lunedì 14 novembre 2011

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Loeb è nella storia: 8° titolo
Il francese meglio di Schumi

BUILTH WELLS (Gran Bretagna), 13 novembre 2011

Nel Rally del Galles il pilota della Citroen finisce in ambulanza dopo un incidente, ma il rivale Hirvonen era già fuori: otto Mondiali vinti ininterrottamente dal 2004

Il navigatore Daniel Elena e Sebastien Loeb, 37 anni, festeggiano il titolo mondiale. Epa
In ambulanza per un incidente, ma campione del mondo. Ancora lui, per l'ottava volta consecutiva dal 2004. Il francese Sebastien Loeb, recordman del rally mondiale, ha festeggiato senza terminare l'ultima tappa del Mondiale Rally, in Galles, il suo sigillo di una carriera pazzesca. Con il successo a bordo della Citroen DS3, Loeb ha superato il sette volte campione del mondo di F1, Michael Schumacher, e Valentino Rossi.

Loeb è nella storia: 8° titoloIl francese meglio di Schumi
E' una cosa straordinaria, in questi anni ha sempre avuto qualcosa in più degli altri
VETTEL APPLAUDE — "Mi sento molto felice. Questo è veramente un grande momento", ha detto il 37enne Loeb, che era sicuro del successo dopo il ritiro del finlandese Mikko Hirvonen, che con la sua Ford era rimasto l'unico in grado di strappare il successo finale. Un'uscita di strada dell'avversario avea chiuso la pratica. Così l'incidente nell'ultimo giorno di gara, senza gravi conseguenze, non ha impedito a Sebastien Loeb e al compagno Daniel Elena, di festeggiare come si conviene la vittoria stagionale.
TRA I GRANDI — La vittoria del Rally del Galles è andata al finlandese Jari-Matti Latvala. Da Abu Dhabi sono arrivati i complimenti dell'altro campione del mondo 2011, Vettel, confermatosi in Formula 1: "E' realmente una cosa straordinaria. In tutti questi anni ha avuto sempre qualcosa in più degli altri. Questo dice tutto". Durante la sua carriera, il francese non ha mai smesso di battere record: quest'anno ha sigliato il limite di oltre 800 migliori tempi nelle prove speciali.
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LA CRISI

Incarico a Monti: "Occorre crescita ed equità"
Napolitano: "Serve fiducia, basta faziosità"

Il senatore a vita accetta con riserva il compito di formare un nuovo governo: "Farò presto ma con scrupolo, fantasie le voci sui ministri, con sforzo comune possiamo vincere sfida del riscatto". Il capo dello Stato: "Nessun ribaltone, subito risposta ad emergenza economica"

ROMA - Saranno stretti i tempi per la formazione del nuovo governo, ma chi si aspettava il varo di un esecutivo nel giro di un paio di giorni si sbagliava. Sia il presidente del Consiglio incaricato Mario Monti, sia il capo dello Stato Giorgio Napolitano, sgomberano il campo dall'illusione che il governo tecnico di emergenza possa ottenere il via libera del Parlamento in fretta, limitando così al massimo le tensioni sui mercati.

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Tempi più lunghi. Parlando subito dopo aver ricevuto il conferimento dell'incarico di formare un nuovo esecutivo dal presidente della Repubblica, Monti chiarisce che "le consultazioni che svolgerò saranno condotte con il senso dell'urgenza ma con scrupolo". "Ritornerò - dice - dal presidente della Repubblica quando sarò in grado di sciogliere la riserva". Posizione ribadita poco dopo dallo stesso Napolitano: "Se qualcuno si inventa prima che si fa il governo in due ore i tempi risultano allungati. Ma non si è mai detto quanto tempo sarebbe bastato. Monti farà nei tempi più brevi che gli consentano di ascoltare e valutare e decidere se e venire qui, come mi auguro, a sciogliere la riserva".

