domenica 11 settembre 2011

ma dai....

Alonso: "Colto il massimo"
Vettel: "Qui è speciale"

MONZA, 11 settembre 2011

Lo spagnolo, dopo il 3° posto a Monza: "Ho sfruttato al massimo il potenziale, un risultato importante per me e il team. Qui i tifosi ti danno davvero tutto". Domenicali: "Fernando straordinario, ora dobbiamo dargli una macchina migliore". Massa: "Peccato, frenato da Webber"

Stefano Domenicali, capo Gestione Sportiva Ferrari. Reuters
Stefano Domenicali, capo Gestione Sportiva Ferrari. Reuters
Gradino più basso del podio per Fernando Alonso nel GP di Monza. Un risultato comunque importante per la Ferrari considerate le prospettive attuali. "Devo dire che la prestazione della Red Bull è stata superiore - afferma a caldo il responsabile della Gestione Sportiva Ferrari, Stefano Domenicali al termine della gara -. Con la McLaren ce la siamo giocata, Fernando è stato bravo a difendersi. Mi dispiace per Felipe che poteva essere tra i primi se non fosse stato buttato fuori all'inizio. Alonso? Una partenza straordinaria, adesso dobbiamo lavorare per dargli una macchina ancora più forte".
vettel emozionato — Il vincitore, Vettel si è anche emozionato: "Monza per me è speciale, qui ho vinto il mio primo GP e dopo l'arrivo mi è venuto in mente quel giorno. La partenza non è stata bella per me, eravamo in tre affiancati alla prima curva, non avevo molto spazio, ma Fernando ha fatto un bel sorpasso. Questa è una vittoria speciale per noi e anche per i tifosi, visto il 150° dell'Unità d'Italia. La scelta delle marce un azzardo? No, eravamo abbastanza certi del risultato, siamo stati aveloci ed è un successo importante per la Red Bull".
button divertito — Il secondo arrivato, Button, con la McLaren, ha di che sorridere: "È stata una gara divertente nella lotta con Hamilton, Alonso e Schumacher. Ero troppo lontano per pensare di vincere, ma è stata una bella gara su una pista dove l'atmosfera è sempre fantastica".
Fernando Alonso, 30 anni, seconda stagione in Ferrari.
Fernando Alonso, 30 anni, seconda stagione in Ferrari.
alonso lottatore — Alonso, 3° ha centrato l'obiettivo della Ferrari: "Partenza fantastica, qui a Monza sapevamo che se la macchina si fosse comportata bene, c'era lo spazio per andare in testa al via: ho sfruttato al massimo il potenziale per la partenza, poi ho guidato la gara per qualche giro ma non eravamo troppo competitivi per reggere al comando. Ho cercato il podio e ce l'ho fatta sul filo di lana su Lewis, ma è fantastico: qui a Monza è vera passione, i tifosi ti trasmettono tutto quello che hanno e per noi è meraviglioso. Il team aveva anche tanta pressione e il podio è quindi un grande risultato". "Mancano sei gare alla fine - ha chiuso Alonso - non lottiamo più per il Mondiale ma voglio mantenere la seconda posizione. Il prossimo GP, a Singapore, è quello più favorevole per le nostre caratteristiche".
massa frenato — Amareggiato Massa per il 6° posto, colpa della collisione con Webber che l'ha rallentato: "Ho avuto problemi con Webber che mi ha toccato: poi ho perso posizioni e tempo. Ho rimontato ed è stato difficile: poteva essere una gara in cui ero lì a lottare con gli altri lì davanti, peccato. La macchina si è comportata bene, il mio problema in gara è stata solo la collisione con Webber che mi ha frenato".
schumi divertito — Michael Schumacher non può che ssere soddisfatto della sua gara e del bel duelo con Lewis Hamilton, anche se alla lunga il britannico della MclLaen ha avuto la meglio. "Ho visto i miei tanti tifosi - afferma il sette volte camppine del mondo della Mercedes ai microfoni ella Rai - sono contento per la gara di oggi, abbiamo fatto il massimo possibile. Con un po' di fortuna potevamo salire sul podio ma la velocità della macchina non è ancora abbastanza, dobbiamo fare di più. Il duello con Hamilton? È stato davvero bello, sono contento, meglio combattere con quelli davanti che con quelli dietro".
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Santoro: “La Rai è nostra, riprendiamocela”
Il suo futuro in tv: “Comizi d’amore”
“Gli amministratori della tv pubblica siano scelti dagli abbonati. La proposta di La7, con il controllo preventivo era inaccettabile. Che cosa farò? Quello che avete già visto con Raiperunanotte”. Michele Santoro arriva alla festa de Il Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta e non delude le attese di migliaia di lettori in fila da questa mattina per trovare un posto nell’arena della Versiliana: “In tv ci vuole qualcuno che possa dire liberamente ‘Berlusconi fuori dalle balle’”.

