sabato 30 luglio 2011

ahahahahhah

Procreazione assistita, a Roma un centro all’avanguardia. Ma manca l’autorizzazione 

L'ospedale Sant'Andrea, dopo un'inaugurazione in pompa magna a inizio 2009, non ha mai iniziato a svolgere gli interventi con le tecniche più avanzate. La Regione Lazio, unica in Italia, non ha ancora rilasciato il nulla osta previsto dalla legge 40 per strutture di questo tipo
Avere un centro pubblico per la procreazione medicalmente assistita (pma) all’avanguardia e non poterlo utilizzare. Tutto perché si trova nell’unica regione italiana che ancora non ha emanato le autorizzazioni ai centri per l’applicazione di tecniche di pma come previsto dalla legge 40/2004. E’ questo lo strano caso del Centro per la fisiopatologia della riproduzione umana dell’ospedale S. Andrea di Roma-Università La Sapienza, inaugurato nel 2009 e sostanzialmente mai utilizzato al pieno delle sue possibilità.

Presentato in pompa magna il 28 gennaio 2009, alla presenza del rettore della Sapienza Luigi Frati, del preside della II Facoltà di Medicina della Sapienza Vincenzo Ziparo, e con la benedizione di Monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, doveva essere il centro pubblico di procreazione medicalmente assistita con i controfiocchi e all’avanguardia del Lazio, il primo in Italia dove poter effettuare la diagnosi pre-concepimento direttamente sull’ovocita. Una tecnica sviluppata nel nostro Paese proprio per superare il divieto imposto dalla legge 40 di fare la diagnosi pre-impianto sugli embrioni, e al tempo stesso offrire alle coppie questa possibilità, che non pone gli stessi problemi morali ed etici sollevati dalle gerarchie cattoliche sugli embrioni.

Ma l’attività del reparto è stata subito bloccata a causa di un esposto fatto ai Nas, si dice da un medico di un centro privato. Dopo i controlli, che non hanno rilevato alcuna irregolarità, si è atteso il nuovo via ufficiale da parte della Regione. Che però non è mai arrivato, nonostante i solleciti da parte dell’azienda ospedaliera, perché la Regione ha rimandato tutto a un tavolo tecnico per la valutazione generale dei centri per la procreazione, mai partito.

Risultato: il Centro non ha mai iniziato l’attività di procreazione medicalmente assistita con le tecniche della fecondazione in vitro e l’icsi (tecnica con cui lo spermatozoo viene iniettato direttamente all’interno dell’ovocita). Esegue solo gli interventi di I livello, come diagnosi e terapia per le patologie della sterilità. In altre parole un reparto nuovo di zecca e all’avanguardia è impiegato per altre funzioni, ma i costosi macchinari ad hoc, costati centinaia di migliaia di euro, sono inutilizzati o sottoulizzati da oltre due anni. Il massimo della beffa si è prodotto lo scorso marzo, quando il reparto è stato utilizzato sì, ma dagli attori della fiction ‘Don Matteo’ che l’hanno scelto come set cinematografico per girarvi delle scene.

Il Lazio, come detto, è l’unica Regione che ancora non ha emanato le autorizzazioni dei centri per l’applicazione di tecniche di pma sulla base della legge 40/2004. “Nel 2004 i presidenti delle Regioni hanno preso un accordo, non vincolante – spiega il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella – sui requisiti da stabilire e le conseguenti autorizzazioni ai centri di pma. Ma ogni Regione aveva poi ampia autonomia o di usare i requisiti previsti da questo accordo o di stabilirne altri con una propria delibera. La regione Lazio non l’ha mai fatto, anche se il presidente Polverini sta cercando di risolvere il problema”. Di fatto, quindi, i centri di procreazione assistita del Lazio hanno operato finora senza l’autorizzazione della Regione.

Gli altri centri, anche quelli privati nuovi, hanno continuato a operare fino a ora utilizzando quello che si potrebbe definire un meccanismo di ‘silenzio-assenso’. Dopo aver inviato la loro richiesta di autorizzazione e tutta la documentazione per dimostrare di essere in regola, non avendo ricevuto risposte contrarie dalla Regione, lo hanno interpretato come un sì ad operare. Ma i dirigenti del S. Andrea, essendo una struttura pubblica, e quindi finanziata con i soldi dei contribuenti, in una Regione tra l’altro sottoposta a piani di rientro, non hanno voluto prendersi questo rischio e hanno deciso di aspettare il via libera ufficiale dell’amministrazione regionale.

