lunedì 26 settembre 2011

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Energia, governo bocciato
per il 51% non fa abbastanza

L'indagine condotta da Ispo per Anev rivela che la maggioranza degli interpellati considera praticamente nulla la capacità dell'esecutivo in materia di rinnovabili, su cui il 89% investirebbe di più di ANTONIO CIANCIULLO

GOVERNO bocciato in politiche energetiche. Pollice verso da nove italiani su dieci. Da un sondaggio Ispo (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione) promosso dall'Anev (Associazione nazionale energia del vento) su un campione di 801 persone, risulta che il 51% degli intervistati giudica pressoché nulla la capacità dell'esecutivo di sostenere le fonti rinnovabili, mentre il 37% ritiene che ha fatto qualcosa ma non abbastanza.

La ricerca dell'Ispo è particolarmente interessante perché cade in un momento di transizione delle politiche energetiche italiane. Dopo l'esito del referendum che a 24 anni dal primo alt ha ribadito il no al nucleare, era attesa un'apertura allo sviluppo delle rinnovabili. Se infatti parlare di piano energetico del governo sarebbe una forzatura visto che nessun programma organico e dettagliato è stato mai presentato, lo slogan di Palazzo Chigi recitava: 50% di energia fossile, 25% di nucleare, 25% di rinnovabili. Saltato il 25% di nucleare, è però continuata una politica di stop and go nei confronti delle rinnovabili, con gli incentivi concessi nei giorni dispari e tolti nei giorni pari.

Una scelta che produce incertezza nei mercati e nei cittadini e che viene nettamente sconfessata dal sondaggio. Il 60% degli intervistati dichiara che è giunto il momento di puntare tutto sulle rinnovabili. E, pur di incentivare questa strategia, gli italiani si dicono pronti a mettere mano al portafoglio: il 22% si dichiara favorevole a un aumento della quota della propria bolletta elettrica da destinare alle rinnovabili.

"Dopo la lunga campagna mirata a sostenere che le rinnovabili sono troppo care, è interessante notare che l'89% chiede di investire di più nelle fonti rinnovabili e l'81% nel miglioramento dell'efficienza della rete elettrica", sottolinea il presidente dell'Anev Simone Togni. In particolare il 49% chiede di lasciare inalterata la quota della bolletta destinata alle rinnovabili, il 19% la vuole aumentare leggermente e il 3% la vuole aumentare molto (a fronte di un 11% che la vuole ridurre leggermente e di un 9% che la vuole ridurre molto).

La ricerca Ipso traccia anche un profilo del consumatore che chiede energia pulita. Chi barra la casella "investire di più sulle rinnovabili" è un giovane: nella fascia 18-24 anni il consenso arriva al 70%; tra i 25 e i 54 anni oscilla attorno al 60%; scende al 48% nel gruppo 45-54 anni e si assesta al 37% oltre i 55 anni.  Inoltre ha un titolo di studio (oltre il 60% delle persone con diploma o laurea vuole le rinnovabili contro il 34% delle persone con licenza elementare) e un orientamento politico a sinistra (67% di sì tra chi vota centrosinistra, 51% tra chi vota al centro, 45% tra chi vota a destra).

Inoltre, l'86% degli intervistati ritiene che l'eolico rispetti molto o abbastanza l'ambiente, l'85 % esprime lo stesso giudizio sul solare, e il 57% sulla biomassa. Sette italiani su dieci infine dicono che sole e vento possono aiutare il nostro Paese a diminuire la dipendenza dall'estero.
(23 settembre 2011)
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Viaggi di Stato con Berlusconi, il latitante Lavitola da Panama: “Sono pronto a spiegare” 


Un mese prima del viaggio con il premier, il direttore dell'Avanti aveva partecipato a una "missione" con il ministro degli Esteri Franco Frattini. La Farnesina smentisce che lui facesse parte della spedizione. Ma non chiarisce le ragioni della sua presenza

Panama: due visite di Stato di Valter Lavitola in un mese. Nella sua delegazione a maggio 2010 il ministro degli Esteri, Franco Frattini. A giugno, invece, il primo ministro Silvio Berlusconi e il sottosegretario Paolo Bonaiuti. Chissà, forse a Palazzo Chigi qualcuno sperava che quei viaggi sull’aereo presidenziale fossero dimenticati. E invece il governo panamense, magari immaginando di mostrare così la sua devozione agli amici italiani, ha reso disponibili su Internet decine di filmati dedicati alle due missioni. E poi fotografie, notizie, di tutto. Emerge un quadro sorprendente: Lavitola non era un imbucato sull’aereo di Stato. No, era la vera eminenza grigia delle due missioni. Le prime, come sottolinea lo stesso Frattini, in 106 anni di storia della Repubblica di Panama.