Quale sarà il futuro televisivo di Santoro, dopo le stagioni di Annozero? ”Sono qua non per dire quello che faremo, per il semplice motivo che quello che faremo lo abbiamo già fatto vedere due volte a Bologna, con Raiperunanotte e Tuttinpiedi. Per cui se vi piacciono quei programmi realizzati in maniera indipendente e grazie al vostro aiuto, noi quei programmi vogliamo rifarli”. Nel corso del suo intervento, il conduttore ha rivelato il nome e le modalità del suo programma futuro: “Vi chiedo un po’ di fiducia. Bastano dieci euro e con l’aiuto di imprenditori qui presenti, del gruppo televisivo di Parenzo, del Fatto Quotidiano riusciremo a fare un programma che si chiamerà “Comizi d’amore”.

”Il programma dovrebbe partire a fine ottobre e sono in programma circa 25 puntate”, ha spiegato il giornalista parlando a margine dell’incontro. “Non è stato ancora deciso il giorno della settimana in cui trasmetterlo”, ha poi aggiunto. Santoro ha spiegato che “non c’è alcun accanimento nei confronti di nessuno degli altri protagonisti della scena. Ci piacerebbe andare in onda contro Vespa, ma non mi sembra adatto alla prima serata”. La trasmissione dovrebbe essere realizzata in uno studio a Roma, “anche se abbiamo una fortissima pressione bolognese per farne una sede fissa”, e contribuirà tutta la sua vecchia squadra, escluso Corrado Formigli passato a La7. Il programma sarà realizzato anche con “il contributo del pubblico, perchè con dieci euro si entra a far parte dell’associazione no profit ‘Servizio pubblico’, della quale farà parte anche ‘Il Fatto Quotidiano’”. Il giornalista ha aggiunto che “per realizzare la trasmissione serviranno circa 250mila euro a puntata, ma non saranno solo soldi pubblici, ma anche fondi nostri e poi ci sarà la pubblicità”.

“Vengo a rendere omaggio a un grande giornale libero”, ha detto il conduttore appena salito sul palco insieme ad Antonio Padellaro e Marco Travaglio. Il ragionamento parte dall’11 settembre2001, dieci anni fa: “Ci siamo sentiti tutti americani, ma sentirsi americani in quel momento significava guardare le cose da un solo punto di vista, quello dei pompieri morti nelle torri. Dei sopravvissuti ci siamo dimenticati. La realtà non è sempre la stessa, ma cambia con i racconti che se ne fanno. Sono le mie telecamere che danno un’angolazione ai fatti. Ed è importante che i punti di vista siano tanti. Ora, l’11 settembre ha segnato uno spartiacque: ci ha fatto dimenticare cosa voleva ottenere il terrorismo. Come se ci fosse un unico orizzonte. In Italia noi eravamo la sede del pacifismo. Poi, a un certo punto la guerra è sembrata, ci è stata fatta vedere, come l’unico strumento per risolvere i problemi del mondo”.

L’attacco a Berlusconi è frontale: ”C’è uno che ha detto che questo è un Paese di merda, che telefona con una sim colombiana, che si inventa appuntamenti inesistenti per non recarsi dal magistrato. Quando diremo basta, è finita, fuori dalle balle? Almeno uno dei nostri giornalisti può dire questo in una piccola tv? – ha chiesto il conduttore – Se questo non si può fare, vuol dire che stiamo cancellando un pezzo di opinione pubblica”. Il j’accuse santoriano è rivolto anche al centrosinistra: “E voi dell’opposizione cosa cavolo state facendo di fronte a questo scempio?”. E’ stato umiliante passare l’80% del tempo con gli avvocati, sentire quello che usciva dall’inchiesta di Trani: non può Berlusconi chiedere ad autorità, da lui stesso nominate, di chiudere un programma”.

Il discorso è proseguito con il ricordo delle censure del passato e di quelle più recenti. “L’editto bulgaro è intervenuto anche per non far parlare dell’intervento armato in Iraq. Non lo dico solo io, ma anche Obama che riconosce quel conflitto come fonte di tutti i guai. Io non credo alle teorie complottiste, ma credo che la guerra sia stata una scorciatoia per nascondere la crisi economica. La guerra ha presentato al mondo l’esistenza di un nemico. Ha obbligato noi a chiederci: ‘E noi dove stiamo?’ Stiamo in Occidente. Il mondo si è serrato intorno alla paura. Anche i media hanno smesso di rappresentare chi non aveva paura. E’ mancato un programma che veicolasse l’opinione contraria alla guerra. Siamo arrivati all’assuefazione”.