“Il problema – spiega Massimo Moscarini, direttore del dipartimento Ginecologia del S. Andrea, nonché direttore del centro – sta in parte nella Regione, che non forma la commissione né ha la competenza su materie così tecniche. Senza contare che certo non è una delle sue priorità in questo momento. E soprattutto nessuno ha interesse a far funzionare, e bene, un centro pubblico”. Sui 53 centri di procreazione medicalmente assistita presenti nel Lazio, solo 7 sono pubblici e poi ce ne sono altri 4 privati convenzionati. “Ma molte delle strutture pubbliche – continua Moscarini – funzionano poco, nel senso che non offrono tutti i tipi di trattamenti, e hanno liste d’attesa lunghe. Quindi o si va dai privati, o in altre regioni. Io per esempio mando molte mie pazienti ai centri convenzionati della Toscana”.

Nel frattempo il ministero della Salute ha fatto sapere, per bocca del suo sottosegretario Roccella, “che la Regione si è impegnata a sbloccare la situazione entro l’estate”. Ma “sono anni che lo dicono”, chiosa amaro Moscarini. Bisogna dunque aspettare. Tanto per cambiare.
 
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SMARTPHONE

Smartphone, crollo di Nokia
Anche Samsung la sorpassa

La multinazionale finlandese perde sempre più terreno nel settore che aveva dominato per 15 anni. Sopravanzata da Apple e ora anche dal colosso coreano. Colpa del successo dell'iPhone e dell'ascesa di Android  di JAIME D'ALESSANDRO   

ROMA - Continua la discesa della Nokia, un tempo dominatrice assoluta del mercato dei cellulari e sinonimo di innovazione a affidabilità. Dopo il sorpasso da parte della Apple 1, prima in termini di utili poi di smartphone venduti, ora anche Samsung sembra averla sopravanzata. Parliamo ovviamente di cellulari evoluti, quelli stile iPhone per intenderci. Gli stessi che, stando alla società di ricerca International Data Corporation (Idc), cresceranno del 55 per cento entro la fine del 2011: oltre 472 milioni di dispositivi venduti contro i 305 dello scorso anno. Settore strategico quindi, perché rappresenta il segmento di maggior peso nella telefonia mobile del futuro.  

Ebbene, in questa guerra il colosso finlandese sta evidentemente perdendo una battaglia dopo l'altra. Strategy Analytics, altra firma nelle raccolta dati sulla tecnologia di consumo, parla di un mercato in mano alla Apple e al suo iPhone per il 19 per cento nel secondo quarto di quest'anno, rispetto al 14 dello stesso periodo del 2010. Samsung avrebbe invece fatto un vero e proprio balzo, passando dal 5 per cento al 18. Segue la Nokia, crollata dal 38 al 15 per cento, malgrado mantenga il primato fra i produttori di cellulari "normali" con il 25 per cento che era il 35 nel 2010. Merito, nel caso della Samsung, dell'adozione di Android di Google, sistema operativo che dal 2008 a oggi sta diventando lo standard di riferimento. 

VIDEO Il boom di Android 2

"Cambiano le abitudini dei consumatori", spiga Kevin Restivo della Idc. "Non si tratta più di telefonare e mandare messaggi, ma di dispositivi che permettono di navigare sul web, fare shopping, controllare la posta. E la loro crescita è impressiona in particolare nel mercati emergenti, dall'Asia all'America Latina, dove l'ascesa degli smartphone è solo all'inizio e dove il loro numero aumenterà in maniera esponenziale nel breve periodo". Tanto che si parla di poco meno di un miliardo di pezzi per il 2015.

Come spesso avviene a ogni rivoluzione tecnologica (basti pensare a quel che è accaduto nel campo dei televisori con l'avvento degli lcd che hanno segnato la fine del predominio della Sony) l'arrivo dell'iPhone e dei suoi cugini sta mutando radicalmente gli equilibri di questo settore. Con giganti ridotti al ruolo di comprimari (è già successo a Motorola) e cenerentole trasformate in star anche se a caro prezzo.

La Samsung ad esempio in termini di profitti netti è calata del 18 per cento, si legge sul Wall Street Journal, ma è riuscita a conquistare una fetta di mercato imponente con una politica sui prezzi molto aggressiva. Ufficialmente il numero di smartphone immessi sul mercato non è stato comunicato, ma stando alle stime si parla di 19.2 milioni di unità per la multinazionale coreana, contro i 20,3 di Apple e i 16,7 di Nokia. Strategy Analytics, si spinge oltre: Samsung avrebbe venduto fra i 18 e i 21 milioni di smartphone. Stima che, nella migliore delle ipotesi, farebbe dei coreani addirittura i leader di mercato, davanti alla compagnia di Steve Jobs.

