giovedì 29 settembre 2011

mà..............

Amazon, rivoluzione Kindle
nuovo tablet e lettore "touch"

L'azienda di Jeff Bezos presenta il suo dispositivo, che va a competere sul terreno di iPad e dei vari "slate" Android. Prezzo molto aggressivo, 199 dollari, e un enorme catalogo di contenuti e applicazioni già disponibili. Arrivano anche due nuovi lettori di ebook, di cui uno touchscreen di TIZIANO TONIUTTI

NEW YORK - A sorpresa, Amazon anticipa il lancio del suo ampiamente annunciato tablet, incarnazione evoluta del Kindle, il lettore di E-book distribuito dal megastore di Jeff Bezos. Il nuovo dispositivo si chiama Kindle Fire, un gioco di parole che ricorda "Candle fire", lume di candela. Con un prezzo d'assalto, 199 dollari, Kindle Fire va a infilarsi nella rutilante battaglia dei tablet, un nuovo concorrente nella corsa all'inseguimento del successo dell'iPad di Apple.

Ma non solo: Kindle Fire è anche la mossa di Amazon per anticipare l'arrivo del Nook Color 2, il tablet-ebook della catena Barnes & Noble. Il primo Nook Color è stato un successo, e l'arrivo della seconda generazione è imminente. Bezos ha poi presentato gli aggiornamenti dispositivi per la lettura, Kindle "classico" ora a 79 dollari e Touch, a 99. 

GUARDA LE FOTO DELLA PRESENTAZIONE 1

L'androide e l'amazzone. Il nuovo Kindle Fire ha un cuore firmato Google. Il sistema operativo scelto da Amazon è Android, ma l'utente non lo riconoscerà subito. Si tratta infatti di una versione assai modificata, esteticamente in nulla riconducibile a quella nota a milioni di utenti nel mondo. Il display del Kindle Fire è un 7" con retroilluminazione e lo chassis ricorda molto da vicino quello del Playbook di Blackberry, un tablet interessante che però commercialmente al momento rimane indietro, tanto che alcune catene in Usa offrono sconti che arrivano fino a 200 dollari. La politica di prezzo annunciata da Amazon per Kindle Fire potrebbe fare una notevole differenza: il Nook Color 2 dovrebbe costare attorno ai 250 dollari, ma non è escluso un ribasso alla luce dell'annuncio di Bezos.

Certo il prezzo contenuto comporta dei tagli: Kindle Fire ha connettività Wi-fi, ma non 3G. E non ha camera frontale o retro, e neanche un microfono. Sin dal lancio, Kindle Fire può contare sull'enorme catalogo di contenuti digitali disponibili su Amazon e sull'altrettanto cospicuo numero di applicazioni Android tra gratuite e a pagamento.

Altri Kindle. Bezos ha anche annunciato un taglio di prezzo per il Kindle entry-level, ora a 79 dollari e completamente ridisegnato nello chassis. Ma una sopresa è arrivata dal lancio di un nuovo modello di e-book reader con schermo tattile, il Kindle Touch. Display monocromatico e capacità 3G per il modello più evoluto, e un'interfaccia utente riprogettata per accogliere i comandi touch. La versione Wifi costa 99 dollari, quella 3G 149.

Assolutamente interessante la funzione X-Ray, che scarica informazioni su argomenti collegati a quello che il lettore sta visualizzando sul Kindle in tempo reale. Ad esempio se sul display ci sono I Promessi Sposi, X-Ray può scaricare informazioni sull'epidemia di peste a Milano nel 1630. La tecnologia Whispersynch permette di interrompere la lettura (o la visione di contenuti nel caso del tablet) e riprenderla dallo stesso punto su qualunque dispositivo Kindle, o riproduttori sincronizzati col proprio account Amazon. Visto il successo dei modelli precedenti, non ci vuole l'analista di mercato per capire che Bezos ha in mano due o anche tre nuove miniere d'oro.
(28 settembre 2011)
 
----------------- 
 
Il latitante Lavitola in tv: “Ho anticipato
per Berlusconi i 500mila euro a Tarantini”
“Continuerò a fare il latitante”. “Sono innocente e lo si legge dalle carte del Riesame di Napoli”. “Non mi sono mai impossessato dei soldi che il presidente aveva dato a Tarantini”. “C’è una telefonata non intercettata o non trascritta che mi scagiona dall’accusa di aver ricattato il premier”. “Non ho dato nessuna scheda telefonica peruviana a Berlusconi”. Queste e tante altre verità. Le sue verità. Valter Lavitola non aveva mai parlato prima: silenzio e latitanza. In origine indagato assieme ai coniugi Tarantini per estorsione ai danni del premier Berlusconi, ora è ricercato per un’accusa derubricata dal Tribunale del Riesame di Napoli a induzione a rendere dichiarazioni false o mendaci nell’ambito dell’inchiesta pugliese sulle escort. Oggi è uscito dall’ombra: è andato in tv e ha dato la sua versione dei fatti, collegandosi in diretta televisiva da Panama con Bersaglio Mobile, il nuovo talk show di Enrico Mentana. In studio e in collegamento, il vicedirettore del Fatto Marco Travaglio, il cronista giudiziario del quotidiano Marco Lillo, Carlo Bonini di Repubblica e Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita. Da Panama (o da un’altra località sconosciuta), il latitante Valter Lavitola. Domande e risposte. Secche.

“UNA TELEFONATA MI SCAGIONA” – Il primo colpo lo batte Mentana, che chiede qual è la sua posizione sulla vicenda del presunto ricatto. Secondo il faccendiere ci sarebbe una telefonata con Silvio Berlusconi che lo scagionerebbe dall’accusa di essersi appropriato indebitamente di parte dei 500mila euro fatti avere dal premier perché li consegnasse a Tarantini. “La mia telefonata – ha detto l’ex direttore de L’Avanti! – è stata fatta dalla stessa utenza argentina usata con Tarantini ma non c’è traccia di questa intercettazione. Perchè?”.

“TARANTINI? UN PO’ FESSO” – Travaglio domanda perché, visto che si dichiara innocente, ha detto a Tarantini di “costringere con le spalle al muro” il presidente del Consiglio. Lavitola prima legge direttamente l’ordinanza del Riesame, ma poi, pressato da Travaglio, aggiunge: “Tarantini è uno scapestrato e non un criminale, anche un po’ fesso. Lui e la moglie non avevano il senso della realtà, erano solo ragazzi sperperoni. Erano pressanti in maniera esasperante verso di me, aveva tre ossessioni: vedere il premier quanto più possibile, riuscire a far sì che un loro amico, Pino Settanni, potesse concretizzare l’ottenimento di un lavoro con una delle società collegate all’Eni e, terzo desiderio, la necessità di ottenere soldi per le loro esigenze più disparate. Io dicevo a Nicla Tarantini che questa storia finirà e che metterò il presidente con le spalle al muro per un solo motivo: perché a me non conveniva continuare a essere ossessionato da loro. In ginocchio? Era rivolta agli avvocati, ed è l’unica frase in 1200 atti che mi vede coinvolto nel discorso del patteggiamento”.

LA SCHEDA TELEFONICA DATA A B. – Sulla scheda peruviana data al premier, Lavitola ricostruisce: “Io non ho fornito nessuna scheda telefonica peruviana, ho dato una scheda italiana al presidente Berlusconi, comprata da un mio collaboratore peruviano, per timore di essere intercettato; non per i contenuti illegali della telefonata, ma perché parlavo di considerazioni riservate”. Il rapporto stretto con Berlusconi si evince dalla telefonata con il premier che fa parte dell’inchiesta di Pescara. Mentana la manda in onda e poi chiede: “Lei ha un rapporto quasi da consigliere con Berlusconi”? E Lavitola: “Ho poco da dire sulla telefonata. Sul ruolo, invece, non sono mai riuscito dal ’94 ad essere candidato. Sono riuscito, invece, dopo una gavetta lunghissima a far sì che il presidente mi concedesse di dire la mia su una serie di argomenti importanti, come si evince nella telefonata in questione. Sono un giornalista, faccio politica da 25 anni. Non sono un cretino: non vedo perché non avessi il diritto di dire la mia al presidente. Mi ero ritagliato un piccolo ruolo”.

“HO ANTICIPATO IO I 500MILA EURO PER TARANTINI” - Formigli chiede: “Perché i soldi a Tarantini sono stati dati da lei tramite una banca uruguaiana?” E Lavitola: “Perché Berlusconi al momento non poteva per altri motivi e li ho dati io. Non ce la facevo più ad avere due, tre telefonate al giorno dai Tarantini. Il premier aveva dato questi soldi solo per far avviare a Gianpaolo una attività imprenditoriale all’estero. Per me era una liberazione, specie quando Tarantini ha detto: ‘datemi questi soldi e non vi rompo più’. Ma come si fa a dare 500mila euro a Tarantini per far sviluppare un’attività all’estero? Io so cosa significa e i costi che comporta, perché in Sud America ho lavorato e lavoro bene. Ma lui consumava come una Ferrari”. Va in onda la telefonata con la segretaria del premier in cui si parla di ‘foto’ che Lavitola quasi pretendeva. Mentana chiede: “Di cosa si tratta?” E Lavitola: “Erano una parte del rimborso dei 500mila euro che avevo anticipato”. E Travaglio: “Qui c’è una cosa che fa passare Ghedini per uno sprovveduto, visto che si era attivato con B. per far riavere i soldi indietro da Tarantini. Possibile che Berlusconi si sia attivato per avere i soldi indietro da Tarantini se invece li aveva dati Lavitola?”. E Mentana: “E’strano che Lavitola dia 500mila tutti insieme e il premier in comode rate mensili?”. Poi viene chiesto all’ex direttore de L’Avanti! come e quando ha conosciuto Berlusconi. Lavitola risponde così: “Sono socialista, nel ’93-’94 ero nel partito, gran parte dei socialisti sono traghettati in Forza Italia, poi nel ’95 si iniziarono a fare una serie di riunioni e a Fiuggi l’ho incontrato la prima volta. Da allora in poi ho avuto modo di vederlo in una serie di riunioni, cercando di farmi apprezzare al fine di provare a fare il parlamentare. Non ci sono mai riuscito anche per colpa di Ghedini. E’ vero che ho minacciato di menarlo”.

“HO UN SACRO TERRORE DELLA MAGISTRATURA” – Marco Travaglio chiede il motivo per cui non torna in Italia per difendersi. L’ex direttore de L’Avanti! risponde candidamente: “Stasera ho fatto questa cosa ma non voglio fare un processo in tv, perché sia ben chiaro che ho un sacro terrore della magistratura e non voglio farli irritare in nessuna maniera. Ho una paura dannata. Sono latitante per alcuni errori, ma forse ho fatto bene vedendo quello che è successo a Tarantini e alla moglie, che non doveva essere arrestata perché aveva dei bambini piccoli. Tutto contro la legge, nonostante la misura sia disposta da un gip donna. Io avrei fatto la stessa fine di Tarantini: due mesi di carcere e poi mi avrebbero rilasciato chiedendomi scusa perché non ho fatto nulla”.

LA MASSONERIA – Travaglio chiede al faccendiere del suo rapporto con la massoneria. Lavitola dice: “Mi sono iscritto alla massoneria quando avevo 18 anni in una loggia di Roma perchè mi sembrò, leggendo un libro, che fosse il miglior apprendimento per imparare a stare zitti. Non so se Berlusconi sia iscritto”.

