mercoledì 2 maggio 2012

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Le centrali sottomarine del futuro
"ruberanno" energia all'oceano

Sfruttando la differenza di temperatura nelle acque tropicali è possibile costruire centrali per produrre elettricità senza inquinamento. Ci sono però ancora alcune limitazioni tecnologiche da superare, ma Stati Uniti e Giappone non si arrendono... di MASSIMILIANO RAZZANO

RACCOGLIERE energia direttamente dal mare, sfruttando il calore delle acque tropicali per attivare delle centrali termoelettriche nell'oceano. Un progetto che a prima vista può sembrare semplice, se non fosse che una centrale sottomarina efficiente richiede la costruzione di un'enorme sistema di pompaggio largo alcuni metri e che si estende per oltre un chilometro di profondità.

Praticamente come costruire un tunnel della metropolitana ed immergerlo verticalmente negli abissi marini per una profondità pari a tre grattacieli come l'Empire State Building. Una sfida tecnologica molto ambiziosa, ma che secondo gli ingegneri della Lockheed Martin potrebbe essere realizzabile in pochi anni.

Come discusso recentemente anche su Popular Science 1, l'azienda americana nota a tutti per la sua attività nel campo aeronautico sta lavorando ad un prototipo di centrale capace di sfruttare il calore degli oceani tropicali e convertirlo in energia elettrica. Il prototipo, che dovrebbe produrre 10 megawatt, dovrebbe essere completata entro quest'anno, e potrebbe rappresentare una svolta nel campo delle energie rinnovabili.

A spese dell'oceano. Esistono diversi metodi per produrre
energia a spese delle acque dell'oceano, sfruttando ad esempio le maree o il moto ondoso per mettere in moto turbine e generare elettricità. Ma il metodo studiato dai tecnici della Lockheed Martin si basa su un principio diverso, che non utilizza il movimento delle masse d'acqua.

La centrale sviluppata dagli americani utilizza invece l'energia talassotermica (o mareotermica), cioè sfrutta la differenza di temperatura fra l'acqua in superficie ed in profondità per attivare i generatori elettrici. Le centrali a conversione di energia termica dell'oceano, o OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion) in inglese, sono sofisticate macchine termiche nelle quali un fluido scorre in un circuito e scambia calore con l'acqua a diverse temperature.

Nelle centrali a ciclo chiuso, come quella che stanno studiando alla Lockheed Martin, un fluido con punto di ebollizione basso (ad esempio ammoniaca) entra in uno scambiatore di calore dove a contatto con acqua calda evapora. La pressione del vapore fa ruotare le pale di una turbina collegata ad un generatore di corrente elettrica. Successivamente il vapore arriva ad un altro scambiatore di calore, nel quale entra in contatto con l'acqua fredda e condensa in liquido, che viene immesso nuovamente nel ciclo.

Esistono poi sistemi a ciclo aperto, nei quali è l'acqua stessa dell'oceano che viene fatta evaporare in recipienti a bassa pressione, e successivamente fatta condensare dopo che il vapor d'acqua ha attivato le turbine. Un terzo tipo di centrali OTEC è di tipo ibrido, in cui in un primo tempo l'acqua è fatta evaporare ed il vapore è poi utilizzato per far evaporare il fluido. Questo tipo di procedimento può essere applicato con successo negli oceani tropicali, dove la temperatura superficiale può raggiungere i 30 °C mentre nelle zone più profonde può arrivare a 6 °C.

Tra le varie forme di conversione dell'energia marina, quella talassotermica sembra essere una delle più promettenti, sebbene il rendimento teorico sia relativamente basso e possa raggiungere il 7%. Inoltre, ogni giorno i mari tropicali assorbono una quantità di energia solare pari all'energia prodotta da 250 miliardi di barili di petrolio. Infine, oltre a produrre energia pulita senza scorie, questo tipo di centrali hanno anche interessanti impieghi secondari. Per esempio l'acqua fredda può essere utilizzata per alimentare sistemi di aria condizionata, oppure gli impianti possono essere anche impiegati per desalinizzare l'acqua di mare in maniera molto rapida. Ma quando è nata l'idea di questa fonte di energia del tutto naturale?

Un'idea ottocentesca. L'idea di sfruttare il calore dell'oceano per realizzare centrali elettriche non è però così nuova. Fu nel 1881 che il fisico francese Jacques Arsene d'Arsonval propose per primo di sfruttare l'energia termica degli oceani. Grazie a Georges Claude, uno degli studenti di d'Arsonval, venne poi costruita la prima centrale OTEC nel 1930 a Cuba, che poteva generare 22 kilowatt. Nei decenni successivi l'interesse crebbe, e negli anni Settanta anche il Giappone e gli Stati Uniti avviarono specifici programmi per sviluppare questo tipo di risorse energetiche.