A rovinare in parte la festa di Samsung e Android, ci pensa però una nota pubblicata dal sito Techcruch, voce di un certo peso in fatto di tecnologia. Fonti interne a vari produttori di cellulari dotati del sistema operativo marchiato Google, sostengono che il tasso di restituzione nei negozi sfiorerebbe per certi modelli il 40 per cento contro l'1,4 degli iPhone. La spiegazione? Essendo una piattaforma aperta e gratuita, non è sempre ottimizzata a dovere da chi costruisce gli smartphone, e il suo uso risulterebbe troppo complicato per tanti utenti.

Le stime però parlano chiaro. La Gartner, specializzata nell'analisi della telefonia mobile, prevede che Android raggiungerà il 38.5 per cento nel campo dei sistemi operativi per smartphone nel 2011 e il 48,5 nel 2012. Symbian della Nokia calerà dal 19,2 al 5,2 e una lieve discesa è in arrivo anche per iOs di Apple: dal 19,4 al 18,9 per cento. Qualche sorpresa potrebbe arrivare da Windows Mobile 7 di Microsoft, che la Nokia ha sposato 3 di recente dovendo però licenziare settemila persone per mantenere un certo grado di competitività. Oggi Windows Phone ha una quota di appena il 5,6 per cento, ma dovrebbe raddoppiare nel 2012 e raggiungere il 19,5 per cento nel 2015. Un'ultima chance per la multinazionale di Espoo, o qualcosa che le somiglia.
 
(29 luglio 2011)

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Tremonti, difesa imbarazzata
«Temevo di essere pedinato...»

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«Io prima di fare il ministro dichiaravo al fisco 5 milioni, 10 miliardi di vecchie lire all'anno. Devo dire che do in beneficenza più di quanto prendo come parlamentare. Non ho bisogno avere illeciti favori, di fregare i soldi agli italiani. Non ho casa a Roma non me ne frega niente, non faccio vita di salotti». Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenendo a Uno mattina. «Forse avrei dovuto essere più attento, ma se devi lavorare in questo modo... Gestire il terzo debito ti impegna abbastanza. Ma se ci sono stati illeciti la magistratura procederà. Se ci sono stati appalti commissariamo tutto, abbiamo già commissariato una società e lo rifaremo se serve».

Errori si', illeciti mai. Cosi' Giulio Tremonti interviene sulla vicenda dell'affitto della casa messa a disposizione a Roma dal parlamentare Marco Milanese, che ha detto di aver ricevuto dal ministro dell'Economia pagamenti di 1.000 euro alla settimana in nero. E lo fa con una lettera al Corriere della Sera di replica all'editoriale di ieri di Sergio Romano.


''Signor direttore, ambasciatore Romano, rispondo in questo modo anche ad una legittima pubblica richiesta di chiarimento'', esordisce il responsabile del dicastero dell'Economia, il quale parlando dell'appartamento offertogli dall'ex consigliere indica che ''in contropartita della disponibilita' di cui sopra, basata su un accordo verbale revocabile a richiesta, come appunto poi e' stato, ho convenuto lo specifico conteggio di una somma a titolo di contributo, pagato via via per ciascuna settimana e calcolata in base alla mia tariffa giornaliera' di ospitalita' alberghiera''.


Tremonti aggiunge che ''all'inizio avevo pensato a un diverso contratto, che ho poi escluso per ragioni personali'', ''la ragione del tutto non era di convenienza economica ma di privacy''. ''Comunque nessun 'nero' e nessuna irregolarita' - sostiene -. Trattandosi di questo tipo di rapporto tra privati cittadini - argomenta - non era infatti dovuta l'emissione di fattura o vietata la forma di pagamento''.


Riguardo poi alla disponibilita' del contante, il ministro spiega di ricevere in contanti il suo compenso di ministro, pari a circa 2.390 euro al mese che, rispetto ai 4.000 euro dell'affitto mensile comporta una differenza di circa 1.600 euro, della quale puo' disporre perche' percepisce ''un reddito annuale molto elevato''.


''Pur avendo ora interrotto l'attivita' professionale, ho accumulato titolarita' di altri redditi - prosegue -. E' tutto tracciato e tracciabile''. ''Ho commesso illeciti? Per quanto mi riguarda sicuramente no. Ho fatto errori? Si' certamente'', sostiene il numero uno dell'Economia citando il fatto di non aver lasciato prima l'immobile. ''Con il 'senno di poi'- conclude Tremonti - ripeto, ho sbagliato''.

29 luglio 2011

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