lunedì 26 dicembre 2011

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 Quelli che dicono no all’Italia dei corrotti

Il caso del calciatore del Gubbio, Simone Farina, che ha rifiutato 200mila euro (per truccare una partita di Coppia Italia) non è un episodio isolato. Dal dirigente Enav che ha detto no a una tangente fino al sindaco Angelo Vassallo, sono molti gli esempi positivi che non cedono alla corruzione. Ma non chiamateli eroi
Quelli che dicono no conoscono poche parole. Non si raccontano nemmeno. Non predicano, fanno. Quelli che dicono no, spesso, stanno in basso. E se puntano in alto, cercano la strada più giusta e corretta. Onesta, semplicemente. Quelli che dicono no si fermano prima di una tentazione, di un calcolo matematico, di un fruscìo di banconote. S’incazzano. Quelli come Simone Farina, difensore di Serie B, cinque anni nel Gubbio, rispondono offesi a chi cerca di corromperli: “Io queste cose non le faccio”. E basta. Senza tormenti di coscienza, senza ripensamenti. A Farina offrivano 200 mila euro per truccare una partita di Coppa Italia col Cesena: perdere una gara quasi inutile per far felice la malavita che col calcio sporco ci campa (e di lusso). Farina gioca, a volte male, a volte bene. Ha un buono stipendio per la Serie B di zona retrocessione, né ricco né povero. E 50 mila euro, imprevisti, fanno la differenza. Ma Farina ha detto no perché mai avrebbe detto sì: “No ai soldi sporchi”. Quelli che dicono no come Simone Farina (e denunciano un ex compagno al capitano e all’allenatore), che mai vincerà un Mondiale, lo fanno per se stessi e per quello che fanno. Non sono tanti, però si fanno sentire. Sono piccoli ingranaggi che fanno saltare sistemi di corruzione studiati, rodati, quasi scientifici. Si mettono di traverso per istinto. No, non per gloria. No, non per apparire. Si fanno ricordare per un giorno, poi tornano lì dove volevano restare. Con la faccia e le mani pulite, qualche sguardo di troppo, qualche domanda stupida cui rispondere. Quelli che dicono no scelgono solo due lettere per stare meglio: no.

Vernamonte e Antonelli – funzionari delle Entrate. I nomi di Francesco Vernamonte e Giuseppe Antonelli dicono poco. Le cronache veloci di agenzie e quotidiani nemmeno li hanno citati . Eppure i due funzionari dell’Agenzia delle Entrate hanno rifiutato una mazzetta di 10 mila euro e 2 sterline d’oro nascoste in una scatola di cioccolatini. Un commercialista romano voleva ammorbidire gli accertamenti fiscali sulla Brunelli Sud spa [estranea al tentativo di corruzione, ndr], un’azienda casearia laziale che ha evaso 5 milioni e 600 mila euro. Vernamonte e Antonelli hanno subito denunciato il tentativo di corruzione. E il commercialista è stato arrestato.

Giovanni Parascandola – l’appuntato. Adesso è tornato a fare il piantone, tre anni fa, l’appuntato Giovanni Ladonea Parascandola girava la Campania e monitorava la discarica di Villarica. Il carabiniere documentava il ciclo dei rifiuti, che tante inchieste giudiziarie e tanti milioni di euro hanno bruciato. Parascandola faceva il suo mestiere, senza spirito ambientalistico, ma perché faceva parte del nucleo a disposizione dei Commissario speciale. Arrivò Guido Bertolaso e sciolse il gruppo. Un maresciallo voleva punirlo. L’appuntato, più che semplice, disse: “Ho fatto solo il mio dovere. Noi carabinieri abbiamo un solo credo, la legalità”.

Raphael Rossi – l’ingegnere dei rifiuti. Nome comune, gesto raro. Raphael Rossi è un giovane ingegnere italiano. È stato vicepresidente dell’Amiat, l’azienda municipale di Torino che si occupa di rifiuti. È stato cacciato perché ha impedito che fosse acquistato un macchinario inutile di 4,2 milioni di euro. E ha fatto arrestare chi voleva corromperlo con una mazzetta di 100 mi-la euro. Il Comune di Torino, sindaco Sergio Chiamparino, non si è nemmeno costituito parte civile nel processo. La storia di Raphael ha un lieto fine. Il sindaco Luigi De Magistris l’ha chiamato a Napoli per dirigere l’Asia, l’azienda del comune che gestisce la raccolta dei rifiuti.

