giovedì 29 settembre 2011

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Amazon, rivoluzione Kindle
nuovo tablet e lettore "touch"

L'azienda di Jeff Bezos presenta il suo dispositivo, che va a competere sul terreno di iPad e dei vari "slate" Android. Prezzo molto aggressivo, 199 dollari, e un enorme catalogo di contenuti e applicazioni già disponibili. Arrivano anche due nuovi lettori di ebook, di cui uno touchscreen di TIZIANO TONIUTTI

NEW YORK - A sorpresa, Amazon anticipa il lancio del suo ampiamente annunciato tablet, incarnazione evoluta del Kindle, il lettore di E-book distribuito dal megastore di Jeff Bezos. Il nuovo dispositivo si chiama Kindle Fire, un gioco di parole che ricorda "Candle fire", lume di candela. Con un prezzo d'assalto, 199 dollari, Kindle Fire va a infilarsi nella rutilante battaglia dei tablet, un nuovo concorrente nella corsa all'inseguimento del successo dell'iPad di Apple.

Ma non solo: Kindle Fire è anche la mossa di Amazon per anticipare l'arrivo del Nook Color 2, il tablet-ebook della catena Barnes & Noble. Il primo Nook Color è stato un successo, e l'arrivo della seconda generazione è imminente. Bezos ha poi presentato gli aggiornamenti dispositivi per la lettura, Kindle "classico" ora a 79 dollari e Touch, a 99. 

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L'androide e l'amazzone. Il nuovo Kindle Fire ha un cuore firmato Google. Il sistema operativo scelto da Amazon è Android, ma l'utente non lo riconoscerà subito. Si tratta infatti di una versione assai modificata, esteticamente in nulla riconducibile a quella nota a milioni di utenti nel mondo. Il display del Kindle Fire è un 7" con retroilluminazione e lo chassis ricorda molto da vicino quello del Playbook di Blackberry, un tablet interessante che però commercialmente al momento rimane indietro, tanto che alcune catene in Usa offrono sconti che arrivano fino a 200 dollari. La politica di prezzo annunciata da Amazon per Kindle Fire potrebbe fare una notevole differenza: il Nook Color 2 dovrebbe costare attorno ai 250 dollari, ma non è escluso un ribasso alla luce dell'annuncio di Bezos.

Certo il prezzo contenuto comporta dei tagli: Kindle Fire ha connettività Wi-fi, ma non 3G. E non ha camera frontale o retro, e neanche un microfono. Sin dal lancio, Kindle Fire può contare sull'enorme catalogo di contenuti digitali disponibili su Amazon e sull'altrettanto cospicuo numero di applicazioni Android tra gratuite e a pagamento.

Altri Kindle. Bezos ha anche annunciato un taglio di prezzo per il Kindle entry-level, ora a 79 dollari e completamente ridisegnato nello chassis. Ma una sopresa è arrivata dal lancio di un nuovo modello di e-book reader con schermo tattile, il Kindle Touch. Display monocromatico e capacità 3G per il modello più evoluto, e un'interfaccia utente riprogettata per accogliere i comandi touch. La versione Wifi costa 99 dollari, quella 3G 149.

Assolutamente interessante la funzione X-Ray, che scarica informazioni su argomenti collegati a quello che il lettore sta visualizzando sul Kindle in tempo reale. Ad esempio se sul display ci sono I Promessi Sposi, X-Ray può scaricare informazioni sull'epidemia di peste a Milano nel 1630. La tecnologia Whispersynch permette di interrompere la lettura (o la visione di contenuti nel caso del tablet) e riprenderla dallo stesso punto su qualunque dispositivo Kindle, o riproduttori sincronizzati col proprio account Amazon. Visto il successo dei modelli precedenti, non ci vuole l'analista di mercato per capire che Bezos ha in mano due o anche tre nuove miniere d'oro.
(28 settembre 2011)
 
