terribili genocidi degli anni ’90 e fino a non molto tempo fa tra i paesi più poveri al mondo, scala posizioni su posizioni nella classifica globale della ricchezza. Altri pesi reduci da conflitti civili come Costa D’Avorio e Kenya galoppano a loro volta a ritmi di crescita vicini al 6% l’anno.
L’Economist ha recentemente stilato una classifica degli Stati che dovrebbero registrare la crescita più sostenuta tra il 2011 e il 2015. Sette su dieci sono africani con Etiopia e Mozambico (rispettivamente + 8,1 e + 7,7% annuo) a tirare la volata del Continente Nero preceduti solo da Cina ed India. Si iniziano così ad osservare fenomeni inimmaginabili fino a qualche anno fa impossibili come l’inizio di un’ondata migratoria di lavoratori altamente qualificati che si spostano dalla tormentata Europa ai paesi africani più dinamici. Le ragioni di questa primavera economica africana sono molteplici. Le alte quotazioni delle materie prime, petrolio in primis, garantiscono alti introiti ai paesi esportatori oltre che alle compagnie occidentali concessionarie. India, Brasile e soprattutto Cina stanno rafforzando la loro presenza nel continente, non solo acquistando prodotti ma spesso investendo direttamente sul posto. L’export africano verso i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ha così ormai soppiantato in larga parte quello verso l’Europa precipitato dal 40 al 20% del totale e di questi tempi essere meno dipendenti dal Vecchio Continente non può essere che un bene. Alcuni analisti inseriscono tra le cause del boom economico anche l’urbanizzazione che sta interessando molte aree dell’Africa e che viene accompagnato dallo sviluppo di reti di servizi ed infrastrutture. Processo che spiega, ad esempio, il forte progresso della telefonia mobile ormai arrivata a 700 milioni di utenti su una popolazione di circa un miliardo di persone.
Dietro il velo delle cifre scintillanti continua però spesso a celarsi una realtà di tutt’altro tenore. Dove la crescita economica non porta progresso, le popolazioni restano drammaticamente povere mentre le terre vengono spremute senza curarsi del domani.
La deforestazione avanza senza sosta, l’agricoltura “slash and burn”, letteralmente taglia e brucia, ha danneggiato seriamente due terzi delle terre coltivabili. Così i contadini africani che nel 1950 disponevano di oltre 13 ettari pro capite oggi si devono accontentare di poco più di 4 ettari. La corsa all’accaparramento di terre coltivabili da parte di Stati e imprese estere è ben raccontato nel libro di Giovanni Porzio “Un dollaro al giorno” che riporta alcuni dei casi più eclatanti. Come quello del Sudan che nonostante i milioni di abitanti che soffrono la fame ha ceduto 1,5 milioni di ettari ai paesi del Golfo Persico. Oppure i 2,8 milioni di ettari acquistati in Congo dalla Cina per produrre carburanti da olio di palma. Secondo stime dell’International Food Policy Research Institute di Washington dal 2006 sono stati ceduti terreni pari all’intera superficie coltivabile della Francia e firmati contratti per 30 miliardi di dollari. Può sembrare tanto come valore assoluto ma rapportato all’estensione complessiva significa che i terreni sono stati ceduti a prezzi irrisori.
Sembra dunque essere più che giustificato l’estremo scetticismo sui reali progressi compiuti dal continente di Raffaele Masto, giornalista, autore di diversi libri sul tema (da ultimo “Buongiorno Africa. Tra capitali cinesi e nuova società civile” edito da Bruno Mondadori) e autore del blog buongiornoafrica.it. “Non ci sono reali benefici per le popolazioni,“ spiega Masto, “i vantaggi e i proventi della crescita economica riguardano solo elite politiche onnivore che in Africa continuano a spadroneggiare, anche grazie al sostegno delle grandi potenze. “Quando la crescita è imponente qualche briciola arriva anche alla gente comune ma si tratta appunto di briciole”. Si costruiscono stadi, palazzi, simboli del potere insomma ma le baraccopoli restano baraccopoli e le popolazioni soffrono come e quanto prima. Esempio emblematico di questa situazione è quello della vendita delle terre a paesi non africani che le usano poi per coltivare prodotti destinati solo ad essere esportati mentre le popolazioni locali continuano a soffrire la fame. “E’ ovvio che se si vendono le terre l’economia, almeno nell’immediato, fa un balzo in avanti, aggiunge Masto, ma la realtà è che si continua a considerare l’Africa un semplice serbatoio di materie prime e mano d’opera a basso costo e non come un potenziale mercato”. Di fatto e come è già accaduto molte volte in passato le risorse dell’Africa stanno insomma finanziando il futuro assetto geopolitico del sistema mondo senza che reali e duraturi benefici per il continente.
Più o meno sulla stessa linea Alessio Fabbiano dell’Università Cattolica di Milano che spiega: “C’è crescita ma non sviluppo e c’è una cattiva distribuzioni delle risorse che rimangono in grandissima parte nella parte alta e già benestante della popolazione”. E’ vero che qualcosa si muove, la classe media si sta lentamente ingrossando ma è un processo limitato e molto al di sotto di quelle che sarebbero le potenzialità del paese. Non manca qualche esempio virtuoso, spiega Fabbiano, come alcuni investimenti nelle energie rinnovabili realizzati in Uganda o in Ruanda ma la quota di introiti ottenuti dalle esportazioni di materie prime che viene reinvestita in progetti utili per le popolazioni locali rimane davvero minima.

