martedì 5 luglio 2011

sempre peggio.....

Norma pro Berlusconi nella manovra
Il governo blocca il Lodo Mondadori
Sospesa in appello l'esecuzione delle condanne civile che superano i 10 milioni di euro e stop in Cassazione per quelle che vanno oltre 20 milioni di euro in cambio di "idonea cauzione": ecco il 'codicillo' inserito nella manovra per salvare il Cavaliere dalla sentenza sulla "guerra di Segrate". Infiamma la polemica politica
Dopo alcuni pezzi del processo breve comparsi nella bozza della finanziaria e poi scomparsi nel testo licenziato dal Cdm, il governo ci riprova. E lo fa infilando nel documento della manovra una norma che salva il Cavaliere e la Fininvest dal salasso economico derivato dalla possibile condanna in appello (prevista il 9 luglio) per il lodo Mondadori. Tradotto in cifre (da capogiro): 750 milioni da versare alla Cir di Carlo De Benedetti. In sostanza aggiungendo un comma all’articolo 283 e modificando, in parte, l’articolo 373, si sospende l’esecutività del risarcimento quando la cifra supera i 20 milioni. Sospensione rimandata alla decisione finale della Cassazione.

In primo grado la Fininvest viene condannata al risarcimento. E’ il 3 ottobre 2009. A firmare la sentenza sarà il giudice Raimondo Mesiano poi finito nel tritacarne del fango mediatico. Quel giudizio prende spunto dalla condanna penale, passata anche in Cassazione (2007), nella quale viene condannato il giudice Vittorio Metta con l’accusa di aver ricevuto denaro da uomini Fininvest per aggiustare la controversia tra Berlusconi e la Cir di De Bendetti (rimasto solo dopo l’abbandono del gruppo Formenton). Il processo penale inizia in seguito alle dichiarazioni di Stefania Ariosto.

Insomma, dalle spigolature della finanziaria, che ora dovrà passare il giudizio del Colle, emerge l’ennesima norma ad aziendam pensata dagli uomini di Berlusconi. L’articolo 283 prevede, infatti, che “il giudice d’appello, su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondanti motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione”. Viene aggiunto un ulteriore comma che stabilisce che la sospensione “è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a 10 milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione”.

L’articolo 373 del codice prevede invece che “il ricorso per Cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte, qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione”. A tale comma viene aggiunto un periodo che stabilisce che “la sospensione prevista è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a 20 milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione”.

E’ in questa norma che  potrebbe rientrare la sentenza di appello nella causa sul Lodo Mondadori attesa in questi giorni. In primo grado Fininvest era stata condannata a risarcire al gruppo De Benedetti 750 milioni di euro a titolo di risarcimento del danno subito per la corruzione nella vicenda giudiziaria.

Immediata, scoppia la polemica politica. Secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani se la misura non venisse cancellata dal testo sarebbe “un insulto al Parlamento”. Mentre per il leader dell’Idv Antonio Di Pietro si tratta di una norma “incostituzionale e criminogena”.

Pochi giorni prima che la Corte d’Appello di Milano si pronunci sulla vicenda (la sentenza di secondo grado è prevista per il fine settimana), il governo introduce all’ultimo momento una norma che modifica due articoli del codice di procedura civile (il 283 e il 373) con un unico obiettivo: obbligare il giudice d’appello a sospendere l’esecuzione di una sentenza se la condanna supera i 20 milioni di euro (10 se è in primo grado) e se la parte che deve pagare presta “idonea” cauzione. Il magistrato dovrà prendere tale decisione se la parte interessata ne farà richiesta.

Le opposizioni attaccano a testa bassa e si rivolgono ad Angelino Alfano, stavolta non solo in veste di Guardasigilli, ma anche di neo-segretario del Pdl. A lui chiedono di cancellare quella che i più battezzano “l’ennesima legge ad personam”. E se non lo farà, avverte il vicesegretario del Pd Enrico Letta, il ‘nuovo cors ipotizzato per il Pdl di “partito degli onesti” di cui ha parlato Alfano nel suo discorso di insediamento, non sarebbe credibile.