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Il latitante Lavitola in tv: “Ho anticipato
per Berlusconi i 500mila euro a Tarantini”
“Continuerò a fare il latitante”. “Sono innocente e lo si legge dalle carte del Riesame di Napoli”. “Non mi sono mai impossessato dei soldi che il presidente aveva dato a Tarantini”. “C’è una telefonata non intercettata o non trascritta che mi scagiona dall’accusa di aver ricattato il premier”. “Non ho dato nessuna scheda telefonica peruviana a Berlusconi”. Queste e tante altre verità. Le sue verità. Valter Lavitola non aveva mai parlato prima: silenzio e latitanza. In origine indagato assieme ai coniugi Tarantini per estorsione ai danni del premier Berlusconi, ora è ricercato per un’accusa derubricata dal Tribunale del Riesame di Napoli a induzione a rendere dichiarazioni false o mendaci nell’ambito dell’inchiesta pugliese sulle escort. Oggi è uscito dall’ombra: è andato in tv e ha dato la sua versione dei fatti, collegandosi in diretta televisiva da Panama con Bersaglio Mobile, il nuovo talk show di Enrico Mentana. In studio e in collegamento, il vicedirettore del Fatto Marco Travaglio, il cronista giudiziario del quotidiano Marco Lillo, Carlo Bonini di Repubblica e Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita. Da Panama (o da un’altra località sconosciuta), il latitante Valter Lavitola. Domande e risposte. Secche.

“UNA TELEFONATA MI SCAGIONA” – Il primo colpo lo batte Mentana, che chiede qual è la sua posizione sulla vicenda del presunto ricatto. Secondo il faccendiere ci sarebbe una telefonata con Silvio Berlusconi che lo scagionerebbe dall’accusa di essersi appropriato indebitamente di parte dei 500mila euro fatti avere dal premier perché li consegnasse a Tarantini. “La mia telefonata – ha detto l’ex direttore de L’Avanti! – è stata fatta dalla stessa utenza argentina usata con Tarantini ma non c’è traccia di questa intercettazione. Perchè?”.

“TARANTINI? UN PO’ FESSO” – Travaglio domanda perché, visto che si dichiara innocente, ha detto a Tarantini di “costringere con le spalle al muro” il presidente del Consiglio. Lavitola prima legge direttamente l’ordinanza del Riesame, ma poi, pressato da Travaglio, aggiunge: “Tarantini è uno scapestrato e non un criminale, anche un po’ fesso. Lui e la moglie non avevano il senso della realtà, erano solo ragazzi sperperoni. Erano pressanti in maniera esasperante verso di me, aveva tre ossessioni: vedere il premier quanto più possibile, riuscire a far sì che un loro amico, Pino Settanni, potesse concretizzare l’ottenimento di un lavoro con una delle società collegate all’Eni e, terzo desiderio, la necessità di ottenere soldi per le loro esigenze più disparate. Io dicevo a Nicla Tarantini che questa storia finirà e che metterò il presidente con le spalle al muro per un solo motivo: perché a me non conveniva continuare a essere ossessionato da loro. In ginocchio? Era rivolta agli avvocati, ed è l’unica frase in 1200 atti che mi vede coinvolto nel discorso del patteggiamento”.

LA SCHEDA TELEFONICA DATA A B. – Sulla scheda peruviana data al premier, Lavitola ricostruisce: “Io non ho fornito nessuna scheda telefonica peruviana, ho dato una scheda italiana al presidente Berlusconi, comprata da un mio collaboratore peruviano, per timore di essere intercettato; non per i contenuti illegali della telefonata, ma perché parlavo di considerazioni riservate”. Il rapporto stretto con Berlusconi si evince dalla telefonata con il premier che fa parte dell’inchiesta di Pescara. Mentana la manda in onda e poi chiede: “Lei ha un rapporto quasi da consigliere con Berlusconi”? E Lavitola: “Ho poco da dire sulla telefonata. Sul ruolo, invece, non sono mai riuscito dal ’94 ad essere candidato. Sono riuscito, invece, dopo una gavetta lunghissima a far sì che il presidente mi concedesse di dire la mia su una serie di argomenti importanti, come si evince nella telefonata in questione. Sono un giornalista, faccio politica da 25 anni. Non sono un cretino: non vedo perché non avessi il diritto di dire la mia al presidente. Mi ero ritagliato un piccolo ruolo”.

