martedì 12 aprile 2011

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Ferrari, novità già in Cina
La qualifica è la chiave

Domenicali, Costa e Fry sono volati a Maranello per non tralasciare il minimo dettaglio: l'obiettivo è avere subito sviluppi da utilizzare a Shanghai per essere più vicini alle Red Bull già il sabato e attaccare in gara domenica

MARANELLO (Modena), 12 aprile 2011 - Recuperare velocità in qualifica e poi fare ancora meglio in gara. La Ferrari non intende certo rinunciare a essere competitiva nel GP che si corre domenica in Cina. Le prestazioni in Malesia non sono piaciute, lo ha ribadito anche ieri il presidente Luca Montezemolo, intervenuto alla Gazzetta dello Sport. Ma non tutto è da buttare, traspare la convinzione di non essere lontani dai migliori, soprattutto sul passo gara. Malgrado la trasferta ravvicinata, non è casuale che Stefano Domenicali, Aldo Costa e Pat Fry siano volati a Maranello per 48 ore di approfondimenti prima di ripartire per Shanghai. Nell'era delle comunicazioni globali, evidentemente, lo stato maggiore del Cavallino non ha voluto trascurare il minimo dettaglio. Rivoluzionare la 150 Italia non si può, ma già in Cina la rossa potrebbe avere novità per ridurre il gap dalle Red Bull.
Ferrari, lavoro febbrile per recuperare. Ansa
Ferrari, lavoro febbrile per recuperare. Ansa
anticipare — Lo ha detto lo stesso Domenicali sul sito Ferrari: "Dobbiamo lavorare tanto per anticipare gli sviluppi, in particolare sull'aerodinamica, che resta il fattore chiave - continua Domenicali - cercheremo di avere qualcosa già in Cina ma siamo consapevoli che dobbiamo capire perché i dati della galleria del vento non corrispondono a quelli che abbiamo visto in pista. Se non avremo un'idea chiara, allora dovremo dare una sterzata allo sviluppo della macchina".
scelte positive — Quello che ha colpito è stato il divario da Sebastian Vettel soprattutto in qualifica: "Dobbiamo capire perché in qualifica la nostra prestazione non è all'altezza dei migliori - ha detto ancora Domenicali - è vitale reagire immediatamente perché sappiamo come le cose possano mutare velocemente in Formula 1. Da un punto di vista strategico, la nostra gara a Sepang è stata positiva: le scelte fatte si sono dimostrate corrette e il bottino di punti inferiore al potenziale è stato determinato da altri problemi. Strategia e ritmo di gara sono in questo momento due voci in attivo". E, in effetti, pensando al fatale errore di Abu Dhabi, un cambiamento in positivo nella gestione dell'intero GP si è visto.
mercato — Sono stati piccoli ma importanti dettagli a decidere in negativo il GP: la poca velocità in qualifica, costata un inizio intruppato, l'errore al pit stop di Massa, costato a Felipe una paio di posizioni, il tamponamento di Alonso a Hamilton, costato il podio. Visto che gli ultimi due sono facilmente risolvibili con un po' di attenzione, la Ferrari è molto più concentrata sul come intervenire per acquisire velocità. Di qui il viaggio di Domenicali, Costa e Fry a Maranello. In Cina, del resto, vista l'importanza del mercato, la Ferrari tiene da sempre a far bella figura. Dal 2004 le rosse hanno vinto tre volte e i due piloti, Alonso e Massa, hanno un curriculum di una vittoria (Fernando) e di un secondo e un terzo posto (Felipe).
g.fer.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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ENERGIA NUCLEARE

"Sicurezza da migliorare
ma rimane indispensabile"

Intervista con Matthew Bunn, docente di Harvard e tra i massimi esperti mondiali di politiche dell'atomo. "Per vincere la sfida climatica non possiamo farne a meno, ma non sottovalutiamo le minacce terroristiche" di VALERIO GUALERZI

ROMA - "Da un lato abbiamo una popolazione mondiale che continua a crescere e pretende di avere elettricità a basso costo. Dall'altro la minaccia dei cambiamenti climatici ci impone di ridurre drasticamente le emissioni. Per vincere questa sfida dobbiamo assolutamente sfruttare tutte le opzioni a disposizione, compresa quella nucleare, rendendo le centrali sicure". Nel muro contro muro tra nuclearisti e ambientalisti il professor Matthew Bunn 1, docente a Harvard, ex consulente della Casa Bianca per le politiche nucleari ed editorialista del Washington Post 2, si pone in una "insolita" posizione intermedia. Se non si nasconde certo dietro atti di fede cieca nell'affidabilità del nucleare, allo stesso tempo è scettico sulla possibilità di farne a meno.