Il titolare della Farnesina, tuttavia, stamane si è affrettato a far diramare una nota per smentire tutto. O almeno il carattere istituzionale della presenza di Lavitola. L’ex direttore de L’Avanti “che peraltro a quel tempo non risultava oggetto di indagini conosciute dal pubblico – scrivono dal ministero degli Affari esteri -, non ha in alcun modo fatto parte della delegazione che ha accompagnato il ministro da Roma a Caracas e successivamente da Caracas a Panama, con rientro diretto da Panama a Roma”. A prescindere dalle tappe della missione, cosa ci faceva allora Frattini con Lavitola? Secondo la Farnesina il faccendiere era già lì. Testuale: “Giunto a Panama il ministro Frattini ha incontrato il signor Valter Lavitola, tra i partecipanti al ricevimento offerto dal Presidente di Panama, Martinelli”. La precisazione del ministero – che in realtà precisa ben poco sull’evidente cordialità tra Lavitola e Frattini- è arrivata in risposta alle affermazioni di Gianfranco Fini. Intervistato a SkyTg24 da Maria Latella, il presidente della Camera aveva dichiarato: “Quando ci si circonda di personaggi come quelli è evidente che c’è qualcosa di poco trasparente”.

A proposito di trasparenza, in serata è tornato a farsi vivo anche il diretto interessato. Valter Lavitola, da Panama dove è latitante, ha promesso che presto dirà la sua verità. Quando? E’ lui stesso ad annunciarlo all’Ansa: “Domani pomeriggio spiegherò nei dettagli lo ‘scoop’ del Fatto Quotidiano. Non posso rispondere, spiegando nel merito le strumentali e banali notizie inerenti la missione del presidente Berlusconi in centro e sud America. Su disposizione del mio avvocato non parlo, trovandoci in una delicata fase processuale che impone silenzio e sobrietà”. Tradotto: oggi non può dire nulla, domani potrà. Si tratta dell’ennesima ambiguità in una vicenda dai contorni kafkiani, in cui c’è un latitante che parla dall’America in attesa della decisione di un tribunale italiano: il Riesame di Napoli domani si pronuncerà sulla richiesta di annullamento o attenuazione delle misure cautelari ai suoi danni. Lavitola, infatti, è accusato – al pari dei coniugi Tarantini - di concorso in estorsione continuata per aver estorto ingenti somme di denaro (quantificate in circa 800mila euro) a Berlusconi. Ma questa è un’altra storia.

Tornando alla presenza dell’ex editore de L’Avanti durante le visite di Stato in centro America, ieri Il Fatto ha pubblicato e messo online le immagini del viaggio di Berlusconi e Lavitola (più nutrita e variegata delegazione) a Panama il 29 e 30 giugno 2010. Ma dagli archivi emerge una seconda storia: un mese prima c’era stato un altro viaggio di Stato, guidato almeno ufficialmente, dal titolare della Farnesina. È lo stesso ministro degli Esteri, coccarda al petto, a spiegare nel discorso ufficiale gli scopi della visita: Frattini è stato insignito di una delle massime onorificenze della Repubblica panamense. Non solo: ci sono accordi da siglare e preparare, dalle infrastrutture alla cultura e l’università. Frattini parla della “grande amicizia che lega Panama e l’Italia”, ricorda i legami strettissimi tra le due popolazioni. Il presidente panamense, Ricardo Martinelli inalbera un sorriso a trentadue denti (è facile capire perché) ed elenca i regali dell’Italia a Panama.