QUAL E’ IL LAVORO DI LAVITOLA? – Bonini, poi, domanda nuovamente a Lavitola qual è il suo mestiere e perché il premier perde tempo con lui, che sta sempre in mezzo a tante, troppe storie, da Saint Lucia al caso Tarantini. Lavitola dice chiaramente: “Sono qui stasera per non irritare i magistrati e voglio dimostrare di non essere l’uomo nero né il faccendiere che mi dicono di essere. Voglio dimostrare chi sono, cosa faccio e perché risulto un personaggio scomodo. Sono determinato e non soffro di timori reverenziali nei confronti di nessuno, ecco perché sono inviso a molti collaboratori del premier. Sono un giornalista, facevo le riunioni di redazione al telefono. Mi prendete in giro dicendo che sono un filantropo? Non c’è nulla da scherzare. Ho aiutato i Tarantini perché me lo ha chiesto il presidente. Lo incontrai, parlammo di loro, dissi ‘perché non li aiutiamo’ e lui mi disse: ‘aiutali perché questi sono dei ragazzini’. Per quanto riguarda il fatto di essere un imprenditore ittico, è una sottolineatura strana, perché è il mio lavoro e basta”.

I CORTIGIANI DI B. – Bonini fa accenno a un’altra vicenda, quella dei rapporti di Lavitola con la corte di B., con alcuni esponenti a cui il faccendiere avrebbe promesso di fare il ‘culo’. E il faccendiere risponde: “Cosa so dei cortigiani del presidente a cui avrei dovuto fare il culo? Ricordo di cosa stiamo parlando. Vennero da me D’Avanzo e un altro di Repubblica e mi sfogai: c’è una querela che feci al giornale perché quelli erano solo sfoghi. Io non so nulla che possa consentire di far male a nessuno. Molti dei collaboratori del premier mi sono antipatici, ma se sapessi qualcosa di compromettente su di loro non lo verrei certo a dire in tv”.

I RAPPORTI CON RAI, ENI, FINMECCANICA – Viene mandato in onda un servizio sulle tante attività imprenditoriali di Lavitola e sui suoi rapporti con le società di Stato. “Molte cose non vere. I soldi de L’Avanti! dirottati alla mia società brasiliana? Qualcuno dopo stasera può dire che sono completamente scemo? Ma come avrei potuto: se qualcuno di voi è in grado di dimostrare queste cessioni a società che non si occupano di stampa, beh, allora denunciatemi e querelatemi come ho già fatto io nei confronti di chi ha detto menzogne su di me. Sarei un pazzo a fare una cosa del genere. Rai Trade? Chiesi un appuntamento un anno e mezzo fa per verificare se era possibile acquistare diritti tv da vendere nel mercato centro e sudamericano. Non ne valeva la pena e non si è fatto nulla. Finmeccanica? Ho conosciuto Pozzessere il 2,3 dicembre 2009 in un meeting tra aziende italiane e sudamericane. C’erano molte multinazionali, tra cui Finmeccanica. Ho subito una serie di ingiuste delusioni da Berlusconi, non sono mai stato eletto né mai nominato e sappiamo della lite con Ghedini. Lo scoop è che non essendo mai riuscito a entrare in politica, nel 2010 chiesi di essere responsabile personale di Silvio in America Latina. Lui non mi disse né sì né no. Gli chiesi allora di essere messo alla prova durante un viaggio in America Latina e lui accettò per togliermi dalle scatole. Poi ci fu la storia delle ballerine di San Paolo e fu deciso che io non dovessi avere nessun incarico. Io qui non mi sto divertendo, non vedo mio figlio da tanto tempo né faccio il latitante per divertimento. Non voglio fare gossip con il discorso delle ballerine. Quando siamo arrivati a Panama, mi sono reso conto che non c’era nessuna chanche per le mie attività politiche. Al contrario, mi resi conto che con Finmeccanica potevo trovare un lavoro. Ero in difficoltà e credevo che potesse essere un’occasione. Pozzessere stesso mi propose una consulenza, per me una grande opportunità. Lui, del resto, in più occasioni e anche pubblicamente ha detto di avermi fregato con un contratto di 30mila euro, cifra che gli proposi io perché credevo che fosse uno scherzo la storia della consulenza. Poi mi sono reso conto di quanti soldi potevo chiedere, visto quanto pagavano i rapporti lavorativi simili al mio. C’è un’altra indagine in corso e non posso dire nulla. Il mio contratto stava scadendo e avevo chiesto un aumento a 70mila euro, ma mi hanno detto che non era possibile. Avevo scoperto un mondo in cui potevo mettere a frutto le mie competenze create negli anni grazie alle mie capacità e ai miei rapporti. In molti anni sono entrato in contatto con imprenditori, politici e quant’altro”.

“IL SEGRETO DEL MIO SUCCESSO” – “Ma non tutti hanno le sue entrature” dice Mentana, che poi manda in onda un servizio sugli stretti rapporti con i potenti sudamericani di Lavitola. “E’ difficile avere brutti rapporti con chi dona sei navi…Qual è il segreto del suo successo?” domanda Marco Lillo, che poi cita un’intercettazione in cui parlano la moglie di Tarantini e Lavitola. La signora è arrabbiata perché il premier non si fa ricevere e Lavitola spiega che Gianpi non può avere più rapporti con il presidente perché a lui interessa solo la figa. Lillo chiede se c’è una relazione tra queste frasi e il suo rapporto con il presidente del Consiglio. Lavitola risponde così: “Ci sono troppi omissis e bisogna contestualizzare le intercettazioni: le trascrizioni non sono attendibili perché parziali. Per la questione della figa, invece, qualcuno può pensare che a Berlusconi non piacciano le donne? Per quanto riguarda il Castello di Tor Crescenza, fui io a suggerire al presidente di affittarlo, visto che cercava un posto dove passare l’estate. Mi chiese di andare con lui e il mio parere sulla questione. Sulla vicenda delle navi, invece, bisogna finirla di dire cose inesatte: non ho regalato né fatto regalare nessuna nave. Era il frutto di un accordo bilaterale con l’Italia; Panama si impegnava nella lotta al narcotraffico in cambio di sei pattugliatori che stavano andando in disuso. Basta verificare: dai porti panamensi parte tantissima droga”.

I RAPPORTI CON PANAMA – Bonini torna sulla questione degli affari: “Come nascono i suoi rapporti col presidente panamense? Quali sono i suoi rapporti con Eni? Che ci faceva a Sofia il 24 agosto?” Lavitola ribatte: “A Sofia avevo appuntamento con dei fornitori di pesce, i diretti interessati possono testimoniarlo. Con Eni non ho avuto nessun tipo di contatto: in alcune occasioni ho bluffato con i Tarantini perché ero ossessionato dalle loro richieste. Con Martinelli nessun rapporto speciale. E’ un signore con radici italiane ed è un magnate dell’industria agroalimentare che ho conosciuto per motivi lavorativi nell’ambito delle comunità italiane del sud e centro America”.

“DA QUESTA STORIA SOLO GUAI” – Lillo chiede: “Il 16 giungo del 2011, lei dice a Nicla: ho parlato con Scaroni, l’ho chiamato dall’hotel Sheraton e lui sta cacato sotto. Perché?” “Ribadisco di essermi inventato tutto perché ero ossessionato dalle richieste – dice Lavitola – . Stiamo parlando di una situazione kafkiana: ho anticipato questa somma a Berlusconi perché avevo venduto due pescherecci e potevo farlo. Rispetto a questo, accade che la somma che mi viene data da Berlusconi come rimborso personale, la metà la utilizzo per le spese ordinarie e straordinarie di Tarantini e mi faccio firmare regolari ricevute (e fa inquadrare le ricevute, ndr)”. E Lillo: “La notizia allora è che Berlusconi ha mentito! Né Berlusconi né la Brambilla hanno mai parlato di centinaia di migliaia di euro…” E Lavitola: “Dalle intercettazioni è chiaro come venivano dati soldi. Mi sono sottoposto ad un interrogatorio mediatico violento solo per dire una cosa: non ho alcuna intenzione di passare per uno che ha avuto intenzione di estorcere soldi da una persona che stimo, né di averla rubata a una persona che sta con le ‘pezze in fronte’. Per avere aiutato un amico (Berlusconi, ndr), ora mi trovo in un mare di guai. Mi sono trovato a tenere immobilizzati 500mila euro senza poterli usare, la metà li ho dati ai Tarantini, la seconda metà mi è stata data in piccole parti dal presidente e per le mie esigenze ho chiesto tranche più grandi. Non capisco perché dovrei aver estorto soldi a una persona con cui avevo rapporti privilegiati e chi mi ha dato una mano col mio giornale. Quando è partito L’Avanti!, Berlusconi mi ha aiutato con la distribuizione del giornale, ora non posso neanche più chiedergli aiuto”.

“CONTINUERO’ A FARE IL LATITANTE” - Mentana chiede: “Risponderà alla giustizia?” E Lavitola: “Ho intenzione di rimanere latitante. E sono sicuramente al riparo dagli accordi di estradizione. Non mi interessa più di tanto, perché la giustizia mi darà ragione. Non sto compiendo nulla di illecito: sto solo facendo in modo che quando tutto finirà potrò ancora avere un lavoro e non fare così la fine di Tarantini. Quando sarà dimostrato che sono innocente voglio essere intervistato di nuovo, voglio che me lo prometta”. E Mentana: “Se avrà ragione sarà intervistato”.

Saluti, si chiude il collegamento via satellite, Bersaglio Mobile finisce. Due ore e mezza di botta e risposta: Lavitola ha spiegato come sono andate le cose dal suo punto di vista, ha esposto la sua versione dei fatti. Da Panama, da latitante. Continuerà ad esserlo.
 
-------------- 

Neutrini, il Gran Sasso
riserverà ancora sorprese

Grazie al lavoro degli scienziati e dei giovani precari che hanno permesso di "registrare" il superamento della velocità della luce, sono in elaborazione da tempo altri esperimenti. Con la spada di Damocle dei tagli che potrebbero sempre arrivare, ma con l'entusiasmo e l'allegria di chi ora scherza anche su quel famoso "tunnel Cern-Abruzzo": "Più veloce del neutrino"

dal nostro inviato ELENA DUSI GRAN SASSO - Il neutrino è qui, anche se è già fuggito via. E ha elettrizzato l’aria pur non avendo carica. Nell’aula magna dei Laboratori del Gran Sasso lunedì sono riuniti i fisici che hanno materialmente misurato il tempo dei neutrini sparati dal Cern. La particella più timida e sfuggente dell’universo, definita “l’entità più prossima al nulla” per la massa vicina allo zero e la capacità di eludere gli esperimenti, è diventata all’improvviso una star per le sue decantate doti di velocità.

“Più veloce del neutrino” è già l’espressione usata dai bambini a casa di Pasquale Migliozzi, il ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Napoli che oggi ha il compito di sottoporre i dettagli dell’esperimento ai colleghi.
Anche se le battute fioccano, il meeting serve a mettere di nuovo sotto torchio la misurazione di una velocità superiore a quella della luce. Il dato è stato strizzato, rivoltato e sezionato alla ricerca di possibili errori. E così continuerà a essere, al Gran Sasso come nel resto del mondo. «Un gruppo del nostro esperimento Opera si dedicherà solo al controllo della misurazione» spiega Antonio Ereditato, il portavoce del gruppo di 160 scienziati di 30 istituti e 11 paesi in cui l’Italia e l’Infn giocano la parte del leone.