Ritiene che il nucleare sia sicuro, malgrado l'incidente di Fukushima, o una minaccia come sostengono gli oppositori?
"La tragedia giapponese è lì a ricordarci che la sicurezza assoluta non c'è, ma a mio avviso bisogna prima chiedersi: sicurezza rispetto a cosa? Non dimentichiamo che tsunami e terremoto hanno fatto quasi 30 mila vittime, mentre per l'incidente alla centrale non è morto nessuno. Di contro negli Stati Uniti ogni anno migliaia di persone
muoiono per patologie legate alle polveri sottili emesse dalle centrali a carbone, senza contare gli effetti delle attività estrattive. Credo quindi che bisogna valutare attentamente potenziali rischi e benefici, tenendo conto del problema demografico e di quello climatico".

Sembra di capire che lei ritiene il nucleare una scelta obbligata, malgrado il disastro di Fukushima.

"Se guardiamo cosa serve per fermare il riscaldamento globale vediamo che occorrerebbero ogni anno nel mondo 25 o 30 nuove centrali. La tragedia giapponese ci dimostra anche però che serve una rete imponente di back up in caso di mancanza di corrente e che questo in alcune circostanze può non bastare. Dobbiamo quanto prima far partire una revisione di tutti i sistemi di sicurezza, garantendo in particolare che i sistemi di raffreddamento funzionino anche in caso di black out. Altri aspetti da approfondire sono la gestione delle barre di combustibile esausto e le piscine di raffreddamento. A occuparsi di queste verifiche dovrebbero essere commissioni indipendenti di esperti. In questo senso le recenti scelte fatte dall'Ue sugli stress test mi sembrano molto positive, ma non del tutto sufficienti. C'è bisogno di molta più collaborazione internazionale, anche per scongiurare la minaccia terroristica".

Lei è uno dei pochi a ricordare che il nucleare non pone solo una questione ambientale e di costi, ma anche di sicurezza rispetto alla minaccia terroristica. Su questo tema lei è stato ascoltato anche dal Senato di Washington.
"Abbiamo le prove che Al Qaeda già da diversi anni sta pensando sia a un attacco a una centrale nucleare sia a trafugare materiale per realizzare in proprio ordigni atomici. Purtroppo gli standard internazionali di sicurezza non sono uniformi e molti Paesi sottovalutano questo rischio, lasciando indifese le loro strutture. Bisogna assolutamente alzare la guardia, su questo aspetto c'è molto da fare per avviare una fondamentale collaborazione internazionale, ma dal punto di vista dei costi si tratterebbe di un aggravio sopportabile".

Il premio Nobel Carlo Rubbia propone come alternativa l'utilizzo del torio. La convince?
"E' un'opportunità importante, ma a mio avviso non risolverebbe tutte le problematiche di sicurezza. Inoltre per arrivare ad avere i reattori immaginati da Rubbia occorrerà molto tempo e non sono certo che quando li avremo saranno economicamente sostenibili".

Per il momento l'opinione pubblica comunque è molto più preoccupata dalla possibilità di nuove Chernobyl o nuove Fukushima. Davvero i futuri reattori di quarta generazione sono in grado di annullare questi rischi?
"I reattori di quarta generazione possono migliorare molto la sicurezza, ma già oggi ci sono impianti molto più sicuri di quello giapponese. Va anche detto però che nessuna tecnologia esistente oggi avrebbe saputo evitare una tragedia come quella avvenuta a Fukushima. Bisogna assolutamente ridurre i rischi di collasso del nocciolo investendo massicciamente in ricerca, ma senza sottrarre fondi alle rinnovabili e tanto meno all'efficienza energetica, senza dimenticare il CCS, la tecnologia per la cattura e lo stoccaggio sotterraneo della CO2. Ci serve tutto, dobbiamo usare tutte le opzioni a disposizione. Fukushima rende tutto più difficile, ma credo che paesi come Cina, India e Russia non si fermeranno".
(09 aprile 2011)
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Processo breve, lavori notturni per l’Aula
Alla Camera ostruzionismo da Pd e IdV
L'opposizione prende tempo leggendo uno a uno gli articoli della Costituzione e citando i casi che rischiano l'interruzione a causa della norma. "Auspico che Napolitano sciolga le Camere", ha commentato D'Alema. La votazione finale è prevista per domani alle 20, dopo un'altra giornata di lavori
Contro il processo breve, l’opposizione punta sull’originalità per fare ostruzionismo. Il Pd ha schierato i suoi big per leggere in Aula gli articoli della Costituzione. Dario Franceschini ha iniziato con la lettura dell’articolo 1, seguito da Pier Luigi BersaniEnrico Letta, Rosy Bindi e Massimo D’Alema che ha recitato l’articolo 87 su poteri e doveri del Capo dello Stato. “Meno male che c’è, dal momento che in questo momento rappresenta l’unico punto di riferimento per i cittadini”. Dopo di lui sono intervenuti Beppe FioroniPiero Fassino.