“Mi rivolgo – ha proseguito Santoro – ai colleghi di Libero e del Giornale che mi danno del “guru della sinistra”. Io voglio chiedere a questi miei colleghi una cosa semplice: “Questa gente che è seduta qui ad ascoltare, queste migliaia di persone che i partiti non riescono più a raccogliere, hanno diritto a essere rappresentati come opinione pubblica? I pacifisti non avevano diritto a esistere come opinione pubblica organizzata? Perché se questa opinione pubblica non ha diritto di essere rappresentata, questa non è democrazia”.

E perché, “se non si reagisce, succede quello che è successo con l’11 settembre. Ci si parla tra noi, ma la realtà scompare tanto che, per vedere un giovane “parlante” guardavamo il Grande fratello. Ma ora il pubblico ha imparato a scegliere, a cercare i canali dove la realtà viene rappresentata. E i programmi che stavano dentro la tv a raccontare la realtà hanno cominciato ad avere peso.

Il giornalista ha dedicato un passaggio alle ragioni del fallimento del suo passaggio a La7. “L’Ad di Telecom ha usato una bella metafora, quella dei macachi sul banano Rai. Ma sono state dette tante cose. Non so se è vero quello che ha scritto Dagospia, ossia che Berlusconi ha telefonato a Bernabè per non avermi in onda su La7. Ma perché un’azienda si tira indietro e l’ad tira fuori l’argomento della scaletta? Allora ridateci Masi! Come si fa a garantire l’autonomia del programma se l’amministratore decide la scaletta? E non viene nemmeno lui a dirlo, ma manda l’ufficio legale. E perché noi non reagiamo? Cosa ha detto Bersani? Bersani ha detto: “Santoro è come Balotelli! Prima o poi lo fanno giocare. Certo che gioco! Ma così abbiamo perso il servizio pubblico. E’ per questo che dobbiamo riprenderci il mercato e il servizio pubblico. Riprendiamoci la Rai, è nostra! Facciamo la battaglia e datemi fiducia come avete già fatto per gli altri eventi. Con dieci euro ciascuno possiamo fare una televisione veramente libera”.
 
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AMBIENTE

"Lo squalo non è assassino"
E scrive un libro per salvarlo

La giornalista del Washington Post Juliet Eilperin ha scritto "Demon Fish", frutto di due anni trascorsi osservando i pescescani e chi li caccia e li studia. Il risultato è un inedita opera sul rapporto di amore e odio tra noi e l'animale. Tra leggende e paure infondate di SARA FICOCELLI

A INAUGURARE il filone è stato, lo sappiamo, Stephen Spielberg. Dal suo squalo assassino del 1975 ad oggi, Hollywood ha sfornato circa una trentina di film con protagonista il pescecane, quasi sempre dipinto come uno scaltro e insaziabile divoratore di uomini. E pensare che noi a questo pesce quasi non interessiamo (solo il 6% delle specie è pericoloso) e che la sua intelligenza è rimasta ferma a 400 milioni di anni fa, quando comparvero i suoi primi antenati. Per dissipare i luoghi comuni intorno allo squalo non basterebbero altri 30 film ma in mancanza di soldi la giornalista del Washington Post Juliet Eilperin 1 ha scritto un libro, "Demon Fish", frutto di due anni trascorsi osservando gli animali e tutto quell'esercito di persone che dalla Papua Nuova Guinea alla Florida si impegna a cacciarli, allevarli e studiarli.

Il risultato è il primo reportage sul rapporto di amore e odio tra noi e il "signore dei mari", un legame che Hemingway immortalò nel suo "Il vecchio e il mare" e che oggi l'uomo insanguina con lo "shark finning", pratica che ogni anno uccide oltre 73 milioni di squali, privati della pinna e ributtati in mare agonizzanti. Cina, Giappone, Canada e Stati Uniti tra i Paesi più affezionati a questo tipo di caccia. All'origine di tanta crudeltà, spiega la giornalista, una futile motivazione: in Cina la zuppa di pinna simboleggia la buona reputazione della famiglia ospitante, per questo non manca
mai nel menu di matrimoni e feste varie. "Tutto simbolo, niente sostanza", scrive la Eilperin, sottolineando come la fibra della cartilagine sia insapore e non aggiunga niente al gusto della portata, se non a livello psicologico. Un "raggiro", continua la reporter, che contribuisce a decimare la specie, già provata da cambiamenti climatici, inquinamento e pesca selvaggia. "Un chilo di pinne vale più o meno 500 euro - spiega Primo Micarelli, responsabile del Centro Studi Squali dell'Aquarium Mondo Marino di Massa Marittima - e per raggiungere tale quantità bisogna uccidere parecchi squali. In Italia questa pratica non è ammessa ma siamo tra i Paesi al mondo che consumano più pescecane in assoluto, soprattutto inconsapevolmente, dato che non sempre viene indicato chiaramente che si tratta di carne di squalo. Verdesca, palombo, vitella di mare, persino il "fish" impanato del fast-food: supermercati e locali ne sono pieni. E' una carne economica, interessante per il mercato".

