martedì 26 luglio 2011

già.....

Marina Berlusconi contro Travaglio
“Verso di me troppi attacchi del Fatto”
La presidente della Mondadori annuncia una serie di querele nei confronti del giornalista. E lo fa con un'intervista al settimanale Oggi in edicola domani. "Non è possibile che si insultino e diffamino impunemente persone e aziende”
Niente da fare. Troppi gli attacchi de Il Fatto Quotidiano. Troppi e, a dire dell’interessate, svirgolati e violenti. E l’interessata è Marina Berlusconi che dalle colonne del settimanale Oggi - in edicola domani – annuncia una battaglia legale contro Marco Travaglio. Perché “ben venga la critica: puoi anche non condividerla, ma spesso è un buono spunto per riflettere”. Ma “nel caso del Fatto Quotidiano, però, il termine critiche non mi pare il più appropriato. Tanto è vero che gli avvocati stanno preparando la mia prima azione giudiziaria nei confronti di Marco Travaglio”.

Il presidente di Mondadori quindi chiarisce. “Sarà solo l’inizio perché temo che altre ne dovranno seguire: non è possibile che si insultino e diffamino impunemente persone e aziende”. Quindi prosegue: “Non mi considero una persona aggressiva”, ma “di fronte a certi attacchi, a certe ingiustizie clamorose, la difesa non mi pare sia stata aggressiva, ma determinata e decisa. Non poteva essere altrimenti, e continuerò così. Il problema non è l’aggressività di una reazione, ma è l’aggressione – conclude Marina Berlusconi – a cui siamo continuamente sottoposti”.
 
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A spasso per Google+: ecco come il social network ha già raccolto 10 milioni di utenti
Per ora continua ad espandersi tramite inviti – anche se ogni tanto ci sono delle improvvise aperture casuali in home page. Ma anche se per entrare bisogna aspettare la comparsa dell’agognata mail nella propria casella di posta, secondo alcune stime Google+, il social network lanciato dal motore di ricerca solo dieci giorni fa, conterebbe già 10 milioni di utenti, con una crescita di oltre due milioni ogni 32 ore.

Plus si sta popolando. E sta dettando le sue regole. Man mano, il senso di straniamento tipico del “mi sono iscritto ma non conosco nessuno” si va affievolendo e, come sempre succede con ogni innovazione tecnologica, gli utenti riprogrammano lo strumento inventandone usi e costumi.

Come abbiamo già scritto, Google+ ha fatto tesoro delle “debolezze” di Facebook. Il meccanismo scelto è quello delle “cerchie” che sostituiscono gli amici di Facebook e che, in qualche modo, aprono le porte ad un po’ di sana “ipocrisia digitale”, strumento utile nella vita reale (magari il vicino di casa mi sta antipatico, ma educatamente lo saluto lo stesso) così come in quella digitale (su Google+ aggiungo il vicino di casa alle mie cerchie, ma negli antipatici, tanto lui saprà mai in quale cerchia è stato inserito).

Plus, inoltre, garantisce ai suoi utenti un controllo totale sui contenuti pubblicati: si può per esempio verificare come una singola persona vede il nostro profilo e, novità importante, si può modificare uno status dopo che è stato pubblicato (strumento utile per eliminare i refusi, ma non solo).

Da Google assicurano che questo periodo di interregno tra uno strumento aperto a tutti e un prototipo da testare solo su invito, non risponde a strategie di marketing, ma alle necessità di migliorare in corsa il social network; i “tester” (ovvero i dieci milioni che si sono già iscritti) sono avvertiti: Google+ potrebbe cambiare, e molto, in base ai feedback che Mountain View riceverà. Per questo, nonostante rumors e indiscrezioni che si moltiplicano online, non esiste ancora una data di “varo” ufficiale con le iscrizioni aperte a tutti.

Nonostante ciò, come in ogni ambiente popolato da umani, già una cultura peculiare sta emergendo su Plus. Cosa funziona e cosa no? Per quali fini lo strumento si presta al meglio? Quali forme di ironia peculiare verranno elaborate? – qua c’è già un esempio in italiano sulle possibili “cerchie” del Papa. Proprio in queste ore questi temi vengono sviluppati e rimbalzano di profilo in profilo, di sito in sito, in tempo reale.

Negli Usa è già partito un dibattito: Google+ ucciderà i blog? Sembra una boutade, ma tra le opzioni fon-da-men-ta-li del social network c’è la possibilità di pubblicare uno status di qualsiasi lunghezza (su Facebook il limite è 420, su Twitter 140): alcuni status possono diventare di fatto un post con tanto, udite udite, di permalink, di riferimento unico in rete (si ottiene cliccando sull’orario di pubblicazioni dei post).

