sabato 29 gennaio 2011

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INQUINAMENTO

Polveri sottili, livelli record
fuorilegge quasi 50 città

Dati allarmanti nel dossier di Legambiente. Particolarmente grave la situazione in Pianura Padana con Torino, Brescia e Milano in testa alla classifica europea dello smog. "Servono politiche strutturali, non interventi spot"

ROMA - Lo scorso anno 48 capoluoghi di provincia hanno superato il limite giornaliero di polveri sottili nell'aria per più dei 35 giorni consentiti dalla legge. La situazione più grave è quella registrata dalle centraline di monitoraggio a Torino e Frosinone con 134 e 108 sforamenti. A seguire Asti (98), Lucca (97), Ancona (96) e Napoli (35). Sono questi i dati salienti del dossier "Mal'aria di città 2011" presentato da Legambiente alla vigilia dello stop alle auto a Milano 1 e Torino 2.

Le conseguenze sulla salute dei cittadini dello "smog cronico", afferma lo studio, sono drammatiche. Ogni 10.000 abitanti, più di 15 muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili. Lo scorso anno, denuncia ancora "Mal'aria", in 21 città i giorni fuori limite sono stati oltre 70, ovvero più del doppio ammesso dalla normativa. Al di là dei livelli eccezionali registrati in alcuni capoluoghi, a destare particolare allarme è la situazione complessiva della Pianura Padana, dove sono concentrati 30 dei 48 capoluoghi fuorilegge. La principale fonte d'inquinamento urbano deriva dai trasporti, responsabili, secondo il dossier, del 50% delle polveri sottili a Roma e dell'84% degli ossidi di azoto a Napoli. I trasporti su strada emettono annualmente circa il 34,7% del Pm10, il 55,5% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto, il 43,1% del monossido di carbonio.

La gravità della situazione italiana, ricorda Legambiente, è confermata dai dati dell'Agenzia europea per l'ambiente, che riporta ai primi posti della classifica delle città più inquinate Torino, Brescia e Milano, precedute solo da Plovdiv, in Bulgaria. Dall'Europa, che da due anni esorta il nostro governo a rispettare i limiti imposti dalla normativa comunitaria, è arrivato, inoltre, un monito formale. Lo scorso novembre la Commissione Europea ha deferito infatti l'Italia presso la Corte di giustizia per non aver rispettato la direttiva sulla qualità dell'aria.

"Per curare la malattia cronica della cattiva qualità dell'aria e dell'inquinamento acustico - afferma Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente - non bastano interventi spot come la giornata nazionale della bicicletta o parziali limitazioni al traffico. Servono interventi più ampi e strutturali, dal contrasto all'auto privata al rilancio del trasporto pubblico, che deve essere appetibile per i cittadini tramite l'estensione delle corsie preferenziali e un'adeguata offerta dei km percorsi".

La rincorsa italiana a rientrare nella norma di quanto previsto non solo dal buon senso, ma anche dalle direttive europee, rischia però di essere senza fine. Proprio ieri il commissario Ue per l'Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik, ha annunciato infatti di essere intenzionato ad inasprire ulteriormente i limiti di PM10 consentiti proprio in considerazione dei danni provocati alla salute dei cittadini.  

Intanto dal consiglio comunale di Milano si apprende che la domenica a piedi di dopodomani potrebbe avere un bis già la settimana successiva. "Ad oggi c'è il 60% di possibilità che il 6 febbraio replicherermo la domenica a piedi - ha ammesso il vicesindaco Riccardo De Corato - io non faccio il guru, lo dico guardando i bollettini meteorologici che non preannunciano nemmeno per i prossimi giorni piogge o vento".
(28 gennaio 2011)
 
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A mare con i rifiuti
Arrestati l'ex braccio destro di Bertolaso, Di Gennaro, e il prefetto Catenacci. Avviso di garanzia per Bassolino. Al centro della nuova inchiesta lo sversamento del percolato in mare
Il mare non bagna Napoli. Le coste che vanno da Santa Lucia al litorale flegreo, da Paestum a Cuma, sono ammorbate da tonnellate di percolato. Monnezza liquida, nera, tossica. Così per anni hanno avvelenato la Campania. E’ questo il nucleo centrale dell’inchiesta della procura di Napoli che ieri ha portato all’arresto di 14 persone (otto in carcere, sei agli arresi domiciliari) e decine di avvisi di garanzia.