“HO ANTICIPATO IO I 500MILA EURO PER TARANTINI” - Formigli chiede: “Perché i soldi a Tarantini sono stati dati da lei tramite una banca uruguaiana?” E Lavitola: “Perché Berlusconi al momento non poteva per altri motivi e li ho dati io. Non ce la facevo più ad avere due, tre telefonate al giorno dai Tarantini. Il premier aveva dato questi soldi solo per far avviare a Gianpaolo una attività imprenditoriale all’estero. Per me era una liberazione, specie quando Tarantini ha detto: ‘datemi questi soldi e non vi rompo più’. Ma come si fa a dare 500mila euro a Tarantini per far sviluppare un’attività all’estero? Io so cosa significa e i costi che comporta, perché in Sud America ho lavorato e lavoro bene. Ma lui consumava come una Ferrari”. Va in onda la telefonata con la segretaria del premier in cui si parla di ‘foto’ che Lavitola quasi pretendeva. Mentana chiede: “Di cosa si tratta?” E Lavitola: “Erano una parte del rimborso dei 500mila euro che avevo anticipato”. E Travaglio: “Qui c’è una cosa che fa passare Ghedini per uno sprovveduto, visto che si era attivato con B. per far riavere i soldi indietro da Tarantini. Possibile che Berlusconi si sia attivato per avere i soldi indietro da Tarantini se invece li aveva dati Lavitola?”. E Mentana: “E’strano che Lavitola dia 500mila tutti insieme e il premier in comode rate mensili?”. Poi viene chiesto all’ex direttore de L’Avanti! come e quando ha conosciuto Berlusconi. Lavitola risponde così: “Sono socialista, nel ’93-’94 ero nel partito, gran parte dei socialisti sono traghettati in Forza Italia, poi nel ’95 si iniziarono a fare una serie di riunioni e a Fiuggi l’ho incontrato la prima volta. Da allora in poi ho avuto modo di vederlo in una serie di riunioni, cercando di farmi apprezzare al fine di provare a fare il parlamentare. Non ci sono mai riuscito anche per colpa di Ghedini. E’ vero che ho minacciato di menarlo”.

“HO UN SACRO TERRORE DELLA MAGISTRATURA” – Marco Travaglio chiede il motivo per cui non torna in Italia per difendersi. L’ex direttore de L’Avanti! risponde candidamente: “Stasera ho fatto questa cosa ma non voglio fare un processo in tv, perché sia ben chiaro che ho un sacro terrore della magistratura e non voglio farli irritare in nessuna maniera. Ho una paura dannata. Sono latitante per alcuni errori, ma forse ho fatto bene vedendo quello che è successo a Tarantini e alla moglie, che non doveva essere arrestata perché aveva dei bambini piccoli. Tutto contro la legge, nonostante la misura sia disposta da un gip donna. Io avrei fatto la stessa fine di Tarantini: due mesi di carcere e poi mi avrebbero rilasciato chiedendomi scusa perché non ho fatto nulla”.

LA MASSONERIA – Travaglio chiede al faccendiere del suo rapporto con la massoneria. Lavitola dice: “Mi sono iscritto alla massoneria quando avevo 18 anni in una loggia di Roma perchè mi sembrò, leggendo un libro, che fosse il miglior apprendimento per imparare a stare zitti. Non so se Berlusconi sia iscritto”.

QUAL E’ IL LAVORO DI LAVITOLA? – Bonini, poi, domanda nuovamente a Lavitola qual è il suo mestiere e perché il premier perde tempo con lui, che sta sempre in mezzo a tante, troppe storie, da Saint Lucia al caso Tarantini. Lavitola dice chiaramente: “Sono qui stasera per non irritare i magistrati e voglio dimostrare di non essere l’uomo nero né il faccendiere che mi dicono di essere. Voglio dimostrare chi sono, cosa faccio e perché risulto un personaggio scomodo. Sono determinato e non soffro di timori reverenziali nei confronti di nessuno, ecco perché sono inviso a molti collaboratori del premier. Sono un giornalista, facevo le riunioni di redazione al telefono. Mi prendete in giro dicendo che sono un filantropo? Non c’è nulla da scherzare. Ho aiutato i Tarantini perché me lo ha chiesto il presidente. Lo incontrai, parlammo di loro, dissi ‘perché non li aiutiamo’ e lui mi disse: ‘aiutali perché questi sono dei ragazzini’. Per quanto riguarda il fatto di essere un imprenditore ittico, è una sottolineatura strana, perché è il mio lavoro e basta”.