Ambrogio Mauri – l’imprenditore pulito. Ambrogio Mauri ha cominciato con una piccola officina a Desio, in Brianza. Poi è diventato uno dei maggiori costruttori di autobus. Fin quando a Milano, prima di Mani Pulite, lavoravi soltanto se pagavi: se staccavi assegni ai partiti. Mauri non ha mai pagato per lavorare e si è trovato con l’azienda in crisi. Le inchieste di Tangentopoli accesero una speranza, Mauri ci credeva, andò a testimoniare spontaneamente. Prima di suicidarsi, il 21 aprile del ‘97, scrisse una lettera: “Auguro, a chi continua a resistere, di avere maggiore fortuna”.

Fausto Simoni – il dirigente Enav. Le inchieste giudiziarie su appalti e commesse di Finmeccanica hanno svelato un sistema ben oliato di tangenti. Anche una società del gruppo, Enav, è stata coinvolta. Ma un dirigente, che preferisce i toni lievi (“Non sono un eroe”), per tre anni ha rifiutato soldi e respinto pressioni. Fausto Simoni ha spiegato il sistema ai magistrati e si è raccontato con parole semplici: “Non sono né un eroe né una rockstar. Non cedere alle pressioni di chi mi offriva una tangente è stato naturale, ovvio direi. Perché non saprei lavorare diversamente da come faccio abitualmente. Con onestà”.

Nino De Masi – mai il pizzo alla ‘ndrangheta. Titolare di un’azienda di macchine agricole fondata nel 1954 nella Piana di Gioia Tauro, da 20 anni, seguendo il cammino del padre Giuseppe, si oppone pubblicamente alle richieste di pizzo della ‘ndrangheta, lottando non solo contro i clan e una società abituata allo staus quo del potere criminale, ma anche contro le banche, portate in giudizio a causa di tassi d’interesse che spesso hanno sfiorato, quando non oltrepassato, il limite dell’usura. De Masi non ha mai chiuso e continua a produrre in Calabria:“Assumo il rischio consapevolmente – ha dichiarato a Report – perché in discussione non ci sono i soldi, ma la libertà mia e dei miei figli”.

Angelo Vassallo – il sindaco anti-camorra. Primo cittadino di Pollica, in provincia di Salerno, assassinato il 5 settembre 2010. Secondo gli investigatori il delitto sarebbe di matrice camorristica. Il “sindaco pescatore” si sarebbe opposto agli appetiti dei clan suscitati dalle opportunità di sviluppo turistico della località cilentana, che Vassallo, noto per il suo impegno ambientalista, aveva saputo valorizzare e rilanciare. Fu ucciso in auto, mentre rincasava, in una strada poco battuta. Il finestrino era aperto, segno forse che il sindaco aveva riconosciuto la persona che lo aveva fermato, e aveva discusso con lui.

Patricio Enriquez Loor – il ribelle di Sesto. Docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, Patricio Enriquez Loor è stato membro dello staff dirigenziale del sindaco di Sesto San Giovanni. Se ne andò sbattendo la porta quando capì che le decisioni sull’area all’area ex-Falk, di cui avrebbe dovuto occuparsi come urbanista, venivano prese altrove. “Cercai di oppormi mi hanno accusato pubblicamente di essere un sabotatore, poi il sindaco mi fece capire che se mi fossi adeguato avrei avuto il giusto premio economico”. Ha rinunciato all’incarico nell’estate 2009 e, assieme a un gruppo di cittadini, ha impugnato il piano generale del Territorio di Sesto di fronte al Tar prima della tangentopoli sestese.