Qualche dubbio comincia a emergere su misurazione dello start, metodi statistici usati, sincronizzazione degli orologi fra Ginevra e Gran Sasso e posizione esatta del rivelatore al di sotto di 1.400 metri di montagna. Ma si tratta di ipotesi da approfondire nei prossimi mesi, perché errori concreti nella misurazione finora non ne sono emersi. «E poi finalmente possiamo discuterne in pubblico. Con tutto questa emozione è stata dura mantenere il segreto per sei mesi» raccontano Antonia Di Crescenzo, dottoranda di 26 anni, e Andrea Russo, assegnista di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di 28. «Anche noi giovani siamo sempre stati ammessi alle discussioni. In una collaborazione scientifica come questa si ascolta l’opinione di tutti».

È infatti grazie ai ragazzi senza contratti stabili che esperimenti come Opera e molti altri possono andare avanti, nella schizofrenica Italia che è capace di risultati che hanno il potenziale di ribaltare un secolo di fisica, ma resta appesa al filo dell’entusiasmo dei giovani precari.

Lo stesso enorme rivelatore di Opera (4mila tonnellate, 2mila metri cubi, 150mila mattoncini di piombo rivestiti di emulsione fotografica su cui si deposita la traccia di una ventina di neutrini al giorno) è indietro di un anno con lo sviluppo e l’analisi dei dati. «Il personale è ridotto all’osso. Abbiamo dei giovani che si autospremono come limoni grazie al loro entusiasmo, ma chiedergli di più sarebbe impossibile» spiega Paolo Strolin dell’Infn e dell’università di Napoli, uno dei padri di Opera alla fine degli anni ’90. «La ricerca italiana è come un tubo aperto. I ragazzi brillanti entrano da un lato e dall’altro escono per andare all’estero».

Per dire se la traccia dei neutrini più veloci della luce sopravviverà ai controlli dei futuri esperimenti è ancora presto. Intanto però i Laboratori del Gran Sasso sono galvanizzati dal risultato. «Nel 2008, con un piccolo investimento di 10-15mila euro abbiamo installato orologi e gps all’avanguardia. In questo modo siamo diventati capaci di fare le misure migliori del mondo» spiega Francesco Terranova, ricercatore dell’Infn e membro di Opera. «E dire che ne abbiamo avuti di momenti di sconforto. L’ultimo è stato il terremoto. Ma anche questa misura sui neutrini ha causato un dibattito molto acceso nel gruppo. Qualcuno sosteneva che un annuncio simile avrebbe scatenato l’inferno».

Il fascio dei neutrini sparato dal Cern a partire dal 2008 doveva terminare alla fine del 2011. A una prima proroga di un anno ne è seguita un’altra - data come probabile - di alcuni mesi nel 2013. E alla misurazione della velocità delle particelle generate nel laboratorio di Ginevra potrebbero unirsi ora anche altri due rivelatori situati nelle viscere della montagna dove regna il “silenzio cosmico” e la flebile voce delle “entità più vicine al nulla” riesce a essere ascoltata. Si tratta di Borexino, un orecchio puntato sui neutrini provenienti dal Sole, e di Icarus, esperimento proposto dal Nobel Carlo Rubbia nel 1977 e inaugurato l’anno scorso.

Nel laboratorio dove è stato misurato il record di velocità dell’universo, pazienza e capacità di attendere sono paradossalmente le virtù d’obbligo. Dove sembra che la corsa della luce sia stata superata, poi, non penetra un raggio di Sole ed è come studiare le stelle dal fondo di un pozzo. Il rivelatore Lvd per esempio è stato acceso nel 1992 e da allora aspetta che una supernova esploda da qualche parte nello spazio per raccoglierne la pioggia di neutrini. L’ultima volta accadde nel 1987, e la media di questi eventi è di una volta ogni vent’anni.

A non perdere neanche un attimo sono i fisici americani di Minos, l’esperimento gemello di Opera che nel 2007 in una miniera del Minnesota misurò una velocità dei neutrini superiore a quella della luce (ma con una precisione insufficiente). «Il nostro dato non era molto diverso dallo zero, e all’epoca avevano molte altre misurazioni da fare» commenta oggi Jenny Thomas, fisica inglese portavoce di Minos. «Ma stiamo per installare un nuovo gps e orologi atomici assai più precisi. Già nei prossimi quattro o sei mesi avremo dati freschi sulla velocità dei neutrini, e nel 2013, con una campagna di presa dati chiamata Minos+, otterremo misure simili a quelle di Opera, se non migliori».

In attesa della risposta del Minnesota alla sfida del Gran Sasso, la ricerca sui neutrini resta un fiore all’occhiello della scienza italiana. Luciano Maiani, uno dei più prestigiosi fisici del nostro paese e direttore generale del Cern quando si decise di dare il via al fascio diretto al Gran Sasso, spiega così la genesi dell’esperimento: «Volevamo osservare un comportamento anomalo dei neutrini prodotti dai raggi cosmici nell’atmosfera. Ipotizziamo infatti che cambino natura nel corso del loro viaggio, un fenomeno previsto da Bruno Puntecorvo molti anni prima. Nel viaggio tra due punti, alcuni neutrini sembravano “sparire”. Secondo Pontecorvo, invece, semplicemente cambiavano di tipo e non venivano più messi in conto». Una trasformazione di queste particelle nel tragitto dalla Svizzera all’Abruzzo è stato effettivamente osservato l’anno scorso. «E abbiamo altri due dati interessanti che stiamo controllando» ha annunciato ieri Ereditato. Opera non si è ancora stancata delle sorprese.
(26 settembre 2011)
 

martedì 27 settembre 2011

hahhahahah

Ricatto al premier, Berlusconi sapeva
che le donne di Tarantini erano prostitute 

Dopo ore di camera di consiglio, il Riesame di Napoli sposta di nuovo la competenza. Non più Roma Adesso Berlusconi rischia di essere indagato per istigazione a mentire davanti all'autorità giudiziaria
L'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini, presunto 'ricattatore' del premier
Silvio Berlusconi era “pienamente consapevole” del fatto che le donne portate a casa sua da Gianpaolo Tarantini erano delle prostitute. E’ quanto si legge nell’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Napoli, che poco dopo mezzanotte si è pronunciato sulla richiesta di scarcerazione dell’imprenditore barese (accolta), di Valter Lavitola (respinta, rimane latitante) e sulla competenza territoriale del procedimento, che per i giudici di Napoli spetta al tribunale di Bari.

Si è ribaltato, quindi, il ruolo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nell’inchiesta dei pm di Napoli sul presunto ricatto ai suoi danni da parte di Gianpaolo Tarantini, della moglie Angela Devenuto e del direttore de L’Avanti! Valter Lavitola. Da testimone-parte offesa diventa quasi certo indagato per aver indotto l’imprenditore barese a riferire il falso ai magistrati. L’evenienza processuale, del resto, emerge chiaramente dalle pagine dell’ordinanza emessa dai giudici del Riesame di Napoli. Tarantini, per la cronaca, ha lasciato stanotte il carcere partenopeo di Poggioreale.

La ricostruzione degli aiuti alla famiglia Tarantini offerta dal premier è stata ritenuta poco credibile dai giudici partenopei, nella cui motivazioni della sentenza è scritto che la versione del premier è stata “inevitabilmente smentita non solo da una serie di argomentazioni di ordine logico, ma anche da una pluralità di circostanze di fatto emergenti dagli atti”. Non solo. Per i giudici del tribunale della Libertà, “al di là dell’inverosimiglianza e dell’evidente sproporzione tra l’entità della ‘protezione’ offerta da Silvio Berlusconi a Tarantini – è scritto nel provvedimento – le stesse modalità delle elargizioni e del conferimento delle ulteriori utilità a Tarantini e alla sua famiglia risultano del tutto inconciliabili con l’indicato assunto difensivo”. La conclusione a cui sono arrivati i giudici è chiara: “E’ di tutta evidenza che, in base alla comune esperienza l’aiuto ad un amico in difficoltà non si concretizza con modalità non trasparenti come quelle utilizzate in ogni occasione da Berlusconi“.

Per quanto riguarda il comportamento dell’imprenditore barese davanti ai pm che lo interrogavano, invece, il Riesame ha pochi dubbi: “La condotta processuale, fin dall’origine assunta da Tarantini volta a tenere il più possibile indenne il presidente del Consiglio Berlusconi dai verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più sconvenienti del processo pendente presso l’autorità giudiziaria barese – hanno scritto i giudici nell’ordinanza -, è stata indotta dalla promessa (anche tacita o per facta concludentia) da parte del premier di farsi carico, dal punto di vista economico in senso lato, della situazione di Tarantini“.

La decisione del tribunale del Riesame di Napoli è giunta dopo 14 ore di Camera di Consiglio e cinque minuti prima della mezzanotte, quando sarebbero scaduti i termini. E l’esito ha rappresentato l’ennesimo colpo di scena dell’inchiesta sul presunto ricatto al premier Silvio Berlusconi. Per i magistrati del Riesame, infatti, Berlusconi non è da ritenersi vittima di un ricatto bensì responsabile del reato previsto dall’articolo 377 bis del codice penale, ovvero, per aver istigato un indagato, nel caso specifico l’imprenditore Giampaolo Tarantini, a fare dichiarazioni false all’autorità giudiziaria. Il tribunale ha disposto la scarcerazione di Tarantini e ha invece confermato l’ordine di custodia che era stato emesso dal gip a carico dell’ex direttore de L’Avanti! Valter Lavitola, latitante a Panama.

I giudici, quindi, hanno ritenuto sussistente il reato di induzione al mendacio, che è una contestazione che riguarda Lavitola ma che dovrebbe coinvolgere anche il premier, ritenuto nella ricostruzione fatta dagli inquirenti come l’ispiratore delle false dichiarazioni fatte da Tarantini sia davanti all’autorità giudiziaria di Bari, sia ai magistrati di Napoli che lo indagavano per il presunto ricatto.

Ma un’altra decisione del Riesame scioglie uno dei nodi più complessi di questo procedimento, ovvero la questione della competenza territoriale: secondo l’ordinanza emessa stanotte, infatti, a procedere nell’indagine dovrà essere la procura della Repubblica di Bari. Il processo dovrà quindi lasciare Napoli. L’ufficio giudiziario del capoluogo pugliese è ritenuto competente in quanto in quella sede si sarebbero verificate le prime affermazioni mendaci fatte da Tarantini.

Sul presunto ricatto, intanto, è stato aperto un fascicolo anche dalla procura di Roma, che era stata ritenuta competente dal gip di Napoli Amelia Primavera a procedere per quanto riguarda l’estorsione contestata a Tarantini e a Lavitola. Quali saranno ora i prossimi passaggi della ingarbugliata vicenda giudiziaria? Secondo indiscrezioni, la Procura di Bari, accogliendo le indicazioni del Riesame, dovrebbe provvedere all’iscrizione del premier nel registro degli indagati. Non si conoscono al momento le argomentazioni del tribunale sul reato di estorsione e in particolare se i magistrati lo ritengano sussistente o meno.
 