Il problema è che questi animali raggiungono la maturità sessuale tardi, in media a 12 anni di età, e spesso vengono uccisi prima della riproduzione. In due secoli circa il 97% degli squali oceanici è scomparso, un danno evidente per l'ambiente e per noi, vista l'importanza di questi "top predators" per l'equilibrio dell'ecosistema. In alcuni Paesi vengono uccisi a mani nude (a Hong Kong i pescatori attirano i clienti chiedendo "Are you man enough to catch a shark?", "Sei abbastanza forte da uccidere uno squalo?") e in altri usati per attirare i turisti (la giornalista è andata anche a vedere gli squali bianchi in Sud Africa, immergendosi con loro in una gabbia di metallo). Una scoperta, lo "shark tourism", che lascia ben sperare per il futuro, dato che proprio in Sud Africa hanno calcolato che uno squalo vivo frutta circa 2500 dollari al giorno, e che quindi più che ammazzarli conviene proteggerli.

"Il mondo occidentale - spiega Cristina Zenato, che da 17 anni vive e lavora con squali di tutte le specie a Grand Bahama, nelle Bahamas - considera questi animali come esseri da sradicare per rendere i mari più sicuri. Nelle isole Somoa e Fiji sono invece ritenuti delle divinità ed è vietato mangiarne la carne. In altri Paesi, per esempio alle Bahamas, la gente ha un approccio più equilibrato: sa che in certi momenti è pericoloso incontrare uno squalo, ma che in generale non c'è da aver paura. Tutti i pescatori locali sanno che gli squali vogliono il pesce e che dopo aver mangiato li lasciano in pace. Hanno, nei confronti di questi animali, un rispetto basato su conoscenze ed esperienze reali". Tutt'altra musica rispetto ad europei e americani. "Quando le persone, in occidente, mi parlano di squali - continua la Zenato - tirano fuori una marea di luoghi comuni: ho sentito dire che mangiano gli essere umani, li cercano, li cacciano, che sono attratti dalla presenza del sangue (la domanda tipica che fanno le donne è se possono entrare in acqua con il ciclo) e li associano a sentimenti umani: cattivi, feroci, malvagi, pericolos, senza scrupoli. Lo squalo è uno squalo, non ha sentimenti come i nostri. Anzi: è meno malvagio di noi nei confronti degli altri animali".

Il libro-denuncia della Eilperin ha colpito persino il New York Times, notoriamente sensibile alle questioni ambientali, soprattutto se il problema è "made in Usa". La cattiva fama del predatore ha infatti cominciato a diffondersi proprio a partire dall'America, nella tragica estate del 1916, quando tra il primo e il 12 luglio quattro persone vennero uccise da attacchi di squali lungo la costa del New Jersey. La psicosi che scoppiò allora (e che ispirò Spielberg per il suo pluripremiato film) resiste immutata quasi un secolo dopo, sebbene gli attacchi all'uomo siano rari e facciano in media 4 o 5 vittime l'anno (fatta eccezione per questo 2011, che ha registrato 10 morti). "Ma per quante persone possano morire - spiega la Eilperin - è sempre più facile rimanere uccisi da un fulmine o schiacciati da un elefante che dal morso di uno squalo. Il numero degli americani che ogni anno arrivano in ospedale feriti da fuochi d'artificio o addobbi di Natale è 40 volte superiore a quello delle persone attaccate dall'animale".

Queste affascinanti creature con scheletro di cartilagine e pelle dentellata, capaci di nuotare per giorni a velocità sorprendente, con la loro perfezione anatomica hanno ispirato e ispirano gli ingegneri di mezzo mondo nella costruzione di macchine, videogames e indumenti aerodinamici. La bellezza purtroppo non gli servirà a salvarsi: per farlo ci vogliono aree protette, santuari. L'ultima speranza è risposta nella presa di coscienza di paradisi ambientali come le Maldive, le Fiji e le coste del Messico, che si stanno rendendo conto che possono guadagnare di più proteggendoli che cacciandoli, per una bistecca o una ciotola di zuppa. 
(07 settembre 2011)

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