Kevin Rose, prodigio della cultura digitale e già fondatore di Digg, è convinto che Plus può essere più performante dei blog e lo ha annunciato senza tanti giri di parole: “Ho deciso di reindirizzare il mio sito kevinrose.com sul mio account Google+ – scrive, manco a dirlo, sul social network -. G+ mi da molto più feed-back in tempo reale e occasioni di coinvolgere i lettori, di quanto il mio blog mi abbia mai dato”.

Curioso anche che su Plus sia ricomparsa una vecchia conoscenza della rete. Bisogna tornare con la memoria a qualche anno fa, quando spopolava MySpace. Allora, appena aperto un account sul portale, ogni iscritto si trovava “un amico” di default: era Tom Anderson, che di MySpace era uno dei fondatori (e che poi sarà tra quelli che venderanno il portale a Murdoch per oltre 300 milioni di dollari). Tom, che ha nel profilo la sua foto “amatoriale” già famosa in tutto il mondo, è entusiasta di Plus (ha già oltre ventimila followers) e pubblica sul suo profilo novità, segnalazioni, riflessioni e non si tira indietro nel delineare scenari futuri: l’uso delle Gif animate, ne è sicuro, vietate su Facebook e su Twitter, sarà un punto di forza di Plus (guardate questo esempio).

Infine, interessante capire chi sul social network sta raccogliendo più follower, più seguaci. Posto che tutti possono seguire tutti (anche se ognuno poi decide con chi condividere cosa), sulla vetta della top ten si trova, a grande sorpresa, proprio lui: Mark Zuckerberg, il fondatore e proprietario di Facebook che ha aperto fin da subito aperto un suo account per studiare le contromosse del rivale (Mark è seguito da 134,328 followers). In seconda e terza posizione, inseguono i due fondatori di Google Larry Page (73,319 follower) e Sergey Brin (56,015) – ambedue pubblicano foto delle loro imprese spericolate in paracadute. Quindi Vic Gundotra, vicepresidente di Google (38,302); il blogger e “technical evangelist” Robert Scoble (37,105); il giornalista “tecnologico” Leo Laporte (36,577); Kevin Rose, inventore di Digg che abbiamo già citato (31,947); Matt Cutts, personalità di riferimento nel mondo del software; (27,921); il portale Mashable (27,390); infine il programmatore di videogioci Markus Persson (25,894 follower).

Un ultima cosa: va segnalato come Plus abbia cancellato per ora i profili aperti da aziende, associazioni e comunque tutti gli account non legati a persone (anche se alcuni sono riusciti a salvarsi dalla mannaia). Da Google assicurano: le aziende avranno presto un loro strumento a disposizione “estremamente” potente per entrare in contatto con gli utenti su Google+.

Anche su questo piano Plus sfida Facebook e Twitter. Ce la farà? In rete i commenti sono orientati più al “Sì” che al “No”. E l’ha detto recentemente anche il presidente Google Eric Schmidt: “Penso proprio che nel mercato dei social network ci sia spazio anche per noi”.

Naturalmente, l’avete capito, da queste parti lo strumento convince. Ma voi che ne pensate? Se volete, continuiamo la discussione nei commenti. O su mio account Google+.