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Fast food, ora si paga via smartphone: accordo tra McDonald’s e PayPal

L'esperimento è in corso in 30 punti vendita della catena in Francia ed entro un anno il servizio dovrebbe essere esteso a tutti i 30mila negozi. Starbucks intanto ha già provveduto attraverso la partnership con Square Inc. Nessun cambiamento per i consumatori: il servizio infatti si limita a collegare la carta di credito già esistente

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Un esperimento che coinvolge 30 negozi in tutta la Francia e che, secondo una portavoce di McDonald’s, dovrebbe portare all’adozione della tecnologia “entro 24 mesi”. La collaborazione tra PayPal e la catena consentirà ai clienti del fast food di ordinare online il loro pranzo e pagare, tutto da smartphone. L’accordo segna un bel punto a favore dell’azienda specializzata in transazioni online, che dopo aver consolidato il suo predominio nel settore, sta puntando con decisione sui pagamenti mobile. Sul fatto che le tecnologie di pagamento tramite smartphone e tablet siano destinate a un luminoso futuro non ci sono dubbi. L’incertezza, per il momento, riguarda solo il tipo di tecnologia che utilizzeremo e chi riuscirà a imporsi come gestore del sistema di pagamento.
Sotto il profilo delle tecnologie i candidati sono soltanto due e, stando alle ultime notizie, il vantaggio sarebbe tutto per i lettori di carta di credito (da collegare allo smartphone attraverso la presa delle cuffie) e alle app dedicate. Il sistema concorrente Nfc (Near Field Communication, ndr), adottato in via sperimentale anche a Milano per gli abbonamenti ai mezzi pubblici, richiede invece un chip integrato nello smartphone e la sua diffusione è quindi legata all’adozione della tecnologia da parte dei produttori di telefoni. Più difficile sciogliere il nodo del predominio nel settore, che si giocherà principalmente sulla capacità di diffusione dei pretendenti al titolo.
Nella battaglia per aggiudicarsi il ruolo di deus ex machina nei pagamenti mobile, PayPal ha di certo un ruolo da protagonista. Acquisita nel 2002 da eBay, può vantare 113 milioni di utenti registrati e una reputazione inappuntabile grazie all’esperienza decennale nella gestione di transazioni online. Questa volta, però, il gigante americano deve vedersela con la concorrenza di Square Inc, società fondata nel 2009 dal “papà” di Twitter Jack Dorsey e specializzata proprio in questo settore. All’inizio di agosto Square ha annunciato un accordo con la catena Starbucks per l’introduzione del sistema di pagamento mobile nelle popolari caffetterie sul territorio degli Stati Uniti. Risultato: niente più pagamenti alla cassa in circa 7mila negozi Starbucks. Più che una partnership, quello tra le due aziende è però un vero “patto di ferro” che prevede un investimento di 25 milioni di dollari da parte di Starbucks e l’ingresso dell’amministratore delegato Howard Schultz nel consiglio d’amministrazione di Square Inc.
Ora arriva la risposta di PayPal, che in futuro potrebbe portare il suo sistema di pagamento nei 30mila fast food a marchio McDonald’s e reggere così il passo del concorrente nella diffusione del suo sistema di pagamento. Ma quali sono i vantaggi per i consumatori rispetto al normale sistema di pagamento tramite carta di credito? In realtà è piuttosto difficile dirlo. A guardare le condizioni di utilizzo di Square Inc, per esempio, si scopre che la società trattiene il 2,75% come commissione per la transazione, addebitate a chi incassa il pagamento. Si tratta di un importo superiore a quello richiesto dai normali circuiti di credito, ma che secondo l’azienda è compensato dai costi “nascosti” a cui i negozianti sono soggetti utilizzando i normali sistemi di pagamento tramite carta. Per i consumatori cambia ben poco: alla fine, infatti, il servizio si limita a collegare la carta di credito già esistente. Il maggior vantaggio rimane quello di poter fare qualsiasi acquisto senza nemmeno mettere mano alla carta di credito e saltando le code alle casse.