Rispetto per il Parlamento. La necessità di fare bene, senza compiere passi
falsi, non nasconde comunque la consapevolezza dell'urgenza del momento. "La situazione ha aspetti di emergenza ma l'Italia può uscirne con uno sforzo comune", dice ancora l'ex commissario Ue. Poi, illustrando nella sala stampa del Quirinale il senso della disponibilità comunicata con riserva al capo dello Stato e quelle che saranno le linee guida del suo sforzo, precisa: "Mi accingo a questo compito con profondo rispetto nei confronti del Parlamento e nei confronti delle forze politiche. Opererò per valorizzarne l'impegno comune per uscire presto da una situazione che presenta aspetti di emergenza ma che l'Italia può superare con lo sforzo comune". 

Serve più equità. E la linea da seguire per centrare questo obiettivo, aggiunge Monti con l'unico riferimento "programmatico" della sua breve comunicazione a giornalisti, è quella di indirizzare gli sforzi "a risanare la situazione finanziaria, a riprendere il cammino della crescita in un quadro di accresciuta attenzione all'equità sociale". Perché, agiunge, "lo dobbiamo ai nostri figli, dobbiamo dare loro un futuro concreto di  dignità e di speranza".

La scure dei titoli in scadenza. Del resto fallire in questo tentativo, torna ad avvertire Napolitano, significherebbe andare dritti verso elezioni anticipate e "tentare di evitare un precipitoso ricorso al voto e un vuoto di governo è esigenza su cui dovrebbero concordare tutti" anche perché "da domani alla fine di aprile andranno a scadenza 200 miliardi di euro di Btp che bisognerà rinnovare ricollocandoli su mercati". "La particolare fragilità del nostro paese - prosegue - sta nell'altissimo debito pubblico accumulato nel passato. E' un peso che rischia di mettere a dura prova l'impegno dello stato". Per questo motivo "è perciò indispensabile recuperare la fiducia degli investitori e delle istituzioni europee, operando senza indugio nel senso richiesto. E' una responsabilità - dice ancora Napolitano - che avvertiamo verso l'intera comunità internazionale, a tutela della stabilità della moneta comune e della stessa costruzione europea, oltre che delle prospettive di ripresa dell'economia mondiale".

Nessun ribaltone. Sbagliato quindi, sottolinea un presidente della Repubblica apparso più combattivo che mai, parlare di ribaltone. "Non si tratta di operare nessun ribaltamento delle elezioni 2008 né di venir meno a rinnovare la nostra democrazia dell'alternanza - puntualizza Napolitano - si tratta solo di dar vita ad un governo che possa unire forze politiche diverse in uno sforzo straordinario che l'emergenza economica esige".

Personalità fuori dalla mischia. Un'emergenza che Monti pochi istanti prima aveva descritto così: "In un momento di grande difficoltà il Paese deve vincere la sfida del riscatto, deve tornare a essere elemento di forza e non di debolezza di un'Unione europea di cui siamo stati fondatori e di cui dobbiamo essere protagonisti".  E per vincere questa sfida, osserva ancora Napolitano, non ci sono dubbi che Monti è la persona più indicata in quanto l'ex rettore della Bocconi è "personalità indipendente, rimasta sempre estranea alla mischia politica" e "dotata di competenze ed esperienze che ne fanno una figura altamente conosciuta e rispettata in Europa e nei più larghi ambienti internazionali". 

Smentita sui nomi dei ministri. La presenza o meno di politici all'interno del nuovo esecutivo, dice ancora il capo dello Stato "è materia che ora passa al professor Monti e che sarà oggetto dei suoi colloqui con le forze politiche". E quelle girate fino ad oggi, avverte invece il presidente del Consiglio incaricato, sono "di pura fantasia".
(13 novembre 2011)

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Addio legittimo impedimento
Il deputato Berlusconi va a processo 