I CORTIGIANI DI B. – Bonini fa accenno a un’altra vicenda, quella dei rapporti di Lavitola con la corte di B., con alcuni esponenti a cui il faccendiere avrebbe promesso di fare il ‘culo’. E il faccendiere risponde: “Cosa so dei cortigiani del presidente a cui avrei dovuto fare il culo? Ricordo di cosa stiamo parlando. Vennero da me D’Avanzo e un altro di Repubblica e mi sfogai: c’è una querela che feci al giornale perché quelli erano solo sfoghi. Io non so nulla che possa consentire di far male a nessuno. Molti dei collaboratori del premier mi sono antipatici, ma se sapessi qualcosa di compromettente su di loro non lo verrei certo a dire in tv”.

I RAPPORTI CON RAI, ENI, FINMECCANICA – Viene mandato in onda un servizio sulle tante attività imprenditoriali di Lavitola e sui suoi rapporti con le società di Stato. “Molte cose non vere. I soldi de L’Avanti! dirottati alla mia società brasiliana? Qualcuno dopo stasera può dire che sono completamente scemo? Ma come avrei potuto: se qualcuno di voi è in grado di dimostrare queste cessioni a società che non si occupano di stampa, beh, allora denunciatemi e querelatemi come ho già fatto io nei confronti di chi ha detto menzogne su di me. Sarei un pazzo a fare una cosa del genere. Rai Trade? Chiesi un appuntamento un anno e mezzo fa per verificare se era possibile acquistare diritti tv da vendere nel mercato centro e sudamericano. Non ne valeva la pena e non si è fatto nulla. Finmeccanica? Ho conosciuto Pozzessere il 2,3 dicembre 2009 in un meeting tra aziende italiane e sudamericane. C’erano molte multinazionali, tra cui Finmeccanica. Ho subito una serie di ingiuste delusioni da Berlusconi, non sono mai stato eletto né mai nominato e sappiamo della lite con Ghedini. Lo scoop è che non essendo mai riuscito a entrare in politica, nel 2010 chiesi di essere responsabile personale di Silvio in America Latina. Lui non mi disse né sì né no. Gli chiesi allora di essere messo alla prova durante un viaggio in America Latina e lui accettò per togliermi dalle scatole. Poi ci fu la storia delle ballerine di San Paolo e fu deciso che io non dovessi avere nessun incarico. Io qui non mi sto divertendo, non vedo mio figlio da tanto tempo né faccio il latitante per divertimento. Non voglio fare gossip con il discorso delle ballerine. Quando siamo arrivati a Panama, mi sono reso conto che non c’era nessuna chanche per le mie attività politiche. Al contrario, mi resi conto che con Finmeccanica potevo trovare un lavoro. Ero in difficoltà e credevo che potesse essere un’occasione. Pozzessere stesso mi propose una consulenza, per me una grande opportunità. Lui, del resto, in più occasioni e anche pubblicamente ha detto di avermi fregato con un contratto di 30mila euro, cifra che gli proposi io perché credevo che fosse uno scherzo la storia della consulenza. Poi mi sono reso conto di quanti soldi potevo chiedere, visto quanto pagavano i rapporti lavorativi simili al mio. C’è un’altra indagine in corso e non posso dire nulla. Il mio contratto stava scadendo e avevo chiesto un aumento a 70mila euro, ma mi hanno detto che non era possibile. Avevo scoperto un mondo in cui potevo mettere a frutto le mie competenze create negli anni grazie alle mie capacità e ai miei rapporti. In molti anni sono entrato in contatto con imprenditori, politici e quant’altro”.