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LA RICERCA

Oceani promossi a sorpresa
"Salute ok, ma serve fare di più"

Malgrado i problemi legati all'inquinamento e alla perdita di biodiversità, un nuovo metodo di valutazione globale presentato sulla rivista Nature assegna la sufficienza allo stato dei mari del Pianeta

ROMA - Inquinamento in crescita 1, stock ittici al collasso 2, biodiversità in crisi, barriere coralline sempre più danneggiate 3. Quello arrivato nel corso degli ultimi anni dagli oceani del Pianeta è stato un lungo bollettino di notizie drammatiche. Eppure, anche mettendo insieme tutti questi fattori negativi, complessivamente lo stato di salute dei mari non è poi così catastrofico come si potrebbe temere. A certificarlo è l'Ocean Health Index, uno nuovo sistema di rivelazione messo a punto da un'ampia equipe di scienziati per valutare lo stato di salute degli oceani incrociando un vasto numero di parametri, ponendoli quindi in rapporto con le necessità umane.

La metodologia adottata dai ricercatori e la prima pagella mondiale emersa dall'applicazione di questo sistema è stata quindi pubblicata su Nature 4. Dalle votazioni finali non mancano certo i motivi di preoccupazione, ma sorprendentemente nel complesso la salute degli oceani viene promossa con la sufficienza grazie a un quoziente di 60 su 100. Risultato che ovviamente tiene conto però della media, mentre dall'esame delle singole aree geografiche emergono situazioni molto diverse tra loro, con diverse zone del Pianeta in grave sofferenza.

"L'indice per la salute degli oceani - spiega il coordinatore dello studio Ben Halpern, ecologo dell'università della California a Santa Barbara - è unico perché considera gli umani come parte dell'ecosistema oceanico: ciò significa che non siamo solo un problema, ma siamo anche parte della soluzione".

L'analisi globale dei mari ha preso in considerazione la situazione di ogni Paese costiero del mondo dal punto di vista ecologico, sociale, economico e politico. Dieci le 'materie d'esame' valutate in centesimi: tra queste la pulizia delle acque, la biodiversità, la disponibilità di cibo e l'economia costiera. La valutazione globale è come detto pari a 60 su 100, con il punteggio dei singoli Stati che varia da 36 a 86. Tra i primi della classe ci sono il nord Europa, il Canada, l'Australia e il Giappone. Il miglior punteggio in assoluto è stato ottenuto dall'isola di Jarvis, un atollo corallino disabitato nell'oceano Pacifico. Maglia nera invece per l'Africa occidentale, il Medio Oriente e l'America centrale.