Maria Grazia e Savina Pilliu – la mafia non intimidisce. A Palermo, in piazza Leoni, c’è un palazzo di nove piani, abusivo, costruito dalla mafia senza rispettare le distanze con alcune casette vicine. Le avevano ereditate le sorelle Savina e Maria Grazia Pilliu e il costruttore aveva bisogno di abbatterle. Ma le sorelle non hanno mai ceduto alle intimidazioni di Cosa Nostra. Una storia con molti protagonisti: da Paolo Borsellino, che raccolse le confidenze delle sorelle poco prima di morire, al presidente del Senato Renato Schifani, che da avvocato difese il costruttore Lo Sicco contro le Pilliu, fino al professor Pitruzzella, oggi capo dell’Antitrust su nomina di Schifani-Fini, che ha difeso il palazzo dopo il passaggio nelle mani dello Stato.

da Il Fatto Quotidiano del 21 dicembre 2011
a cura di Stefano Caselli e Carlo Tecce

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Vettel e il 2011 magico
"Ora sono nella storia"

MILANO, 24 dicembre 2011

Il tedesco della Red Bull è il più giovane pilota di F.1 a conquistare il secondo Mondiale: "E' stato tutto perfetto dall'inizio alla fine. Io come Schumi? Piano, ne devo vincere di titoli ancora"

Il dominio nella conquista del suo secondo titolo di F1 nel 2011, e l'essere il bicampione di F.1 più giovane della storia, portano a puntare sul tedesco Sebastian Vettel come chiaro favorito anche per il 2012. "L'anno 2011 - ammette il tedesco - è stato qualcosa di molto speciale. Passerá qualche tempo fino a che capisca bene cosa ho fatto. La storia significa molto per me. Esserne parte è una sensazione molto speciale".
Gazzetta TV
 
INARRESTABILE — Dopo il suo convincente trionfo nella prima gara dell'anno a Melbourne, Vettel ha proseguito sempre con lo stesso ritmo, collezionando nella stagione numeri impressionanti: 11 vittorie e 17 podi su 19 GP e ben 15 pole position, nuovo record assoluto della F.1, che sbricola le 14 di Mansell del 1992. "Tutto è stato quasi perfetto, dall'inizio alla fine. Quando ho festeggiato il Mondiale 2011 mi sono reso conto che la mia vita non poteva essere migliore". Il paragone con Schumacher continuerà a perseguitare per molto tempo Vettel, anche se lui lo respinge ogni volta. "Resta tutto quello che ha ottenuto Michael, io sono ancora molto lontano. Quando si parla di Michael bisogna mostrare rispetto - chiude Sebastian -. Quello che lui ha ottenuto è incredibile e io devo fare un passo alla volta".
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Computer quantistici più vicini
Il futuro del calcolo in un chip

Un gruppo di ricerca dell'Università di Bristol ha sviluppato il primo processore programmabile basato sulla fisica dei quanti. Un traguardo che potrebbe facilitare il decollo del nuovo paradigma computazionale. La scoperta raccontata da tre italiani coinvolti nel progetto di GIULIA BELARDELLI

CHISSÀ se, tra cinquant'anni, i nostri figli e i nostri nipoti rideranno di noi, guardando le fotografie dei primi computer quantistici. L'idea di costruire dei computer utilizzando i fenomeni tipici della meccanica quantistica è in giro dall'inizio degli anni Ottanta, ma mai fino a questo momento si era materializzata in un processore capace di aprire la strada alle sue infinite possibilità. Il concetto, spiegato più dettagliatamente in questa scheda (link), ha del rivoluzionario: moltiplicare a dismisura la capacità computazionale di una macchina, abbandonando il dualismo dei bit e affidandosi ai ben più camaleontici quantum bit, come è stata chiamata l'unità d'informazione del nuovo paradigma.