Con le dimissioni da presidente del Consiglio vengono a cadere molte delle motivazioni che hanno fin qui rimandato il calendario giudiziario dei tre processi in cui il Cavaliere è imputato. Corsa contro il tempo per il caso Mills in cui B. è accusato di corruzione. Attesa per la sfilata di testimoni del Ruby-gate, che potrebbe coincidere con una eventuale campagna elettorale
Addio legittimo impedimento. Con le dimissioni dalla carica di premier cadono molti dei motivi con cui Silvio Berlusconi ha fino ad oggi rallentato l’iter dei processi. E ora il calendario potrebbe intensificarsi. Da oggi, come parlamentare, l’ex premier potrà invocare il legittimo impedimento solo in caso di votazioni in aula e per tutti quei motivi (malattia o viaggi all’estero, ad esempio) per i quali chiunque può chiedere un rinvio. Sono tre a Milano i procedimenti penali che lo vedono imputato e in quarto è stato chiesto il suo rinvio a giudizio: il ‘caso Ruby’, dove deve difendersi dall’accusa di concussione e prostituzione minorile, la gestione dei diritti tv da parte di Mediaset, la presunta corruzione dell’avvocato inglese David Mills e il passaggio di mano dell’intercettazione disposta nel corso dell’indagine sulla mancata scalata alla Bnl tra Piero Fassino e Giovanni Consorte. Intercettazione finita sulle pagine de il Giornale, per la quale il 5 dicembre prossimo il gup di Milano Maria Grazia Domanico deciderà se disporre il rinvio a giudizio anche per il leader del Pdl dopo quello già deciso per il fratello Paolo.

Il procedimento più delicato, quello che ha le ‘settimane contate’ prima della prescrizione è quello sul caso Mills. Il pubblico ministero Fabio De Pasquale potrebbe dare battaglia per chiedere di inserire nuove udienze e arrivare, in tempi stretti, a una sentenza nei confronti dell’imputato accusato di corruzione in atti giudiziari. Il 5 dicembre prossimo è fissato l’interrogatorio di Berlusconi, chiamato a difendersi dall’accusa di aver consegnato 600mila dollari a Mills per fornire testimonianze reticenti, e in quell’occasione l’ex premier, al quale resta lo status di deputato, non potrà far valere impegni governativi di sorta. Per capire quale sarà l’accelerata, se ci sarà, nell’aula del caso Mills bisognerà attendere il 28 novembre quando le parti torneranno a riunirsi per l’interrogatorio, in video conferenza, del legale inglese, già condannato in primo e secondo grado per il reato di corruzione poi prescritto dalla Cassazione.

Ritmi più intensi, probabilmente, anche per il processo sui diritti tv dove Berlusconi è accusato di frode fiscale per presunte irregolarità nella compravendita dei diritti di film americani da parte di Mediaset, il secondo procedimento che si avvicina alla prescrizione. Anche qui, come nel caso Ruby, pende la spada del conflitto di attribuzione tra poteri dello stato, dopo che la Consulta ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dei legali di Berlusconi contro il diniego della corte di concedere il legittimo impedimento in una udienza del marzo 2010. Ma la Corte Costituzionale non si esprimerà prima della metà del 2012. Procede in attesa della Consulta anche il processo per il Ruby-gate. Il processo è iniziato lo scorso 6 aprile e sembra difficile ipotizzare nuove udienze rispetto a un calendario già fitto e senza rischi temporali, dal momento che la vicenda sarà prescritta solo a partire dal 2025. Ma l’addio di Berlusconi a Palazzo Chigi potrebbe far saltare l’accordo raggiunto tra la Procura di Milano e i legali dell’imputato per mediare tra le esigenze dei giudici e gli impegni del Cavaliere. Una prospettiva che potrebbe tradursi – in tempi di campagna elettorale – in una successione ravvicinata di impegni giudiziari.
 
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Anche Hollywood si arrende
ora comandano i videogame

L'ultimo capitolo della saga di Call of Duty in sole 24 ore ha venduto fra Usa e Inghilterra oltre 6.5 milioni di copie incassando più di 400 milioni di dollari. Avatar di James Cameron si era fermato a 77. Ecco come gli eredi di Lara Croft stanno surclassando Hollywood di JAIME D'ALESSANDRO

ROMA - Dimenticate Avatar e Guerre Stellari, dimenticate anche la versione cinematografica di Il Signore degli Anelli. Perché il re dell'intrattenimento non vive a Hollywood né in Nuova Zelanda, ma a Encino, paesotto a sud di Los Angeles. E' qui che ha sede la Infinity Wards, software house che ha appena lanciato il suo ultimo videogame di guerra intitolato  Call of Duty: Modern Warfare 3. E che da oggi può guardare dall'alto i vari George Lucas, James Cameron e Peter Jackson.

