giovedì 9 febbraio 2012

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Alonso: noie e distacco a Jerez
È a 2" dalla Lotus di Grosjean

JEREZ (Spagna), 9 febbraio 2012

Terza giornata di test: la Ferrari dello spagnolo a lungo ferma ai box per guai idraulici, poi gira poco e resta lontana, sia dal francese, il più veloce con le vetture 2012, sia dalla McLaren di Hamilton, molto vicina a Vettel

Fernanado Alonso in pista a Jerez nei test di F.1. Reuters
Fernanado Alonso in pista a Jerez nei test di F.1. Reuters
C’erano 4-5 mila persone oggi, nel terzo giorno di test a Jerez, ad assistere al primo collaudo di Fernando Alonso con la F2012 ma si saranno davvero divertiti? Solo Jules Bianchi, che ha rovinato la Force India dopo appena due giri, e Sergio Perez, che è rimasto fermo ai box a lungo per sostituire il filtro dell’olio del cambio, hanno girato meno dello spagnolo, bloccato a metà mattina da un problema idraulico. E quando è stato in pista, Fernando non ha di certo contribuito ad accendere speranze in vista della stagione che scatterà il 18 marzo a Melbourne. Certo da qui all’Australia ci sono oltre alla giornata di domani, altri due importanti sessioni di collaudi su una pista assai più probante di questa - quella di Montmelò - e la Ferrari potrebbe anche mostrare quel potenziale del quale parlava ieri Massa. Ma alla resa dei conti Fernando è rimasto a 4 decimi dalla barriera dell’1’20", che invece hanno infranto con facilità il debuttante Vergne (Toro Rosso) e Perez (Sauber).
Romain Grosjean, in evidenza con la Lotus E20 a Jerez. Ap
Romain Grosjean, in evidenza con la Lotus E20 a Jerez. Ap
Balzo mancato — La Ferrari ripete che sta raccogliendo dati (ed effettivamente sono stati tanti i passaggi a velocità moderata sul rettifilo) ma di certo al terzo giorno di collaudi ci si sarebbe aspettati un passo avanti. Come ha fatto ad esempio la McLaren con Hamilton che è arrivato a 0"167 da Vettel (1’19"297), il quale, al debutto con la RB8, ha già raggiunto il limite di Webber (ieri spettatore ai box insieme a Mateschitz, il signor Red Bull, e a Helmut Marko). Ma i due campioni del mondo nella lista dei tempi si sono dovuti inchinare oltre che alla solita Mercedes 2011 - ieri Nico Rosberg è sceso sino a 1’17"613 - anche a Romain Grosjean: il francese ha preso il posto di Raikkonen ed è andato subito fortissimo a dimostrazione che la Lotus sembra nata bene ed è facile da guidare così come la Toro Rosso di Giorgio Ascanelli. Infine, da ricordare che la Sauber è stata la prima a modificare notevolmente l’aerodinamica, cambiando la parte terminale della carrozzeria e si è visto per la prima volta Senna con la Williams. Per i nostalgici di Ayrton un bel tuffo al cuore. Domani conclusione con 3 campioni del mondo in pista: Alonso, Hamilton e Vettel.
I TEMPI DI GIOVEDì 9 FEBBRAIO: 1. Rosberg (Mercedes 2011) 1’17"613 (118 giri); 2. Grosjean (Lotus) 1’18"419 (117); 3. Vettel (Red Bull) 1’19"297 (96), 4. Hamilton (McLaren) 1’19"464 (80); 5. Vergne (Toro Rosso) 1’19"734 (79); 6. Perez (Sauber) 1’19"770 (48); 7. Alonso (Ferrari) 1’20"412 (67); 8. Senna (Williams) 1’21"293 (125); 9. Van Der Garde (Caterham) 1’23"324 (74); 10. Bianchi (Force India) s.t.
Record: M. Schumacher (Ferrari) 1’15"650 (2004).
dal nostro inviato
Andrea Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Pdl, odore di bruciato dietro al boom di iscritti
“Una guerra che rischia di finire in tribunale” 