I mari italiani raggiungono la sufficienza, con un punteggio medio di 60 centesimi, ma vengono bocciati per quanto riguarda il mantenimento turistico delle coste (8/100) e la loro protezione (35/100). Ottengono ottimi voti per quanto riguarda la biodiversità (86/100) e la pulizia delle acque (72/100).

"Quando diciamo che la salute degli oceani vale 60 su una scala di 100 non significa che stiamo andando male", commenta l'ecologa Karen Mcleod dell'università dell'Oregon. "Questo ci dimostra che c'è ancora un margine di miglioramento, ci suggerisce quali azioni strategiche possono fare la differenza e ci dà un punto di riferimento su cui misurare i progressi nel tempo".

(17 agosto 2012)


giovedì 16 agosto 2012

già.........

Così il metano inquinerà di meno
la chiave nella 'chimica dei Lego' 

Studio delle università di Trieste, Pennsylvania e Cadice: utilizzando delle microsfere di palladio e cerio come catalizzatore, si può rendere la combustione del metano 30 volte più efficiente. Scherza uno degli autori: trovare il materiale giusto è stato come giocare con i mattoncini di ELENA DUSI

MENO INQUINANTE di altri idrocarburi, ma non del tutto innocente. Il metano, grazie all'attuale boom della produzione di gas naturale, è una delle risorse energetiche più affidabili per la produzione di elettricità, per il riscaldamento e il trasporto. E uno studio delle università di Trieste, della Pennsylvania e di Cadice ha messo a punto oggi una tecnica per rendere questo idrocarburo ancora più pulito.

Si tratta di un catalizzatore che viene descritto sulla rivista Science, capace di rendere 30 volte più efficiente la combustione catalitica del metano. In questo modo si evita che molecole incombuste del gas si riversino nell'atmosfera o che le temperature altissime delle centrali elettriche producano come "effetti collaterali" sostanze tossiche come ossidi di azoto, di zolfo o monossido di carbonio.

"Il metano è una molecola semplice, e per questo ardua da trasformare" spiega Paolo Fornasiero, il chimico dell'università di Trieste e del Cnr che con i colleghi italiani e americani ha portato avanti lo studio. "Per rompere i legami tra carbonio e idrogeno servono temperature molto elevate". Quando il gas brucia nelle caldaie o nei motori delle auto, solo una parte delle molecole subisce in realtà la combustione. Una quota di metano resta inalterata e finisce tra i prodotti di scarto che vengono emessi nell'aria senza aver dato vita a reazioni. "Ma il metano di per sé - scrivono i ricercatori su Science - è un gas serra con un effetto 20 volte superiore a quello dell'anidride carbonica".

L'équipe di Trieste, Philadelphia e Cadice ha realizzato un catalizzatore - cioè un materiale che facilita la reazione di combustione del metano - in grado di eliminare quasi completamente la quota di gas che resta inalterata durante il passaggio attraverso il motore di un'auto. "Stesso discorso vale ovviamente per le caldaie a gas - aggiunge Fornasiero - mentre per quanto riguarda le turbine che generano elettricità, il catalizzatore permette di abbassare la temperatura alla quale il metano brucia, evitando la produzione degli ossidi nocivi e del monossido di carbonio".

Il catalizzatore sfrutta le capacità sempre più sviluppate della nanotecnologia e di quella che Fornasiero chiama scherzando "la chimica del Lego". "Il problema da risolvere - spiega Raymond Gorte, il professore di ingegneria chimica dell'università della Pennsylvania che ha partecipato al progetto - era mettere a punto un materiale abbastanza attivo da favorire la reazione e allo stesso tempo abbastanza stabile da resistere alle condizioni estreme a cui avviene la combustione del metano".

