martedì 1 novembre 2011

hahhahahaha

Il caso

Papandreou spiazza Bruxelles
"Un referendum sugli aiuti Ue"

Il premier ellenico annuncia a sorpresa una consultazione popolare per dare l'ok al nuovo pacchetto di aiuti: "I greci devono decidere se vogliono stare nell'euro". Critiche dalla Germania, brividi sui mercati

di ETTORE LIVINI La Grecia deciderà con un referendum se accettare o no il piano di aiuti da 110 miliardi di Ue, Bce e Fmi. L'annuncio-choc è arrivato da George Papandreou, che spiazzando mercati e Bruxelles ha convocato per le prossime settimane (la data dovrebbe essere tra dicembre e gennaio) una consultazione popolare che rischia di far deragliare il tentativo di salvataggio dell'euro. "Io credo nei miei concittadini e nel loro buon senso - ha detto il premier di Atene -. Tra pochi giorni l'accordo con la Troika sarà un contratto definitivo e tocca al paese dire se lo accetta o no".

Il problema è che il salvagente internazionale è condizionato a un piano di sacrifici pesantissimi per i greci - tagli del 20% agli stipendi pubblici e alle pensioni, 60mila esuberi nella pubblica amministrazione - e tutti i sondaggi puntano per il momento a una vittoria del "no" che renderebbe inutili mesi e mesi di trattative per definire il default pilotato della Grecia ed evitare il rischio contagio nel Vecchio continente. Se l'accordo venisse respinto, dicono i costituzionalisti, Papandreou dovrebbe dare le dimissioni e convocare le elezioni anticipate ma soprattutto sarebbe costretto a dichiarare subito la bancarotta, visto che la Grecia, dopo l'arrivo della nuova tranche di aiuti da 8 miliardi, ha soldi per far funzionare la macchina statale solo fino a metà gennaio.

Perchè Papandreou si è imbarcato in questa rischiosissima roulette? Il premier, dicono gli uomini a lui più
vicini, sarebbe convinto che davanti a una scelta secca sulla permanenza nell'euro o una drammatica uscita dalle conseguenze tragiche per il paese i greci direbbero sì al referendum. Un bluff da giocatore di poker che non è piaciuto nè all'opposizione nè ai partner europei. Sono irritato - ha detto Rainer Bruderle, leader di un partito della coalizione che sostiene Angela Merkel in Germania -. L'impressione è che Papandreou voglia sottrarsi a un accordo che ha già firmato". Il tema del referendum sarà al centro di una telefonata in giornata tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.
(01 novembre 2011)
 
----------------- 

Google ci riprova con la tv
le app di Android in salotto

Versione 2.0 per la piattaforma di "connected television" di Big G, che punta su Android 3.1, una nuova interfaccia e applicazioni da scaricare. Mountain View sfida così Samsung e a breve anche Apple, in uno scenario non dissimile da quello degli smartphone. Ma in Italia l'arrivo è ancora lontano

ROMA - La prima generazione del progetto tv non era andata granché bene, nonostante le potenzialità e il nome altisonante di Google. Interfaccia complicata e problemi con i fornitori di contenuti ed ecco che la piattaforma tv di Mountain View si arena a pochi mesi dal lancio. Ma stavolta sarà un'altra storia, dicono a Google sul blog del progetto televisivo 1. E la svolta si riassume in alcune parole chiave: semplicità, velocità e soprattutto 'app'.

Google Tv 2.0. Il nuovo passaggio evolutivo della televisione secondo Google passa necessariamente dalle applicazioni. Ormai le tv non sono più solo schermi 2, per quanto sottili e sofisticati. Dentro hanno tecnologie di alto livello e connettività, con funzionalità ormai analoghe a quelle degli smartphone e dei tablet.

Così, la Google tv 2.0 punta su Android 3.1 (Honeycomb) e sulle app, attraverso l'apertura di un'area dedicata sull'Android Market 3. Gli sviluppatori potranno così realizzare prodotti dedicati all'ecosistema della tv, per sfruttare al meglio le caratteristiche degli schermi Hd e delle interfacce disponibili. Sono già 50 gli sviluppatori che hanno contribuito alla sezione tv, e a Google dicono di "non vedere l'ora" che l'offerta cresca.

I partner hardware sono gli
stessi della prima generazione, Sony e Logitech. La prima con delle tv appositamente realizzate, la seconda con un dispositivo simil-decoder da usare con qualunque apparecchio.

Interfaccia più semplice. La schermata home di Google Tv è ora strutturata in maniera più intuitiva ed è modificabile dall'utente. In sostanza, è un ambiente molto simile al display di un tablet, dove tutto è a portata di dito, con la differenza che qui è tutto a portata di telecomando. Il metodo di ricerca dei programmi è stato migliorato, dicono a Mountain View, per consentire una migliore indicizzazione dei contenuti disponibili.

C'è poi una nuova app, “TV & Movies”, che permette di sfogliare tra 80mila film e serie tv sul satellite e sul cavo, e ottenere risultati da Netflix, Amazon e Youtube, ove questi servizi sono disponibili. C'è anche un sistema di suggerimenti, con un algoritmo che segnala i programmi allo spettatore a seconda dei suoi gusti e del suo "storico" di visione.

