Antitrust: "Google, rischio monopolio"
La risposta di Big G: "Pronti a discutere"
Il presidente dell'Authority Giovanni Pitruzzella: "Il motore vuole diventare protagonista assoluto della raccolta pubblicitaria sul web". Nella relazione annuale, si evidenzia "l'assenza di regole adeguate" per strutturare il mercato internet. Bernabè: "A rischio la concorrenza"
NELLA RELAZIONE ANNUALE dell'Antitrust al Senato, il
presidente Giovanni Pitruzzella fa il punto sullo stato dell'economia
della Rete in Italia. Inevitabile parlare di Google, quindi. E proprio
nell'attività del gigante di Mountain View, Pitruzzella individua un
potenziale pericolo: "C'è il rischio che Google diventi monopolista nel
mercato pubblicitario digitale", si legge nel documento, "Fondamentale
resta l'apertura alla concorrenza in quei settori in cui maggiori sono
le potenzialità di crescita. Pensiamo all'e-commerce", dice Pitruzzella.
"Assenza di regole adeguate". Secondo Pitruzzella, "i motori di ricerca come Google e i cosiddetti social network ormai costituiscono un passaggio obbligato per la distribuzione dei contenuti web e Google, avvalendosi di questa posizione, si è posto l'obiettivo di divenire protagonista assoluto nel mercato della raccolta pubblicitaria. Nel giro di pochi anni, Google potrebbe diventare monopolista in questo mercato. L'assenza di regole adeguate rischia di marginalizzare l'industria editoriale, nonostante i significativi investimenti per realizzare processi di integrazione multimediale".
Prosegue la relazione: "Troppo poco è stato fatto fin qui. In particolare, le potenzialità del mercato pubblicitario digitale sono limitate dalla concorrenza dei grandi attori web internazionali, originariamente estranei al mondo dei media, che ormai hanno acquisito posizioni di particolare forza economica che possono finire per depotenziare le opportunità del mercato digitale". Per questo, ha spiegato, "ritengo che vada nella giusta direzione ogni proposta volta a inserire nel novero delle attività ricomprese nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic) quelle svolte da operatori fornitori di contenuti, gestori di portali, motori di ricerca, social network, che competono con gli editori tradizionali nell'attività di vendita degli spazi pubblicitari agli inserzionisti".
La replica di Google. Arriva poco dopo la presentazione la risposta dell'azienda di Mountain View. "Quello della pubblicità è un settore altamente competitivo e in costante evoluzione, in cui gli investitori pubblicitari spostano in continuazione i propri budget tra diversi tipologie di media, online e offline", scrive Google in una nota. "Siamo felici di poter discutere del business pubblicitario di Google con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, così come con altri".
Bernabè: "Concorrenza a rischio". "Devo dire che c'è finalmente un riconoscimento che ci sono soggetti che operano in internet che hanno assunto dimensioni tali che mettono a serio rischio la concorrenza", ha dichiarato Franco Bernabè, il presidente di Telecom Italia, al termine della relazione. "L'Antitrust - ha aggiunto Bernabè - ha preso atto della della concentrazione di mercato rilevante che, in prospettiva, potrebbe dare dei problemi".
Il commento di Schifani. Anche il presidente del Senato Renato Schifani commenta la relazione annuale dell'Autorità Antitrust: "Equità e responsabilità non possono rappresentare solo un'appendice della strategia di rilancio della concorrenza, ma devono costituirne una componente essenziale, in quanto valori che devono essere ampiamente vissuti nel tessuto sociale del Paese", ha detto Schifani. "Solo così - ha concluso - la concorrenza può divenire, allora, eguaglianza di opportunità e premio del merito".
"Assenza di regole adeguate". Secondo Pitruzzella, "i motori di ricerca come Google e i cosiddetti social network ormai costituiscono un passaggio obbligato per la distribuzione dei contenuti web e Google, avvalendosi di questa posizione, si è posto l'obiettivo di divenire protagonista assoluto nel mercato della raccolta pubblicitaria. Nel giro di pochi anni, Google potrebbe diventare monopolista in questo mercato. L'assenza di regole adeguate rischia di marginalizzare l'industria editoriale, nonostante i significativi investimenti per realizzare processi di integrazione multimediale".
