sabato 24 settembre 2011

hahahahhaha

L'ANALISI

Musica, video, tv e Timeline
il web 3.0 targato Facebook

Il restyling del social network più popolare stavolta va in profondità: non solo chat e notizie, ma anche film, musica e tv. Per cambiare la stessa forma dei contenuti da condividere di ERNESTO ASSANTE

UN TEMPO c'era il web. Adesso c'è Facebook. Per milioni, decine di milioni, di persone la realtà è oggi questa. E diventerà questa per molti altri milioni di persone nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. Persone che troveranno notizie, saranno in contatto con i loro amici, vedranno film e televisione, ascolteranno musica, faranno acquisti, comunicheranno, condivideranno, chatteranno, faranno molte altre cose ancora attraverso il social network di Mark Zuckerberg, senza passare su altri siti, senza navigare altrove. E tutto questo avviene, e avverrà sempre di più, perché Facebook, che ci piaccia o no, è il Web 3.0.

Una rivoluzione. Le novità che ieri il fondatore di Facebook ha illustrato 1 a San Francisco non sono di poco conto e partono, esattamente, dalla convinzione che Zuckerberg ha, ma non confesserà mai pubblicamente, che la sua creatura possa essere il Web ad uno stadio superiore di evoluzione. Basta guardare a come cambiano le pagine personali, rivoluzionate dalla "Timeline", destinata a restare per sempre, a non essere più un luogo "usa e getta", dove mettere al volo il proprio "stato", a trasformarsi in un infinito album dei ricordi che, allo stesso tempo, vive in maniera dinamica assieme a noi, collezionando tutte le attività condivise su Facebook, le foto, i video, i luoghi visitati e persino le applicazioni usate da quando
ci si è iscritti.

Come cambia. Un cambiamento non da poco, un cambiamento di filosofia che, se gradito e accettato dagli utenti, sposta la pagina del "profilo" degli utenti dall'essere un diario a diventare un libro. Non più la semplice estensione di un blog, insomma, ma qualcosa di più, di diverso e, sostanzialmente, di nuovo, in grado di conservare testi più lunghi degli ormai classici 500 caratteri ma anche di dar spazio a contenuti più duraturi, meno consumabili, meno volatili. Una novità che potrebbe portare alla nascita di contenuti nuovi, organizzati in maniera diversa nella Timetable rispetto a tutte le precedenti modalità che la rete ci ha fino ad oggi offerto. "Per fare in modo che la timeline funzioni, serve una nuova categoria di applicazioni", ha detto Zuckerberg, e per fare questo il vecchio, semplice tasto "like" non bastava più. Si passa così a una straordinaria molteplicità di modi di interagire con i contenuti presenti in rete, attraverso una serie di applicazioni che consentiranno agli utenti di Facebook di condividere con i propri amici non solo testi, video e foto, come accade fino ad oggi, ma anche musica, film, giornali, programmi televisivi, oltre ai già moltissimi videogiochi di successo.

Un universo multimediale. Sono in tanti ad aver aderito immediatamente all'ipotesi di Facebook, da Spotify a Deezer per la musica, da Netflix a Hulu per il cinema e la tv, da Cnn a Wall Street Journal, da L'Equipe a l'Indipendent, dal Daily di Murdoch all'Huffington Post per le news, arrivando addirittura a Yahoo, che offre la condivisione delle notizie attraverso le pagine del social network. Sarà possibile scoprire quali canzoni, film, notizie, giornali, programmi tv stanno ascoltando, leggendo o vedendo i propri amici, e farlo insieme a loro o suggerirne altri. E' la condivisione al massimo livello possibile ed è, soprattutto, ed è questo il tema, un modo per non far uscire gli utenti da Facebook.

La vita dentro Facebook. La novità più importante è proprio questa: ora, e in prospettiva sempre di più, si potrà fare tutto dentro l'universo di Facebook. E già oggi, come dicevamo in apertura, è così per milioni di persone, è così per una intera generazione di giovanissimi che accendono il computer e si collegano direttamente a Facebook, non passando per nessun altra pagina, nessun altro sito. Giovani che fino a ieri hanno ottenuto ugualmente notizie, ascoltato musica o visto video, che i loro amici avevano preso altrove e portato dentro le mura di Facebook.