Ritocchi a Youtube. Anche il popolare servizio di social-video è stato migliorato, soprattutto sul fronte della gestione dei contenuti in Hd. Si può anche navigare sul web con Chrome.

Le ruggini della prima G-tv sembrano insomma superate, ma come quello di smartphone e tablet, anche il mercato della "Connected Television" è burrascoso. Samsung è un avversario temibile e già molto solido in questa nicchia del mercato, e le voci che indicano un ingresso di Apple 4 nel settore entro la prima metà del 2012 sono sempre più insistenti. Un altro fronte di sfida per Google, dove gli scenari sono completamente aperti. Anche se di tutto questo in Italia non c'è ancora traccia.
(30 ottobre 2011)
 
-------------- 
 
Occupy Wall Street sperimenta i nuovi social network per sfuggire alla censura 

Gli attivisti statunitensi accampati a Zuccotti Park utilizzano applicazioni e social network più o meno noti con il duplice obiettivo di raggiungere un pubblico vasto e di eludere i controlli e la censura dei governi. Tra i sistemi utilizzati Vibe, Tumblr e un social network sviluppato ad hoc.
Il controllo dei governi sui social network diventa sempre più stretto. E i movimenti si adeguano, sperimentando nuovi media in grado di sfuggire alle maglie della censura.

La prova arriva da New York, dove gli attivisti di Occupy Wall Street, accampati da oltre un mese a Zuccotti Park, hanno scelto di affiancare ai media tradizionali altri mezzi finora poco utilizzati: da Vibe a Tumblr, per arrivare a strumenti nuovi di zecca, creati per l’occasione, come il portale “New York City General Assembly”.

Evitare i canali mainstream della comunicazione appare infatti necessario sfuggire al controllo dei governi. Un rischio, questo, sempre più concreto, anche nel liberale Occidente. Lo scorso agosto, proprio attraverso gli sms scambiati via Blackberry il governo inglese guidato da David Cameron riuscì a risalire all’identità di molti protagonisti dei riot di Londra. Più di recente, è stato il governo italiano a setacciare il web, e in particolare Facebook, per dare la caccia ai black bloc attivi durante la manifestazione di Roma del 15 ottobre.

E così che il movimento Usa, nato in rete con una convocazione via web lanciata a luglio dal magazine canadese Adbusters, ha deciso di sperimentare strumenti poco popolari tra il grande pubblico. Il più utilizzato è Vibe, un’app per iPhone che consente di scambiare messaggi con gli altri utenti del servizio, mantenendo l’anonimato e senza bisogno di alcuna registrazione preventiva. Gli utenti devono solo stabilire il raggio di diffusione del messaggio desiderato (da poche centinaia di metri fino all’intera superficie terrestre) e il suo periodo di “vita” (da 15 minuti a sempre). Scaduto il tempo programmato, il messaggio scompare, senza lasciare traccia. Proprio Vibe, creato originariamente per comunicare all’interno dei college e in occasione dei concerti, è stato utilizzato dagli attivisti di Occupy Wall Street a fine settembre per raccontare i primi arresti e denunciare i maltrattamenti della polizia, senza il rischio di venire intercettati.

Altrettanto diffuso a Zuccotti Park, e decisamente più noto anche nel resto del mondo, è Tumblr, la piattaforma di microblogging che si pone a metà strada tra Twitter e un blog classico, consentendo di postare anche foto e altri documenti. Il riferimento in questo caso è la pagina “We Are The 99 Percent”, ripresa da migliaia di utenti, che qui possono trovare immagini delle manifestazioni di New York, Boston e Chicago, inclusi striscioni, manifesti e schermate dai notebook in cui vengono rappresentate le ragioni della protesta.

I manifestanti di Occupy Wal Street si sono però spinti anche oltre, arrivando a creare un nuovo social network, ad uso esclusivamente interno, chiamato “New York City General Assembly”. In questo caso si tratta di un sito sviluppato su una piattaforma WordPress, che – come ha spiegato uno dei suoi ideatori, Drew Hornbein, 24enne programmatore di Brooklyn – ha lo scopo di riprodurre sul web gli incontri e i dibattiti che avvengono quotidianamente tra i manifestanti, consentendo la partecipazione anche a chi non può raggiungere fisicamente Zuccotti Park.

Quella messa in atto sul web da parte degli attivisti Usa, insomma, è una vera e propria strategia, a cui oltreoceano è stato dato il nome di “anti-popular social media strategy”. Quello che il commentatore della Cnn Douglas Rushkoff ha definito “il primo vero movimento Americano dell’era di internet” non poteva però non avere anche una presenza sui social network “tradizionali”, che se non altro consentono di arrivare a un pubblico più vasto. In questo caso i numeri raggiunti sono impressionanti: l’account Twitter [@occupywallst] ha oltre 85mila follower, mentre la pagina “Occupy Wall Street” di Facebook conta più di 250mila fan. Il tutto in un solo mese di mobilitazione.

Nessun commento:

Posta un commento