Nomi eccellenti, da Antonio Bassolino al suo assessore all’Ambiente, Nocera, fino a Gianfranco Nappi, capo della sua segreteria politica, tutti indagati. L’ex braccio destro di Guido Bertolaso, il prefetto Marta Di Gennaro, e il prefetto Corrado Catenacci, anche lui negli anni passati a capo del Commissariato straordinario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania, finiti agli arresti domiciliari.

E’ la quarta maxi-inchiesta sulla monnezza connection, e questa volta al centro dello scandalo c’è quella che gli imputati chiamano “l’emergenza percolato”. In sintesi: la dissennata gestione del ciclo dei rifiuti in Campania ha prodotto milioni di tonnellate di monnezza gettata in discarica. Ammassata lì, senza essere trattata, sotto il sole a fermentare e produrre tonnellate di liquidi velenosi, il percolato. Doveva essere smaltito, e senza troppi riguardi per le leggi e per l’ambiente.

”A me della Campania non me ne frega un cazzo, non me ne frega dello smaltimento dei rifiuti, il problema è loro. Devo fare tutto questo per 20mila euro al mese. Mi hanno chiamato, mi hanno fatto sedere su una sedia e mi hanno detto ti devi prendere il percolato”. E’ lo sfogo telefonico di Gaetano De Bari, amministratore delegato di “Hydrogest”, una delle società che ha avuto la gestione della depurazione in Campania. Gli impianti non erano in grado di smaltire percolato, non erano a norma, non c’era il minimo rispetto delle leggi. Eppure, scrivono i pm napoletani, “bisognava comunque gettare il percolato a mare e consentire ai gestori, senza loro colpo ferire, la pessima depurazione in atto. La violazione di norme e leggi prendeva il nome di collaborazione istituzionale”. Al Commissariato straordinario, alla Regione e al Ministero premevano perché i responsabili degli impianti prendessero il percolato senza fare storie. “L’assessore Nocera (Udeur e responsabile Ambiente nella giunta Bassolino, ndr) di fronte alle nostre obiezioni, dichiarò che se non avessimo seguito le sue richieste avrebbe fatto sequestrare gli impianti”. Minacce e ammiccamenti. “Nocera – scrive la procura napoletana – non disponeva di uno studio sulla compatibilità tra il percolato, le sue caratteristiche e i singoli impianti, aveva deciso di ottenere in qualsiasi modo l’assenso dei gestori ad accettare il percolato”. Nel processo “Rompiballe”, il prefetto Catenacci ammette l’impossibilità di far trattare i liquami dai depuratori campani. “Nel 2006, i gestori si rifiutavano di accogliere i liquidi delle discariche, rappresentai che la ricerca di una diversa forma di smaltimento avrebbe aperto le porte ad affari poco puliti, a vantaggio di ditte poco trasparenti, di cui spesso si era servita la Fibe (società dell’Impregilo, ndr) anche nell’acquisto o affitto delle discariche”.

Nessuno individuava strade alternative allo smaltimento. La filosofia che negli anni dell’emergenza ispira regione e commissariato è una sola. “Il perseguimento degli scopi del massimo vantaggio economico inteso in senso lato e della solo apparente soluzione dei problemi di interesse pubblico, entrambi i fini in totale pregiudizio del rispetto dei capisaldi della legge, della scienza, della tecnica e della salute pubblica”. Così si è realizzata in Campania “una colossale opera di inquinamento” in un’area dove vivono 3 milioni di persone. In mare finisce di tutto, zinco, azoto, inquinanti pericolosissimi. “Gli impianti non funzionano affatto, ma la cosa deve rimanere tra di noi”, si sente in una telefonata tra un funzionario e un gestore di depuratori. C’era qualcuno che analizzava i liquidi che gli impianti scaricavano a mare? “I risultati di questi campioni di acque reflue – si legge in una relazione dell’Arpac del 2007 – confrontati con quelli dei mesi precedenti attestano uno stato di sofferenza dello stato di ossidazione biologica dovuto anche alle modalità di immissione del percolato”.

