lunedì 9 aprile 2012

hahahahaha

Eni-Enel: bollette più care per i contribuenti, ma super aumento di stipendio per i capi 

Gli amministratori delegati delle due grandi società statali che si occupano di energia elettrica e carburanti nel 2011 hanno guadagnato il 40 e 30 per cento in più rispetto all'anno precedente. Stessa sorte per gli altri manager delle aziende. Un incremento in busta paga inversamente proporzionale all'andamento dei bilanci di entrambi i gruppi
Fulvio Conti e Paolo Scaroni, rispettivamente 'guide' di Enel ed Eni
L’energia costa sempre di più? La benzina aumenta e il gasolio pure? La bolletta della luce prende il volo? Peggio per voi che dovete pagare. E peggio ancora vi sentirete nell’apprendere che nel 2011 i due super manager che guidano Eni ed Enel hanno visto aumentare alla grande i loro già elevatissimi stipendi. Paolo Scaroni, il gran capo del cane a sei zampe, l’anno scorso ha ricevuto compensi per un totale di oltre 5,8 milioni, il 30 per cento in più del 2010. Il suo collega Fulvio Conti, amministratore delegato dell’azienda elettrica, si è invece accontentato (si fa per dire) di 4,37 milioni, con un balzo del 40 per cento circa rispetto a quanto, dedotte alcune voci di competenza dell’anno precedente, gli era stato accordato nel 2010.

Insomma, ai piani alti di Eni ed Enel, entrambe a controllo pubblico, la crisi proprio non si sente. Scaroni e Conti festeggiano due volte. L’anno scorso il governo di Silvio Berlusconi li ha riconfermati in carica fino al 2014. E poi, ad abundantiam, hanno ricevuto una busta paga di gran lunga più pesante d quella del 2010. Del resto, anche gli amministratori che hanno fatto le valigie non hanno davvero motivo di lamentarsi. Prendiamo Roberto Poli, il commercialista di provata fede berlusconiana che giusto 12 mesi fa è stato sostituito da Giuseppe Recchi sulla poltrona di presidente dell’Eni. Poli ha ricevuto 262 mila euro per quattro mesi di lavoro (gennaio-aprile 2011), a cui va aggiunto un bonus di 375 mila euro. Infine, il consiglio di amministrazione ha deciso di elargire al presidente uscente un altro milione sotto forma di “compenso straordinario”. Un premio, si legge nelle carte ufficiali, per “il significativo apporto professionale profuso nella realizzazione degli obiettivi aziendali”. Morale della storia: l’addio di Poli all’Eni è stato addolcito da una buonuscita di 1,63 milioni di euro.

Anche Piero Gnudi, passato dalla poltrona di presidente dell’Enel a quella di ministro al Turismo, Sport e Affari regionali nel governo di Mario Monti, ha preso il largo con tanto di ricco premio e buonuscita. Il commercialista bolognese, che ha lasciato l’incarico a fine aprile del 2011, ha ricevuto 490 mila euro di bonus che si sommano ai 233 mila euro di stipendio per quattro mesi. Niente “compenso straordinario” per Gnudi, che ha comunque incassato 337 mila euro come “indennità di fine carica”. Tutto regolare, tutto messo nero su bianco in documenti ad hoc votati e approvati dai rispettivi consigli di amministrazione sulla base di criteri determinati dagli stessi consiglieri.

Le stesse carte rivelano anche gli stipendi dei super dirigenti, quelli che vengono definiti manager “con responsabilità strategiche”. Insomma, il top della gerarchia aziendale. E così si scopre che all’Enel, questa pattuglia di capi, 17 persone in tutto, l’anno scorso si sono portati a casa, in totale, quasi 20 milioni di euro. Nel 2010 era andata peggio: i loro stipendi, sommati insieme, non arrivavano a 13 milioni. L’aumento in busta supera quindi il 50 per cento nel giro di 12 mesi. Per l’Eni si può fare riferimento ai tre direttori generali Claudio Descalzi, Domenico Dispenza e Angelo Fanelli. Nel 2010 avevano guadagnato, in totale, 4,2 milioni. L’anno scorso è andata decisamente meglio: i loro stipendi sono arrivati, complessivamente, fino a 5,6 milioni, con una crescita del 30 per cento. Bilanci alla mano, quindi, è festa grande per tutti. Aumentano i compensi dei capiazienda Scaroni e Conti, così come le retribuzioni della prima linea dei manager.