-------------- 

L'INCHIESTA

"Berlusconi istigò Tarantini a mentire"
i giudici del riesame accusano il premier

Secondo i magistrati napoletani il Cavaliere avrebbe indotto, tramite Lavitola, l'imprenditore barese ad evitare la divulgazione dei rivolti più "sconvenienti" del procedimento penale barese. Il presidente del Consiglio - si legge nell'ordinanza - sapeva che le ragazze erano escort

di CONCHITA SANNINO
NAPOLI - "La condotta processuale fin dall'origine assunta da Tarantini, volta a tenere il più possibile 'indenne' il presidente del Consiglio da verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più 'sconvenienti' del processo pendente presso l'autorità giudiziaria Barese è stata indotta dalla promessa (anche tacita o facta concludentia quali la nomina e la retribuzione di un avvocato indicato dal suo entourage) da parte del premier di 'farsi carico' della situazione di Tarantini".

E i giudici spiegano anche perché per il premier era così importante condizionare Tarantini: "Silvio Berlusconi - si legge nell'ordinanza - era pienamente consapevole" che le ragazze portate nelle sue residenze da Gianpaolo Tarantini erano delle escort".


Secondo i giudici del riesame questa condotta "posta in essere da Silvio Berlusconi - scrivono i giudici nell'ordinanza - con il concorso in qualità di intermediario di Valter Lavitola nei confronti di Tarantini appare perfettamente rispondente al paradigma legislativo di cui all'articolo 377 bis c. P.". Esiste dunque per i giudici l'ipotesi di un reato di istigazione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria.
 
--------------- 

SALUTE

Smog, il record è in Iran
è Ahvaz la città più inquinata

Diffusi dall'Oms i dati sulla presenza di polveri sottili nel mondo. Al primo posto la metropoli iraniana, seguita da Ulan Bator. "Sforare i limiti provoca ogni anno oltre due milioni di morte premature"

GINEVRA - Spetta ad Ahvaz, città di circa un milione di abitanti dell'Iran sudoccidentale, il non invidiabile primato di metropoli più inquinata del mondo. A stilare la classifica è stata l'Organizzazione mondiale per la sanità 1 ricordando che ogni anno oltre due milioni di persone muoiono per l'inalazione di particelle fini presenti nell'aria che respiriamo, soprattutto nei centri urbani, dove il numero di decessi prematuri da attribuire all'inquinamento è stimato a 1,34 milioni.

Di questi, ricorda l'organizzazione, più di un milione potrebbero essere evitati se i valori delle linee guida dell'Oms fossero rispettati, ma in media solo poche città hanno livelli conformi alle raccomandazioni ed il numero di decessi riferibili all'inquinamento atmosferico in città è in aumento. L'Oms ha fissato la soglia a 20 microgrammi per metro cubo, ma in alcune città la concentrazione può raggiungere circa 300 microgrammi.

Le aree dove la presenza di polveri sottili è più massiccia sono in Asia centrale e in Africa, spesso per il combinato di parchi auto molti vecchi, massiccio ricorso al carbone come fonte energetica e particolari condizioni meteorologiche. A seguire Ahvaz, nella classifica delle città più inquinate ci sono la capitale della Mongolia Ulan Bator e un'altra località iraniana, Sanandaj. Tra le metropoli conosciute a livello mondiale, da segnalare il quinto posto in classifica di Quetta (Pakistan), l'undicesimo di New Delhi (India), il ventiduesimo di Riad (Arabia Saudita) e il ventisettesimo di Dakar (Senegal).

A livello di Stati, secondo i dati dell'Oms, la Mongolia registra una concentrazione media annuale molto alta (279), come il Botswana (216) e il Pakistan (198). In Italia è di 37, meglio della Grecia (44) ma meno bene della Francia (27) o degli Stati Uniti (18).

Le particelle fini che inquinano l'aria provengono spesso da fonti di combustione quali le centrali elettriche a carbone e i veicoli a motore e grazie a dimensioni pari o inferiori a 10 micrometri possono penetrare nei polmoni, entrare nella circolazione del sangue e provocare cardiopatie, tumori ai polmoni, casi d'asma e infezioni delle vie respiratorie inferiori.
(27 settembre 2011)

-------------- 

Starace-Bracciali, la conferma
Italia vicina al record del 2010

MILANO, 26 settembre

Il successo della coppia a Bucarest porta a 15 i trofei annuali del tricolore, fra uomini, donne, singolare e doppio: ne mancano solo 2 per migliorare i 17 della scorsa stagione, senza però titoli in singolare maschile. E dal doppio sono arivati ben 10 trionfi nel 2011


Starace e Bracciali, vincitori a Bucarest. Epa
Starace e Bracciali, vincitori a Bucarest. Epa
Nessuno pretende di paragonare l'anno in corso al 1976 di Adriano Panatta e alla conquista della Coppa Davis, o al 2010 targato Francesca Schiavone e alla terza vittoria in Fed Cup. Ma l'Italia che torna finalmente in serie A di coppa Davis dopo 11 anni di purgatorio è figlia di un movimento sempre in crescita che quest'anno, per la prima volta dal 2001, ha raccolto successi a ripetizione sia in singolare maschile, sia in quello femminile, sia nel doppio uomini, sia in quello donne.
annate fortunate — L'en plein è accaduto nell'era Open solo nel 1985, 1986, 1988, 1989, 1991, 1993, 2001 e 2011. E di tutti questi anni, nella stagione in corso abbiamo ottenuto il record di 15 vittorie come 15 erano state nel 2001. Allora vincemmo due tornei di singolare maschile con Andrea Gaudenzi a St. Polten e Bastad, tre di singolare femminile con Rita Grande a Hobart e Bratislava e Silvia Farina a Strasburgo, poi uno nel doppio maschile e nove nel doppio femminile.
ottimo 2011 — Quest'anno abbiamo centrato Eastbourne con Andreas Seppi colmando un vuoto di quasi 5 anni, e vinto a ripetizione con Roberta Vinci (Barcellona, s'-Hertogenbosch e Budapest) e Alberta Brianti (Fes). Nel doppio femminile abbiamo centrato 5 titoli tra cui lo storico successo all'Open d'Australia di Flavia Pennetta con Gisela Dulko (la brindisina aveva vinto anche il Masters di fine 2010 ed era stata numero uno del mondo il 28 febbraio 2011) e altri cinque titoli nel maschile, l'ultimo sabato con la vittoria di Daniele Bracciali e Potito Starace a Bucarest. Il totale dei successi stagionali ammonta a 15 e ci sono ancora due mesi scarsi di tornei per puntare al record assoluto di 17 tornei conquistati lo scorso anno senza però titoli nel singolare maschile. E molto del merito è dai tornei di doppio che ci hanno regalato 10 successi equamente divisi tra uomini e donne. Il doppio è in crisi perchè i big lo snobbano, ma per noi italiani è fonte successi e da sempre punto strategico sia in coppa Davis che in Fed Cup.
13 — La posizione in classifica mondiale della coppia formata da Simone Bolelli e Fabio Fognini.
21 — La posizione in classifica mondiale della coppia formata da Daniele Bracciali e Potito Starace.
2 — I tornei vinti in doppio in carriera da Simone Bolelli: Umago e Monaco di Baviera 2011, il primo con Fognini e il secondo con l'argentino Zeballos.
3 — Le finali giocate in doppio in carriera da Fabio Fognini: una vinta con Bolelli a Umago nel 2011, una persa con Berlocq a Umago nel 2008 e una persa con Starace ad Acapulco nel 2010.
5 — I titoli di doppio vinti in carriera da Potito Starace: Kitzbuhel 2007 con Horna, Acapulco 2007 con Vassallo Arguello, Mosca 2008 con Stakhovsky, St. Petersburg 2010 e Bucarest 2011 con Bracciali.
5 — I titoli di doppio vinti in carriera da Daniele Bracciali: Milano 2005 con Galimberti, St. Petersburg 2010 con Starace, Kitzbuhel 2011 con Santiago Gonzalez, 's-Hertogenbosch 2011 con Frantisek Cermak e Bucarest 2011 con Starace.
3 — I giocatori italiani ad aver vinto più doppi di Potito Starace e Daniele Bracciali: sono Adriano Panatta (18), Paolo Bertolucci (12) e Claudio Panatta (6).

Gisela Dulko e Flavia Pennetta, vincitrici a Melbourne. Ap
Gisela Dulko e Flavia Pennetta, vincitrici a Melbourne. Ap
6 — I giocatori italiani tra i primi 100 del ranking di doppio: Bracciali 24, Fognini 39, Bolelli 50, Starace 56, Seppi 78 e Vagnozzi 89.
6 — La posizione nella race 2011 di doppio di Flavia Pennetta e Gisela Dulko.
8 — La classifica mondiale di Roberta Vinci e Sara Errani in doppio. Roberta Brianti e Sorana Cirstea sono la coppia numero 76, a pari merito di Francesca Schiavone e Samantha Stosur.
3 — Le italiane tra le prime 26 del ranking individuale di doppio: Flavia Pennetta è numero 4, Sara Errani è numero 23 e Roberta Vinci è numero 26.
14 — I tornei di doppio vinti in carriera da Flavia Pennetta, numero 1 italiana di ogni epoca.
6 — gli azzurri che si migliorano nelle prime 200 posizioni Atp: Starace 48 (era 50), Seppi 49 (era 51), Volandri 70 (era 86), Cipolla 96 (era 102), Lorenzi 112 (era 124), Giannessi 157 (era 183).
Luca Marianantoni© RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 26 settembre 2011

os......

Energia, governo bocciato
per il 51% non fa abbastanza

L'indagine condotta da Ispo per Anev rivela che la maggioranza degli interpellati considera praticamente nulla la capacità dell'esecutivo in materia di rinnovabili, su cui il 89% investirebbe di più di ANTONIO CIANCIULLO

GOVERNO bocciato in politiche energetiche. Pollice verso da nove italiani su dieci. Da un sondaggio Ispo (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione) promosso dall'Anev (Associazione nazionale energia del vento) su un campione di 801 persone, risulta che il 51% degli intervistati giudica pressoché nulla la capacità dell'esecutivo di sostenere le fonti rinnovabili, mentre il 37% ritiene che ha fatto qualcosa ma non abbastanza.

La ricerca dell'Ispo è particolarmente interessante perché cade in un momento di transizione delle politiche energetiche italiane. Dopo l'esito del referendum che a 24 anni dal primo alt ha ribadito il no al nucleare, era attesa un'apertura allo sviluppo delle rinnovabili. Se infatti parlare di piano energetico del governo sarebbe una forzatura visto che nessun programma organico e dettagliato è stato mai presentato, lo slogan di Palazzo Chigi recitava: 50% di energia fossile, 25% di nucleare, 25% di rinnovabili. Saltato il 25% di nucleare, è però continuata una politica di stop and go nei confronti delle rinnovabili, con gli incentivi concessi nei giorni dispari e tolti nei giorni pari.

Una scelta che produce incertezza nei mercati e nei cittadini e che viene nettamente sconfessata dal sondaggio. Il 60% degli intervistati dichiara che è giunto il momento di puntare tutto sulle rinnovabili. E, pur di incentivare questa strategia, gli italiani si dicono pronti a mettere mano al portafoglio: il 22% si dichiara favorevole a un aumento della quota della propria bolletta elettrica da destinare alle rinnovabili.