Prosegue la relazione: "Troppo poco è stato fatto fin qui. In particolare, le potenzialità del mercato pubblicitario digitale sono limitate dalla concorrenza dei grandi attori web internazionali, originariamente estranei al mondo dei media, che ormai hanno acquisito posizioni di particolare forza economica che possono finire per depotenziare le opportunità del mercato digitale". Per questo, ha spiegato, "ritengo che vada nella giusta direzione ogni proposta volta a inserire nel novero delle attività ricomprese nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic) quelle svolte da operatori fornitori di contenuti, gestori di portali, motori di ricerca, social network, che competono con gli editori tradizionali nell'attività di vendita degli spazi pubblicitari agli inserzionisti".
La replica di Google. Arriva poco dopo la presentazione la risposta dell'azienda di Mountain View. "Quello della pubblicità è un settore altamente competitivo e in costante evoluzione, in cui gli investitori pubblicitari spostano in continuazione i propri budget tra diversi tipologie di media, online e offline", scrive Google in una nota. "Siamo felici di poter discutere del business pubblicitario di Google con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, così come con altri".
Bernabè: "Concorrenza a rischio". "Devo dire che c'è finalmente un riconoscimento che ci sono soggetti che operano in internet che hanno assunto dimensioni tali che mettono a serio rischio la concorrenza", ha dichiarato Franco Bernabè, il presidente di Telecom Italia, al termine della relazione. "L'Antitrust - ha aggiunto Bernabè - ha preso atto della della concentrazione di mercato rilevante che, in prospettiva, potrebbe dare dei problemi".
Il commento di Schifani. Anche il presidente del Senato Renato Schifani commenta la relazione annuale dell'Autorità Antitrust: "Equità e responsabilità non possono rappresentare solo un'appendice della strategia di rilancio della concorrenza, ma devono costituirne una componente essenziale, in quanto valori che devono essere ampiamente vissuti nel tessuto sociale del Paese", ha detto Schifani. "Solo così - ha concluso - la concorrenza può divenire, allora, eguaglianza di opportunità e premio del merito".
(26 giugno 2012)
-----------------
Vale, sensazioni positive
"Assen mi piace moltissimo"
Milano, 26 giugno 2012
Rossi sul prossimo Gp: "E' una gran pista: lavoriamo sul set-up per tornare al livello che avevamo prima di Silverstone. E se dovesse piovere...". Hayden: "Serve una messa a punto che risparmi maggiormente le gomme"
- Valentino Rossi, 33 anni, alla seconda stagione in Ducati. Ansa
Valentino Rossi si prepara al tour de force: tre gare in
tre settimane, con il primo appuntamento in Olanda, nel tempio delle due
ruote di Assen. Il tracciato del famoso Dutch TT è stato modificato
negli ultimi anni ma resta una pista affascinante e sede di un Gran
Premio capace di attirare migliaia di motociclisti e grandi appassionati
delle due ruote. "Assen è una gran pista, mi piace moltissimo e mi
porta alla mente un sacco di bei ricordi - racconta Rossi - Cercheremo
di partire da questo buon feeling con il tracciato per migliorare un po'
i nostri risultati. Per il momento possiamo solo lavorare sul set-up
per mettere a punto al massimo la moto per tornare al livello che
avevamo prima di Silverstone, che è stata una gara molto dura. A
Barcellona ma anche nei turni asciutti a Le Mans, eravamo invece stati
un po' più veloci quindi dobbiamo tornare almeno sui quei ritmi. Se poi
invece dovesse piovere sappiamo già che potremmo essere più
competitivi".