Ma c’è anche chi ironizza, come Vincenzo Vita (Pd): “Come mai oggi Alfano ha disdetto all’ultimo momento la sua partecipazione al workshop organizzato alla Bocconi dalla fondazione Rodolfo De Benedetti?”.

Alfano, è invece la domanda che rivolge il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione, avrà “il coraggio e la forza di rompere questa protezione sfacciata di interessi privati tramite il potere dello Stato?”. Il finiano Italo Bocchino e il Democratico Andrea Orlando si rivolgono direttamente a Giulio Tremonti. Il ministro dell’ Economia, è l’appello del primo, dovrebbe cancellare la misura salva-Fininvest anche per non “scalfire la sua immagine internazionale”. Tremonti cancelli questa “vergognosa e inaccettabile norma”, interviene il responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando.

Il fatto, interviene il capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, è che la maggioranza continua, come se nulla fosse, con le sue “leggi ad personam”. A prescindere da ciò che si dice e da ciò che si promette. E questo, nello stesso provvedimento in cui si chiedono “lacrime e sangue agli italiani” e si “salvano ancora una volta i produttori che non hanno pagato le quote latte”.

Più che di ‘leggi ad personam’, afferma il Verde Angelo Bonelli, forse sarebbe meglio parlare in questo caso di ‘manovra ad personam…”. E’ un “provvedimento da furbetti”, taglia corto il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro. Un “inaccettabile abuso di potere”, osserva il presidente del Pd Rosy Bindi.

Ma il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia della Camera Enrico Costa rispedisce le critiche al mittente e tenta di fornire una giustificazione ‘tecnica’. La maggioranza, spiega, “in un momento di congiuntura economica particolarmente sfavorevole” ha deciso semplicemente di “contemperare il diritto del creditore con le ragioni del debitore” quando le somme di denaro da corrispondere “hanno dimensioni di rilevante entità”. La polemica però non si spegne: questa manovra, insiste il leader di Sel Nichi Vendola è tutto “fumo, arrosto e dessert (“da 750 milioni di euro”)”

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Notte sul web contro la delibera ammazza-Internet

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Non sarà una vigilia tranquilla per l'Agcom: sarà, piuttosto, la "Notte della Rete". A 24 ore dall'approvazione della Delibera definita "ammazza-Internet" dai blogger italiani, artisti, esponenti della rete, leader politici, cittadini e utenti del web si troveranno a Roma per una no-stop contro il provvedimento. Come noto, domani 6 luglio l'Autorità per le Comunicazioni si appresta a votare una delibera con cui si arrogherà il potere di oscurare siti internet stranieri e di rimuovere contenuti da quelli italiani, in modo arbitrario e senza il vaglio del giudice. Su internet oltre 130.000 cittadini hanno espresso il loro dissenso via email all'Agcom e cresce di ora in ora il passaparola su Facebook, una mobilitazione on-line e off-line che ha già dimostrato con il referendum quanto possa risultare incisiva.

La protesta continua anche fuori dal web: "La notte della rete", il 5 luglio alla Domus Talenti a Roma, è una no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa del web, politici, giornalisti, cantanti, esperti: tutti contro il bavaglio alla rete. L'iniziativa sarà preceduta da una serie di flash-mob. Luca Nicotra, di Agorà Digitale e tra gli organizzatori dell'evento, chiede un ripensamento all'agenzia: "Agcom deve porre in moratoria la regolamentazione o metterà a rischio non solo la libertà di espressione, informazione e accesso alla conocenza, ma lo stesso funzionamento democratico delle istituzioni".


Fra i presenti già confermati: Olivero Beha, Pippo Civati, Antonio Di Pietro, Dario Fo, Alessandro Gilioli, Peter Gomez, Beppe Giulietti, Giulia Innocenzi, Gianfranco Mascia, Roberto Natale, il Piotta, Franca Rame, Guido Scorza, Mario Staderini.