Dal linguaggio burocratico alle telefonate dei responsabili. “La Hydrogest sta causando un disastro ambientale, il 30-40% dei fanghi viene sversato direttamente in mare”. “Gli impianti fanno schifo e pure la depurazione”. “Foce Regi Lagni ha buttato a mare tonnellate di merda al giorno”. Ma tutti sottovalutavano. “Diciamo che il prodotto ha un odore molto disgustoso, però non abbiamo trovato un indice di inquinamento da farlo ritenere pericoloso”, sono le parole di un funzionario responsabile della salute dei napoletani. Quanti occhi chiusi sul disastro della Campania. “Anche il Commissario straordinario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso e il suo vice Marta Di Gennaro avevano consapevolezza della problematica del percolato, e tuttavia lo gestivano con assoluta sufficienza, e soprattutto in dispregio di ogni regola”, scrivono i magistrati napoletani.

dal Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011

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SICUREZZA

Browser con scudo anti-spot
ora c'è più privacy per l'utente

A seguito delle richieste della FTC, Mozilla e Google lanciano nuove protezioni su Firefox e Chrome in grado di bloccare la pubblicità mirata. In arrivo anche sul prossimo Internet Explorer. L'obiettivo è evitare la tracciatura della navigazione per proteggere la sicurezza dei dati dell'utente di TIZIANO TONIUTTI


ROMA - La pubblicità mirata è un'innovazione importante per l'utente del web, che non viene più bersagliato da mille messaggi inutili, ma da comunicazioni basate sulle sue navigazioni e quindi, in teoria, dei suoi interessi. Un filtro "anti-spam" a monte che ha la sua indubbia funzionalità, ma con un costo importante: la privacy. Per sapere cosa interessa o meno all'utente, i fornitori di pubblicità online hanno bisogno di informazioni sulle abitudini web degli utenti. Queste vengono fornite dal browser e di certo, espongono la privacy a un rischio certo: le aziende di marketing sanno dove sei, cosa cerchi, cosa hai cercato, e cercano di capire cosa cercherai. Possono tracciare un quadro preciso dell'utente, a cui insomma manca solo nome e cognome. Dati comunque non difficili da recuperare.

Lo stop del FTC. Il tema è molto sentito dalla Federal Trade Commission. L'autorità statunitense che si occupa dei diritti dei consumatori ha chiesto agli sviluppatori di browser di porre l'utente in controllo pieno dei suoi dati di navigazione. Appello che i tre principali nomi della navigazione web hanno accolto subito. Per evitare il tracciamento, Mozilla e Google hanno presentato due estensioni per i rispettivi browser, Firefox e Chrome, ormai popolarissimi. Microsoft ne ha prevista una anche per Internet Explorer 9, la prossima versione del software di navigazione integrato in Windows.

Non tracciarmi. L'estensione per Firefox verrà lanciata
a breve, e si chiama Don't Track me. Funziona secondo un principio di domanda-risposta tra il browser e il sito che si visita. Il risultato è che durante la navigazione, l'utente non verrà più inquadrato attraverso i suoi dati e riceverà pubblicità casuale, non basata sui suoi percorsi di navigazione o sulle ricerche. Quello di Mozilla è un sistema che potrebbe lasciare il campo a qualche perplessità, perché le aziende di marketing hanno così a disposizione l'informazione della volontà di un utente di uscire dal tracciamento. Il sistema di Google è invece un'estensione per Chrome, già disponibile, che si chiama Keep my Opt-outs 1. Funziona secondo un modello collaudato di liste di siti da cui non accettare "cookie", codici in grado di comunicare le preferenze dell'utente a terze parti. Si installa semplicemente e si aggiorna quando è necessario, con gli elenchi dei fornitori di pubblicità su misura. Il risultato è il medesimo dell'opzione per Firefox. Pubblicità senza contenuti personalizzati ed esperienza di navigazione più riservata. L'utente può verificare che la privacy rimanga garantita sul sito AboutAds 2, che contiene un database di aziende di marketing che forniscono contenuti pubblicitari ad personam, dai cui messaggi è ora possibile isolare il proprio browser.
 