"Dopo la lunga campagna mirata a sostenere che le rinnovabili sono troppo care, è interessante notare che l'89% chiede di investire di più nelle fonti rinnovabili e l'81% nel miglioramento dell'efficienza della rete elettrica", sottolinea il presidente dell'Anev Simone Togni. In particolare il 49% chiede di lasciare inalterata la quota della bolletta destinata alle rinnovabili, il 19% la vuole aumentare leggermente e il 3% la vuole aumentare molto (a fronte di un 11% che la vuole ridurre leggermente e di un 9% che la vuole ridurre molto).

La ricerca Ipso traccia anche un profilo del consumatore che chiede energia pulita. Chi barra la casella "investire di più sulle rinnovabili" è un giovane: nella fascia 18-24 anni il consenso arriva al 70%; tra i 25 e i 54 anni oscilla attorno al 60%; scende al 48% nel gruppo 45-54 anni e si assesta al 37% oltre i 55 anni.  Inoltre ha un titolo di studio (oltre il 60% delle persone con diploma o laurea vuole le rinnovabili contro il 34% delle persone con licenza elementare) e un orientamento politico a sinistra (67% di sì tra chi vota centrosinistra, 51% tra chi vota al centro, 45% tra chi vota a destra).

Inoltre, l'86% degli intervistati ritiene che l'eolico rispetti molto o abbastanza l'ambiente, l'85 % esprime lo stesso giudizio sul solare, e il 57% sulla biomassa. Sette italiani su dieci infine dicono che sole e vento possono aiutare il nostro Paese a diminuire la dipendenza dall'estero.
(23 settembre 2011)
----------------- 

Viaggi di Stato con Berlusconi, il latitante Lavitola da Panama: “Sono pronto a spiegare” 


Un mese prima del viaggio con il premier, il direttore dell'Avanti aveva partecipato a una "missione" con il ministro degli Esteri Franco Frattini. La Farnesina smentisce che lui facesse parte della spedizione. Ma non chiarisce le ragioni della sua presenza

Panama: due visite di Stato di Valter Lavitola in un mese. Nella sua delegazione a maggio 2010 il ministro degli Esteri, Franco Frattini. A giugno, invece, il primo ministro Silvio Berlusconi e il sottosegretario Paolo Bonaiuti. Chissà, forse a Palazzo Chigi qualcuno sperava che quei viaggi sull’aereo presidenziale fossero dimenticati. E invece il governo panamense, magari immaginando di mostrare così la sua devozione agli amici italiani, ha reso disponibili su Internet decine di filmati dedicati alle due missioni. E poi fotografie, notizie, di tutto. Emerge un quadro sorprendente: Lavitola non era un imbucato sull’aereo di Stato. No, era la vera eminenza grigia delle due missioni. Le prime, come sottolinea lo stesso Frattini, in 106 anni di storia della Repubblica di Panama.

Il titolare della Farnesina, tuttavia, stamane si è affrettato a far diramare una nota per smentire tutto. O almeno il carattere istituzionale della presenza di Lavitola. L’ex direttore de L’Avanti “che peraltro a quel tempo non risultava oggetto di indagini conosciute dal pubblico – scrivono dal ministero degli Affari esteri -, non ha in alcun modo fatto parte della delegazione che ha accompagnato il ministro da Roma a Caracas e successivamente da Caracas a Panama, con rientro diretto da Panama a Roma”. A prescindere dalle tappe della missione, cosa ci faceva allora Frattini con Lavitola? Secondo la Farnesina il faccendiere era già lì. Testuale: “Giunto a Panama il ministro Frattini ha incontrato il signor Valter Lavitola, tra i partecipanti al ricevimento offerto dal Presidente di Panama, Martinelli”. La precisazione del ministero – che in realtà precisa ben poco sull’evidente cordialità tra Lavitola e Frattini- è arrivata in risposta alle affermazioni di Gianfranco Fini. Intervistato a SkyTg24 da Maria Latella, il presidente della Camera aveva dichiarato: “Quando ci si circonda di personaggi come quelli è evidente che c’è qualcosa di poco trasparente”.

A proposito di trasparenza, in serata è tornato a farsi vivo anche il diretto interessato. Valter Lavitola, da Panama dove è latitante, ha promesso che presto dirà la sua verità. Quando? E’ lui stesso ad annunciarlo all’Ansa: “Domani pomeriggio spiegherò nei dettagli lo ‘scoop’ del Fatto Quotidiano. Non posso rispondere, spiegando nel merito le strumentali e banali notizie inerenti la missione del presidente Berlusconi in centro e sud America. Su disposizione del mio avvocato non parlo, trovandoci in una delicata fase processuale che impone silenzio e sobrietà”. Tradotto: oggi non può dire nulla, domani potrà. Si tratta dell’ennesima ambiguità in una vicenda dai contorni kafkiani, in cui c’è un latitante che parla dall’America in attesa della decisione di un tribunale italiano: il Riesame di Napoli domani si pronuncerà sulla richiesta di annullamento o attenuazione delle misure cautelari ai suoi danni. Lavitola, infatti, è accusato – al pari dei coniugi Tarantini - di concorso in estorsione continuata per aver estorto ingenti somme di denaro (quantificate in circa 800mila euro) a Berlusconi. Ma questa è un’altra storia.

Tornando alla presenza dell’ex editore de L’Avanti durante le visite di Stato in centro America, ieri Il Fatto ha pubblicato e messo online le immagini del viaggio di Berlusconi e Lavitola (più nutrita e variegata delegazione) a Panama il 29 e 30 giugno 2010. Ma dagli archivi emerge una seconda storia: un mese prima c’era stato un altro viaggio di Stato, guidato almeno ufficialmente, dal titolare della Farnesina. È lo stesso ministro degli Esteri, coccarda al petto, a spiegare nel discorso ufficiale gli scopi della visita: Frattini è stato insignito di una delle massime onorificenze della Repubblica panamense. Non solo: ci sono accordi da siglare e preparare, dalle infrastrutture alla cultura e l’università. Frattini parla della “grande amicizia che lega Panama e l’Italia”, ricorda i legami strettissimi tra le due popolazioni. Il presidente panamense, Ricardo Martinelli inalbera un sorriso a trentadue denti (è facile capire perché) ed elenca i regali dell’Italia a Panama.

Berlusconi da quelle parti è una specie di Babbo Natale: ospedali, scuole, centinaia di borse di studio, ecc. Gli italiani, poi, doneranno anche 6 navi da guerra per pattugliare le coste contro i narcos. In ballo ci sono grandi appalti, come quello di Impregilo per il Canale di Panama. Due missioni in un mese, un record. Ma la vera anomalia emerge passando in rassegna le immagini dei solerti fotografi governativi. Ecco la festa in onore di Frattini. Prima immagine: Lavitola, con la cravatta nel taschino perché tanto lui è di casa, parla amabilmente con il ministro degli Esteri panamense (a sua volta insignito di una prestigiosa onorificenza italiana). È soltanto l’inizio: di nuovo Lavitola dà una pacca sulla spalla a Frattini mentre parla con il collega centramericano. Ancora: ecco Lavitola (stavolta con cravatta), Frattini e il presidente Martinelli (origini italiane, un piccolo impero nella grande distribuzione) che discorrono amabilmente. Quindi, dopo svariati altri clic con Lavitola, ecco il clou, la tavolata dei vip: il presidente Martinelli, il suo ministro degli Esteri e i pezzi grossi della delegazione italiana, cioè Frattini e Lavitola.

Insomma, il vero protagonista degli incontri pare essere lui: Valter Lavitola. Molto più che un comprimario, come oggi qualcuno vorrebbe far credere. Di qui una legittima domanda: al di là del passaggio ottenuto sull’Airbus di Stato – e quindi a spese del contribuente – a che titolo Lavitola accompagnava Frattini? La conferma del ruolo di primissimo piano dell’amico del premier arriva un mese dopo, quando arriva Berlusconi. Dalla scaletta dell’aereo presidenziale i primi a scendere sono il Cavaliere e Lavitola. Il faccendiere distribuisce pacche sulle spalle e strette di mano alle autorità locali. Poi, alla firma del trattato commerciale, è nelle primissime file, a un passo da Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Di qui nacque l’accordo per combattere l’evasione fiscale e contribuire alla sicurezza di Panama, che costerà allo Stato italiano 6 navi da guerra gentilmente donate al governo amico (un cadeau da 35 milioni di euro). Il tutto a corollario del contratto siglato da Finmeccanica (il colosso statale chiamato in causa dalle inchieste delle procure di Napoli e Bari) per il pattugliamento elettronico delle coste panamensi (interessate Selex, Agusta e Telespazio). Valore 165 milioni di euro. A Lavitola potrebbe finire una provvigione di 8 milioni.

Ma al di là del folklore, dei passaggi in aereo, del ruolo da chiarire di Lavitola nell’affare Fimeccanica e nei rapporti con Panama, le immagini potrebbero creare nuovi grattacapi a Berlusconi. Anche quella famosa frase scappata al premier in un’intercettazione telefonica, “resta dove sei” (cioè all’estero, lontano dai pm), assume un valore diverso vedendo quanto stretto sia il legame tra i due. Del resto a confermare quell’amicizia arriva anche la testimonianza di Alfredo Pezzotti, fedelissimo maggiordomo di Berlusconi (non certo un suo nemico). Ai pm napoletani ha detto: “Conosco Lavitola da due anni. Ho avuto modo di conoscerlo per il rapporto di frequentazione che ha con il presidente. Lavitola veniva a trovarlo ogni tanto… per quanto ho potuto constatare i loro rapporti erano cordiali. Sicuramente Berlusconi gli dava del tu”. Vero, come ha detto Niccolò Ghedini, “il presidente verso tutti coloro che vengono toccati da vicende giudiziarie, naturalmente per un riflesso condizionato, ha una solidarietà istintiva”, ma oggi sarà forse imbarazzato dai rapporti con Lavitola che, seguendo il suo consiglio, è rimasto dov’era. E oggi è latitante.

da Il Fatto Quotidiano del 25 settembre 2011

--------------

PSICOLOGIA

Distrutti dopo il divorzio?
La separazione non c'entra

Uno studio americano rivela: il dolore per una storia finita non riguarda la perdita del coniuge o i timori per il futuro, ma la capacita perduta durante il matrimonio di amare se stessi di SARA FICOCELLI

Diceva Marlene Dietrich che "quando l'amore è finito, gli alimenti colmano il vuoto". Di separazioni la femme fatale ne sapeva qualcosa, ma un conto è lasciare Ernest Hemingway per Jean Gabin e un altro è separarsi da comuni mortali, magari con figli piccoli e un mutuo da pagare. Il divorzio è sempre un momento difficile da affrontare sia sul piano pratico che psicologico, ma non tutti lo vivono allo stesso modo. C'è chi supera il trauma dopo qualche mese, chi si lascia tutto alle spalle all'istante, chi impazzisce di rabbia e chi va in depressione e non riesce più a rifarsi una vita.