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Petrolchimico Mantova, battaglia sulle perizie
Adesso è a rischio il processo Montedison
Il dibattimento è iniziato nel 2010. 
Ma solo da qualche mese è entrato nel vivo. Alla sbarra i vertici del gruppo industriale accusati di non aver fatto il possibile per evitare la morte per tumore di settantadue lavoratori
C’è una polemica in corso a Mantova che potrebbe avere gravi ripercussioni. È un contenzioso fatto di lettere e articoli sui giornali locali, querele e contro-querele per diffamazione, sentenze di tribunale. Una diatriba tutta interna all’Asl della città in riva al Mincio e che contrappone i vertici dell’azienda sanitaria da una parte a un uomo solo dall’altra: il direttore dell’Osservatorio epidemiologico, Paolo Ricci. A farne le spese un processo per sospette morti sul lavoro, messo a rischio almeno nella serenità della sua prosecuzione. Su tutto l’oscura presenza di un petrolchimico tra i più grandi e produttivi d’Europa.
Nel 2006 Paolo Ricci, prima ricercatore borsista per l’epidemiologia dei tumori all’Università di Verona e poi direttore del dipartimento di prevenzione della stessa Asl di Mantova, viene nominato responsabile dell’Osservatorio epidemiologico mantovano. Ricci – come ha ricordato nella sua testimonianza al ‘processo Montedison’ – fu il primo medico che ispezionò, nella veste di ufficiale di polizia giudiziaria, il polo chimico di Mantova nel febbraio del 1989. Allora ebbe modo di registrare tutte le carenze sul fronte della sicurezza sul lavoro riscontrabili in azienda. Ecco perché oggi, nel dibattimento in corso, riveste per la Procura il duplice ruolo di teste per l’accusa e consulente scientifico per la stessa.
A questo punto succede qualcosa. Nel giugno del 2011 la Procura della Repubblica, a processo Montedison in corso, affida ai Servizi competenti della Asl, tra cui l’Osservatorio Epidemiologico di Ricci, una ricerca per verificare lo stato di salute dei lavoratori della vicina raffineria Ies. Viceversa l’Asl, diretta da Mauro Borelli, nomina immediatamente un consulente esterno. Con delibera del 24 giugno demanda alla Clinica del Lavoro dell’Università di Milano, guidata dal professor Alberto Bertazzi, uno studio del tutto simile. Come mai questa sovrapposizione? Al professor Bertazzi viene chiesta in aggiunta una re-interpretazione rigorosa e scientifica dei dati del Registro Tumori. Ciò giustifica i 100 mila euro che questo tipo di consulenza costerà alle casse della sanità mantovana? Non era forse questa una funzione che l’Osservatorio di Ricci, come pensato molto probabilmente dalla Procura, avrebbe svolto con adeguata professionalità in via istituzionale e senza costi aggiuntivi?
Questi fatti hanno certamente delle ripercussioni, se non altro emotive, sul processo Montedison in svolgimento. I vertici che hanno retto l’azienda chimica dagli anni ’60 ai ’90, devono difendersi dall’accusa di non aver fatto quanto fosse concretamente possibile per impedire la morte per tumore di 72 lavoratori, esposti a varie sostanze cancerogene: amianto e benzene, in assenza di adeguate misure di prevenzione e di informazione.
Il dibattimento è iniziato a fine 2010, ma solo di recente è entrato nel vivo con le testimonianze più significative. Paolo Ricci s’è seduto di fronte alla corte il 24 maggio scorso. Sotto giuramento ha ribadito che il suo sopralluogo del 24 febbraio 1989 costituì di fatto un atto di “disobbedienza” verso la direzione di allora della Ussl 47 di Mantova. “Fino a quel momento – ha sostenuto Ricci davanti ai giudici – i vertici sanitari locali non avevano esercitato i propri poteri ispettivi in materia di igiene del lavoro verso la Montedison, conferiti in forza della legge e diversamente da quanto accadeva per tutte le altre imprese del mantovano”. Solo dopo quella ispezione, al polo chimico più grande del centro storico di Mantova, è arrivata la prima diffida affinché le condizioni di lavoro fossero migliorate.
Ma si diceva di una polemica che dura da anni. Nell’agosto del 2004 Ricci fu destituito sine causa dall’allora direttore generale della Asl di Mantova, Maria Cristina Cantù. All’epoca Ricci era titolare di un progetto epidemiologico che evidenziò nei quartieri a ridosso del polo chimico un rischio di ammalarsi di tumore 30 volte maggiore rispetto allo stesso pericolo occorso ai mantovani residenti altrove. Successivamente Ricci diventa direttore dell’Osservatorio epidemiologico e succede un periodo di relativa calma. Sino al 2011, quando l’arrivo del nuovo direttore Borelli non riaccende le micce. Ricci va su tutte le furie quando il suo Osservatorio viene privato della cosiddetta “Banca dati dell’assistito” – cioè del luogo informatico in cui confluiscono tutti i dati che, opportunamente incrociati, descrivono la storia clinica di ogni residente – per essere affidata ad un collega di altro Servizio addirittura privo della laurea in medicina.
Questa telenovela si arricchisce poi di articoli di botta e risposta sui giornali locali. Ricci riceve decine di lettere di solidarietà e di stima professionale da parte dei più autorevoli epidemiologi italiani, ma quel che preoccupa di più è il sereno proseguimento dei lavori del dibattimento in corso.
Temono per quello le 19 associazioni ambientaliste della provincia di Mantova che si sono costituite parte civile, ma l’eco della polemica raggiunge anche la classe politica. Attraverso tre interpellanze parlamentari – bipartisan: una della Lega Nord, una del PD ed una della IdV – ci si domanda a che punto stiano le diverse indagini epidemiologiche richieste e se tutti stiano lavorando a favore di un medesimo obiettivo: la ricerca della verità e la salute pubblica. Che non può risentire della guerra in corso nell’Asl mantovana.

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