La combinazione giusta si è rivelata una speciale unione fra il palladio dalle ottime proprietà catalitiche e un materiale poroso come l'ossido di cerio. Delle sfere di palladio dal diametro infinitesimo (due nanometri) sono state racchiuse in gabbie di ossido di cerio da tre nanometri. Queste "palline", depositate su una superficie di ossido di alluminio, offrono al metano usato per la combustione il massimo della superficie possibile. Il contatto fra il gas e il catalizzatore facilita la reazione chimica, permettendole di avvenire a temperature relativamente basse (400 gradi anziché 600 nel caso del motore di auto) e impedendo che troppe molecole restino incombuste.
"Alcune aziende si sono già interessate a questo prodotto" spiega Fornasiero. "Ovviamente applicarlo a macchine, caldaie e centrali elettriche avrebbe un costo, anche perché il palladio è un metallo nobile. Ma si tratta di un materiale affidabile e robusto, che una volta installato dura a lungo". E che verrebbe applicato a una risorsa energetica con cui conviveremo tanto - se non più - a lungo del petrolio.  
(14 agosto 2012)

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Lorenzo: "Vale sarà uno stimolo
Non ho impedito il suo ritorno"

MILANO, 14 agosto 2012

Il maiorchino ad As: "L'arrivo di Rossi è un bene per la Yamaha, sarà interessante per entrambi, a me piacciono le sfide e magari divento ancora più forte. Abbiamo rapporti cordiali, ma non saremo mai amici. Attriti? Dipenderà dalla pista, ma quel muro ai box è una stupidaggine". Vale su twitter: "Peccato l'insuccesso con la Ducati, mi dispiace"

Lorenzo e Rossi alla presentazione della Yamaha nel 2008. Ap
Lorenzo e Rossi alla presentazione della Yamaha nel 2008. Ap
Dopo tre settimane di sosta, il Motomondiale si ritrova in pista domenica, per il GP di Indianapolis, primo da separato in casa per la coppia Ducati-Rossi, dopo il loro annunciato divorzio, coinciso con la comunicazione del ritorno di Vale alla Yamaha, casa con cui ha già corso dal 2004 al 2010, conquistando 4 titoli e 46 vittorie. Si ricompone la coppia Lorenzo-Rossi, una delle più esplosive di sempre nella storia del motomondiale, non solo per i duelli in pista, ma anche per le scintille fuori, vista la forte personalità di entrambi e la radicata, reciproca, voglia di affermazione. Jorge Lorenzo, leader del mondiale, con 23 punti sul Pedriosa e 32 su Stoner, e numero uno del team di Iwata, però non pare preoccuparsi troppo dell'arrivo di Valentino Rossi: in un'intervista al quotidiano spagnolo 'As', ha fatto una valutazione serena della situazione, partendo dal principio che "uno non stava a suo agio alla Ducati, come Spies non si trovava alla Yamaha", ragione per cui "in linea di principio è una buona idea quella di aver fatto il cambio", aggiungendo che, con riferimento alla reciproca pressione che avranno "sarà interessante per entrambi".
Lorenzo e Rossi oggi, divisi dai colori di marca. Reuters
Lorenzo e Rossi oggi, divisi dai colori di marca. Reuters
nessuna preclusione a rossi — Jorge fa capire di non aver fatto alcunché per impedire il ritorno di Rossi, cosa che comunque rappresenta un vantaggio per il team e uno stimolo anche per lui: "Per Valentino, il ritorno alla Yamaha è una buona opportunità per cercare di vincere un altro titolo - ha detto Jorge -. Io, dal mio canto, devo dimostrare di essere più veloce di lui, un’altra volta, e con la stessa moto. Siamo una delle coppie più forti della storia del motociclismo, speriamo di ripeterci per il bene della Yamaha. Prima di rinnovare il contratto il contratto con loro già sapevo che c’erano delle possibilità che tornasse Valentino, ma non non ho fatto obiezioni. Perché? Credo che la scuderia sia libera di scegliere il pilota che vuole: se Valentino riesce a tornare competitivo come lo era prima sarà dura, ma anche a me piacciono le sfide difficili e avendo lui come compagno magari ne beneficio e divento ancora più forte".
cordialità, ma amici mai — A due anni di distanza, si è verificato l'opposto: nel 2010 Rossi chiese alla Yamaha di scegliere fra lui e Jorge, e l'esito del rapporto, con l'approdo in Ducati, si è visto; adesso, invece, è il pesarese ad aver chiesto di voler tornare, con il maiorchino che non si è opposto. "Io non ho rancore per nessuno - spiega Jorge -, Valentino si sentiva a suo agio con Colin Edwards ed è umano che diffidasse di un pilota più giovane che lo insidiava. Oggi i nostri rapporti sono cordiali e credo continueranno così, anche se è difficile che diventeremo mai amici, perché siamo entrambi ambiziosi e vincenti. Gli attriti ci potranno essere, è normale, ma dipenderà anche da come si evolveranno le corse: se ci sarà frizione in pista, si rifletterà al box".
Jorge Lorenzo, 25, leader del mondiale sulla Yamaha. Reuters
Jorge Lorenzo, 25, leader del mondiale sulla Yamaha. Reuters
il muro una stupidaggine — Quel box Yamaha in passato è stato diviso da un muro, per evitare scambi di informazioni fra i due piloti e le loro differenti squadre dei tecnici: "Io non ho problemi con alcuno - dice Jorge -. Ho sempre pensato che quel muro era una stupidaggine. Poi, la telemetria si conosce sempre fra i piloti, non si può evitare. Io e Valentino siamo forse la coppia più mediatica del mondiale: in definitiva, il nostro reincontro produrrà interesse". Infine, la lotta per il titolo, che dovrebbe ritrovare subito Rossi in grado di dire la sua. "Io non credo che possa aver dimenticato così facilmente ad andare veloce e vincere su una moto - chiude Jorge -, ma in questa vita le cose cambiano. L'anno prossimo Valentino avrà 34 anni, ma credo che possa reggere ancora per tanto tempo".
rossi: "insuccesso ducati, peccato" — Intanto Valentino Rossi si avvicina a Indy, esprimendo via twitter il proprio rammarico: "È stato un grande peccato non riuscire a essere competitivo con la Ducati: sarebbe stata una bella soddisfazione per me e per tutti ragazzi che hanno lavorato con me e sarebbe stato divertente per tutti i nostri tifosi. Mi dispiace. Comunque mancano ancora 8 GP alla fine: lavoreremo al massimo per fare qualche bella gara".
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Apple: "Nel 2010 offrimmo accordo da 250 mln
per la licenza dei nostri brevetti a Samsung"