- Nicky Haiden sul circuito di Silverstone. Ansa
hayden —
"Assen è cambiata un po' nel corso degli anni ma è una pista che mi
piace sempre molto - dice invece l'altro pilota Ducati Nicky Hayden - Ci
sono delle sezioni molto veloci, come l'ultimo 'split' che offre un
paio di curve paraboliche davvero divertenti. È uno di quei posti dove
non sai mai che condizioni meteo puoi aspettarti e devi essere pronto a
tutto per la gara. Se guardiamo solo al risultato di Silvertsone non
possiamo dire che sia stato davvero positivo ma in realtà penso che ci
abbia insegnato un paio di cose. Una è senz'altro che dobbiamo cercare
una messa punto che metta meno sotto pressione le gomme, che non le
consumi troppo velocemente. In Olanda lavoreremo su questo e cercheremo
come sempre di fare un buon risultato".
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
-------------
Spending review: restano le pensioni d’oro, tagliati i buoni pasto agli statali
Secondo la prima bozza di revisione della spesa saranno previsti 20 miliardi di tagli: poco più di 4 nel 2012. Obiettivo: evitare l'aumento autunnale dell'Iva. Ma restano fuori per il momento i 13 miliardi dei 100mila vitalizi oltre i 6mila euro. Corretto in corsa un pasticcio sulle gare d'appalto che poteva costare contenziosi. Decisione presa contro il parere del governo
Nessun taglio alle 100mila pensioni d’oro che ogni anno costano 13 miliardi. Sì invece a quello dei buoni pasto
per 450mila dipendenti pubblici che fa risparmiare solo 10 milioni. E,
ciliegina sulla torta, un pasticcio sulle gare d’appalto che potrebbe
costare allo Stato 1,2 miliardi, corretto oggi in commissione grazie a un emendamento passato contro le intenzioni del governo. Prende insomma una curiosa piega la prima spending review del governo Monti. L’atto ufficiale sarà un decreto pesantissimo che il Consiglio dei ministri licenzierà dopo il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Circa 20 miliardi di tagli
così distribuiti: 4,2 miliardi nel 2012, dai 7 ai 10 per ciascun
biennio 2013-2014. Il provvedimento punta a scongiurare l’aumento
autunnale dell’Iva (dal 21 al 23%), mettere in sicurezza i conti
pubblici e fronteggiare l’emergenza terremoto. Monti lo presenterà
domani alle Regioni e quindi ai vertici del Pdl Berlusconi e Alfano. Poi la pausa per il vertice di Bruxelles e le consultazioni con i sindacati il 2 luglio. Ancora da fissare, invece, l’incontro con gli altri vertici della maggioranza Casini e Bersani.
Come
in dettaglio sarà raggiunto l’obiettivo di risparmio non è ancor chiaro
ma il piano sarà modellato sul pacchetto-Bondi che mette nel mirino gli
acquisti di beni e servizi della pubblica ammnistrazione (sanità in
primis) e la spesa per il pubblico impiego. Con qualche sorpresa.
Di
sicuro le misure di risparmio non passeranno attraverso il tanto
sospirato taglio alle pensioni d’oro dei manager pubblici. Qui la
notizia è già ufficiale: il governo ha accantonato il tetto sulle
pensioni sopra i 6mila euro dando parere negativo a un emendamento
presentato dal deputato Pdl Guido Crosetto. Doveva
essere una misura di equità nel gran calderone dei tagli ma nel Cdm in
programma domani mattina non c’è n’è traccia. Da Palazzo Chigi filtra
solo la promessa di riproporre la questione insieme alle misure sullo
sviluppo. Si ripartirà da quell’emendamento che prevede che le pemnsioni
erogate in base al sistema retributivo non possano superare i 6mila
euro netti al mese mentre sono fatti salvi le pensioni e i vitalizi
corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Per ora è
tutto rimandato e il sistema continuerà ad elargire 109mila pensioni
sopra gli 8mila euro che costano 13 miliardi di euro l’anno (dati Inps).