(27 gennaio 2011)
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Santoro: “Il 13 febbraio manifestazione davanti al tribunale di Milano”
L'appello alla mobilitazione è firmato da Michele Santoro, Barbara Spinelli e Marco Travaglio
Segnatevi questa data, 13 febbraio. Milano torna a fare la Capitale morale. Senza bandiere né simboli di partito, davanti al Tribunale che indaga su Silvio Berlusconi, Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti: tutti in piazza per difendere l’indipendenza della magistratura, della libertà d’espressione e dei valori fondamentali della Costituzione nata dalla Resistenza. L’appello è firmato da Michele Santoro, Barbara Spinelli e Marco Travaglio. Ma l’obiettivo è riportare in piazza l’indignazione dei cittadini, far uscire dalla cappa mediatica dei tg la stanchezza per gli attacchi quotidiani contro i giudici e i giornalisti con la schiena dritta. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, vorrebbe riprovarci proprio quel giorno, domenica 13, con una manifestazione in piazza Duomo in difesa del governo. La sua tesi, tristemente nota, è che la magistratura stia tentando un colpo di Stato per far cadere la maggioranza di centrodestra. Come nel 2002. Era gennaio, il 12, quando il procuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, denunciava l’arroganza delle “riforme annunciate”, “gli intenti punitivi” del governo – anche allora a Palazzo Chigi sedeva Berlusconi – contro la magistratura. E concludeva con parole che sembrano scritte ieri: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività ‘resistere, resistere, resistere’ come su una irrinunciabile linea del Piave”. Il primo girotondo arrivò due settimane dopo. Le stesse che mancano all’appuntamento di “resistenza” del 13. Questa volta, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la vicenda Annozero.

E anche nel 2002, insieme ai giudici, nel mirino di Berlusconi erano finiti i giornalisti: “L’uso che Biagi… Come si chiama quell’altro? Santoro… Ma l’altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”. Secondo Articolo21, l’associazione in difesa della libera informazione, la piazza di Berlusconi ha lo stesso obiettivo di sempre: “Colpire a morte i poteri di controllo, imbavagliare la magistratura e quello che resta della libera stampa, oscurare la pubblica opinione affinché nulla sappia, consentire a uno solo di rivolgersi al paese attraverso le sue videocassette, senza domande, senza contraddittorio alcuno, senza diritto alla replica per gli aggrediti e gli insultati”. Anche per il leader Idv, Antonio Di Pietro, c’è bisogno “di una grande manifestazione popolare che dica no a tutto questo”.

In verità, nemmeno del centrodestra sono tutti convinti che l’idea di scendere in piazza abbia ancora un senso. Il rischio di trovarsi il deserto attorno, lo valuta più di qualcuno. Per questo tra le ipotesi alternative che circolano in queste ore c’è anche quella di raccogliere delle firme o di allestire dei gazebi in varie città. La prova del bagno di folla, per esempio, non convince il ministro Ignazio La Russa: “Stavamo e stiamo considerando l’ipotesi – confessa alle agenzie – che non prevedeva comunque piazza Duomo, ma quella alle sue spalle, dove abbiamo fatto già la scorsa manifestazione, e alla quale avrebbe potuto telefonare il presidente Berlusconi”. Prende le distanze anche il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “Si sta esaminando questa eventualità, che deve essere poi decisa definitivamente dalle strutture del partito”. Futuro e Libertà arriva a sostenere che l’ostinazione di Berlusconi sia sintomo del fatto che “è costretto a rincorrerci”: i finiani, infatti, lo stesso giorno sono a Milano per la loro assemblea costituente. Quel giorno si “rischia l’ingorgo” sintetizza un’Ansa: in piazza, a Roma, anche il Popolo Viola, mentre in tutte le città si troveranno le donne – da Francesca Comencini a Giulia Bongiorno, da Anna Finocchiaro a Susanna Camusso – in difesa della dignità femminile. Sarà un ingorgo, meglio di quelli del traffico con cui ci distraggono i tg.

da Il Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011

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