Lo psicologo David A. Sbarra dell'università dell'Arizona, con i colleghi Hillary L. Smith e Matthias R. Mehl, ha studiato le dinamiche psicologiche dei divorziati e le differenti capacità di reazione, concludendo che, al di là della situazione specifica, tutto dipende dal livello di "self compassion" di ognuno. In altre parole, più si è indulgenti e generosi con se stessi, meglio si affronterà il dolore.

Lo studio è stato pubblicato su Psychological Science, la rivista dell'associazione psicologica americana, e dimostra una cosa solo apparentemente scontata: a dilaniare, durante una separazione, non è la perdita del coniuge o la consapevolezza degli sforzi economici che si dovranno affrontare, ma l'incapacità di perdonarsi e lasciarsi scivolare addosso le cose. Abituate a preoccuparsi dell'altro e della famiglia, molte persone dimenticano come si fa a volersi bene, pretendono da sé la perfezione e si addossano, al momento di divorziare, colpe che non hanno. I più fortunati non sono gli egoisti, ma coloro che hanno a cuore la propria persona non meno di quella altrui. "L'autocompassione - spiega Sbarra - può promuovere la resilienza, ovvero la capacità dell'uomo di affrontare e superare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente".

La ricerca ha coinvolto 105 quarantenni, di cui 38 uomini e 67 donne, sposati da più di 13 anni e divorziati da tre o quattro mesi. A tutti è stato chiesto di parlare dell'ex coniuge per 30 secondi e poi per 4 minuti dei propri sentimenti riguardo alla separazione. Misurando il livello di self-compassion con rilevatori audio che decifrano le implicazioni psicologiche dei costrutti delle frasi e intervistando nuovamente i volontari dopo tre e sei mesi, gli studiosi hanno rilevato che chi era capace di auto-compassione affrontava meglio il trauma del divorzio, mentre chi era abitualmente duro con sé stesso soffriva di più. "Non è semplice chiedere a qualcuno di essere meno ansioso. Non si cambia personalità così facilmente - continua Sbarra - ma è possibile modificare atteggiamento a poco a poco grazie all'esperienza. In questo, le donne sono molto più in gamba degli uomini".

Secondo gli ultimi dati Istat (luglio 2011), nel 2009 ci sono state in Italia 85.945 separazioni e 54.465 divorzi. Un dato frutto di una crescita esponenziale nel corso degli ultimi 15 anni (nel 1995 ogni 100 matrimoni c'erano 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2009, sempre ogni 100 unioni, 297 separazioni e 181 divorzi) e, secondo Fausto Manara, docente di Psicoterapia presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria e vicepresidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, motivato da una presa di coscienza sempre più disincantata dei rapporti. "Le coppie oggi si sposano sapendo benissimo a cosa vanno incontro - spiega lo psichiatra autore di "Amici, nemici, amanti possibili" (Sperling & Kupfer, 2011, 240 pag.) - e quindi quando capiscono che la cosa non va sono pronti a chiudere".

Secondo l'esperto, la capacità di reazione di ognuno di fronte a una fase simile della vita dipende innanzitutto dai motivi che hanno portato al divorzio, dall'averlo promosso o subìto. "Poi - spiega - dalla lealtà nella fase di separazione, o dai rancori che l'hanno accompagnata e, ancora, dalla capacità di progettarsi come individui indipendenti. Infine, dalle caratteristiche di personalità". Per quanto affrontato egregiamente, un divorzio suscita sempre, precisa Manara, sensazioni di perdita e di fallimento, anche quando sembra prevalere un sentimento di liberazione. E non è detto che il gentil sesso sia più forte di quello maschile. "Le donne sanno affrontare le questioni pratiche della vita con maggiore indipendenza - conclude - e questo le può facilitare. Ma gli uomini hanno maggiore facilità a trovare "premi di consolazione" per alleviare il dolore della perdita".
 
(25 settembre 2011)

domenica 25 settembre 2011

già....

Martedì alla Camera torna il bavaglio 

Il governo pensa alla “fiducia” per blindarlo
Botta e risposta tra Palamara e Cicchitto. Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati: "Intercettazioni sono strumento indispensabile". Il capogruppo Pdl a Montecitorio: "Certi pm fanno strame del diritto alla privacy". La missione della maggioranza: fare presto
Il presidente dell'Anm, Luca Palamara
Una “barbarie” che va fermata, dice Berlusconi. Passato il voto su Milanese e in attesa di quello su Saverio Romano, il Cavaliere pensa a sé e conferma che sulla legge sulle intercettazioni non ci saranno ripensamenti. E neppure modifiche. L’urgenza è tale che quella legge, che non piace un granché sia dentro il Pdl che nella Lega, sarà approvata il più presto possibile. Il dibattito comincerà martedì 27 alla Camera, ma la discussione entrerà nel vivo solo i primi di ottobre; il voto, secondo gli uomini di Berlusconi, dovrebbe esserci entro giovedì 6.

“Stiamo parlando di una legge che sta facendo navetta tra Camera e Senato da due anni – aveva spiegato il capogruppo, Fabrizio Cicchitto a margine della votazione su Milanese – e non mi pare proprio che si possa parlare di accelerazione, casomai il contrario, c’abbiamo messo troppo tempo…”. Nessuno ne parla apertamente, ma è più che probabile che su quel testo il governo metta la fiducia per evitare che una seppur minima modifica lo faccia ritornare al Senato, facendo perdere tempo prezioso; l’imperativo è fare presto. Dunque, il bavaglio stavolta potrebbe arrivare davvero, vista la determinazione di Berlusconi e dei suoi che, però, trova appoggio anche in fasce piuttosto ampie dell’opposizione. “La legge non è senz’altro il massimo – commentava un adepto del Cavaliere dopo il summit sulla giustizia a Palazzo Grazioli dell’altro giorno – ma intanto approviamo questa, poi ci sarà sempre tempo per fare le modifiche, la priorità ora è far finire questo gioco al massacro sulla stampa”.

L’unico punto su cui si discute ancora è la questione legata all’opportunità di mettere la fiducia. Con una maggioranza dai numeri ogni giorno più esili, il rischio di cadere proprio su un provvedimento ad personam è un incubo che il Cavaliere rifugge, ma che potrebbe diventare concreto se davvero, come sembra, alle ragioni di opportunità si contrapporranno quelle della necessità e dell’urgenza. Se poi dovesse andare bene un’altra volta, ecco allora che il bavaglio sarebbe legge per metà ottobre. In pratica, domani. E questa imminenza non è sfuggita, ieri, al presidente dell’Amn, Luca Palamara. “Le intercettazioni – ha commentato – sono uno strumento investigativo indispensabile per scoprire chi commette reati, per garantire e assicurare alla giustizia i criminali e evitare che ci sia impunità nel nostro Paese”. E poi, ci sono davvero “altre priorità” prima di mettere il bavaglio alla stampa e i bastoni tra le ruote alla magistratura, ma è una questione su cui Berlusconi non sente ragione. Specie adesso.

“Palamara fa finta di non sapere – ha infatti risposto subito Fabrizio Cicchitto – che alcuni magistrati stanno facendo un uso del tutto indebito delle intercettazioni dandole in pasto ai media per scopi politici e facendo strame di ogni diritto alla privacy”. Le parole e l’ostinazione di sempre, quindi, nella maggioranza che non ha toccato in commissione alla Camera i capisaldi del provvedimento varato dal Senato: pubblicazione consentita solo per conversazioni rilevanti ai fini del processo, è previsto il carcere per i cronisti e per chi passa loro le informazioni, sarà più difficile intercettare i mafiosi e impossibile farlo con i preti e verrà severamente punita anche l’intercettazione “fraudolenta” senza il consenso dell’interessato (la famosa “norma D’Addario”). Intanto giovedì 29, in piazza del Pantheon a Roma, il “Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo” ha indetto una manifestazione per dire no al bavaglio. La maggioranza andrà avanti incurante di qualsiasi protesta.

------------- 

Bavaglio al web col ddl intercettazioni
ritorna la norma "ammazza blog"

Il governo ripresenterà lo stesso disegno di legge, inclusa la disposizione che obbliga i gestori di un sito a modificare i contenuti pubblicati se oggetto di richieste di rettifica. Nessuna possibilità di replica e multe salate. In Rete riparte la mobilitazione

ROMA - Il governo torna alla carica sul ddl intercettazioni, fortemente voluto dal premier Silvio Berlusconi. Una questione su cui l'esecutivo è orientato a porre la fiducia, bloccando la via a ogni eventuale emendamento.

Ma il disegno di legge attualmente allo studio contiene ancora la norma 1 cosiddetta "Ammazza blog", una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di "sito informatico" ha l'obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione. Non c'è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa. Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare. Senza contare l'accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.

Ai fini della pubblicazione della rettifica, non importa se il ricorso sia fondato: è sufficiente la richiesta perché il blog, sito, giornale online o quale che sia il soggetto "pubblicante" sia obbligato a rettificare. Ecco il testo: "Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni
o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".

Al di là delle diffamazioni e degli insulti, ogni contenuto sul web diventerebbe potenzialmente censurabile, con l'invio di una semplice mail. E sul ddl intercettazioni, il governo ha particolarmente fretta: il documento potrebbe passare così com'è entro pochi giorni. Un caso unico in Europa che, come in passato 2, sta già allarmando il popolo del web e mobilitando i cittadini in favore della difesa della libertà di informazione, come già accaduto ai tempi della contestata delibera AgCom. 3

(25 settembre 2011)
 
-------------- 
STONER Lorenzo, da parte sua, non gli ha risparmiato complimenti: “Casey e la Honda hanno fatto un bellissimo lavoro, finora. Ci sono ancora quattro gare e cento punti in palio, ma è logico che lui sia favorito per la vittoria. Ha avuto a disposizione una grande moto, e lui è stato bravo a fare una stagione quasi perfetta, perché ha molto talento. Cosa è mancato a me? Senza quella caduta a Silverstone oggi avrei venti punti in più, e sarebbe stato tutto molto più aperto. L’anno prossimo, con le moto a 1000cc, credo che ci sarà una competizione ancora più serrata, e le moto avranno una potenza sufficiente per minimizzare i problemi di velocità e accelerazione. La Yamaha sarà forte, la moto ha dimostrato di avere un bel passo in curva e una buona stabilità in frenata: lavoreremo per essere al meglio”.
VALENTINO — Il tre volte campione mondiale (contando i due titoli in Aprilia nella 250cc), non si è negato a commenti su due icone, ognuno a modo suo, dei motori nostrani. Vale Rossi, con le sue note difficoltà in Ducati, e Marco Simoncelli, che con Lorenzo ha avuto da ridire ad Assen, quando provocò la caduta del maiorchino con un avventuroso sorpasso in curva: “Penso che Marco abbia capito che deve stare più calmo nelle situazioni di sorpasso, e credo anche che per evitare che possano ricapitare episodi del genere bisognerebbe inserire qualche penalità importante. Rossi? Devo essere sincero, non mi aspettavo che Valentino avrebbe avuto tutti questi problemi con la Ducati. Sapevo che era una moto difficile, e che solo Stoner sa spingerla al limite. Ma era comunque davvero dura pensare che sarebbe finito così in difficoltà”. Su Valentino Rossi dice la sua anche Marco Melandri, secondo con 302 punti nel campionato Superbike, lontano dai 376 di Checa, che in Ducati c’è stato: “Puoi essere il miglior pilota al mondo, ma se non hai confidenza con la moto che guidi vai in difficoltà. In Ducati sono entrati in un vortice confusionale da cui è difficile uscire, servono cambi drastici. La mia Ducati era una moto ‘nervosa’, e per quanto mi riguarda credo che non ci fosse nemmeno buona volontà da parte dell’azienda”.
Marco Melandri con la fidanzata. Lapresse
MELANDRI — Melandri ammette che il distacco da Checa è ormai incolmabile, ma non molla: “Ci sono ancora delle gare da fare e un secondo posto da raggiungere. E nell’immediato punto a fare molto bene a Imola, visto che il circuito è a pochi chilometri da casa mia”. Di fiducia e serenità parla anche Checa, autore di una stagione sorprendente, e con un titolo che ormai è solo lì da afferrare: “I risultati di questa stagione ci danno una grande soddisfazione come team, e ci fanno capire che in questi due anni abbiamo lavorato nella direzione giusta. Ora speriamo di vincere questo campionato. Il segreto di queste vittorie? Avere un grande team alle spalle, perché un pilota da solo non va da nessuna parte, e per me è stato così fin dall’inizio della mia carriera. E poi la fiducia che ho nella mia moto: per me è come un guanto da indossare, non ci parlo, ma quasi. Io e la moto ci capiamo molto bene, e con la guida e il lavoro di squadra abbiamo saputo minimizzare i problemi di velocità”.
Pietro Scibetta© RIPRODUZIONE RISERVATA