Si
va avanti a testa bassa, invece, sul contenimento dei costi della
pubblica amministrazione. Nelle scorse settimane si è tanto parlato di
una stretta sulle spese telefoniche della Pubblica amministrazione che
parte dal Dipartimento della funzione pubblica per
coinvolgere via via altri settori. Le chiamate saranno abilitate solo in
ambito urbano per tutti mentre soltanto i dirigenti potranno fare
chiamate nazionali e verso cellulari. “Una rivoluzione di buon senso”,
l’ha definita il ministro Filippo Patroni Griffi che ha
emanato la circolare taglia bolletta. Parlare meno, mangiare meno.
Perché prende sempre più consistenza l’ipotesi di un secco taglio ai
buoni pasto dei dipendenti pubblici. Nel pacchetto dell’ex liquidatore
Bondi c’è infatti un’ipotesi di messa a dieta di 450mila dipendenti che
già da due anni subiscono il mancato adeguamento all’inflazione dei
contratti collettivi. I loro buoni pasto passerebbero dai 7-8 euro
attuali a un valore di 5,29 euro che è la soglia minima esentasse per il
lavoratore (per cui non viene denunciato ai fini Irpef) e per il datore
di lavoro (non viene calcolato ai fini previdenziali).
Per il
governo dalla dieta si ricaverebbero circa 10 milioni di euro. Una cifra
che appare risibile ai sindacati di categoria che chiedono di ridurre i
privilegi dei manage pubblici piuttosto affamare i dipendenti già in
difficoltà. «Ridurre l’importo del buono pasto dei dipendenti pubblici a
5,29 euro, cioè la soglia massima esentasse, significa tornare al
valore di acquisto di 15 anni fa e quindi togliere fisicamente il pane
dalla bocca a tanti lavoratori senza far risparmiare in maniera
significativa lo Stato». Lo sostiene Franco Tumino, presidente Anseb, l’associazione delle società emettitrici buoni pasto aderente a Fipe-Confcommercio, commentando alcuni contenuti della spending review.
Su
tutti questi provvedimenti si attende il muro di partiti e sindacati
mentre è la Ragioneria centrale dello Stato a mettere le mani avanti su
un altro capitolo delicatissimo della spending review, cioè la norma del
decreto sulle aggiudicazioni di appalti che – secondo una modifica
intervenuta nel passaggio in Senato – verrà applicata anche alle
procedure di affidamento per le quali si è già proceduto all’apertura
dei plichi. Secondo gli esperti di via XX Settembre questa scelta poteva
comportare contenziosi e costare allo Stato oltre 1 miliardo di euro.
Preoccupazioni riassunte in una lettera inviata al Parlamento dalla
ragioneria generale dello Stato e dalla Consip. Oggi nelle commissioni
Affari costituzionali e Bilancio della Camera un emendamento (approvato
da Pdl e Udc, con governo e Pd contrari) ha ripristinato la regola
secondo la quale l’apertura in seduta pubblica delle buste si applicherà
solamente alle gare per le quali le buste non erano state aperte alla
data dell’entrata in vigore del provvedimento.
---------------
Il fotovoltaico supera l'eolico
prima rinnovabile dopo l'idroelettrico
Secondo il centro studi di Confartigianato l'energia prodotta dai pannelli solari lo scorso febbraio è stata per la prima volta di più di quella messa in rete dalle pale sparse sul territorio nazionale. "Grandi potenzialità economiche, soprattutto per le piccole imprese"
MILANO - Il fotovoltaico supera l'eolico e
diventa la prima fonte energetica rinnovabile d'Italia, a eccezione
dell'idroelettrico. Un sorpasso storico avvenuto a febbraio 2012: 10.678
GWh del primo contro i 10.568 GWh dell'eolico. A maggio la distanza è
aumentata ulteriormente: 14.490 GWh contro 11.541 GWh. I dati sono stati
forniti dall'Ufficio studi di Confartigianato che sottolinea come oggi,
soltanto con l'energia prodotta dal fotovoltaico, potrebbe essere
soddisfatto il fabbisogno delle famiglie di tutto il Sud Italia (14.451
GWh).