Il partito di Berlusconi è diventato un covo di rancori. La prima a sollevare il caos è stata la deputata Bertolini, segretario a Modena: "C'è chi stacca tessere facili con rischio di infiltrazioni malavitose". Giovanardi replica: "Affermazioni indegne". Ma dietro all'esplosione di adesioni ci sarebbero solo grandi manovre tra le correnti per vincere i congressi provinciali. Una situazione che rischia di sfuggire di mano anche al responsabile regionale Berselli
Il partito dell’amore lo chiamava Silvio Berlusconi nei primi mesi dopo la nascita del suo Popolo della libertà. Ma i tempi sono cambiati. Soprattutto lungo la via Emilia dove c’è sì un boom di iscritti, ma sul quale i primi a lanciare sospetti sono i dirigenti del partito stesso. Così, alla vigilia dei congressi provinciali, i primi nella storia del Pdl e in tutta la storia del berlusconismo politico, il partito di via dell’Umiltà appare lacerato e diviso, pieno di sospetti e in balia di una guerra interna che in alcune città potrebbe addirittura finire in tribunale.

Sono proprio le adesioni al movimento guidato da Angelino Alfano il pomo della discordia che, non solo in Emilia Romagna, sta mettendo in crisi questa prima “mobilitazione nazionale”. Molti esponenti del partito, dalla Puglia al Lazio, dal Veneto alla Calabria, hanno denunciato un anomalo aumento delle tessere. Ora le voci iniziano ad alzarsi anche dall’Emilia Romagna, terra rossa capace di dare comunque al berlusconismo personaggi del calibro di Carlo Giovanardi, Filippo Berselli, Anna Maria Bernini, Giuliano Cazzola.

La prima a sollevare critiche sul tesseramento era stata la deputata modenese Isabella Bertolini, la stessa che a novembre fu tra le prime a mettere in dubbio la fiducia all’allora premier Berlusconi. La parlamentare, alla vigilia del prossimo congresso (in cui è candidata), ha prima denunciato un boom di iscritti in provincia di Modena, da poche centinaia a 5.600. Poi ha rimarcato un fenomeno che, se verificato sarebbe molto grave: la presenza di individui sospetti tra le nuove adesioni: “Leggo cognomi come Zagaria che mi auguro non siano parenti dei noti camorristi del clan dei Casalesi. Non voglio passare per razzista né ho strumenti per sapere chi sono questi neo-iscritti ma i sospetti restano. Il mio timore è che qualcuno possa aver aperto loro la porta, per questo ho informato il segretario Angelino Alfano e sono in attesa di una risposta”. Immediata la replica di Giovanardi, nemico storico della Bertolini: “Indegno criminalizzare chi è nato in alcune province del Meridione”.

Scendendo lungo la via Emilia fino al punto più a est c’è Rimini, dove Gioenzo Renzi, ex consigliere regionale, ex Alleanza nazionale ed ex candidato sindaco sconfitto alle elezioni di maggio, denuncia “iscrizioni triplicate” in provincia: da 901 del 2010 a 2.386 del 2011 in un mese. “Non solo – spiega Renzi – dei 901, ben 338 non hanno rinnovato ala tessera. Gli iscritti ex novo, cioè mai visti prima, nel 2011 sono stati 1.823”. Renzi porta dei casi emblematici dai centri della Riviera: “A Bellaria si è passati da 69 a 220, ma di quei 69, 33 non hanno rinnovato. Dunque – conclude l’ex candidato sindaco – ci sono 187 iscritti ex novo. Stesso discorso a Riccione”.

L’accusa al gruppo dirigente provinciale, guidato da Marco Lombardi, è molto pesante: “Mi sembra che a molta gente quello che interessa siano i pacchetti delle tessere, non il dibattito interno. Noi non siamo andati a destra e a manca a cercare gente che magari si vede solo un giorno al congresso. Oggi – prosegue Renzi – non è individuabile nemmeno chi fa le tessere: una volta invece servivano due persone per presentarlo”.