Nuove prove e testimonianza nel processo tecnologico del secolo, sulla presunta violazione dei brevetti di Cupertino ad opera dell'azienda di Seul. Una causa che potrebbe costare ai sudcoreani quasi tre miliardi. Verdetto atteso per la settimana prossima di ALESSIO SGHERZA

SAREBBE potuta finire con una stretta di mano e invece è diventata la causa tecnologica del secolo: nel 2010, Apple - convinta che gli smartphone della linea Galaxy S e i tablet di Samsung copiassero i propri prodotti - offrì all'azienda sud-coreana una licenza per l'utilizzo dei brevetti. Una licenza che sarebbe costata a Samsung, secondo le stime, 250 milioni di dollari l'anno.

FOTO Gli schizzi dall'aula di San Josè 1

E invece Samsung, convinta di essere nel giusto, rispose picche, portando i tribunali di tutto il mondo a dover decidere se gli smartphone della casa di Seul possono essere messi in commercio e dando vita alla miliardaria causa intentata da Cupertino contro le 'Tre stelle' (questo significa Samsung in coreano). Un processo che, secondo un testimone di parte Apple che ha testimoniato oggi nell'aula del tribunale di San José, tra i 2,5 e i 2,75 miliardi di dollari.

Il processo va avanti, e oggi è arrivata la prima parziale vittoria per Apple: il giudice Lucy Koh ha rigettato al mozione di Samsung secondo cui gli avvocati di Cupertino avessero fallito nel dimostrare la fondatezza nella causa intentata. Per la Koh, le prove addotte sono abbastanza per permettere alla giuria (perché a decidere saranno i dodici giurati, come succede nel sistema giudiziario americano) di emettere un verdetto sulla presunta
violazione dei brevetti.