SCHEDA Tutte le meraviglie dei qubit 1

Uno dei luoghi in cui da anni si lavora a rendere possibile il "quantum computing" (questo il suo nome ufficiale) si trova all'Università di Bristol, nel Regno Unito, ed è il Centro per la Fotonica Quantistica 2 diretto da Jeremy O'Brien. In questi laboratori un gruppo di ricercatori guidato da Peter Shadbolt è riuscito a creare il primo oggetto a poter essere considerato un processore riconfigurabile che lavora su stati quantistici. In parole semplici, il mattone di base di cui saranno fatti i quantum computer destinati a rivoluzionare
buona parte del nostro modo di trattare ed elaborare le informazioni. E poiché gli italiani sono ovunque, non potevano mancare anche qui, sotto il cielo grigio ma ricco di novità di Bristol. Pronti a partire per nuove avventure ma anche - sperano  -  a tornare un giorno in Italia.

Il mattone dei quantum computer. Il frutto del loro lavoro, pubblicato su Nature Photonics 3, consiste in un chip ottico capace di generare, manipolare e misurare due fenomeni chiave per il decollo dei computer quantistici. "Il primo si chiama entanglement o correlazione quantistica", ha spiegato a Repubblica. it Alberto Politi, 30 anni (di cui gli ultimi 5 passati a Bristol), una laurea in Fisica all'Università di Pavia e un biglietto in tasca per andare a continuare la sua attività di ricerca a Santa Barbara, in California.

Si tratta di quel fenomeno che Einstein non riusciva a spiegarsi e che in una lettera a Born definì "spukhafte Fernwirkung" ("spaventosa azione a distanza"), in base al quale due particelle anche lontane sono talmente "ingarbugliate" tra loro che lo stato quantistico di una non può essere descritto senza tenere conto dello stato dell'altra. L'altro fenomeno, invece, è denominato mixture: un effetto spesso non voluto derivante dall'interazione con l'ambiente, ma che ora, grazie alla scoperta fatta a Bristol, può essere controllato e usato per caratterizzare circuiti quantistici.

La meccanica quantistica in un processore. "Il pregio più grande del nostro chip è di aver reso possibile il controllo e la manipolazione di questi due fenomeni su un dispositivo di piccole dimensioni", ha commentato Alberto Peruzzo, 33 anni, laureato a Padova in Ingegneria Informatica. Il chip, infatti, misura solo 7 cm per 3 mm ed è stato fabbricato con una tecnologia al silicio che è compatibile con i processori che troviamo nei computer tradizionali. "Ciò vuol dire  -  ha proseguito Peruzzo  -  che l'approccio potrà essere facilmente trasferito su scala industriale, quando avremo superato le barriere tecniche che ancora ostacolano l'ascesa del quantum computing".

Come funziona. Già ora il processore quantistico sviluppato a Bristol riesce a svolgere diversi esperimenti che normalmente verrebbero eseguiti su una superficie paragonabile a una grande tavola da pranzo. Alla vista si presenta come una rete di piccoli canali che guidano, manipolano e interagiscono con i singoli fotoni. "La generazione delle particelle di luce avviene a partire da un potente fascio laser che viene fatto incidere su un cristallo non lineare", ha spiegato il terzo degli italiani coinvolti, Mirko Lobino, laureato in Ingegneria Nucleare al Politecnico di Milano e arrivato a Bristol nel 2009 con una borsa di studio dell'Unione Europea. "A questo punto, grazie a degli elettrodi riconfigurabili inseriti nel circuito, possiamo generare, manipolare e correlare coppie di fotoni, producendo così ogni possibile stato di ingarbugliamento di una coppia e ogni stato miscela di una singola particella di luce".

La svolta della programmabilità. A fare la differenza tra questo chip e i suoi predecessori quantistici è in sostanza la complessità ("almeno dieci volte superiore", spiegano i ricercatori) e il fatto di poter essere riprogrammato per svolgere diversi compiti. "L'obiettivo finale è la costruzione di un computer che sarà molto, molto più potente e veloce rispetto a quelli che conosciamo oggi", ha ribadito Peruzzo. "Manipolando il sistema, infatti, è possibile svolgere un'operazione matematica simultaneamente su tutti gli stati di un quantum bit. Più cresce il numero dei qubit, più la capacità di elaborazione aumenta in modo esponenziale".