La musica cambia se invece si vanno a guardare i risultati aziendali, i numeri di bilancio a cui, almeno in teoria, dovrebbe essere legati i compensi di dirigenti e amministratori. L’Eni, per dire, nel 2011 sono ha chiuso un bilancio con utili in aumento. La crescita dei profitti però si è fermata al 9 per cento, quindi di gran lunga inferiore all’incremento in busta paga del numero uno Scaroni. All’Enel è andata ancora peggio. Il gruppo guidato da Conti si è messo alle spalle un esercizio non esattamente brillante, con profitti in calo del 5 per cento. Utili in calo quindi, al contrario dei compensi dell’amministratore delegato Conti saliti del 40 per cento e di quelli del gruppo di dirigenti di vertice, pure questi in netto aumento.

Chissà che cosa ne pensano i soci del gruppo elettrico, che da molti mesi ormai vedono calare il prezzo delle loro azioni. Giusto un anno fa i titoli dell’Enel viaggiavano intorno a quota 4,8 euro. Adesso invece vivacchiano sui 2,6 euro. Una perdita secca di oltre il 40 per cento nel giro di 12 mesi. Peggio dell’indice di Borsa che nello stesso periodo è arretrato del 30 per cento circa. All’Eni invece le quotazioni hanno aperto il paracadute. Dopo essere precipitato ai minimi da molti anni a questa parte, il titolo del gruppo petrolifero ha ripreso quota fino a tornare sugli stessi livelli di inizio 2011. Niente di esaltante, ma con l’aria che tirava in Borsa l’anno scorso ai soci poteva andare molto peggio. Scaroni e Conti, invece, potevano stare tranquilli. Per loro era pronto l’aumento di stipendio.

da Il Fatto Quotidiano dell’8 aprile 2012
 
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Davis, Usa e Spagna in semifinale
Charleston, dominio Serena

MILANO, 8 aprile 2012

Anche Argentina e Repubblica Ceca superano i quarti e si sfideranno per accedere alla finale. Isner batte in 4 set Tsonga sulla terra di Montecarlo e manda a casa la Francia. Eliminata anche l'Austria. Serena Williams abbatte 6-0 6-1 Lucie Safarova nella finale del torneo Wta

L'americano John Isner colpisce di dritto. Ansa
L'americano John Isner colpisce di dritto. Ansa
Usa, Spagna Argentina e Repubblica Ceca sono in semifinale di Coppa Davis. Già avanti 2-1 dopo i rispettivi doppi del sabato, hanno chiuso i conti rispettivamente con Francia, Austria, Croazia e Serbia. Notevole soprattutto l'impresa del gigante americano John Isner, che sulla terra di Montecarlo, non esattamente la sua superficie preferita, ha superato Jo-Wilfried Tsonga per 6-3 7-6 5-7 6-3. Più prevedibile la vittoria di Ferrer in tre set (7-5 6-3 6-3) su Jurgen Melzer. Ferrer non ha concesso nulla, sfruttando anche la giornata di scarsa vena di Melzer, che ha commesso molti errori gratuiti: "David - ha ammesso il capitano spagnolo, l'ex pro' Alex Corretja - è stato molto bravo. Non era un match facile, anche perché c'era molto vento. Ma lui è rimasto concentrato dall'inizio alla fine. Ora giocheremo anche la semifinale in casa e potremo contare ancora sul sostegno del pubblico".
Gazzetta TV
 
DELUSIONE — L'eliminazione della Francia, che andava in campo da favorita, segna anche l'addio di Guy Forget da capitano non giocatore. Una grossa delusione per l'elegante mancino, che aveva vinto l'insalatiera da giocatore del 1991 e nel 1996. "Niente da dire, oggi il più forte era Isner. Ha talento e lo ha mostrato a tutti". Amaro anche Tsonga, che ha riconosciuto la superiorità dell'americano, ormai in crescita costante: "Ho dato tutto quello che avevo, mi è anche mancata un po' di fortuna. John ha sfruttato al massimo tutte le sue possibilità". E ora sarà chiamato a ripetersi in Spagna a settembre.
ARGENTINA CON DELPO — A Buenos Aires l'Argentina era ben avviata sulla Croazia dopo il doppio. E tutto si è risolto con lo scontro tra i due numeri uno, Juan Martin Del Potro e Marin Cilic. L'argentino ha dominato l'avversario dall'inizio, lasciandogli la miseria di cinque giochi con un punteggio, 6-1 6-2 6-1, che non ammette repliche. I sudamericani riceveranno in semifinale la Repubblica Ceca, che grazie a Tomas Berdych, vincitore su Janko Tipsarevic grazie a tre tiratissimi tie-break 7-6(6) 7-6(6) 7-6(7), potranno competere per la finale.
Serena Williams, primo successo sulla terra dal 2008. Ap
Serena Williams, primo successo sulla terra dal 2008. Ap
a charleston domina serena — Serena Williams senza problemi nel torneo Wta di Charleston: come aveva già fatto in tutta la settimana l'americana domina sulla terra del South Carolina. Serena concede poco o nulla alla venticinquenne ceca Lucie Safarova e vince in due set 6-0 6-1. E' il primo successo sulla terra per Serena Williams, che chiude con un potente ace, negli ultimi quattro anni: l'ultimo era arrivato proprio a Charleston nel 2008. In questo torneo la Williams non ha concesso alle avversarie un singolo set nei cinque match giocati.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il computer sì, il tablet no
cosa controllano al check-in?

