lunedì 16 gennaio 2012

hahahahahah

“Aritmia cardiaca” per Mills, udienza saltata
Prescrizione più vicina per Berlusconi 

L'avvocato afferma di aver avuto problemi di salute dopo l'interrogatorio del pm De Pasquale al processo per corruzione in atti giudiziari contro l'ex presidente del consiglio. La corte dispone una visita medica entro il 20 gennaio. I termini per arrivare a sentenza scadono a metà febbraio
L’avvocato inglese David Mills non si è presentato in aula al Tribunale di Milano, dove avrebbe dovuto essere completare la sua testimonianza nel processo per corruzione in atti giudiziari contro Silvio Berlusconi, che corre verso il limite della prescrizione. Secondo quanto comunicato in una lettera affidata ai suoi legali, Mills avrebbe accusato “un’aritmia cardiaca” durante “l’interrogatorio del 22 dicembre scorso (data della testimonianza per rogatoria di fronte al pm Fabio De Pasquale, ndr)“. L’episodio di aritmia “si è protratto anche per alcune ore dopo”. Il difensore inglese ha aggiunto che “questo pomeriggio Mills si presenterà in ospedale, dove verrà effettuato un esame, poi tornerà a casa e i medici dovranno decidere se ricoverarlo o meno”.

Dopo altre questioni procedurali che hanno ritardato nei mesi scorsi l’inizio della deposizione del testimone chiave – che è già stato condannato per aver ricevuto da Berlusconi 600 mila dollari per edulcorare le sue deposizioni alcuni processi – il processo rischia di non arrivare a sentenza prima della prescrizione, che scatterà a metà febbraio. La testimonianza di Mills è stata rimandata al 20 gennaio, data entro la quale il collegio presieduto da Francesca Vitale ha disposto “una procedura di controllo medico sul testimone”. I giudici milanesi hanno chiesto alla corte inglese di valutare, nel caso, l’accompagnamento coattivo di David Mills qualora venisse accertato che le sue condizioni di salute non sono tali da impedirgli la testimonianza.

“Prima di espormi a qualsiasi evento che può causare stress e conseguente attacco cardiaco”, scrive ancora Mills nella lettera, “il medico mi ha consigliato di sottopormi ad accertamenti. Desidero sottolineare comunque la mia assoluta volontà a testimoniare, perché tale testimonianze può alleviare la posizione di Silvio Berlusconi e la mia”.
 
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La Dakar parla francese
Trionfo Desprès e Peterhansel

LIMA (Perù), 15 gennaio 2012

Il primo, su Ktm, ha controllato fra le moto lo spagnolo Coma, per il secondo, su Mini, è il decimo successo nel raid: 6 fra le moto e 4 fra le auto. Fra i camion vittoria dell'olandese Gerard De Rooy, fra i quod l'argentino Alejandro Patronelli


Stephane Peterhansel, a destra, e il compagno Jean Paul Cottret festeggiano il successo fra le auto a Lima. Ap
Trionfo francese nella 33ª edizione della Dakar: oggi a Lima è stato messo il sigillo finale sui successi di Cyril Desprès su Ktm fra le moto e di Stephane Peterhansel fra le auto. Dopo la penultima tappa, che aveva portato la carovana a Pisco, Desprès aveva preso in pugno la classifica delle moto, approfittando del crac alle marce dello spagnolo Coma, anche lui su Ktm, svalcandolo in classifica sul più bello. Fre le auto le cose erano state decise col successo di tappa di Peterhansel, già leader, conquistando così la pratica certezza della sua decima vittoria nel rally più spettacolare.
Cyril Desprès e la sua Ktm. Afp
Cyril Desprès e la sua Ktm. Afp
CONTROLLO — Il francese Cyril Desprès sulla sua Ktm ha controllato la situazione dell'ultima tappa, di soli 29 Km, vinta dal norvegese Pal Anders Ullevalseter che con il tempo di 22'26" ha preceduto lo sfortunato spagnolo Marc Coma, staccato di 1'8" e lo slovacco Stefan Svitko a 1'43". Ma nella classifica generale Desprès ha chiuso davanti a Coma (che aveva vinto l'ultima edizione dell raid), con 56'03" di vantaggio. Fra le auto invece il vantaggio della Mini di Peterhansel e del suo compagno Jean Paul Cottret è stato alla fine di 42'57" su Joan Roma (Mini). L'ultima tappa è andata a Robby Gordon (Hummer) che ha preceduto di 22 secondi il portoghese Ricardo Leal Dos Santos e di 38' il polacco Krzysztof Holowczyc. Fra i camion la vittoria è andata all'olandese Gerard De Rooy su Iveco (vittoria di Miki Biason nell'ultima prova speciale), mentre nei quod ha avuto la meglio l'argentino Alejandro Patronelli.
Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Articolo 18, lo strappo di Catricalà
A rischio il tavolo sul lavoro 