Perché fino a ieri, comunque, per avere le news, tutte le notizie si andava a leggere le pagine di un sito d'informazione, per vedere un film si andava su un sito che aveva gli streaming, così per i programmi tv, o per ascoltare la musica. Ora Facebook ci dice che non c'è bisogno, che le news, i film, la musica, la tv, gli acquisti si possono fare utilizzando le app all'interno del social network, senza uscirne fuori. Per chi usa Facebook in maniera continua e assoluta è un motivo in più per restare collegati al social network, trasformando ogni attività in attività sociale. Per chi non era ancora entrato nel mondo della F ci sarà un motivo in più, perché l'offerta di Zuck e dei suoi sarà sempre più completa, ricca, affascinante. Entrare nel mondo della F sarà sempre più facile, uscire fuori sarà sempre più inutile. 

Uscire fuori. Già, perché Facebook è dentro a un "walled garden". Non è il Web, non è libero. C'è la libertà, ma all'interno di regole definite. Ed è proprio questo il tema principale, la cosa più importante. Su Facebook non c'è il porno, non c'è possibilità che per sbaglio si possa finire su contenuti indesiderati. E se per caso questo accade esiste una "polizia" in grado di far sparire i contenuti inadatti. Sulla posta di Facebook non c'è lo spam, e se malauguratamente ne dovesse mai arrivare, esiste il modo di bloccare l'autore e impedire che accada di nuovo. Su Facebook ci possono essere, come nel Web o nella vita normale, molestatori e disturbatori di ogni genere ma, al di la del fatto che siamo in grado di gestire completamente la lista dei nostri "amici", di chi deve vedere o no i nostri contenuti, foto, testi, video, esiste comunque un controllo che consente, più o meno rapidamente, di mettere molestatori e disturbatori in condizioni di non nuocere. Non c'è l'anarchia del Web, insomma, o almeno ce n'è molta di meno.

Non ci sono i rischi e i pericoli del Web, o almeno sono maggiormente controllati. E ci sono tutti i pregi del Web, la mail, la chat, la condivisione, le foto, i video, la mobilità, l'immediatezza. Alla gente, badate bene, questo piace. Ai settecentocinquanta milioni di utenti di Facebook piace proprio l'idea di essere in un posto che è il Web ma ad uno stato di evoluzione superiore. E' un po' come se dalla fase dei villaggi e delle tribù, si fosse passati all'organizzazione delle prime città, con regole di vita e di comportamento diverse e più elaborate, in grado di garantire la convivenza tra persone diverse, con idee diverse, con desideri, sogni, bisogni, necessità differenti. E' il Web, insomma, ma nella sua versione 3.0. Un Web multimediale, interattivo e chiuso in un "walled garden", in cui si può entrare ma dal quale si può anche essere cacciati. E' un Web completamente diverso da quello che, fino ad oggi, abbiamo conosciuto.

Avrà successo? Sarà questa la prossima forma che prenderà la Rete? Non ci sono certezze, rispetto all'unica grande certezza che negli ultimi venti anni abbiamo ampiamente imparato: nulla nel Web è per sempre. Prima o poi qualche altro giovanotto arriverà con un idea migliore di quella di Zuckerberg, e Facebook diventerà un ricordo. Come Altavista, come Netscape, come MySpace, come le molte forme che la Rete ha preso in questi anni. Prima o poi avremo un Web 4.0. Per adesso abbiamo quello di Facebook e, se i cambiamenti annunciati ieri verranno graditi dagli utenti, durerà per un bel pezzo.
 
(23 settembre 2011) © Riproduzione riservata 

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Milanese, Scilipoti contro Tremonti: “Un’indecenza, deve dimettersi” (audio intervista) 

“E’ un’indecenza che il Ministro Tremonti, ieri, non fosse presente in aula per le votazioni; ed ancora più grave è il fatto che rifiuti di prendere in considerazione i necessari suggerimenti che gli vengono dati dalle forze politiche presenti all’interno del Parlamento e dalle forze sociali, per far fronte a questa difficilissima situazione economica”. Domenico Scilipoti, il responsabile segretario politico del Movimento di Responsabilità Nazionale, si scaglia contro il ministro dell’economia Giulio Tremonti che ha avuto un comportamento “gravissimo ed inconcepibile” tanto da chiederne le dimissioni.