sabato 24 settembre 2011

hahahahhaha

L'ANALISI

Musica, video, tv e Timeline
il web 3.0 targato Facebook

Il restyling del social network più popolare stavolta va in profondità: non solo chat e notizie, ma anche film, musica e tv. Per cambiare la stessa forma dei contenuti da condividere di ERNESTO ASSANTE

UN TEMPO c'era il web. Adesso c'è Facebook. Per milioni, decine di milioni, di persone la realtà è oggi questa. E diventerà questa per molti altri milioni di persone nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. Persone che troveranno notizie, saranno in contatto con i loro amici, vedranno film e televisione, ascolteranno musica, faranno acquisti, comunicheranno, condivideranno, chatteranno, faranno molte altre cose ancora attraverso il social network di Mark Zuckerberg, senza passare su altri siti, senza navigare altrove. E tutto questo avviene, e avverrà sempre di più, perché Facebook, che ci piaccia o no, è il Web 3.0.

Una rivoluzione. Le novità che ieri il fondatore di Facebook ha illustrato 1 a San Francisco non sono di poco conto e partono, esattamente, dalla convinzione che Zuckerberg ha, ma non confesserà mai pubblicamente, che la sua creatura possa essere il Web ad uno stadio superiore di evoluzione. Basta guardare a come cambiano le pagine personali, rivoluzionate dalla "Timeline", destinata a restare per sempre, a non essere più un luogo "usa e getta", dove mettere al volo il proprio "stato", a trasformarsi in un infinito album dei ricordi che, allo stesso tempo, vive in maniera dinamica assieme a noi, collezionando tutte le attività condivise su Facebook, le foto, i video, i luoghi visitati e persino le applicazioni usate da quando
ci si è iscritti.

Come cambia. Un cambiamento non da poco, un cambiamento di filosofia che, se gradito e accettato dagli utenti, sposta la pagina del "profilo" degli utenti dall'essere un diario a diventare un libro. Non più la semplice estensione di un blog, insomma, ma qualcosa di più, di diverso e, sostanzialmente, di nuovo, in grado di conservare testi più lunghi degli ormai classici 500 caratteri ma anche di dar spazio a contenuti più duraturi, meno consumabili, meno volatili. Una novità che potrebbe portare alla nascita di contenuti nuovi, organizzati in maniera diversa nella Timetable rispetto a tutte le precedenti modalità che la rete ci ha fino ad oggi offerto. "Per fare in modo che la timeline funzioni, serve una nuova categoria di applicazioni", ha detto Zuckerberg, e per fare questo il vecchio, semplice tasto "like" non bastava più. Si passa così a una straordinaria molteplicità di modi di interagire con i contenuti presenti in rete, attraverso una serie di applicazioni che consentiranno agli utenti di Facebook di condividere con i propri amici non solo testi, video e foto, come accade fino ad oggi, ma anche musica, film, giornali, programmi televisivi, oltre ai già moltissimi videogiochi di successo.

Un universo multimediale. Sono in tanti ad aver aderito immediatamente all'ipotesi di Facebook, da Spotify a Deezer per la musica, da Netflix a Hulu per il cinema e la tv, da Cnn a Wall Street Journal, da L'Equipe a l'Indipendent, dal Daily di Murdoch all'Huffington Post per le news, arrivando addirittura a Yahoo, che offre la condivisione delle notizie attraverso le pagine del social network. Sarà possibile scoprire quali canzoni, film, notizie, giornali, programmi tv stanno ascoltando, leggendo o vedendo i propri amici, e farlo insieme a loro o suggerirne altri. E' la condivisione al massimo livello possibile ed è, soprattutto, ed è questo il tema, un modo per non far uscire gli utenti da Facebook.

La vita dentro Facebook. La novità più importante è proprio questa: ora, e in prospettiva sempre di più, si potrà fare tutto dentro l'universo di Facebook. E già oggi, come dicevamo in apertura, è così per milioni di persone, è così per una intera generazione di giovanissimi che accendono il computer e si collegano direttamente a Facebook, non passando per nessun altra pagina, nessun altro sito. Giovani che fino a ieri hanno ottenuto ugualmente notizie, ascoltato musica o visto video, che i loro amici avevano preso altrove e portato dentro le mura di Facebook.

Perché fino a ieri, comunque, per avere le news, tutte le notizie si andava a leggere le pagine di un sito d'informazione, per vedere un film si andava su un sito che aveva gli streaming, così per i programmi tv, o per ascoltare la musica. Ora Facebook ci dice che non c'è bisogno, che le news, i film, la musica, la tv, gli acquisti si possono fare utilizzando le app all'interno del social network, senza uscirne fuori. Per chi usa Facebook in maniera continua e assoluta è un motivo in più per restare collegati al social network, trasformando ogni attività in attività sociale. Per chi non era ancora entrato nel mondo della F ci sarà un motivo in più, perché l'offerta di Zuck e dei suoi sarà sempre più completa, ricca, affascinante. Entrare nel mondo della F sarà sempre più facile, uscire fuori sarà sempre più inutile. 

Uscire fuori. Già, perché Facebook è dentro a un "walled garden". Non è il Web, non è libero. C'è la libertà, ma all'interno di regole definite. Ed è proprio questo il tema principale, la cosa più importante. Su Facebook non c'è il porno, non c'è possibilità che per sbaglio si possa finire su contenuti indesiderati. E se per caso questo accade esiste una "polizia" in grado di far sparire i contenuti inadatti. Sulla posta di Facebook non c'è lo spam, e se malauguratamente ne dovesse mai arrivare, esiste il modo di bloccare l'autore e impedire che accada di nuovo. Su Facebook ci possono essere, come nel Web o nella vita normale, molestatori e disturbatori di ogni genere ma, al di la del fatto che siamo in grado di gestire completamente la lista dei nostri "amici", di chi deve vedere o no i nostri contenuti, foto, testi, video, esiste comunque un controllo che consente, più o meno rapidamente, di mettere molestatori e disturbatori in condizioni di non nuocere. Non c'è l'anarchia del Web, insomma, o almeno ce n'è molta di meno.

Non ci sono i rischi e i pericoli del Web, o almeno sono maggiormente controllati. E ci sono tutti i pregi del Web, la mail, la chat, la condivisione, le foto, i video, la mobilità, l'immediatezza. Alla gente, badate bene, questo piace. Ai settecentocinquanta milioni di utenti di Facebook piace proprio l'idea di essere in un posto che è il Web ma ad uno stato di evoluzione superiore. E' un po' come se dalla fase dei villaggi e delle tribù, si fosse passati all'organizzazione delle prime città, con regole di vita e di comportamento diverse e più elaborate, in grado di garantire la convivenza tra persone diverse, con idee diverse, con desideri, sogni, bisogni, necessità differenti. E' il Web, insomma, ma nella sua versione 3.0. Un Web multimediale, interattivo e chiuso in un "walled garden", in cui si può entrare ma dal quale si può anche essere cacciati. E' un Web completamente diverso da quello che, fino ad oggi, abbiamo conosciuto.

Avrà successo? Sarà questa la prossima forma che prenderà la Rete? Non ci sono certezze, rispetto all'unica grande certezza che negli ultimi venti anni abbiamo ampiamente imparato: nulla nel Web è per sempre. Prima o poi qualche altro giovanotto arriverà con un idea migliore di quella di Zuckerberg, e Facebook diventerà un ricordo. Come Altavista, come Netscape, come MySpace, come le molte forme che la Rete ha preso in questi anni. Prima o poi avremo un Web 4.0. Per adesso abbiamo quello di Facebook e, se i cambiamenti annunciati ieri verranno graditi dagli utenti, durerà per un bel pezzo.
 
(23 settembre 2011) © Riproduzione riservata 

------------------- 

Milanese, Scilipoti contro Tremonti: “Un’indecenza, deve dimettersi” (audio intervista) 

“E’ un’indecenza che il Ministro Tremonti, ieri, non fosse presente in aula per le votazioni; ed ancora più grave è il fatto che rifiuti di prendere in considerazione i necessari suggerimenti che gli vengono dati dalle forze politiche presenti all’interno del Parlamento e dalle forze sociali, per far fronte a questa difficilissima situazione economica”. Domenico Scilipoti, il responsabile segretario politico del Movimento di Responsabilità Nazionale, si scaglia contro il ministro dell’economia Giulio Tremonti che ha avuto un comportamento “gravissimo ed inconcepibile” tanto da chiederne le dimissioni.

Scilipoti chiede le dimissioni di Tremonti by ilfattoquotidiano.it

“Sarebbe opportuno che il Ministro pensasse a dimettersi e lasciasse il posto a persone che potrebbero avere maggiore sensibilità nel gestire meglio il dicastero dell’Economia. Non ci possiamo permettere ancora il lusso di lasciare al loro destino milioni di famiglie e imprese per tutelare gli interessi di pochi”. Raggiunto telefonicamente, Scilipoti annuncia una terza manovra economica e, dice, “questo ci lascia perplessi”. Ma perché solamente oggi, dopo la sua assenza in aula, il responsabile Scilipoti critica la manovra? “L’ho sempre fatto e poi io non tiro a destra o a sinistra, cerco solo di mantenere la mia posizione al centro”. Per quanto neghi, però, si scalda sul voto di Milanese. “Tremonti deve assumersi la responsabilità e prendere una posizione, aveva l’obbligo di dirlo. I politici devono essere chiari davanti ai cittadini”, si infervora. “Se fossi stato io al posto suo – dice – mi sarei presentato in aula a votare”. Il responsabile Scilipoti maestro di coerenza dunque.