Il ministro Fornero chiede conto al sottosegretario rispetto all'inserimento nelle bozze sulle liberalizzazioni di una norma che riguarda l'articolo 18. Il segretario della Cgil sa che la Fornero non c'entra e rilancia: "Vogliamo fare l'accordo"
Il giorno dopo non si registrano dichiarazioni di guerra, ma l’atmosfera è cambiata. Ieri mattina il ministro del Welfare Elsa Fornero ha chiamato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà e gli ha chiesto conto di quella norma sull’articolo 18 inserita a sorpresa nella bozza del decreto liberalizzazioni. Come anticipato ieri dal Fatto, nel testo provvisorio che circola in questi giorni c’è un incentivo alle imprese ad aggregarsi: se due o più aziende con meno di 15 dipendenti si fondono e assommano meno di 50 lavoratori complessivi, in caso di licenziamenti senza giusta causa continua a non scattare l’obbligo di reintegro (che secondo l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970 è previsto solo oltre i 15 dipendenti). La linea di Catricalà è difensiva: il testo che circola non è quello definitivo, quindi non c’è molto da commentare. Ma tutti sanno, dalla Fornero ai sindacati, che le bozze non sono scritte da qualche consulente esterno, arrivano dagli uffici e spesso vengono fatte circolare in anticipo proprio per misurare le reazioni dell’opinione pubblica e calibrare meglio il testo definitivo.

È davvero singolare trovare un intervento sull’articolo 18 nella bozza di un decreto sulle liberalizzazioni”, commenta Raffaele Bonanni della Cisl. Ma è sull’asse Pd-Cgil che la sorpresa e il fastidio sono maggiori. Il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani sceglie una linea pilatesca: “Non ragiono su bozze”. Ma Stefano Fassina, esponente della sinistra del partito e considerato in sintonia con il leader, boccia non solo l’inserimento della riforma dell’articolo 18 nel decreto, ma anche la premessa economica che ne è alla base: “È sbagliato tentare di incentivare le aggregazioni tra imprese attraverso l’innalzamento della soglia di applicazione dell’art 18”. Intanto il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, prende la palla al balzo e parte all’attacco: “È il momento di eliminare un’anomalia come l’articolo 18”.

Susanna Camusso si prende un po ’ di tempo per capire meglio le intenzioni del governo, impegnata in un delicato confronto con la Fiom sul caso Fiat. All’inizio del direttivo di ieri il segretario ha dichiarato: “Siamo seriamente interessati a provare a fare un accordo sindacale con il governo”. Non una parola sull’articolo 18. Un silenzio che si spiega in due modi: la Camusso sa che iniziare a parlare di articolo 18 significa compromettere tutto il dialogo con il governo e sa anche che il ministro Elsa Fornero è rimasta tanto sorpresa quanto lei nel leggere i giornali di ieri. Negli incontri bilaterali dei giorni scorsi l’ipotesi non è mai comparsa. Certo, la sinistra della Cgil con Giorgio Cremaschi e altri chiede di non trattare più con un governo che da un lato (Fornero) esclude interventi sull’articolo 18 e dall’altro (Palazzo Chigi) li prevede per decreto. Ma per ora si può attribuire tutta la colpa a Catricalà e il dialogo Fornero-Camusso-Marcegaglia (che pure qualcosa sapeva della bozza) può reggere.

Discorso diverso per gli equilibri dentro il governo. Al ministero del Welfare la Fornero ha dovuto registrare quantomeno una mancanza di comunicazione con Catricalà. E anche questo episodio alimenta la crescente confusione che da alcuni giorni sembra permeare la squadra dei tecnici di governo: prima gli scandali delle vacanze di Carlo Malinconico (il sottosegretario si è dimesso), poi la casa Inps comprata con lo sconto dal ministro Filippo Patroni Griffi (operazione legittima, ripete lui che però ammette di aver pensato di lasciare). Tutti i giornali, anche quelli più filogovernativi, all’improvviso hanno scoperto che ci sono conflitti di interesse e nomine discutibili anche in questo governo (dall’ex banchiere Mario Ciaccia alle Infrastrutture, a Corrado Passera ex azionista con Intesa di Ntv che vigila sui treni). E ora il caso Catricalà che, da solo, rischia di far saltare il dialogo sulla riforma del mercato del lavoro.