“IL SEGRETO DEL MIO SUCCESSO” – “Ma non tutti hanno le sue entrature” dice Mentana, che poi manda in onda un servizio sugli stretti rapporti con i potenti sudamericani di Lavitola. “E’ difficile avere brutti rapporti con chi dona sei navi…Qual è il segreto del suo successo?” domanda Marco Lillo, che poi cita un’intercettazione in cui parlano la moglie di Tarantini e Lavitola. La signora è arrabbiata perché il premier non si fa ricevere e Lavitola spiega che Gianpi non può avere più rapporti con il presidente perché a lui interessa solo la figa. Lillo chiede se c’è una relazione tra queste frasi e il suo rapporto con il presidente del Consiglio. Lavitola risponde così: “Ci sono troppi omissis e bisogna contestualizzare le intercettazioni: le trascrizioni non sono attendibili perché parziali. Per la questione della figa, invece, qualcuno può pensare che a Berlusconi non piacciano le donne? Per quanto riguarda il Castello di Tor Crescenza, fui io a suggerire al presidente di affittarlo, visto che cercava un posto dove passare l’estate. Mi chiese di andare con lui e il mio parere sulla questione. Sulla vicenda delle navi, invece, bisogna finirla di dire cose inesatte: non ho regalato né fatto regalare nessuna nave. Era il frutto di un accordo bilaterale con l’Italia; Panama si impegnava nella lotta al narcotraffico in cambio di sei pattugliatori che stavano andando in disuso. Basta verificare: dai porti panamensi parte tantissima droga”.

I RAPPORTI CON PANAMA – Bonini torna sulla questione degli affari: “Come nascono i suoi rapporti col presidente panamense? Quali sono i suoi rapporti con Eni? Che ci faceva a Sofia il 24 agosto?” Lavitola ribatte: “A Sofia avevo appuntamento con dei fornitori di pesce, i diretti interessati possono testimoniarlo. Con Eni non ho avuto nessun tipo di contatto: in alcune occasioni ho bluffato con i Tarantini perché ero ossessionato dalle loro richieste. Con Martinelli nessun rapporto speciale. E’ un signore con radici italiane ed è un magnate dell’industria agroalimentare che ho conosciuto per motivi lavorativi nell’ambito delle comunità italiane del sud e centro America”.

“DA QUESTA STORIA SOLO GUAI” – Lillo chiede: “Il 16 giungo del 2011, lei dice a Nicla: ho parlato con Scaroni, l’ho chiamato dall’hotel Sheraton e lui sta cacato sotto. Perché?” “Ribadisco di essermi inventato tutto perché ero ossessionato dalle richieste – dice Lavitola – . Stiamo parlando di una situazione kafkiana: ho anticipato questa somma a Berlusconi perché avevo venduto due pescherecci e potevo farlo. Rispetto a questo, accade che la somma che mi viene data da Berlusconi come rimborso personale, la metà la utilizzo per le spese ordinarie e straordinarie di Tarantini e mi faccio firmare regolari ricevute (e fa inquadrare le ricevute, ndr)”. E Lillo: “La notizia allora è che Berlusconi ha mentito! Né Berlusconi né la Brambilla hanno mai parlato di centinaia di migliaia di euro…” E Lavitola: “Dalle intercettazioni è chiaro come venivano dati soldi. Mi sono sottoposto ad un interrogatorio mediatico violento solo per dire una cosa: non ho alcuna intenzione di passare per uno che ha avuto intenzione di estorcere soldi da una persona che stimo, né di averla rubata a una persona che sta con le ‘pezze in fronte’. Per avere aiutato un amico (Berlusconi, ndr), ora mi trovo in un mare di guai. Mi sono trovato a tenere immobilizzati 500mila euro senza poterli usare, la metà li ho dati ai Tarantini, la seconda metà mi è stata data in piccole parti dal presidente e per le mie esigenze ho chiesto tranche più grandi. Non capisco perché dovrei aver estorto soldi a una persona con cui avevo rapporti privilegiati e chi mi ha dato una mano col mio giornale. Quando è partito L’Avanti!, Berlusconi mi ha aiutato con la distribuizione del giornale, ora non posso neanche più chiedergli aiuto”.