In 24 ore Modern Warfare 3 ha venduto solo fra Stati Uniti e Inghilterra, dove esiste una raccolta capillare dei dati, oltre 6,5 milioni di copie per un giro d'affari stimato di circa 400 milioni di dollari. Cifra impressionate. Non foss'altro perché un blockbuster come Avatar nel suo primo weekend ha portato a casa "appena" 77 milioni negli Stati Uniti e 242 in tutto il mondo. Ma è costato tre volte di più. In secondo luogo perché la serie di Call of Duty a questo punto stabilisce un altro record.

"Al di fuori di Call of Duty", ha dichiarato Bobby Kotick, amministratore delegato di Activision Blizzard, l'editore, "non c'è mai stato nessun altro franchise nel mondo dell'entertainment che abbia raggiunto risultati del genere. Le vendite ad oggi dell'intera serie superano il box office cinematografico mondiale
di Guerre stellari e di Il Signore degli Anelli, due tra le saghe di maggiore successo di tutti i tempi sul grande schermo".

Che il settore dei videogame fosse solido, con il suo giro di affari da 50 miliardi di dollari l'anno, è cosa nota. Ed è noto anche che negli Stati Uniti c'è una emorragia di spettatori dalle sale cinematografiche, malgrado il lancio del 3D in pompa magna. Ma quel che sta accedendo ultimamente è diverso e ha più a che fare con un mutamento interno all'industria dei videogame. Stanno progressivamente diminuendo il numero dei prodotti di punta, mentre le risorse vengono concentrate su quelli rimanenti. In parole povere si producono meno videogame che però costano molto di più. Megaproduzioni alle quali lavorano anche 500 persone, è il caso di  Assassin’s Creed, con budget superiori ai 100 milioni di dollari.

"Questo accade perché giochi simili sono gli unici capaci davvero di incassare", racconta Peter Moore, ex presidente di Sega America, poi diventato vice presidente di Microsoft e ora a capo di Ea Sport, la stessa dei videogame di calcio Fifa. "Nell'anno fiscale 2011 abbiamo pubblicato 67 videogame differenti. Nel 2012? Saranno meno di 30. Stiamo tagliando la metà dei giochi e facendolo stiamo aumentando i nostri profitti. Perché concentriamo gli sforzi solo sulle grandi produzioni".

Come Battlefield 3, che appartiene allo stesso genere di Modern Warfare. Un gioco della Ea che nel primo fine settimana ha venduto anche lui molto, circa 5 milioni di copie. Ma l'exploit dei videogame bellici, i cosiddetti "sparatutto" in prima persona dalle ambientazioni molto realistiche, è in realtà un crescendo. Lo scorso anno, Call of Duty: Black Ops era arrivato a 5.6 milioni di copie con un incasso stimato intorno ai 360 milioni di dollari sempre nei soli Stati Uniti e Inghilterra. Battendo il precedente record del 2009 di Call of Duty: Modern Warfare 2, pari a 310 milioni di dollari e 4.7 milioni di copie vendute nelle prime 24 ore.

Modern Warfare 3, lo diciamo per inciso, è molto americano nella sua spettacolarità. Narra una fantomatica invasione russa di Europa e Stati Uniti generata da una serie di complotti raccontati nel capitolo precedente. La trama è confusa, a tratti perfino rozza, eppure il ritmo dell'azione, l'impatto delle sequenze, la costruzione delle diverse missioni fra New York, Parigi, l'Africa e il Medio Oriente è tale che diventa difficile smettere di giocare. Esempio, e i numeri lo confermano, di una maestria nel riuscire a catturare l'attenzione che Hollywood non ha più. 
 
(13 novembre 2011)
 

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