5 luglio 2011
 
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IL CASO

Boom di richieste, autore cult
ma il libro non è stato scritto

John Green ha sfruttato la sua popolarità sul web promettendo di autografare tutte le copie "preordinate". Ed è stato subito successo: in testa alle classifiche di Amazon e Barnes&Nobles. Ora lo scrittore si deve mettere al lavoro...  dal nostro inviato ANGELO AQUARO

NEW YORK - Martedì pomeriggio John Green era uno scrittore felice e quasi sconosciuto. I suoi libri per ragazzi avevano venduto bene negli ultimi sei anni ma certo nulla a paragone con le star: sarà mica Dan Brown o Stephen King. Martedì all'ora di cena, invece, John Green si ritrovò primo in classifica su Amazon, la libreria virtuale più grande del mondo. Erano le 9 di sera. Un'ora dopo, era primo in classifica anche su Barnes&Nobles, la catena libraria più grande d'America. Che cosa era successo in quelle pochissime ore da averlo trasformato da giovane promessa a piazzatissima realtà? La risposta è accompagnata da un'altra sorpresa: il libro che mezz'America già sogna, non esiste. Ancora. E per la verità lo sogna lo stesso John Green: che ha appena cominciato a scriverlo. E non sa neppure come - e soprattutto quando  -  lo finirà.

Il miracolo di John Green ha un nome, social, e un cognome, network. Non è uno scherzo. Questo ragazzone di 33 anni, una moglie e un bimbo appena nato, ha sposato anche un'altra scommessa: quella che il futuro dei libri passa appunto per il web. Ma in questo caso non si tratta dell'ennessima realizzazione del sogno degli eBook o della vendita virtuale. Lo straordinario successo di "The Fault in Our Stars" - si chiama così il libro che non c'è - è merito di un'intuizione che rischia di essere un'idea più vincente di qualsiasi plot: il social network come mezzo di promozione. Anche per i
libri.

Il giovane John sei anni fa ebbe un discreto successo al debutto con il suo "Looking con Alaska". Ma la letteratura per bambini non l'ha distratto da quella che è forse la sua vera passione: il web. Per il popolo della rete John Green è quel matto di  Brotherood 2.0. Ovvero, come dice lo stesso titolo del progetto, di una diversa concezione di fratellanza, declinata in questi anni-web. Lui e suo fratello per un anno intero hanno rinunciato alla comunicazione testuale e si sono parlati soltanto per videoblog. Un esperimento, certo: che però ha provocato sul loro sito un traffico incontenibile.

Così martedì scorso John lo smanettone ha provato a mettere a frutto il suo seguito di 1milione e centomila fan su Twitter. E 526mila seguaci su YouTube. E 62mila amici su Facebook. E 60mila compagni di discussione su Nerdifighters.com. E 27mila seguaci su Yourpants.org. E 26mila fratelli di Tumblir. Un solo messaggio: "Ecco il titolo del mio nuovo libro". E poi, un'ora dopo, la promessa: "Firmerò tutte le preordinazioni". Passa ancora qualche ora ed eccolo su YouTube a discutere il progetto e finalmente a svelare la trama: il racconto strappacuore di due malati terminali. Non poteva mancare l'appello a cercare una copertina alla creatura. E così a sera il miracolo era compiuto: il libro che non c'è - ma il cui titolo, con l'uscita a data da destinarsi, l'editore aveva già comunicato ai rivenditori elettronici - era improvvisamente risalito dal nulla al primo posto di Amazon.

Quel miracolo si ripete quasi da una settimana. Per la gioia dell'editore di John: che non è piccolo, si chiama Pearson, fa parte del gigante Penguin e già progetta, adesso, una prima tiratura in decine e decine di migliaia di copie. Sempre che John prima o poi lo finisca, il libro che non c'è. Come ci si sente a sedere in cima al nulla? "Questa è la dimostrazione che quando costruisci un rapporto con i tuoi fan, quelli ti danno fiducia quando hai qualcosa da raccontare", dice il ragazzo al Wall Street Journal. Sarà. Ma per l'editoria che non se la passa certo bene, con le vendite che annaspano e le librerie che chiudono, il trionfo del passaparola sul web è la prova definitiva che la via per uscire dalla crisi passa, anche qui, dal social network. E lui, John? Ha salutato i suoi fan realizzando una specie di danza di ringraziamento - naturalmente su YouTube. E poi è finalmente tornato alla sua scrivania: adesso il libro che non c'è va finito per davvero.
(04 luglio 2011)

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