La Tokyo Electric Power Company 3 costruì una prima centrale OTEC che divenne operativa nell'isola di Nauru agli inizi degli anni Ottanta, producendo 120 kilowatt. Gli Stati Uniti inaugurarono nel 1974 il Laboratorio per l'Energia Naturale delle Hawaii (Nelha 4), che sviluppò nel 1979 una prima centrale da 50 kilowatt. Presso i laboratori del Nelha vengono tuttora condotti esperimenti e messi alla prova nuovi impianti.

Grazie alle particolari condizioni climatiche ed alla enorme disponibilità di acqua, le isole hawaiane sono il sito ideale per questo genere di tecnologie, ed è proprio laggiù che verrà installata la nuova centrale a cui stanno lavorando i tecnici della Lockheed Martin. Nel 2009 infatti l'azienda ha ricevuto dalla Marina degli Stati Uniti un finanziamento di 12 milioni e mezzo di dollari per sviluppare impianti di nuova generazione, che potranno servire sia le comunità delle isole che le basi militari dislocate in zona.

Un super-tubo sotto il mare. La sfida principale per questo tipo di centrali sottomarine è la competitività rispetto alle fonti energetiche tradizionali. I calcoli hanno mostrato che, a parità di volume d'acqua impiegato, una centrale OTEC che opera su differenze di temperatura di 20 °C produce la stessa energia di una centrale idroelettrica con un dislivello di circa 30 metri. "Per produrre una quantità ragguardevole di energia, gli impianti per la conversione dell'energia termica dell'oceano dovranno muovere fiumi d'acqua" ha commentato Laurie Meyer, capo tecnologo alla Lockeed Martin.

Infatti è necessario portare in superficie l'acqua fredda dalle profondità dell'oceano, e per muoverne una grande quantità, le simulazioni hanno mostrato che servirà un enorme tubo del diametro di dieci metri e profondo un chilometro. Non è pensabile costruire una simile infrastruttura e trasportarla successivamente, ed è per questo motivo che gli ingegneri hanno sviluppato una serie di sistemi per costruire il tubo direttamente in loco. Per farlo, hanno adattato un sistema attualmente usato per costruire gli aerei, basato su uno stampo iniziale di materiale fuso, che viene successivamente lasciato raffreddare.

Anche il materiale del tubo, un composto di resina e fibra di vetro, è stato sviluppato appositamente anche se i dettagli non sono stati rivelati dall'azienda americana per ovvie ragioni di mercato. Nello sviluppo di questo super-tubo, i ricercatori sono stati attenti ad ogni minimo dettaglio, cercando di ottimizzarlo anche in base ad aspetti decisamente curiosi. Ad esempio si è cercato di limitare la velocità con cui l'acqua viene pompata nel tubo, per evitare che l'impianto possa risucchiare pesci ed altre specie marine che abitano nelle profondità dell'oceano.

Si tratta senza dubbio di una sfida tecnologica di tutto rispetto, ma i ricercatori americani sono fiduciosi, soprattutto perché il prototipo da 10 megawatt che verrà completato quest'anno, un tubo del diametro di quattro metri, sarà un ottimo banco di prova per la costruzione di una centrale da 100 megawatt. Sarà sicuramente un ottimo modo per capire la distanza fra le previsioni e la realizzazione concreta di questi impianti. Perché tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. In questo caso, addirittura l'oceano.
 
(30 aprile 2012)

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Microsoft vuole cambiare musica
arriva Woodstock, Zune al tramonto

Un nome di un evento storico per il nuovo servizio di Redmond. Descritto come simile a Spotify, utilizzerà il cloud per sincronizzare i dispositivi. Anteprima probabile all'E3 di Los Angeles a giugno, arrivo in autunno


ARIA DI RINNOVAMENTO nel settore musicale di Microsoft. Passando dall'antico, anzi dal vintage: "Woodstock" è il nome, per ora in codice, del prodotto che sostituirà Zune. Un marchio a cui va dato l'onore delle armi (anche come ottimo software di gestione per Windows Phone), ma che è legato a un passato che l'azienda sembra voler archiviare. Il nome Woodstock invece vuole evocare proprio l'evento storico, il luogo in cui il rock per la prima volta è diventato un'immagine mondiale. Nelle intenzioni di Redmond, Woodstock potrebbe essere il punto di svolta per la musica come la intende Microsoft.