-------------------

Singapore, comanda Vettel
Alonso è nella sua scia: 2°

SINGAPORE, 23 settembre 2011

Nelle prime libere miglior tempo per il tedesco della Red Bull davanti alla Ferrari dello spagnolo. Sessione iniziale accorciata di 30 minuti per riparare i cordoli fissati male nei giorni scorsi. Fernando: "Red Bull superiore, ma noi sfrutteremo ogni opportunità". Massa: "Caldo terribile"

L'organizzazione di un GP, per quanto giovane, alla quarta edizione dovrebbe cominciare a filare via liscia liscia. Invece succede che nemmeno nella super tecnologica Singapore bisogna dare nulla per scontato. Anche perché i riflettori della F.1 amplificano le attenzioni. La prima sessione di prove libere del GP che si corre nella notte della piccola Città Stato è stata accorciata di 30 minuti perché diversi cordoli artificiali non erano stati ben fissati.
Gazzetta TV
 
operai — Sospensione immediata della sessione e operai schierati per le riparazioni d'urgenza. Alle curve 3 e 14 i pannelli sono stati letteralmente tolti, nelle altre parti del circuito gli addetti si sono armati di tutto punto per fissare meglio i manufatti all'asfalto. Insomma, al pronti via del fine settimana non una bellissima figura per la società organizzatrice, anche perché il GP non cade all'improvviso e ormai ogni angolo del tracciato non dovrebbe più avere segreti. La prima sessione si è poi svolta, ma a 7 minuti dalla fine la parte terminale di uno di questi cordoli è saltata via al passaggio della Ferrari di Massa. Nuovo intervento degli operai per rimuovere il pannello e altra magra figura.
Sebastian Vettel concentratissimo anche a Singapore. Ap
Sebastian Vettel concentratissimo anche a Singapore. Ap
seb si scatena — Nella seconda sessione, invece, nessun imprevisto e svolgimento regolare. Con l'asfalto cittadino più gommato e l'impiego delle gomme super soft i tempi si sono abbassati notevolmente rispetto alla prima ora, quando il più veloce del gruppo era stato Lewis Hamilton. Alla fine della giornata il cronometro ha premiato, ormai non è più una novità, Sebastian Vettel. Il tedesco della Red Bull ha preceduto la Ferrari di un Fernando Alonso che evidentemente in queste stradine si trova sempre a suo agio. Terzo tempo per Lewis Hamilton con la McLaren davanti alla Ferrari di Felipe Massa. Poi c'è Webber mentre Jenson Button ha il 10° tempo: l'inglese ha concluso anzitempo la sua giornata parcheggiando lungo la pista la sua McLaren ammutolita da un problema tecnico.
Gazzetta TV
 
lotus brucia — Da registrare nella prima ora anche un mini incidente tra Glock e Webber. Il tedesco ha impostato una curva a sinistra senza accorgersi dell'arrivo all'interno dell'australiano, un po' fuori misura in questa circostanza. La posteriore sinistra della Virgin ha sbriciolato un pezzo di alettone anteriore della Red Bull dell'australiano. Degna di nota anche la sfortuna di Kovalainen, che negli ultimi tempi non ha un bel rapporto col fuoco. In Ungheria la fuga precipitosa dalla sua Lotus, oggi il problema ai freni anteriori che si sono incendiati costringendo gli addetti di pista a un paio di spruzzate con gli estintori.
alonso in agguato — Il ferrarista Alonso è realista, sa che la Red Bull resta superiore, ma non demorde: "È stata una sessione caratterizzata da tante interruzioni che ci hanno impedito di girare quanto avremmo voluto - ha detto Fernando -. Tutto sommato, sono soddisfatto di quanto fatto: qui come a Montecarlo, si devono trovare i riferimenti ideali per andare al limite, ma non un centimetro oltre perchè ogni errore si paga caro. La macchina è più o meno come ci aspettavamo: le sensazioni sono migliori di Monza e Spa, ma dobbiamo essere realisti e non aspettarci delle grandi sorprese: la Red Bull è anche qui la favorita e anche la McLaren è molto forte. Noi cercheremo di sfruttare ogni possibile opportunità".
massa accaldato — Massa, si preoccupa soprattutto del raffreddamento: "Il caldo l'ha fatta da padrone: ne faceva tantissimo in macchina. Per quello che si è visto, il degrado degli pneumatici è piuttosto elevato ma le condizioni dell' asfalto possono cambiare, visto che la pista era molto sporca. Conterà molto scegliere il livello di raffreddamento migliore per freni e motore: la corsa sarà molto impegnativa, credo che siamo messi meglio rispetto alle ultime due gare".
g.fer.© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
------------

L'ESPOSIZIONE

Nebbia, nuvole, mare e batteri
ecco come dissetare il Pianeta

Dal desalinatore solare alle reti cattura-foschia, in mostra a Londra le invenzioni e le tecnologie più promettenti per vincere la sfida di un mondo sempre più a corto d'acqua di VALERIO GUALERZI

Raccoglitori di nebbia, desalinatori batterici e serre irrigate grazie all'evaporazione di acqua marina. La scarsità di acqua dolce pone l'umanità davanti a una sfida immane, ma un mix di ingegno, tecnologia e vecchia saggezza contadina potrebbero regalarci la possibilità di vincerla. Il London Science Museum ospita in questi giorni (e fino alla prossima estate) "Water Wars" 1, una mostra che fa il punto sull'arsenale di invenzioni messe a punto negli ultimi anni per affrontare il crescente bisogno di risorse idriche.

In molti Paesi lo sfruttamento dell'acqua per le esigenze agricole e industriali è già al limite, ma l'incremento demografico (nel 2050 saremo probabilmente circa nove miliardi) e l'imprevidibilità dei cambiamenti climatici impongono di corrrere ai ripari quanto prima con soluzioni alternative. "La maggior parte di noi non si rende conto dell'enorme quantità di acqua di cui abbiamo bisogno per far crescere il nostro cibo, per una sola barretta di cioccolato occorrono l'equivalente di 13 vasche da bagno", ricorda la curatice della mostra Sarah Richardson. Da qui la scelta di proporre all'attenzione del pubblico la portata del problema, ma anche le soluzioni più promettenti per risolverlo. Cinque metodi in tutto, già collaudati almeno in parte sul campo, spiegati nei dettagli del loro funzionamento, nelle loro potenzialità, ma anche nei dubbi che ancora non sono stati in grado di fugare del tutto.

2GUARDA LE IMMAGINI 3

Raccogliere la nebbia. E' forse il sistema più promettente, anche in virtù dai costi molti contenuti visto che tra l'altro non ha bisogno di energia. L'idea è quella di rendere più efficiente e su grande scala il sistema già usato da alcune comunità locali nei Paesi in via di sviluppo. In particolare in Perù 4, in alcuni sobborghi di Lima, in mancanza di rete idrica la popolazione stende delle reti su un versante della montagna particolarmente esposto alle foschie. Con il passare delle ore queste reti si impregnano di microgoccioline d'acqua che finiscono per scolare in appositi contenitori. Risultati migliori si possono ottenere però con tessuti speciali ispirati al rivestimento pieghettato dello scarafaggio della Namibia, un vero esperto in questo campo visto che sopravvive grazie alla condensa che si forma sul suo dorso. Inoltre strutture più alte e meglio disegnate possono garantire un ulteriore salto di qualità. A Londra è esposta in particolare la storia dell'impianto costruito in Cile dall'architetto Alberto Fernandez e dalla designer industriale Susana Ortega: una torre per catturare la nebbia che entrerà in funzione nel 2012. Se le promesse fossero mantenute, il passo successivo sarebbe quello di salire ancora più in alto e raccogliere il vapore acqueo direttamente dalle nuvole di bassa quota.

Evaporazione marina. L'acqua regalata al deserto da un improvviso temporale evapora via in fretta sotto l'effetto del sole torrido e del vento, servendo a ben poco. Ma se invece venisse catturata? E se ad evaporare anziché preziosa pioggia fosse acqua marina? E' da questa idea che è partito l'ingegnere Charlie Paton per realizzare, dopo 20 anni di esperimenti, le sua serre ad evaporazione marina. Al loro interno anche nel Sahara è possibile coltivare ortaggi con acqua salata che speciali attrazzature per favorirne e raccoglierne evaporazione e condensazione trasformano in acqua dolce. Secondo gli esperti della Ong britannica Oxfam, l'ostacolo per un impiego su larga scala di questa tecnologia sono i costi, ancora da verificare su larga scala, e le eventuali difficoltà politiche in aree del Pianeta afflitte da costanti conflitti.

Le scatole per piante. Tutto si basa sul principio che a sopravvivere meglio alla siccità sono quelle piante in grado di radicarsi più a fondo nel terreno. Da qui il tentativo di dare loro una mano con delle speciali scatole (una sorta di vasi high-tech da interrare insieme alla pianta) che intrappolano acqua e umidità, rilasciandola solo poco alla volta, permettendo la sopravvivenza anche in lunghi periodi senza precipitazioni e costringendo allo stesso tempo le radici a farsi strada verso il basso. Il brevetto esposto allo Science Museum è quello di Pieter Hoff. Per gli addetti ai lavori non ci sono dubbi che la cosa funziona. Del resto una pratica simile fa parte da sempre degli usi contadini in Nepal e Sri Lanka, dove si interrano dei vasi di terracotta che fanno trasudare l'acqua poco alla volta. I dubbi riguardano semmai i costi: al momento queste speciali waterbox costano 12 sterline l'una, decisamente troppo per gli agricoltori dei Paesi poveri. Andrebbero quindi realizzate in proprio artigianalmente con materiali a buon mercato. Cosa fattibile, ma da mettere a punto.

Desalinazione solare. La desalinazione dell'acqua di mare è già da tempo una risorsa alla quale ricorrono molti Paesi per ridurre il loro deficit idrico. Il problema sono i costi energetici. Ma dove c'è poca acqua c'è quasi sempre molto sole e a Cipro è in via di ultimazione il primo impianto di desalinazione alimentato da una centrale solare a concentrazione. Il progetto di George Tzamtis non è ancora entrato in funzione e c'è grande attesa per le sue performance. I problemi da superare sono stati molti. Il profilo accidentato delle coste cipriote non è certo il posto ideale per piazzare una centrale solare, ma soprattutto è stato necessario creare delle speciali condotte di scarico per evitare che la salamoia prodotta dal processo di desalinazione rischiasse di danneggiare l'ecosistema marino dell'isola. Sul fatto che sia questa la strada da percorrere grava in particolare lo scetticismo degli ambientalisti. "Ci sono metodi meno invasivi, più economici e molto più semplici per affrontare la crisi idrica", sentenzia ad esempio il Wwf.

Desalinatore a batteri. Di tutte le tecnologie in mostra a Londra è la più futuristica. L'invenzione della Mdc (microbial desalination cell) è di Bruce Logan e parte dalla stessa esigenza della desalinazione solare: ricavare acqua dolce dal mare senza consumare energia tradizionale. A far lavorare questa cellula divisa in diversi comparti sono dei particolari batteri. Stipati in un contenitore e foraggiati con dei nutrienti, questi microrganismi per metabolizzare il cibo producono particelle a carica positiva che innescano una serie di reazioni a catena negli altri contenitori, con il risultato finale di "estrarre" sodio e cloro dall'acqua marina. Al momento la Mdc non è in grado di garantire applicazioni su larga scala, anche perché le sostanze date in pasto ai batteri sono piutosto care. La sfida successiva è quindi quella di riuscire a nutrirli con acque reflue di fogna, prendendo due piccioni con una fava. 
(23 settembre 2011)