Scilipoti chiede le dimissioni di Tremonti by ilfattoquotidiano.it

“Sarebbe opportuno che il Ministro pensasse a dimettersi e lasciasse il posto a persone che potrebbero avere maggiore sensibilità nel gestire meglio il dicastero dell’Economia. Non ci possiamo permettere ancora il lusso di lasciare al loro destino milioni di famiglie e imprese per tutelare gli interessi di pochi”. Raggiunto telefonicamente, Scilipoti annuncia una terza manovra economica e, dice, “questo ci lascia perplessi”. Ma perché solamente oggi, dopo la sua assenza in aula, il responsabile Scilipoti critica la manovra? “L’ho sempre fatto e poi io non tiro a destra o a sinistra, cerco solo di mantenere la mia posizione al centro”. Per quanto neghi, però, si scalda sul voto di Milanese. “Tremonti deve assumersi la responsabilità e prendere una posizione, aveva l’obbligo di dirlo. I politici devono essere chiari davanti ai cittadini”, si infervora. “Se fossi stato io al posto suo – dice – mi sarei presentato in aula a votare”. Il responsabile Scilipoti maestro di coerenza dunque.

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Singapore, comanda Vettel
Alonso è nella sua scia: 2°

SINGAPORE, 23 settembre 2011

Nelle prime libere miglior tempo per il tedesco della Red Bull davanti alla Ferrari dello spagnolo. Sessione iniziale accorciata di 30 minuti per riparare i cordoli fissati male nei giorni scorsi. Fernando: "Red Bull superiore, ma noi sfrutteremo ogni opportunità". Massa: "Caldo terribile"

L'organizzazione di un GP, per quanto giovane, alla quarta edizione dovrebbe cominciare a filare via liscia liscia. Invece succede che nemmeno nella super tecnologica Singapore bisogna dare nulla per scontato. Anche perché i riflettori della F.1 amplificano le attenzioni. La prima sessione di prove libere del GP che si corre nella notte della piccola Città Stato è stata accorciata di 30 minuti perché diversi cordoli artificiali non erano stati ben fissati.
Gazzetta TV
 
operai — Sospensione immediata della sessione e operai schierati per le riparazioni d'urgenza. Alle curve 3 e 14 i pannelli sono stati letteralmente tolti, nelle altre parti del circuito gli addetti si sono armati di tutto punto per fissare meglio i manufatti all'asfalto. Insomma, al pronti via del fine settimana non una bellissima figura per la società organizzatrice, anche perché il GP non cade all'improvviso e ormai ogni angolo del tracciato non dovrebbe più avere segreti. La prima sessione si è poi svolta, ma a 7 minuti dalla fine la parte terminale di uno di questi cordoli è saltata via al passaggio della Ferrari di Massa. Nuovo intervento degli operai per rimuovere il pannello e altra magra figura.
Sebastian Vettel concentratissimo anche a Singapore. Ap
Sebastian Vettel concentratissimo anche a Singapore. Ap
seb si scatena — Nella seconda sessione, invece, nessun imprevisto e svolgimento regolare. Con l'asfalto cittadino più gommato e l'impiego delle gomme super soft i tempi si sono abbassati notevolmente rispetto alla prima ora, quando il più veloce del gruppo era stato Lewis Hamilton. Alla fine della giornata il cronometro ha premiato, ormai non è più una novità, Sebastian Vettel. Il tedesco della Red Bull ha preceduto la Ferrari di un Fernando Alonso che evidentemente in queste stradine si trova sempre a suo agio. Terzo tempo per Lewis Hamilton con la McLaren davanti alla Ferrari di Felipe Massa. Poi c'è Webber mentre Jenson Button ha il 10° tempo: l'inglese ha concluso anzitempo la sua giornata parcheggiando lungo la pista la sua McLaren ammutolita da un problema tecnico.
Gazzetta TV
 