Finiti i testimoni dell'accusa - che hanno sfilato sul banco per raccontare quanto fossero scioccati nel vedere le somiglianze tra i Galaxy S e l'iPhone, tanto da arrivare a proporre l'accordo di licenza (30 dollari per ogni smartphone e 40 per ogni tablet venduto) - ora toccherà agli avvocati della Samsung dimostrare il contrario. Certo dovranno convincere i giurati che le prove portate da Apple non sono convincenti. E tra queste c'è uno studio interno della Samsung che comparava i due prodotti e concludeva che per migliorare il Galaxy S bisognasse "muoversi verso il modello dell'iPhone"; o l'archetipo, come scrive Apple.

Nulla di conclusivo, perché qui non si parla di somiglianze semplici ma di effettiva violazione dei brevetti. Per un'altra settimana andrà avanti il dibattimento, fino a martedì che la giuria dovrebbe ritirarsi per il verdetto. E chiudere questa telenovela legale che potrebbe costare carissima a Samsung e fargli vedere ben più di 'tre stelle'.
 
(14 agosto 2012)

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Biaggi cade, Melandri si avvicina
A Silverstone ridono Baz e Guintoli

SILVERSTONE (Gran Bretagna), 5 agosto 2012

Il distacco fra i due scende a 10,5 punti dopo una giornata complicata: nella prima parte della decima tappa del Mondiale la pioggia fa saltare i piani delle scuderie. Due vittorie francesi, ma a sorridere è soprattutto il pilota Bmw che con un settimo e un ottavo posto rosicchia punti all'avversario dell'Aprilia