Berlusconi da quelle parti è una specie di Babbo Natale: ospedali, scuole, centinaia di borse di studio, ecc. Gli italiani, poi, doneranno anche 6 navi da guerra per pattugliare le coste contro i narcos. In ballo ci sono grandi appalti, come quello di Impregilo per il Canale di Panama. Due missioni in un mese, un record. Ma la vera anomalia emerge passando in rassegna le immagini dei solerti fotografi governativi. Ecco la festa in onore di Frattini. Prima immagine: Lavitola, con la cravatta nel taschino perché tanto lui è di casa, parla amabilmente con il ministro degli Esteri panamense (a sua volta insignito di una prestigiosa onorificenza italiana). È soltanto l’inizio: di nuovo Lavitola dà una pacca sulla spalla a Frattini mentre parla con il collega centramericano. Ancora: ecco Lavitola (stavolta con cravatta), Frattini e il presidente Martinelli (origini italiane, un piccolo impero nella grande distribuzione) che discorrono amabilmente. Quindi, dopo svariati altri clic con Lavitola, ecco il clou, la tavolata dei vip: il presidente Martinelli, il suo ministro degli Esteri e i pezzi grossi della delegazione italiana, cioè Frattini e Lavitola.

Insomma, il vero protagonista degli incontri pare essere lui: Valter Lavitola. Molto più che un comprimario, come oggi qualcuno vorrebbe far credere. Di qui una legittima domanda: al di là del passaggio ottenuto sull’Airbus di Stato – e quindi a spese del contribuente – a che titolo Lavitola accompagnava Frattini? La conferma del ruolo di primissimo piano dell’amico del premier arriva un mese dopo, quando arriva Berlusconi. Dalla scaletta dell’aereo presidenziale i primi a scendere sono il Cavaliere e Lavitola. Il faccendiere distribuisce pacche sulle spalle e strette di mano alle autorità locali. Poi, alla firma del trattato commerciale, è nelle primissime file, a un passo da Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Di qui nacque l’accordo per combattere l’evasione fiscale e contribuire alla sicurezza di Panama, che costerà allo Stato italiano 6 navi da guerra gentilmente donate al governo amico (un cadeau da 35 milioni di euro). Il tutto a corollario del contratto siglato da Finmeccanica (il colosso statale chiamato in causa dalle inchieste delle procure di Napoli e Bari) per il pattugliamento elettronico delle coste panamensi (interessate Selex, Agusta e Telespazio). Valore 165 milioni di euro. A Lavitola potrebbe finire una provvigione di 8 milioni.

Ma al di là del folklore, dei passaggi in aereo, del ruolo da chiarire di Lavitola nell’affare Fimeccanica e nei rapporti con Panama, le immagini potrebbero creare nuovi grattacapi a Berlusconi. Anche quella famosa frase scappata al premier in un’intercettazione telefonica, “resta dove sei” (cioè all’estero, lontano dai pm), assume un valore diverso vedendo quanto stretto sia il legame tra i due. Del resto a confermare quell’amicizia arriva anche la testimonianza di Alfredo Pezzotti, fedelissimo maggiordomo di Berlusconi (non certo un suo nemico). Ai pm napoletani ha detto: “Conosco Lavitola da due anni. Ho avuto modo di conoscerlo per il rapporto di frequentazione che ha con il presidente. Lavitola veniva a trovarlo ogni tanto… per quanto ho potuto constatare i loro rapporti erano cordiali. Sicuramente Berlusconi gli dava del tu”. Vero, come ha detto Niccolò Ghedini, “il presidente verso tutti coloro che vengono toccati da vicende giudiziarie, naturalmente per un riflesso condizionato, ha una solidarietà istintiva”, ma oggi sarà forse imbarazzato dai rapporti con Lavitola che, seguendo il suo consiglio, è rimasto dov’era. E oggi è latitante.

da Il Fatto Quotidiano del 25 settembre 2011

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PSICOLOGIA

Distrutti dopo il divorzio?
La separazione non c'entra

Uno studio americano rivela: il dolore per una storia finita non riguarda la perdita del coniuge o i timori per il futuro, ma la capacita perduta durante il matrimonio di amare se stessi di SARA FICOCELLI

Diceva Marlene Dietrich che "quando l'amore è finito, gli alimenti colmano il vuoto". Di separazioni la femme fatale ne sapeva qualcosa, ma un conto è lasciare Ernest Hemingway per Jean Gabin e un altro è separarsi da comuni mortali, magari con figli piccoli e un mutuo da pagare. Il divorzio è sempre un momento difficile da affrontare sia sul piano pratico che psicologico, ma non tutti lo vivono allo stesso modo. C'è chi supera il trauma dopo qualche mese, chi si lascia tutto alle spalle all'istante, chi impazzisce di rabbia e chi va in depressione e non riesce più a rifarsi una vita.