lotus brucia — Da registrare nella prima ora anche un mini incidente tra Glock e Webber. Il tedesco ha impostato una curva a sinistra senza accorgersi dell'arrivo all'interno dell'australiano, un po' fuori misura in questa circostanza. La posteriore sinistra della Virgin ha sbriciolato un pezzo di alettone anteriore della Red Bull dell'australiano. Degna di nota anche la sfortuna di Kovalainen, che negli ultimi tempi non ha un bel rapporto col fuoco. In Ungheria la fuga precipitosa dalla sua Lotus, oggi il problema ai freni anteriori che si sono incendiati costringendo gli addetti di pista a un paio di spruzzate con gli estintori.
alonso in agguato — Il ferrarista Alonso è realista, sa che la Red Bull resta superiore, ma non demorde: "È stata una sessione caratterizzata da tante interruzioni che ci hanno impedito di girare quanto avremmo voluto - ha detto Fernando -. Tutto sommato, sono soddisfatto di quanto fatto: qui come a Montecarlo, si devono trovare i riferimenti ideali per andare al limite, ma non un centimetro oltre perchè ogni errore si paga caro. La macchina è più o meno come ci aspettavamo: le sensazioni sono migliori di Monza e Spa, ma dobbiamo essere realisti e non aspettarci delle grandi sorprese: la Red Bull è anche qui la favorita e anche la McLaren è molto forte. Noi cercheremo di sfruttare ogni possibile opportunità".
massa accaldato — Massa, si preoccupa soprattutto del raffreddamento: "Il caldo l'ha fatta da padrone: ne faceva tantissimo in macchina. Per quello che si è visto, il degrado degli pneumatici è piuttosto elevato ma le condizioni dell' asfalto possono cambiare, visto che la pista era molto sporca. Conterà molto scegliere il livello di raffreddamento migliore per freni e motore: la corsa sarà molto impegnativa, credo che siamo messi meglio rispetto alle ultime due gare".
g.fer.© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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L'ESPOSIZIONE

Nebbia, nuvole, mare e batteri
ecco come dissetare il Pianeta

Dal desalinatore solare alle reti cattura-foschia, in mostra a Londra le invenzioni e le tecnologie più promettenti per vincere la sfida di un mondo sempre più a corto d'acqua di VALERIO GUALERZI

Raccoglitori di nebbia, desalinatori batterici e serre irrigate grazie all'evaporazione di acqua marina. La scarsità di acqua dolce pone l'umanità davanti a una sfida immane, ma un mix di ingegno, tecnologia e vecchia saggezza contadina potrebbero regalarci la possibilità di vincerla. Il London Science Museum ospita in questi giorni (e fino alla prossima estate) "Water Wars" 1, una mostra che fa il punto sull'arsenale di invenzioni messe a punto negli ultimi anni per affrontare il crescente bisogno di risorse idriche.

In molti Paesi lo sfruttamento dell'acqua per le esigenze agricole e industriali è già al limite, ma l'incremento demografico (nel 2050 saremo probabilmente circa nove miliardi) e l'imprevidibilità dei cambiamenti climatici impongono di corrrere ai ripari quanto prima con soluzioni alternative. "La maggior parte di noi non si rende conto dell'enorme quantità di acqua di cui abbiamo bisogno per far crescere il nostro cibo, per una sola barretta di cioccolato occorrono l'equivalente di 13 vasche da bagno", ricorda la curatice della mostra Sarah Richardson. Da qui la scelta di proporre all'attenzione del pubblico la portata del problema, ma anche le soluzioni più promettenti per risolverlo. Cinque metodi in tutto, già collaudati almeno in parte sul campo, spiegati nei dettagli del loro funzionamento, nelle loro potenzialità, ma anche nei dubbi che ancora non sono stati in grado di fugare del tutto.

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Raccogliere la nebbia. E' forse il sistema più promettente, anche in virtù dai costi molti contenuti visto che tra l'altro non ha bisogno di energia. L'idea è quella di rendere più efficiente e su grande scala il sistema già usato da alcune comunità locali nei Paesi in via di sviluppo. In particolare in Perù 4, in alcuni sobborghi di Lima, in mancanza di rete idrica la popolazione stende delle reti su un versante della montagna particolarmente esposto alle foschie. Con il passare delle ore queste reti si impregnano di microgoccioline d'acqua che finiscono per scolare in appositi contenitori. Risultati migliori si possono ottenere però con tessuti speciali ispirati al rivestimento pieghettato dello scarafaggio della Namibia, un vero esperto in questo campo visto che sopravvive grazie alla condensa che si forma sul suo dorso. Inoltre strutture più alte e meglio disegnate possono garantire un ulteriore salto di qualità. A Londra è esposta in particolare la storia dell'impianto costruito in Cile dall'architetto Alberto Fernandez e dalla designer industriale Susana Ortega: una torre per catturare la nebbia che entrerà in funzione nel 2012. Se le promesse fossero mantenute, il passo successivo sarebbe quello di salire ancora più in alto e raccogliere il vapore acqueo direttamente dalle nuvole di bassa quota.