Presentazione a breve. Microsoft potrebbe svelare Woodstock in tempi rapidi, si parla dell'Electronic Entertainment Expo di Los Angeles, al via il prossimo 7 giugno. E quindi come servizio fondamentale su Xbox, ma si parla anche di un legame a doppio filo con Facebook. La piattaforma potrebbe rivelarsi qualcosa di molto simile a Spotify, il servizio di distribuzione gratuita di musica, ancora non attivo in Italia, con elementi di iTunes, come la possibilità di rendere disponibile tutta la propria collezione di musica su ogni dispositivo connesso. La gestione e la sincronizzazione dell'archivio avverrebbe attraverso il cloud, nei computer e nei personal device in possesso dell'utente.

Quando. Probabilmente Woodstock non arriverà prima dell'autunno, in quanto potrebbe rivelarsi una caratteristica di lancio di Windows 8, che arriverà nei negozi dopo l'estate. Le indiscrezioni parlano però di un servizio multipattaforma, e quindi sì a Windows, ma senza dimenticare Android, Mac e il mondo iOs.
  (29 aprile 2012)
 
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Webber allontana la Ferrari
"Non ho firmato proprio nulla"

SCARPERIA, 1 maggio 2012

L'australiano della Red Bull smentisce la stampa spagnola, che parlava di un precontratto con la rossa dal 2013: "C'è un'intera stagione prima di parlare del futuro". Poi parla di moto: "Guai a sottovalutare Valentino. Che bravo il giovane Fenati"

Mark Webber in questo Mondiale ha ottenuto quattro quarti posti. Afp
Mark Webber in questo Mondiale ha ottenuto quattro quarti posti. Afp
"Un giorno si parla di Jenson (Button), uno di Sergio (Perez), l’altro di me. Ma io non ho firmato proprio niente". Così Mark Webber, pilota della Red Bull, spegne le voci di un suo approdo in Ferrari nel 2013, dopo che in Spagna El Mundo Deportivo ha annunciato la firma di un pre-contratto. "La mia attenzione è su questa squadra, abbiamo avuto un buon inizio di stagione, abbiamo disputato solo quattro gare e la strada è molto, molto, molto lunga prima di iniziare a parlare del futuro" ha aggiunto il pilota australiano, che al mattino ha sfruttato i pochi giri di pista asciutta per piazzarsi 2° alle spalle della F2012 di Fernando Alonso, prima che il diluvio tenesse tutti fermi ai box nel pomeriggio.
LOTTA APERTA — "Questa è una gran bella pista, emozionante, anche se forse un po’ troppo veloce per fare i test" ha aggiunto Webber, che in campionato ha ottenuto quattro quarti posti. "La griglia si è ristretta, Sebastian in Bahrain ha avuto un fine settimana senza problemi e ha vinto ma senza dominare, però questo è lo stesso per tutti. Non c’è nessun dominatore in questa prima parte di stagione e arrivare in quarta posizione all’avvio della stagione europea non è male".
BRAVO FENATI — Grande appassionato di moto, Webber parla anche di Romano Fenati, con il quale si era complimentato via Twitter dopo la grande vittoria a Jerez. "Fantastico. Lo avevo guardato in Qatar e con quel casco bianco risaltava su tutti. Ha portato una ventata d’aria fresca e la sua vittoria a Jerez mi ha molto impressionato. Ha solo 16 anni ma ha la testa di un adulto e sta imparando velocemente. Io sono un grandissimo appassionato della moto e vederlo vincere così è stato molto bello".
FORZA ROSSI — Mark parla anche del momento difficile del suo amico Valentino Rossi: "Lui ha alzato l’asticella della moto, vincendo e dominando in tutte le categorie in cui ha corso. Ora sta attraversando un momento difficile, non è supercompetitivo, ma guai a sottovalutare un campione come lui".
dal nostro inviato
Paolo Ianieri© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Jorge-Casey, non solo polso
E Agostini punge Valentino

ROMA, 30 aprile 2012

Stoner in Spagna ha pareggiato la sfida iridata con Lorenzo, un successo a testa, pure sul piano mentale, ma deve curare meglio l'aspetto fisico: le noie al braccio possono frenarlo nella lotta con il leader della classifica. 'Ago' a Die Welt su Rossi: "È triste quando le tue qualità ti abbandonano, ma non puoi farci niente"