I deputati dell’IdV hanno invece deciso di ricordare i casi più noti che rischiano di essere interrotti se dovesse passare la legge sul processo breve. Frodi economiche come i casi Parmalat Cirio, morti bianche come quelle della Thyssen KruppFincantieri di Palermo, o ancora le responsabilità sulle vittime del terremoto de L’Aquila e dei pazienti deceduti alla clinica Santa Rita di Milano.

Ma nel suo intervento l’onorevole D’Alema non si è limitato a leggere l’articolo 87 della Costituzione. Ha proseguito commentando la prima riga del successivo: “Il presidente della Repubblica ha il potere di sciogliere le Camere, ma questo più che una lettura del comma è un mio auspicio personale”.

La dichiarazione di D’Alema è accompagnata da un lungo e caloroso applauso di tutti i deputati dell’opposizione. Anche qualcuno dai banchi della maggioranza applaude, ma lo fa in modo polemico e spesso gridando frasi di scherno. Dai banchi della maggioranza si sono levate grida e qualche applauso ironico. “Recitatele a memoria…”, ha urlato qualcuno. Mentre parlava D’Alema, dagli scranni della Lega qualcuno ripeteva l’articolo 11 in cui si legge che “L’Italia ripudia la guerra”, in evidente riferimento alla missione in Kosovo decisa dall’allora premier.

Durante il suo intervento, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha sottolineato come i processi a rischio con la legge siano solo lo 0,2 per cento. Ogni anno, ha riportato il ministro, per la lentezza della giustizia a cadere in prescrizione è invece lo 0,5 per cento dei provvedimenti. ”Se l’impatto è così modesto”, ha subito risposto il leader dell’Udc Per Ferdinando Casini, ”Ci vuole spiegare perché state bloccando il Parlamento da settimane? Non serve a nessuno o, come dicono le opposizioni, serve solo a qualcuno?”. ”Se non si arriva a una sentenza non è colpa dei giudici”, gli fa eco Antonio Di Pietro, “Ma della mancanza di risorse, personale, strumenti che agevolino il processo ad arrivare a destinazione”.


Una legge “onestamente ad personam” è quanto avrebbe invece preferito Pino Pisicchio, capogruppo dell’Api. Rivolgendosi ai deputati-avvocati della maggioranza, Pisicchio ha chiesto come mai non si sia agito accorciando di un anno la pena massima prevista per il reato di cui il presidente del consiglio Silvio Berlusconi è imputato nel processo Mills. Sarebbe bastato, ha spiegato Pisicchio, per agire sulla prescrizione (che si calcola proprio sugli anni massimi di pena). “Così Berlusconi sarebbe uscito dall’odiato processo e la maggioranza avrebbe votato una legge senza produrre gli effetti devastanti di questo provvedimento sul sistema processuale. Noi dell’opposizione avremmo naturalmente votato contro, ma – vivaddio – i danni del provvedimento sarebbero stati più limitati”, ha concluso.

Intanto per domani è stato convocato il Consiglio dei ministri alle ore 14. Il Cdm si svolgerà in concomitanza con la pausa dei lavori parlamentari alla Camera dove sono in corso le votazioni sul processo breve che domani, salvo sorprese, dovrebbe ottenere il via libera intorno alle 20. Su richiesta della maggioranza, i lavori dell’Aula continueranno oggi in seduta notturna, fino alle 23,30, per votare gli emendamenti. “Ci hanno detto che il testo va votato entro domani”, ha commentato il presidente dei deputatio del Pd, Dario Franceschini, “Ma perche’ non giovedi’? La notturna si dovrebbe fare per provvedimenti utili al paese, alle imprese. Questa è una priorità vergognosa”. Il Pd aveva invece chiesto il voto segreto sull’art. 3 – che riguarda la prescrizione breve -, ma la richiesta è stata bocciata dal presidente della Camera Gianfranco Fini durante la conferenza dei capigruppo.

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