Evaporazione marina. L'acqua regalata al deserto da un improvviso temporale evapora via in fretta sotto l'effetto del sole torrido e del vento, servendo a ben poco. Ma se invece venisse catturata? E se ad evaporare anziché preziosa pioggia fosse acqua marina? E' da questa idea che è partito l'ingegnere Charlie Paton per realizzare, dopo 20 anni di esperimenti, le sua serre ad evaporazione marina. Al loro interno anche nel Sahara è possibile coltivare ortaggi con acqua salata che speciali attrazzature per favorirne e raccoglierne evaporazione e condensazione trasformano in acqua dolce. Secondo gli esperti della Ong britannica Oxfam, l'ostacolo per un impiego su larga scala di questa tecnologia sono i costi, ancora da verificare su larga scala, e le eventuali difficoltà politiche in aree del Pianeta afflitte da costanti conflitti.

Le scatole per piante. Tutto si basa sul principio che a sopravvivere meglio alla siccità sono quelle piante in grado di radicarsi più a fondo nel terreno. Da qui il tentativo di dare loro una mano con delle speciali scatole (una sorta di vasi high-tech da interrare insieme alla pianta) che intrappolano acqua e umidità, rilasciandola solo poco alla volta, permettendo la sopravvivenza anche in lunghi periodi senza precipitazioni e costringendo allo stesso tempo le radici a farsi strada verso il basso. Il brevetto esposto allo Science Museum è quello di Pieter Hoff. Per gli addetti ai lavori non ci sono dubbi che la cosa funziona. Del resto una pratica simile fa parte da sempre degli usi contadini in Nepal e Sri Lanka, dove si interrano dei vasi di terracotta che fanno trasudare l'acqua poco alla volta. I dubbi riguardano semmai i costi: al momento queste speciali waterbox costano 12 sterline l'una, decisamente troppo per gli agricoltori dei Paesi poveri. Andrebbero quindi realizzate in proprio artigianalmente con materiali a buon mercato. Cosa fattibile, ma da mettere a punto.

Desalinazione solare. La desalinazione dell'acqua di mare è già da tempo una risorsa alla quale ricorrono molti Paesi per ridurre il loro deficit idrico. Il problema sono i costi energetici. Ma dove c'è poca acqua c'è quasi sempre molto sole e a Cipro è in via di ultimazione il primo impianto di desalinazione alimentato da una centrale solare a concentrazione. Il progetto di George Tzamtis non è ancora entrato in funzione e c'è grande attesa per le sue performance. I problemi da superare sono stati molti. Il profilo accidentato delle coste cipriote non è certo il posto ideale per piazzare una centrale solare, ma soprattutto è stato necessario creare delle speciali condotte di scarico per evitare che la salamoia prodotta dal processo di desalinazione rischiasse di danneggiare l'ecosistema marino dell'isola. Sul fatto che sia questa la strada da percorrere grava in particolare lo scetticismo degli ambientalisti. "Ci sono metodi meno invasivi, più economici e molto più semplici per affrontare la crisi idrica", sentenzia ad esempio il Wwf.

Desalinatore a batteri. Di tutte le tecnologie in mostra a Londra è la più futuristica. L'invenzione della Mdc (microbial desalination cell) è di Bruce Logan e parte dalla stessa esigenza della desalinazione solare: ricavare acqua dolce dal mare senza consumare energia tradizionale. A far lavorare questa cellula divisa in diversi comparti sono dei particolari batteri. Stipati in un contenitore e foraggiati con dei nutrienti, questi microrganismi per metabolizzare il cibo producono particelle a carica positiva che innescano una serie di reazioni a catena negli altri contenitori, con il risultato finale di "estrarre" sodio e cloro dall'acqua marina. Al momento la Mdc non è in grado di garantire applicazioni su larga scala, anche perché le sostanze date in pasto ai batteri sono piutosto care. La sfida successiva è quindi quella di riuscire a nutrirli con acque reflue di fogna, prendendo due piccioni con una fava. 
(23 settembre 2011)

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