Le applicazioni più vicine, tra crittografia e simulazioni. Come spesso avviene per le grandi trasformazioni, è difficile prevedere in anticipo quali saranno gli utilizzi e la distribuzione dei computer quantistici. Per ora sono chiare alcune applicazioni, tra cui spiccano il settore della crittografia e quello delle simulazioni. "Una prima applicazione possibile riguarda il cosiddetto algoritmo di Shor, che permette di fattorizzare numeri molto grandi", ha detto Lobino. "Questo algoritmo è alla base della crittografia moderna, per cui un computer quantistico potrebbe de-crittografare i messaggi sicuri che ci scambiamo oggi su internet".

L'applicazione più rilevante, però, consiste nella possibilità di "simulare sistemi quantistici virtualmente in tutti i campi della scienza, dall'ingegneria dei materiali alla farmaceutica". "Pensiamo ad esempio alle molecole", ha continuato Lobino. "Oggi non è possibile studiare in maniera precisa il comportamento delle singole molecole: sono sistemi talmente complessi che un computer normale non può simulare, mentre un processore quantistico sì".

L'incognita tempo. Ancora non si sa quanti anni ci vorranno prima che i computer quantistici diventino parte del nostro panorama tecnologico più o meno quotidiano. "Tutto dipenderà da cosa vorremo fare", ha spiegato Peruzzo. "Le prime applicazioni pratiche dovrebbero arrivare nel giro di cinque-dieci anni, quando i computer quantistici potrebbero essere già in grado di svolgere calcoli ora impossibili anche per i supercomputer".

È ancora presto, insomma, per dire se tra mezzo secolo i nostri figli utilizzeranno computer quantistici come macchine capaci di fare un po' tutto, magari meravigliandosi di fronte ai nostri scogli tecnici di oggi. "Queste cose sono impossibili da prevedere", ha concluso Lobino, che l'anno prossimo lascerà Bristol per partire alla volta di Brisbane, in Australia. "Gli ingegneri che hanno costruito il primo computer pensavano di venderne due o tre e che ci sarebbero state una decina di macchine in tutto il mondo, visto che un singolo computer a quel tempo occupava una stanza intera. Oggi possiamo immaginare che forse il quantum computer non sostituirà il computer tradizionale in tutte le sue applicazioni, ma verrà utilizzato da quegli enti e quelle persone che hanno l'esigenza di risolvere determinati tipi di problemi". "Però chissà..." - e i tre si guardano con un accenno di sorriso. "Magari un giorno saremo i primi a ridere di noi, mentre ci porteremo a casa un quantum personal computer".
(26 dicembre 2011)

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Vale e il regalo di Natale
"Vorrei indietro il Sic"

MILANO, 26 dicembre 2011

Rossi negli auguri ai tifosi su Twitter dedica un ricordo all'amico scomparso, di cui è stata di recente costituita la Fondazione per aiutare i bimbi malati


Valentino Rossi, 31 anni, insieme al compianto Simoncelli. Afp
Valentino Rossi, 31 anni, insieme al compianto Simoncelli. Afp
Un augurio di Natale delicato e struggente, quello che Valentino Rossi ha voluto fare: "Buon Natale a tutti, amici di twitter e grazie per l'affetto e per il supporto. Io come regalo vorrei indietro il Sic". Il pesarese, ha voluto così ricordare l'amico Marco Simoncelli, morto il 23 ottobre scorso in occasione del GP della Malesia, a Sepang. Giusto pochi giorni fa Valentino ha detto che avrebbe continuato ad utilizzare il casco dedicato a Simoncelli per tutta la durata dei test invernali, salvo poi tornare al suo tradizionale, su cui posizionerà, però, il numero 58 "per aver esempre un ricordo di Marco".
fondazione — La memoria del campione di Coriano, tragicamente scomparso in un'ondata di commozione che ha travalicato i confini del motomondiale e dello sport, è stata di recente onorata con la nascia della Fondazione che reca il suo nome: con la sede a Riccione e la presidenza affidata alla madre, Rossella, la struttura si propone di aiutare i bambini malati, con raccolte di fondi da utilizzare prevalentemente sul territorio. Il sito della fondazione è www.marcosimoncellifondazione.it.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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