In alcuni aeroporti, i notebook devono passare nelle macchine a raggi X, ma per i tablet spesso si fa eccezione. Qual è la discriminante? Tra possibili manomissioni, peso e dimensioni spunta un nuovo parametro: la percezione di sicurezza

PARTIRE SENZA un computer nel 2012? Viste le capacità degli attuali smartphone e tablet, sarebbe tranquillamente possibile. Ma è sempre più raro trovare qualcuno che all'aeroporto non sia costretto a tirare fuori dal bagaglio a mano il suo laptop, o notebook, o ultrabook. Ma non sono poche le occasioni in cui mettere il computer sul rullo rimane un obbligo, mentre il tablet e il mini-pc possono rimanere nella borsa. E' molto più facile che al controllo, il tablet debba essere estratto come il pc. Ma capita anche che non sia richiesto.

Perché i computer sì e gli oggetti "post-computer" no? Se l'è chiesto il giornalista dell'Herald Tribune Brian Stelter, imbarcandosi in un'indagine più intricata di una coda al metal detector in un giorno di punta. La scoperta finale è interessante ed ha una radice inattesa.

Motivazioni tecniche ce ne sarebbero. Un computer portatile, tranne i Mac di ultima generazione, è facilmente smontabile e potrebbe nascondere all'interno qualunque tipo di dispositivo. All'interno del falso pc potrebbe esserci un disturbatore di frequenze per interferire con gli strumenti di bordo e compromettere le manovre di decollo e atterraggio. Nulla però che con il livello di miniaturizzazione attuale non possa essere fatto anche con uno smartphone. Ma l'attentato tecnologico potrebbe anche rappresentare il migliore dei casi: nel peggiore, il computer potrebbe essere solo l'involucro per una bomba, da far esplodere in volo.

Comunque, smartphone e computer vanno nella vaschetta, che il nastro trasportatore porta sotto i raggi X. Il tablet, essendo composto spesso da un unico pezzo fuso con lo schermo, potrebbe anche non andarci. Difficile inserire dispositivi ed esplosivi dentro un oggetto inapribile - ammesso che l'oggetto sia davvero ciò che sembra, e non un disturbatore o un ordigno camuffato.

Eppure ai controlli di sicurezza il computer deve passare nella macchina, mentre può capitare che al tablet il viaggio venga risparmiato. Allora, forse, è una questione di spessore. Al giornalista dell'Herald, dei professionisti del settore sicurezza hanno spiegato che il motivo del passaggio obbligato può essere banalmente la profondità dell'oggetto. Un computer nella borsa può facilmente nascondere alla macchina quello che c'è sotto, o dietro, o di lato. Lo spessore ridotto di un tablet crea meno problemi e il campo visivo del rilevatore non ne risente.

Ci si potrebbe accontentare di questa spiegazione. Fingendo però di non percepirne la mancanza di solidità. Provare a lasciare in borsa un portatile ultraleggero di ultimissima generazione come un Macbook Air o un Ultrabook, produrrebbe un richiamo istantaneo a depositare l'oggetto nel contenitore per l'ispezione. Eppure, sono dispositivi che possono anche essere più piccoli di un tablet, e dallo spessore analogo.

Forse la risposta vera arriva da un esperto di sicurezza dal curriculum importante, che ha deciso di rimanere anonimo. Al check in oltre ai controlli reali, è importante è "far sembrare che si stia facendo qualcosa per garantire la sicurezza", dice l'anonimo professionista. E insomma oltre al tablet, in fondo anche il computer potrebbe rimanere nella borsa. C'è una questione di sicurezza reale, e una altrettanto importante di "sicurezza percepita". La forma è sostanza, ancora una volta. E la rappresentazione  della sicurezza è una categoria che ha un suo spazio nel mondo di oggi, tra il pericolo sempre possibile e la rassicurazione dell'estetica.
 