Il consigliere regionale Lombardi, coordinatore uscente e sostenitore del candidato ciellino Fabrizio Miserocchi, replica. “È fisiologico l’aumento degli iscritti prima di un congresso. Io stesso negli anni precedenti non andavo alla ricerca di iscritti, quest’anno sì”. E i risultati si notano, si potrebbe aggiungere. “Ci sono tre ex An che fanno 250 iscritti a testa, poi una componente di Cl che ne fa circa 300. Io e l’onorevole Sergio Pizzolante facciamo il resto”. Cioè quasi 1.500 tessere, facendo due conti.

Ma come ci iscrive al Pdl? Via internet o con un modulo cartaceo spedito a Roma. Ogni iscrizione ha un suo singolo bollettino di pagamento (10 euro l’iscrizione per il solo voto attivo, con 50 euro si può anche essere eletti a una carica) con allegata fotocopia del documento d’identità.

Lombardi allontana qualunque insinuazione di iscrizioni fasulle: “Stanno venendo fuori robe di questo genere in giro per l’Italia, proprio per questo non mi va di essere accomunato a cose poco chiare . Io garantisco su tutti i 2.500 iscritti, ci metto la mano sul fuoco”.

Ad ogni modo il tenace Gioenzo Renzi chiede che almeno vengano inviate delle lettere di convocazione a casa di ogni iscritto per invitarlo al prossimo congresso del 26 febbraio.

Una procedura simile a quella già adottata a Bologna. Anche nel capoluogo tuttavia non è mancata qualche ombra sul tesseramento, segnalata dal vice-coordinatore cittadino e consigliere regionale, Galeazzo Bignami. Proprio per questo sono partite le buste, iscritto per iscritto. “Si tratta di qualche decina di imprecisioni su un totale di 2.800 iscritti regolari – spiega – sarei sorpreso se gli errori superassero l’1 %”.

Per sgombrare il campo dai sospetti il consigliere regionale ha preferito quindi verificare le iscrizioni del capoluogo una a una, facendo inviare ai tesserati una lettera di conferma. “Li abbiamo contattati per essere sicuri che non ci fossero irregolarità, e nel momento in cui abbiamo individuato tessere-fantasma non rivendicate, l’abbiamo segnalato a Roma”.

Nella procedura di adesione ci possono essere delle insidie. Il documento d’identità da allegare può essere presentato anche successivamente, a eccezione degli ex iscritti ad An e Forza Italia, che sono esentati. In alcune liste preparate per i prossimi congressi, per esempio, sono stati rintracciati nomi di ex-iscritti, nonostante non avessero mai rinnovato la tessera. “Questi sono banali errori del sistema informatico che aveva bisogno di essere aggiornato, ma a Bologna ci sono stati anche diversi casi di omonimie. Ad ogni modo correggeranno a Roma”.

Insomma, anche per Bignami qualcosa non torna, ma di certo il consigliere si tiene ben distante dai colleghi di partito di Rimini e Modena, anche perché sotto le Due torri un’esplosione di iscrizioni non c’è stata, anzi. Se erano 3 mila nel 2010, sono 2.800 oggi. “Giusto tenere alta l’attenzione, ma se qualcuno pensa che ci siano rischi d’infiltrazioni vada in Procura”.

Sulla stessa linea il coordinatore regionale, Filippo Berselli. Per lui le accuse sono “balle senza fondamento”. Secondo il senatore, chi semina sospetti lo fa perché ha bisogno di mascherare la realtà. Un gesto dettato dalla disperazione, insomma: “Sia Renzi sia Bertolini sanno di non avere speranze ai congressi provinciali, per questo ora cercano giustificazioni. Ma se hanno elementi concreti facciano delle denunce direttamente alla magistratura”. Da Roma un altro deputato influente, il bolognese Giuliano Cazzola, chiede comunque di tenere gli occhi aperti e invita il centro, cioè Roma, ad adottare “procedure più severe ”.

