domenica 29 maggio 2011

bè......

NUCLEARE

Stress test Ue al via da giugno
Svizzera, addio all'atomo

Raggiunta l'intesa per i controlli sula tenuta degli impianti decisi dopo la catastrofe di Fukushima. Le simulazioni di attacchi terroristici verranno valutate in un secondo momento. Berna intanto annuncia che non costruirà nuove centrali

BRUXELLES - Partiranno il prossimo primo giugno gli stress test 1 sulle 143 centrali nucleari europee decisi dall'Unione Europea in seguito all'allarme creato dalla catastrofe di Fukushima. Ad annunciarlo è stato il commissario Ue all'Energia, Guenther Oettinger, dopo l'intesa araggiunta con le autorità nazionali di regolamentazione dell'energia nucleare sulle modalità e i tempi con cui reazlizzare le prove per verificare la tenuta degli impianti. L'accordo è stato possibile con la consueta tattica di aggirare gli scogli motivo di scontro. Nel caso degli stress test le divergenze tra Stati membri riguardavano l'opportunità di inserire tra i fattori da valutare anche la tenuta a fronte di un possibile attacco terroristico e di incidenti aerei. L'Ue ha stabilito quindi che le simulazioni di queste due casistiche in particolare "saranno gestite separatamente, dopo che gli Stati membri hanno evidenziato l'esigenza di riservatezza" di dati di questo tipo.

"Faremo tutti gli sforzi per assicurare gli standard di sicurezza più elevati sia negli impianti nucleari dell'Unione europea che in quelli vicini ai confini - ha detto Oettinger - Ora arriva la parte più difficile: far rispettare i criteri con tutto il rigore necessario". Il processo che parte il primo giugno prevede tre fasi: una preliminare, in cui le centrali dovranno fornire documentazione e rispondere a un questionario,
poi un esame da parte delle autorità nazionali e infine una "peer review", attraverso gruppi multinazionali che controlleranno i rapporti delle autorità nazionali.

Le prove sulle centrali nucleari misureranno quindi la capacità di resistenza di fronte a catastrofi nucleari ed errori di origine umana; non considereranno invece la minaccia di attentati terroristici. Secondo l'accordo raggiunto tra i Ventisette, le misure preventive in caso di attentati saranno affrontate da un gruppo separato (perché le autorità di sicurezza nucleare - ha spiegato la Commissione Europea - non si occupano di questioni di sicurezza nazionale e i Paesi membri ritengono che le misure in questo ambito debbano rimanere riservate).

Intanto dopo Germania 2 e Giappone 3, il club dei "pentiti" del nucleare si arricchisce di un altro influente membro. Il governo svizzero ha raccomandato infatti oggi al Parlamento confederale di rinunciare a sostituire le centrali nucleari una volta che queste avranno esaurito la loro vita operativa, intorno al 2034.
(25 maggio 2011)
 
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Milano, per ogni voto Moratti spende 287 euro 

Il sindaco uscente spende una fortuna ma conquista solo il record del voto più caro d'Italia. Il centrosinistra si scopre formica: la coalizione di Pisapia spende dieci volte di meno e mette in tasca 80mila voti in più
L’elettore più caro d’Italia abita a Milano e vota Letizia Moratti. Ogni preferenza al sindaco uscente è “costata” la cifra record 287,8 euro. Lo rivelano i prezzi del “supermarket elettorale”, visitato rapportando le spese delle liste in competizione con i risultati del primo turno (guarda la tabella). Lo schieramento che sostiene Letizia Moratti ha speso oltre 11 milioni e mezzo di euro in manifesti, eventi, spese di personale e così via. Quello per Giuliano Pisapia si ferma a 814.800 euro, dieci volte di meno. Una differenza che si ritrova anche nello sforzo economico profuso dai singoli partiti: il Pdl, ad esempio, ha investito ben tre milioni di euro per sostenere il proprio candidato mentre il Pd ne ha spesi 10 volte di meno per il proprio, 300mila euro tondi tondi. La Lega Nord segue il pacchetto di liste pro Moratti piazzandosi al sesto posto per spese elettorali (350mila euro) e terza in città per numero di preferenze (57.403, il 9,64%). Il partito di Bossi non ha seguito il Pdl nell’escalation degli investimenti: un voto in camicia verde è costato 6 euro. Ma se il centrodestra ha speso tanto, quanto ha incassato in termini di voto?