“CONTINUERO’ A FARE IL LATITANTE” - Mentana chiede: “Risponderà alla giustizia?” E Lavitola: “Ho intenzione di rimanere latitante. E sono sicuramente al riparo dagli accordi di estradizione. Non mi interessa più di tanto, perché la giustizia mi darà ragione. Non sto compiendo nulla di illecito: sto solo facendo in modo che quando tutto finirà potrò ancora avere un lavoro e non fare così la fine di Tarantini. Quando sarà dimostrato che sono innocente voglio essere intervistato di nuovo, voglio che me lo prometta”. E Mentana: “Se avrà ragione sarà intervistato”.

Saluti, si chiude il collegamento via satellite, Bersaglio Mobile finisce. Due ore e mezza di botta e risposta: Lavitola ha spiegato come sono andate le cose dal suo punto di vista, ha esposto la sua versione dei fatti. Da Panama, da latitante. Continuerà ad esserlo.
 
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Neutrini, il Gran Sasso
riserverà ancora sorprese

Grazie al lavoro degli scienziati e dei giovani precari che hanno permesso di "registrare" il superamento della velocità della luce, sono in elaborazione da tempo altri esperimenti. Con la spada di Damocle dei tagli che potrebbero sempre arrivare, ma con l'entusiasmo e l'allegria di chi ora scherza anche su quel famoso "tunnel Cern-Abruzzo": "Più veloce del neutrino"

dal nostro inviato ELENA DUSI GRAN SASSO - Il neutrino è qui, anche se è già fuggito via. E ha elettrizzato l’aria pur non avendo carica. Nell’aula magna dei Laboratori del Gran Sasso lunedì sono riuniti i fisici che hanno materialmente misurato il tempo dei neutrini sparati dal Cern. La particella più timida e sfuggente dell’universo, definita “l’entità più prossima al nulla” per la massa vicina allo zero e la capacità di eludere gli esperimenti, è diventata all’improvviso una star per le sue decantate doti di velocità.

“Più veloce del neutrino” è già l’espressione usata dai bambini a casa di Pasquale Migliozzi, il ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Napoli che oggi ha il compito di sottoporre i dettagli dell’esperimento ai colleghi.
Anche se le battute fioccano, il meeting serve a mettere di nuovo sotto torchio la misurazione di una velocità superiore a quella della luce. Il dato è stato strizzato, rivoltato e sezionato alla ricerca di possibili errori. E così continuerà a essere, al Gran Sasso come nel resto del mondo. «Un gruppo del nostro esperimento Opera si dedicherà solo al controllo della misurazione» spiega Antonio Ereditato, il portavoce del gruppo di 160 scienziati di 30 istituti e 11 paesi in cui l’Italia e l’Infn giocano la parte del leone.

Qualche dubbio comincia a emergere su misurazione dello start, metodi statistici usati, sincronizzazione degli orologi fra Ginevra e Gran Sasso e posizione esatta del rivelatore al di sotto di 1.400 metri di montagna. Ma si tratta di ipotesi da approfondire nei prossimi mesi, perché errori concreti nella misurazione finora non ne sono emersi. «E poi finalmente possiamo discuterne in pubblico. Con tutto questa emozione è stata dura mantenere il segreto per sei mesi» raccontano Antonia Di Crescenzo, dottoranda di 26 anni, e Andrea Russo, assegnista di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di 28. «Anche noi giovani siamo sempre stati ammessi alle discussioni. In una collaborazione scientifica come questa si ascolta l’opinione di tutti».

È infatti grazie ai ragazzi senza contratti stabili che esperimenti come Opera e molti altri possono andare avanti, nella schizofrenica Italia che è capace di risultati che hanno il potenziale di ribaltare un secolo di fisica, ma resta appesa al filo dell’entusiasmo dei giovani precari.

Lo stesso enorme rivelatore di Opera (4mila tonnellate, 2mila metri cubi, 150mila mattoncini di piombo rivestiti di emulsione fotografica su cui si deposita la traccia di una ventina di neutrini al giorno) è indietro di un anno con lo sviluppo e l’analisi dei dati. «Il personale è ridotto all’osso. Abbiamo dei giovani che si autospremono come limoni grazie al loro entusiasmo, ma chiedergli di più sarebbe impossibile» spiega Paolo Strolin dell’Infn e dell’università di Napoli, uno dei padri di Opera alla fine degli anni ’90. «La ricerca italiana è come un tubo aperto. I ragazzi brillanti entrano da un lato e dall’altro escono per andare all’estero».