Lo psicologo David A. Sbarra dell'università dell'Arizona, con i colleghi Hillary L. Smith e Matthias R. Mehl, ha studiato le dinamiche psicologiche dei divorziati e le differenti capacità di reazione, concludendo che, al di là della situazione specifica, tutto dipende dal livello di "self compassion" di ognuno. In altre parole, più si è indulgenti e generosi con se stessi, meglio si affronterà il dolore.

Lo studio è stato pubblicato su Psychological Science, la rivista dell'associazione psicologica americana, e dimostra una cosa solo apparentemente scontata: a dilaniare, durante una separazione, non è la perdita del coniuge o la consapevolezza degli sforzi economici che si dovranno affrontare, ma l'incapacità di perdonarsi e lasciarsi scivolare addosso le cose. Abituate a preoccuparsi dell'altro e della famiglia, molte persone dimenticano come si fa a volersi bene, pretendono da sé la perfezione e si addossano, al momento di divorziare, colpe che non hanno. I più fortunati non sono gli egoisti, ma coloro che hanno a cuore la propria persona non meno di quella altrui. "L'autocompassione - spiega Sbarra - può promuovere la resilienza, ovvero la capacità dell'uomo di affrontare e superare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente".

La ricerca ha coinvolto 105 quarantenni, di cui 38 uomini e 67 donne, sposati da più di 13 anni e divorziati da tre o quattro mesi. A tutti è stato chiesto di parlare dell'ex coniuge per 30 secondi e poi per 4 minuti dei propri sentimenti riguardo alla separazione. Misurando il livello di self-compassion con rilevatori audio che decifrano le implicazioni psicologiche dei costrutti delle frasi e intervistando nuovamente i volontari dopo tre e sei mesi, gli studiosi hanno rilevato che chi era capace di auto-compassione affrontava meglio il trauma del divorzio, mentre chi era abitualmente duro con sé stesso soffriva di più. "Non è semplice chiedere a qualcuno di essere meno ansioso. Non si cambia personalità così facilmente - continua Sbarra - ma è possibile modificare atteggiamento a poco a poco grazie all'esperienza. In questo, le donne sono molto più in gamba degli uomini".

Secondo gli ultimi dati Istat (luglio 2011), nel 2009 ci sono state in Italia 85.945 separazioni e 54.465 divorzi. Un dato frutto di una crescita esponenziale nel corso degli ultimi 15 anni (nel 1995 ogni 100 matrimoni c'erano 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2009, sempre ogni 100 unioni, 297 separazioni e 181 divorzi) e, secondo Fausto Manara, docente di Psicoterapia presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria e vicepresidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, motivato da una presa di coscienza sempre più disincantata dei rapporti. "Le coppie oggi si sposano sapendo benissimo a cosa vanno incontro - spiega lo psichiatra autore di "Amici, nemici, amanti possibili" (Sperling & Kupfer, 2011, 240 pag.) - e quindi quando capiscono che la cosa non va sono pronti a chiudere".

Secondo l'esperto, la capacità di reazione di ognuno di fronte a una fase simile della vita dipende innanzitutto dai motivi che hanno portato al divorzio, dall'averlo promosso o subìto. "Poi - spiega - dalla lealtà nella fase di separazione, o dai rancori che l'hanno accompagnata e, ancora, dalla capacità di progettarsi come individui indipendenti. Infine, dalle caratteristiche di personalità". Per quanto affrontato egregiamente, un divorzio suscita sempre, precisa Manara, sensazioni di perdita e di fallimento, anche quando sembra prevalere un sentimento di liberazione. E non è detto che il gentil sesso sia più forte di quello maschile. "Le donne sanno affrontare le questioni pratiche della vita con maggiore indipendenza - conclude - e questo le può facilitare. Ma gli uomini hanno maggiore facilità a trovare "premi di consolazione" per alleviare il dolore della perdita".
 
(25 settembre 2011)

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