Per saperlo bisogna mettere in rapporto le cifre di spesa ufficiali depositate in Comune con il numero di voti preso. Lo schieramento di liste e candidati che appoggia Letizia Moratti ha investito 11,6 milioni di euro e ha ricevuto 273,542 voti (41,59%), spendendo così per ogni voto una media di 40,4 euro per ogni preferenza ricevuta mentre lo schieramento in sosteno a Giuliano Pisapia ha speso 814.820 euro e ha incassato 315.999 voti (il 48,05% del totale) arrivando ad un costo per voto pari a 2,58 euro.

Il record spetta a Letizia Moratti: per la propria campagna elettorale dichiara di aver speso 4,5 milioni di euro e in termini di voto ha ricevuto 15.634 preferenze, con una media di 287,83 euro spesi per ogni voto ricevuto. Come si è arrivati a questo calcolo è semplice. Per ottenere le preferenze del candidato sindaco di uno schieramento basta prendere i voti totali e sottrarre quelli riconducibili a liste e candidati diversi dal candidato sindaco. La differenza coincide con il voto di preferenza. Sono stati 15.635 i cittadini che hanno scritto Moratti. Pisapia la doppia con 34.371 preferenze.

Rimanendo ai dati finora noti. Perché , in realtà, il sindaco uscente non ha ancora ufficializzato l’intera somma investita. E questo aveva dato adito a polemiche proprio sulla trasparenza delle singole liste. Si è ipotizzato che Moratti avesse stanziato qualcosa come 20 milioni di euro. Così è intervenuta in prima persona per chiarire: “Ritengo che la spesa sarà come quella del 2006 pari a circa 6,5 milioni di euro” . Eppure secondo gli atti ufficiali depositati per legge in Comune ha speso 4,5 milioni. Dove sono finiti due milioni di euro? Si ritrovano spalmati in tre liste in sostegno del sindaco uscente. “Milano al centro” di Mariolina Moioli e Giovanni Terzi ha speso 1,4 milioni di euro. Ancora più sospetta la lista “Giovani per l’Expo! Insieme a Letizia Moratti” che conta 48 candidati, tutti dal profilo giovanissimo e senza alcuna esperienza, che ha speso 970mila euro. E la lista che fa campo a un ex assessore (Edoardo Croci), cui la stesa Moratti aveva ritirato le deleghe, torna a sostenerla con una dote elettorale di 550mila euro. Nei giustificativi presentati non è obbligatorio indicare la provenienza dei fondi ma solo il totale della cifra.

L’iniezione di soldi, secondo molti, ha trasformato le amministrative del 2011 in un supermarket del voto. Paragonabile al mercato calcistico creato Silvio Berlusconi quando ha iniziato a pagare i giocatori con cifre a sei zeri, alterando gli equilibri. Ma Milano, guardando al risultato del primo turno, sembra essere diventata refrattaria alla logica economica del più forte. Ma chi sono allora i veri vincitori? Si è parlato tanto del Movimento a Cinque Stelle perché con soli settemila euro di spese per la campagna elettorale sono stati abbondantemente premiati dalle urne (21.251 voti presi pari al 3,2 per cento delle preferenze). Un voto è costato ai cosiddetti “grillini” 0,32 centesimi. Ma il recordman del voto “meglio speso” è Giancarlo Pagliarini, fuoriuscito della Lega della prima ora confluito nel gruppo misto per manifesta lontananza dal partito: ha speso mille euro di tasca propria e ha incassato 4mila voti. Una preferenza gli è costata 0,26 centesimi, meno di chiunque altro. Si scopre decisamente caro l’arancio, simbolo della lista di Milly Moratti, cognata milionaria del sindaco. La sua lista civica spende 93mila euro, incassa 7.940 voti (1,33%) e finisce per quotare un voto a 11,7 euro. Si vedrà adesso il risultato del ballottaggio. Se cioè l’investimento morattiano può sortire effetti positivi nella fase finale della corsa elettorale. E’ però evidente, a oggi, che per vincere le elezioni non basta avere più soldi degli avversari da investire nella propaganda.