Per dire se la traccia dei neutrini più veloci della luce sopravviverà ai controlli dei futuri esperimenti è ancora presto. Intanto però i Laboratori del Gran Sasso sono galvanizzati dal risultato. «Nel 2008, con un piccolo investimento di 10-15mila euro abbiamo installato orologi e gps all’avanguardia. In questo modo siamo diventati capaci di fare le misure migliori del mondo» spiega Francesco Terranova, ricercatore dell’Infn e membro di Opera. «E dire che ne abbiamo avuti di momenti di sconforto. L’ultimo è stato il terremoto. Ma anche questa misura sui neutrini ha causato un dibattito molto acceso nel gruppo. Qualcuno sosteneva che un annuncio simile avrebbe scatenato l’inferno».

Il fascio dei neutrini sparato dal Cern a partire dal 2008 doveva terminare alla fine del 2011. A una prima proroga di un anno ne è seguita un’altra - data come probabile - di alcuni mesi nel 2013. E alla misurazione della velocità delle particelle generate nel laboratorio di Ginevra potrebbero unirsi ora anche altri due rivelatori situati nelle viscere della montagna dove regna il “silenzio cosmico” e la flebile voce delle “entità più vicine al nulla” riesce a essere ascoltata. Si tratta di Borexino, un orecchio puntato sui neutrini provenienti dal Sole, e di Icarus, esperimento proposto dal Nobel Carlo Rubbia nel 1977 e inaugurato l’anno scorso.

Nel laboratorio dove è stato misurato il record di velocità dell’universo, pazienza e capacità di attendere sono paradossalmente le virtù d’obbligo. Dove sembra che la corsa della luce sia stata superata, poi, non penetra un raggio di Sole ed è come studiare le stelle dal fondo di un pozzo. Il rivelatore Lvd per esempio è stato acceso nel 1992 e da allora aspetta che una supernova esploda da qualche parte nello spazio per raccoglierne la pioggia di neutrini. L’ultima volta accadde nel 1987, e la media di questi eventi è di una volta ogni vent’anni.

A non perdere neanche un attimo sono i fisici americani di Minos, l’esperimento gemello di Opera che nel 2007 in una miniera del Minnesota misurò una velocità dei neutrini superiore a quella della luce (ma con una precisione insufficiente). «Il nostro dato non era molto diverso dallo zero, e all’epoca avevano molte altre misurazioni da fare» commenta oggi Jenny Thomas, fisica inglese portavoce di Minos. «Ma stiamo per installare un nuovo gps e orologi atomici assai più precisi. Già nei prossimi quattro o sei mesi avremo dati freschi sulla velocità dei neutrini, e nel 2013, con una campagna di presa dati chiamata Minos+, otterremo misure simili a quelle di Opera, se non migliori».

In attesa della risposta del Minnesota alla sfida del Gran Sasso, la ricerca sui neutrini resta un fiore all’occhiello della scienza italiana. Luciano Maiani, uno dei più prestigiosi fisici del nostro paese e direttore generale del Cern quando si decise di dare il via al fascio diretto al Gran Sasso, spiega così la genesi dell’esperimento: «Volevamo osservare un comportamento anomalo dei neutrini prodotti dai raggi cosmici nell’atmosfera. Ipotizziamo infatti che cambino natura nel corso del loro viaggio, un fenomeno previsto da Bruno Puntecorvo molti anni prima. Nel viaggio tra due punti, alcuni neutrini sembravano “sparire”. Secondo Pontecorvo, invece, semplicemente cambiavano di tipo e non venivano più messi in conto». Una trasformazione di queste particelle nel tragitto dalla Svizzera all’Abruzzo è stato effettivamente osservato l’anno scorso. «E abbiamo altri due dati interessanti che stiamo controllando» ha annunciato ieri Ereditato. Opera non si è ancora stancata delle sorprese.
(26 settembre 2011)
 

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