Lorenzo, 24, e Stoner, 26, sul podio di Jerez. Afp
Lorenzo, 24, e Stoner, 26, sul podio di Jerez. Afp
Uno a uno, palla al centro. La partita iridata è fra loro due: una vittoria a testa, e fra l’altro ‘in trasferta’, e la sfida ora si sposta in Portogallo, domenica prossima. Le prime due gare della MotoGP hanno confermato che la sfida per la maglia iridata è un affare fra Jorge Lorenzo e Casey Stoner, in ordine di classifica - con Pedrosa in grado di sparigliare le carte soprattutto se la salute, leggi gli acciacchi post caduta, gli daranno tregua per tutta la stagione -, ma con dei risultati che hanno sovvertito dei pronostici che parevano già scritti. Prima Jorge ha violato l’Emirato-Stoner, in Qatar – ben 5 le vittorie dell’australiano lì -, poi Casey è andato a festeggiare a Jerez, a casa di Lorenzo, dove il maiorchino ha visto nascere la sua storia e vanta 4 centri. Botta e risposta: io ti batto sulla tua pista preferita, ma tu vieni a festeggiare davanti alla mia gente e su una pista dove al massimo avevi fatto terzo. La battaglia psicologica è in parità: l’abbrivio di Lorenzo, che poteva diventare fuga in caso di successo a Jerez, è stato subito fermato, e in un colpo solo Stoner ha ribaltato il pronostico. E lo ha fatto a modo suo: sorprendendo.
Gazzetta TV
 
casey, exploit di testa — Casey non ha mai amato Jerez, pista priva di quei curvoni veloci su cui lui fa la differenza, e per tutto il difficile, e umido, week end spagnolo non è mai stato davanti a tutti. Si è nascosto nelle libere, è finito quinto in qualifica, e ha disertato il warm up per risparmiare gomme da pioggia in caso di gara bagnata. Un azzardo. O più semplicemente la serena consapevolezza delle proprie potenzialità, puntualmente espresse in gara, nonostante il solito dolore al braccio che lo aveva frenato in Qatar. Un successo di polso, ma anche e soprattutto di testa, di nervi, sul terreno che talvolta è stato il suo punto debole, e che invece è la peculiarità del suo avversario, Lorenzo.
Gazzetta TV
 
Lotta Stoner-Lorenzo: il maiorchino è leader del mondiale. Reuters
Lotta Stoner-Lorenzo: il maiorchino è leader del mondiale. Reuters
jorge re della forma — Jorge ha corso bene in Spagna, ha fatto scintille con Pedrosa per centrare una pole meravigliosa, ha provato a pressare Stoner in gara e tendergli un attacco, ma si è inchinato a una errata scelta di gomme e alla maggiore caratura dell’australiano, che sulla velocità pura lo batte, ma che sulla tenuta, fisica e a lungo termine, non gli è superiore, anzi. Nessun pilota cura l’aspetto psicofisico come il maiorchino; nessuno lo ‘tralascia’ come Stoner, nel senso che lo sacrifica sull’altare della sua estrema velocità. La partita, però, si gioca non solo sul gas, sul polso, ma soprattutto sui nervi. Ed è una sfida in più.
decisivi i dettagli — Stoner ha impressionato in gara, sereno, maturo, concentrato; Lorenzo in qualifica, calmo ai box con un crono da centro griglia, nonostante i nuvoloni che incombevano, ma sicuro nel poter migliorare e dare spettacolo, come ha fatto strappando la pole a Pedrosa. Testa e polso in un pilota vanno di pari passo, e Lorenzo e Stoner hanno dimostrato che ambedue le componenti devono essere al top. A un livello così alto la differenza la fanno soprattutto i dettagli. Quelli che deve migliorare Lorenzo, e la Yamaha, sul piano tecnico, visto che la Honda pare avere ancora un maggiore spunto prestazionale; quelli che deve costringersi a curare Casey, sul piano fisico. La stagione è lunga, finirà a novembre, e logorante: quel braccio ballerino, alla lunga, molto più che le sirene di pensione anticipata, attratto dal calore della familiglia e della figlia, potrebbe dare la spinta decisiva a Lorenzo.

ago punge vale — Dopo il non brilante nono posto di Jerez, Rossi ha capito che per guidare la Ducati deve adattare il suo stile alla Desmosedici, non viceversa, usando magari l'assetto base che con Hayden, ottavo al traguardo, ma in prima fila, terzo, al via, dà risultati migliori. Dalla Germania, dalle colonne di Die Welt, Giacomo Agostini analizza il momentaccio del pesarese, e non è tenero: "Quando le proprie qualità ti abbandonano è triste, ma non si può far niente. Per un pilota è difficile realizzarlo e accettarlo: uno perde forse solo due decimi al giro, ma mette in dubbio la moto. Valentino a 33 anni certamente non è vecchio, ma ha già una lunga carriera dietro di lui ed è come un limone: lo si spreme sempre più e a un certo momento non c’è più succo. Ma uno come Rossi si mette sempre in discussione e lui deve continuare a credere in se stesso".
Massimo Brizzi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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