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Internet, all’eG8 nessun accordo sulle regole
Si è concluso ieri a Parigi il primo eG8, il summit sulla Rete che ha preceduto l’apertura dei lavori degli otto grandi della terra, iniziata oggi a Deauville in Francia. Due giorni di dibattito intorno a Internet e social network, in relazione alle rivolte in Maghreb e alla tutela dei dati personali. All’apertura dei lavori di martedì, il Presidente Nicholas Sarkozy, promotore dell’evento, ha parlato di Web come passo decisivo per la storia dell’umanità dopo la scoperta dell’America e la Rivoluzione industriale. Nonostante questo, però, si è premurato di porre l’accento sulla necessità di una regolamentazione condivisa per i governi, vero obiettivo del meeting. Sarkozy è stato il promotore di Hadopi, la legge contro il file sharing tra le più rigide in Europa. Tuttavia, le sue speranze sono state disilluse. Infatti, come ha sintetizzato Xavier Niel del provider francese Iliad SA, il messaggio dell’eG8 è: “Please try not to regulate“.

Gli ospiti di punta sono stati Rupert Murdoch e il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg. Per il magnate australiano, la rivoluzione di Internet ha intaccato tutti i settori culturali e industriali ad eccezione di uno: l’istruzione. Per il ceo di News Corp le scuole sono l’ultimo baluardo della rivoluzione digitale e la grande sfida dei nostri tempi riguarda lo sviluppo e la ricerca del capitale umano. Una prospettiva che giustifica il suo investimento di 360 milioni di dollari per l’acquisto del 90% di Wireless Generation, azienda che fornisce agli insegnanti software per verificare la preparazione degli studenti e fornire e-learning personalizzato.

Zuckerberg invece si è concentrato sulle nuove tendenze del web, dominate  dall’esigenza degli utenti di condividere informazioni personali. Per quanto riguarda le rivolte in Maghreb, invece, ha ridimensionato il ruolo dei social media convinto che sia stata la Rete nel suo complesso a ricoprire un ruolo chiave per la mobilitazione reale. Per quanto riguarda Facebook ha spiegato che dopo i giochi, saranno l’industria della musica e quella del cinema a fare business sulla piattaforma e che l’azienda non ha intenzione di consentire la registrazione ai minori di 13 anni, come era stato ventilato nei giorni scorsi.

Nel corso del meeting Sarkozy è stato attaccato da alcune associazioni che si battono per i diritti in rete quali il  Civil Society Internet Governance Caucus che contestava l’agenda dell’eG8: troppo spazio alle aziende e poco al principio della net neutrality. Ed è ancora mistero sulle responsabilità di un gruppo di attivisti francesi, La Quadrature du Net, che con i suoi hacker avrebbe causato il black out a intermittenza della rete wireless durante il forum.

Per quanto Sarkozy intendesse spingere verso la formulazione di regole condivise le conclusioni del meeting hanno semplicemente posto alcuni temi su cui i governi dovranno riflettere: tra questi la gestione delle reti e la collaborazione tra operatori e governi per la ripartizione dei costi, la protezione dei dati personali e del diritto d’autore nell’era 2.0 oltre alla libera circolazione delle informazioni. Tema su cui nessuno degli ospiti, tra i colossi come Google e Facebook e gli esperti invitati per speech e workshop, ha proposto una linea precisa perché l’imposizione di regole rigide può danneggiare i profitti aziendali. I sei delegati dell’eG8, tra cui Mark Zuckerberg e il presidente esecutivo di Google Eric Schmidt, sono oggi a Deauville per spiegare i risultati dei due giorni di meeting. L’unico messaggio da trasmettere ai grandi della terra è che Internet è l’elemento chiave per lo sviluppo dei paesi e delle loro economie. Il primo eG8 si è concluso senza nemmeno un  canovaccio per avviare una pragmatica regolamentazione del web al contrario di quanto Sarkozy si aspettava.

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