(07 aprile 2012)

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Qatar, l'emiro è Lorenzo
Pedrosa 2°, Rossi solo 10°

LOSAIL (Qatar), 8 aprile 2012

Lo spagnolo della Yamaha si impone sulla pista dove Stoner, 3°, aveva vinto in 4 occasioni, sfruttando al meglio le gomme e un calo fisico dell'australiano. 5° Dovizioso, 6° Hayden, lontano Valentino

Jorge Lorenzo, 24 anni, iridato 2010 con la Yamaha. Reuters
Jorge Lorenzo, 24 anni, iridato 2010 con la Yamaha. Reuters
La prima stagione della MotoGP dell’era “D.S.”, Dopo Simoncelli, inizia nel segno dei tre diapason della Yamaha, che con un superlativo Lorenzo riesce nell'impresa di espugnare l'emirato di Stoner, il GP del Qatar, dove l’australiano ha eletto la sua residenza, viste le cinque vittorie totali, 1 in 250, e 4 in MotoGP. L'australiano, con problemi fisici, finisce addirittura terzo, alle spalle pure del compagno di squadra Pedrosa. Quinto Dovizioso, preceduto dal collega di scuderia Crutchlow, sesto Hayden, 10° Rossi. Nella notte di Losail si è avuta la conferma che quest'anno Lorenzo ha il pacchetto per vincere: Casey si è involato dopo tre giri, ha condotto per tre quarti di gara ma è stato surclassato dal maiorchino sulla strategia: la gestione delle gomme. Quando le coperture sono crollate, Lorenzo, e Pedrosa erano lì; Stoner non più, anche per un dolore alla mano destra confessato nel dopo gara. Mattonella pesantissima questa per Lorenzo, in ottica titolo, soprattutto per instillare in Stoner quella pressione che l'australiano non sempre ha dimostrato di saper reggere.
Dani Pedrosa, 26 anni, spagnolo della Honda Hrc. LaPresse
Dani Pedrosa, 26 anni, spagnolo della Honda Hrc. LaPresse
la gara — Al via Lorenzo non si fa sorprendere: parte bene dalla pole, e alle sue spalle si insediano le Honda di Pedrosa e Stoner, con lo spagnolo che sale dal 7° in griglia al 2° alla prima curva, confermando la sua reattività allo start. Bastano pochi giri per far capire che le avvisaglie del warm up - entrambe le Hrc in testa con Lorenzo terzo a 3 decimi - non erano un fuoco di paglia: Stoner si libera rapidamente del compagno di squadra e al 3° giro affonda il suo coltello nel burro Yamaha. Di motore, sul rettilineo svernicia Lorenzo, va in testa e inizia a guadagnare sul maiorchino. Al 7° giro il margine è di 1"1; al 9° di 1"7, al 12° di 2"1. Alle spalle, molto bella la lotta per il 4° posto fra i compagni di squadra Dovizioso-Crutchlow e di rilievo quella per il 6° fra Bradl, Hayden, Bautista e Barbera. Nell'ultimo terzo di gara, la prova del nove per la (temuta) tenuta delle gomme, Lorenzo sfodera l'asso: risale la corrente e lima il gap sotto il secondo: 9 decimi, poi 7, poi 6, nonostante sia in un ferreo duello con Pedrosa, molto più che terzo incomodo nella lotta per il successo, fino al sorpasso decisivo. A 3 giri dalla fine Lorenzo va in testa e chiude alla grande, davanti a Pedrosa e uno Stoner in difficoltà nel finale. Dovi cede al compagno il 4° posto, Hayden vince la volatina per il 6°. Primo delle Crt, Edwards, 12° a 58", distacco tutto sommato dignitoso: non l'abisso che si temeva.
rossi indietro — Per Rossi non è stata una Pasqua di resurrezione, ma nemmeno la Via Crucis della qualifica, ultimo dei prototipi a 2"1 da Lorenzo e a 1" dal compagno Hayden -, ma il 10° posto, con escursione nell'erba nel duello con Barbera, non può essere condiderato che deprimente. Nel finale i suoi tempi non sono stati nemmeno male, ma era tardi per recuperare, e comunque, in tutto il week-end la moto di Hayden è stata molto più in palla di quella del pesarese. Questione di assetti o incompatibilità congenita? Il verdetto alle prossime gare, già dalla prossima, il 29 aprile a Jerez.
L'ordine di arrivo (prime posizioni): 1. Lorenzo (Yamaha); 2. Pedrosa (Honda Hrc) a 852/1000; 3. Stoner (Honda Hrc) a 2"9; 4. Crutchlow (Yamaha) a 17"1; 5. Dovizioso (Yamaha) a 17"4; 6. Hayden (Ducati) a 28"4; 7. Bautista (Honda) a 28"4; 8. Bradl (Honda Lcr) a 29"4; 9. Barbera (Ducati Pramac) a 31"3; 10. Rossi (Ducati) a 33"6; 12. Edwards (Suter Crt) a 58";
Massimo Brizzi© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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