Questo è il Pdl in Regione. Ora con lo scioglimento delle nevi che ricoprono la regione da est a ovest, quello che rimarrà a terra dopo i congressi e i veleni da esercito ormai senza guida, potrebbe essere il vecchio contenitore del partito di plastica berlusconiano.

di Giulia Zaccariello e David Marceddu
 
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IL DOCUMENTO

Marijuana, Lsd e i suoi nemici
Così l'Fbi spiava Steve Jobs

Nei file che l'Fbi ha desecretato dopo più di trent'anni alcuni aspetti rimasti finora oscuri del fondatore di Apple. Le relazioni fatte quando era stato defenestrato dalla sua azienda ed era stato adocchiato da George Bush padre per qualche incarico all'interno dell'amministrazione Usa dal nostro inviato ANGELO AQUARO

NEW YORK - L'uomo che il mondo intero ha celebrato come il nuovo Thomas Edison aveva la tendenza "a piegare la verità e distogliere la realtà per il conseguimento dei suoi obiettivi". Mica male per il Grande Comunicatore che ha sedotto il pianeta con i suoi iPhone, iPad e i Mac. Ecco Steve Jobs come non lo avete mai visto: nei file che l'Fbi ha desegretato dopo più di trent'anni. E che mettono in luce gli aspetti rimasti finora più oscuri.

I FILE DELL'FBI 1(FOTO) 2 - (Pdf) 3
Per carità: i federali ci assicurano sul fatto che Steve non aveva "parenti stretti in paesi controllati dai regimi comunisti". Però lo Zio Sam sì che aveva da preoccuparsi per quel ragazzone: "Alcune testimonianze suggeriscono che in passato abbia fatto uso di droghe". Come se fosse una sorpresa trovare la traccia di qualche canna, e magari qualcosa di più, nella California degli anni post hippy.

Ma perché gli uomini speciali della polizia fondata da Edgar J. Hoover tenevano sotto controllo il papà della Apple? L'innovatore della Silicon Valley era stato adocchiato George H. W. Bush per qualche incarico all'interno dell'amministrazione: e in questi casi è consueto un pre-screening per scoprire se il candidato ha qualche scheletro nell'armadio. Steve era stato poi anche protagonista di un fattaccio di cronaca: un ricatto da 1 milione di dollari di un pazzo che nel 1985 sosteneva di aver piazzato una bomba nella casa sua e di altri capoccia della Mela.

Quando è spiato dai federali SuperSteve non era però già più il capo del marchio che aveva lanciato la sfida a Bill Gates con quei computer superfacili che avrebbero cambiato il mondo: proprio nell'85 era stato defenestrato nella guerra interna e al comando della Mela sarebbe tornato solo nel 1996.

Nelle carte non si rivela nessun tipo particolare di reato. Ma si esprime preoccupazione appunto per quel passato da freakettone simpatizzante delle droghe. Non solo leggere: oltre alla marijuana c'era anche Lsd. E poi quell'accenno - nelle testimonianze di chi lo aveva conosciuto bene - alla sua "onestà". "Alcuni testimoni dubitano della sua onestà" si legge letteralmente nelle carte dei superpoliziotti. Solo le chiacchiere di qualche invidioso nel mondo già allora divisissimo della Silicon Valley? Sembra un film. E proprio un film da lì a poco avrebbe cambiato ancora una volta la vita di Steve. Mentre era sotto inchiesta il grande Steve stava lavorando a "Toy Story": il giocattolo che avrebbe rimesso in piedi la sua Pixar e l'avrebbe nel tempo riportato alla guida della Mela. Grazie alla sua straordinaria capacità - come diceva l'Fbi - di "distorcere la realtà": soprattutto giocando con la fantasia.
(09 febbraio 2012)

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