Da maggio 2011 a maggio 2012 la produzione di energia fotovoltaica è aumentata di 11.220 GWh, contro un aumento di 2.448 GWh dell'eolico. Nello stesso periodo si è registrata una crescita contenuta della produzione energetica da fonti geotermiche (+121 GWh), mentre è risultata in calo la produzione idroelettrica, con una riduzione di 7.416 GWh. Crollata la produzione termica: da maggio 2011 a maggio 2012, le fonti tradizionali hanno prodotto 12.373 GWh in meno. Nonostante la corsa del sole e del vento, le energie rinnovabili rappresentano ancora oggi il 26,2% della produzione energetica italiana, contro il 73,8% del termico.
Investire sulle rinnovabili, però, non sembra portare vantaggi soltanto in termini ambientali. Secondo Confartigianato, i primi benefici sono di natura economica. Dal 2007 al 2011, il numero di impianti fotovoltaici installati in Italia è passato da 7.647 a 330.196. Un incremento che ha permesso al settore un aumento dell'occupazione dell'11,9%
Da maggio 2011 a maggio 2012 la produzione di energia fotovoltaica è aumentata di 11.220 GWh, contro un aumento di 2.448 GWh dell'eolico. Nello stesso periodo si è registrata una crescita contenuta della produzione energetica da fonti geotermiche (+121 GWh), mentre è risultata in calo la produzione idroelettrica, con una riduzione di 7.416 GWh. Crollata la produzione termica: da maggio 2011 a maggio 2012, le fonti tradizionali hanno prodotto 12.373 GWh in meno. Nonostante la corsa del sole e del vento, le energie rinnovabili rappresentano ancora oggi il 26,2% della produzione energetica italiana, contro il 73,8% del termico.
Investire sulle rinnovabili, però, non sembra portare vantaggi soltanto in termini ambientali. Secondo Confartigianato, i primi benefici sono di natura economica. Dal 2007 al 2011, il numero di impianti fotovoltaici installati in Italia è passato da 7.647 a 330.196. Un incremento che ha permesso al settore un aumento dell'occupazione dell'11,9%
tra il 2010 e il 2011. "Un dato settoriale straordinario, se si
considerano le dinamiche occupazionali del nostro Paese, che ha permesso
all'Italia di conquistare il primo posto nel confronto con le altre
principali economie nazionali europee. Soltanto la Germania ha
registrato un incremento dell'occupazione nel settore (+1,2%). Segno
rosso, invece, per Francia (-1%), Gran Bretagna (-4,2%) e Spagna
(-9,8%)". Con l'occupazione, aumenta anche il numero delle imprese
coinvolte.
Dal primo trimestre 2009 al secondo trimestre 2012 il numero delle aziende attive nel settore delle fonti rinnovabili è cresciuto del 10,2%, attestandosi su 100.289 imprese con 369.231 addetti.
"Le energie rinnovabili - dice il presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini - offrono grandi potenzialità di sviluppo alle piccole imprese, sia in termini di innovazione sia per la creazione di posti di lavoro. Per questo, Confartigianato si batte affinché i decreti sulle energie rinnovabili in corso di emanazione da parte dei ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, non penalizzino i piccoli impianti". (23 giugno 2012)
Dal primo trimestre 2009 al secondo trimestre 2012 il numero delle aziende attive nel settore delle fonti rinnovabili è cresciuto del 10,2%, attestandosi su 100.289 imprese con 369.231 addetti.
"Le energie rinnovabili - dice il presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini - offrono grandi potenzialità di sviluppo alle piccole imprese, sia in termini di innovazione sia per la creazione di posti di lavoro. Per questo, Confartigianato si batte affinché i decreti sulle energie rinnovabili in corso di emanazione da parte dei ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, non penalizzino i piccoli impianti". (23 giugno 2012)
Nessun commento:
Posta un commento