La vicenda della bozza ha altri risvolti destabilizzanti. Primo: Catricalà risponde direttamente a Monti il quale all’inizio del suo mandato aveva detto che non c’era più tempo per “certe ritualità del passato”, intendendo la concertazione con i sindacati. Poi ha cambiato idea ma, evidentemente, qualche ruvidezza è rimasta. Secondo punto: Catricalà, dopo la caduta di Malinconico, resta l’ultimo pilastro del sistema Letta (Gianni) nel governo. Se un infortunio, per ora solo formale, dovesse mettere in dubbio la sua permanenza a Palazzo Chigi, gli equilibri alla base del governo Monti potrebbero vacillare parecchio.

da Il Fatto Quotidiano del 13 gennaio 2012

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Murdoch attacca Obama su Twitter
"Va coi pirati della Silicon Valley"

La Casa Bianca fa sapere che non sosterrà il Sopa (Stop Online Piracy Act), la legge antipirateria online in discussione al Congresso. E il magnate attacca con un tweet, dedicando messaggi al vetriolo anche a Google. "Ho appena cercato Mission Impossible. Wow, quanti siti offrono i link gratuiti! Ok, resto della mia opinione"

WASHINGTON - "È così, Obama ha attirato nel suo campo i padroni della Silicon Valley che minacciano tutti i creatori di software con la pirateria, un furto puro e semplice". Questo il tweet con cui, dal suo profilo, il magnate mondiale dei media Rupert Murdoch ha attaccato frontalmente il presidente degli Stati Uniti, reo agli occhi del tycoon australiano di opporsi con la sua amministrazione al varo di una legge che funzioni contro la pirateria online.

Il sasso lanciato da Murdoch nello stagno del più potente e diffuso social network di messaggeria instantanea fa riferimento a un comunicato diffuso sabato scorso 1 in cui la Casa Bianca ha fatto sapere che non sosterrà il Sopa 2 (Stop Online Piracy Act), la legge in discussione al Congresso. "Sebbene riteniamo che la pirateria online da parte di siti stranieri sia una problema grave - aveva spiegato l'amministrazione -, che necessiti di una serie risposta legislativa, non sosterremo leggi che riducono la libertà di espressione, aumentano il rischio in materia di cyber-sicurezza o minano il dinamismo e l'innovazione di internet a livello mondiale".

Il Sopa 3 è al momento in discussione alla Camera dei Rappresentanti, mentreal Senato è allo studio un'altra versione, il "Protect Ip Act". Entrambe le proposte hanno ottenuto il sostegno di Hollywood, dell'industria discografica e della camera di commercio americana. Ma il mese scorso i fondatori di Google, Twitter, Yahoo! e di altri colossi di internet hanno espresso riserve sui due testi, dichiarando in una lettera aperta che "concederebbero al governo Usa il potere di censurare internet con procedure simili a quelle usate da Cina, Malesia e Iran".

Il dilemma, non nuovo nella storia americana, è tutto nel conflitto tra la libertà di espressione garantita dal primo emendamento e la tutela del business. L'America, il grande paese delle opportunità, del libero fluire delle idee, delle intuizioni, dei colpi di genio al servizio dell'imprenditoria, non può riconoscere la logica della censura, perché sarebbe contro il suo dna. Ma Murdoch è decisamente più pragmatico. E nei suoi tweet prende di mira anche il più potente di quei "paymasters" della Silicon Valley a cui anche Obama si sarebbe inchinato: Google.

"Il leader della pirateria online è Google, che offre in streaming gratuito i film e intorno ad essi vende gli spazi pubblicitari. Non c'è da meravigliarsi se poi investe milioni per fare lobby", scrive Murdoch in un altro tweet. E ancora: "Google è una grande compagnia, che offre tante cose eccitanti. Solo una lamentela, ma è importante". Per chiudere, Murdoch rende partecipi gli utenti di Twitter di una sua esperienza col motore di ricerca più usato del mondo. "Ho appena cercato Mission Impossible. Wow, quanti siti offrono i link gratuiti! Ok, resto della mia opinione".

L'affondo su Twitter attira contro Murdoch le ire, e gli improperi, di diversi utenti. Tra le repliche, si distingue quella di Rob Braddock: "Lei si rende conto - scrive rivolgendosi a Murdoch - che se passa, il Sopa ucciderà anche Twitter? Lei sta sbagliando ancora dopo aver sbagliato con MySpace (che Murdoch acquistò nel 2005 per 580 milioni di dollari, per poi rivenderlo lo scorso anno al network Specific Media per soli 35 milioni)". Nei suoi tweet, Murdoch scrive di Obama usando un acronimo sbagliato, "Optus", poi corretto in "Potus" (President Of The United States). Errore di cui il magnate incolpa il suo iPad. Non si perde l'occasione Wordsmithworker: "Lei accusa Potus di essere al soldo della Silicon Valley e accusa iPad per l'errore di digitazione? Ma guarda l'ironia...".
(16 gennaio 2012)
 

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