Max Biaggi resiste al comando del Mondiale Superbike dalla prima gara, ma il primato vacilla sempre più. Con due piazzamenti, settimo e ottavo, Marco Melandri ha dimezzato lo svantaggio (da 21 a 10,5 punti) nel caotico GP di Gran Bretagna martoriato dal maltempo. Biaggi, scivolato all'ultimo giro della prima gara su pista umida, è stato beffato anche nella seconda disputata sotto il diluvio.
Max Biaggi è caduto nel finale, il suo vantaggio su Melandri si assottiglia. Ansa
Max Biaggi è caduto nel finale, il suo vantaggio su Melandri si assottiglia. Ansa
pioggia — Dopo un avvio cauto il cinque volte iridato stava risalendo e al decimo giro aveva già superato Melandri quando la gara è stata interrotta dopo le scivolate in rapida successione di Baz, Sykes, Smrz, Rea e Checa traditi dalla pista scivolosa. La classifica è stata stilata trenta minuti dopo la fine all'ottavo passaggio, l'ultimo compiuto da tutti i concorrenti, con Melandri ottavo, Biaggi undicesimo e i piloti caduti reintegrati nell'ordine d'arrivo. Una beffa per Biaggi mentre già stava rispondendo alle domande dei giornalisti: come molti era convinto che valesse la classifica al nono giro, con l'Aprilia nona subito dietro la Bmw del rivale. A quattro round dalla fine (Russia, Germania, Portogallo e Francia) con 200 punti da assegnare il Mondiale riparte praticamente da zero. "Non c'è problema, ci rifaremo presto" ha commentato un Biaggi più combattivo che arrabbiato. Neanche Melandri è così tranquillo “perchè qui la fortuna ci ha dato una mano, in realtà avevamo grossi problem perchè la Bmw ha fatto passi indietro e nelle prossime sfide non so bene cosa aspettarmi".
successo transalpino — A dominare nel diluvio sono stati due francesi: in gara uno il giovanissimo Loris Baz (19 anni), promessa Kawasaki al primo successo iridato, nella successiva il 30enne Sylvain Guintoli, al secondo centro Mondiale arrivato al debutto con il team Pata, squadra satellite Ducati che ha sede nel bresciano. Nella prima corsa, condizionata da condizioni d'asfalto mutevolissime, c'era stata gloria per Michel Fabrizio e Ayrton Badovini finiti ad un soffio da Baz. E' stato un arrivo così concitato che Badovini ha addirittura perso il controllo dopo aver superato la linea del traguardo coinvolgendo anche Jonathan Rea: una carambola pazzesca risolta per miracolo senza danni per i piloti. Fabrizio e Badovini sono già stati appiedati da Bmw Italia che l'anno prossimo farà correre Melandri (adesso nel team interno del gigante tedesco) e forse l'americano Ben Spies, adesso in MotoGP con la Yamaha ufficiale. Il campionato sembra sempre più un affare in famiglia tra Max e Marco perchè gli inseguitori Tom Sykes (ottavo e quattordicesimo) e Carlos Checa (settimo e nono) non hanno sfruttato l'occasione: hanno rispettivamente 51,5 e 53,5 di ritardo. Ma in un Mondiale così pazzo non si sa mai...
RISULTATI E CLASSIFICHEGP Gran Bretagna (m. 5.902) Gara-1 (18 giri, km 106,236): 1. Baz (Fra-Kawasaki) in 40'46”128 media 156.349 km/h; 2. Fabrizio (Ita-Bmw) a 0”383; 3. Badovini (Ita-Bmw) a 0”459; 4. Rea (Gb-Honda) a 0”539; 5. Checa (Spa-Ducati) a 1”012; 6. Haslam (Gb-Bmw) a 2”619; 7. Melandri (Ita-Bmw) a 6”123; 8. Sykes (Gb-Kawasaki) a 9”170; 9. Giugliano (Ita-Ducati) a 19”022; 10. Laverty (Irl-Aprilia) a 19”087; 11. Berger (Fra-Ducati) a 29”840; 12. Zanetti (Ita-Ducati) a 30”158; 13. Aoyama (Gia-Honda) a 44”222; 14. Davies (Gb-Aprilia) a 1'20”387; 15. Salom (Spa-Kawasaki) a 1'42”698; 16. Guintoli (Fra-Ducati); 17. Smrz (Rep.Cec-Ducati). Gara-2 (8 giri, km 47,216): 1.Guintoli in 19'42”051 media 143.799 km/h; 2. Baz a 0”881; 3. Smrz a 1”671; 4. Laverty a 19”045; 5. Berger a 22”116; 6. Checa a 23”736; 7. Davies a 24”690; 8. Melandri a 26”197; 9. Rea a 26”861; 10. Hopkins (Usa-Suzuki) a 27”194; 11. Biaggi a 29”243; 12. Sykes a 30”328; 13. Fabrizio a 32”746; 14. Aoyama a 34”905; 15. Canepa a 35”849; 16. Zanetti a 40”091; 17. Haslam a 58”530.
CLASSIFICA MONDIALE
dopo 10 round su 14 1.Biaggi 274 punti ; 2. Melandri 263,5; 3. Sykes 222,5; 4. Checa 220,5; 5. Rea 203,5; 6. Haslam 170; 7. Laverty 160,5; 8. Guintoli 122,5; 9. Fabrizio 108,5; 10. Giugliano 106; 11. Davies 99,5; 12. Smrz 92,5; 13. Baz 78; 14. Badovini 73; 15. Berger 67; 16. Camier 65,5; 17. Aoyama 41,5; 18. Zanetti 34; 19. Canepa 33,5; 20. Lascorz 17; 21. Hopkins 17; 22. Salom 10; 23. Mercado 9; 24. Hickman 7; 25. Baiocco 7; 26. Staring 6; 27. Polita 4; 28. Brignola 3; 29. Aitchison 3; 30. Brookes 1. COSTRUTTORI: 1. BMW 316; 2. Aprilia 302,5; 3. Ducati 300; 4. Kawasaki 253,5; 5. Honda 209,5; 6. Suzuki 75,5. Prossimo round: 26 agosto Mosca (Russia)
Paolo Gozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA