mercoledì 2 marzo 2011

già......

 Ginevra, ecco la Aventador

Ma al Salone è Grand'Italia

La nuova Laborghini è l'auto più estrema mai prodotta: tante novità tecniche, 255mla euro. Ma il made in Italy funziona: Ypsilon con due porte "invisibili" in più, Thema aggressiva

GINEVRA (Svizzera), 2 marzo 2011 - Delle 170 novità annunciate, almeno una decina meritano il viaggio in Svizzera, e la metà sono made in Italy. In cima a tutte l'incredibile Aventador, la Lamborghini più estrema mai prodotta. Un concentrato di novità tecniche da capogiro: dalla trasmissione robotizzata che riduce i tempi di cambiata di 50 m/s rispetto alla Murcielago che sostituisce, al telaio in fibra di carbonio con un indice di resistenza torsionale da primato: 35.000 Nm per grado. Prezzo 255.000 euro. Lancia Ypsilon 5 porte è insolita ma elegante e glamour. Le due porte in più non si vedono, ma ci sono. Ha 17 tonalità di carrozzeria di cui 4 bicolori. Poi ci sono la nuova Thema, oltre 5 metri di stile aggressivo e l'imponente Voyager (5,14 metri) con tre file di sedili ripiegabili a scomparsa. Due concept con la C maiuscola sono l'Alfa 4C e la De Tomaso Deauville con il design Pininfarina.
LE NOVITA' STRANIERE — I coreani propongono la Hyundai i40 e la nuova Rio che sembra un mini Sportage, I tedeschi la Mercedes C Coupé e la rinnovata VW Golf Cabriolet, un mito che ritorna alla ribalta. Infine tante concept, come mai se ne erano viste prima ad un salone. Le più suggestive le propone il Gruppo Volkswagen: la nuova A3 berlina e il Bulli, un pulmino da città con interni hitech. Poi c'è la Ford B-Max Concept che prefigura la nuova Fusion con le porte scorrevoli e la Mini Rocketman: futura Minor
Corrado Canali© RIPRODUZIONE RISERVATA
 
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Vita dura per i rottamatori leghisti
Espulsi dal partito via sms
Il giovane Lovat si oppone a una speculazione edilizia a Vicenza e viene cacciato dal Carroccio. Ma lui accusa: "In Veneto la situazione è sfuggita di mano anche a Bossi. Ci sono interessi lobbistici e massoni"
Davide Lovat, leghista "rottamato" via sms
Vietato parlare di argomenti come la questione morale. Tanto meno pronunciare la parola rottamazione. Pena l’espulsione. Non appellabile. Chiedere al vicentino Davide Lovat, quarant’anni, militante della Lega da nove anni, una laurea in scienze politiche e un’altra in teologia, considerato il capo della corrente dei rottamatori in salsa padana, quelli che vorrebbero o, meglio, avrebbero voluto, rinnovare la classe dirigente leghista. In quattro e quattr’otto è stato cacciato dal partito e la comunicazione l’ha avuta via Sms. Tanti saluti, arrivederci. Firmato Giampaolo Gobbo, segretario nazionale della Liga Veneta. Controfirmato Alberto Filippi, senatore veneto del Carroccio che, come riferito dal Fattoquotidiano.it a gennaio, proprietario insieme alla sua famiglia di un terreno acquistato come agricolo e oggi diventato edificabile, uno spazio di 80.000 metri quadri sul quale dovrebbe sorgere uno dei centri commerciali (l’ennesimo) più grandi della provincia con annesso un affare milionario per il senatore e la sua famiglia. Un affare sul quale Lovat si era permesso più volte di sottolineare e richiamare i dirigenti del partito alla questione morale. Ma la sua colpa principale è stata soprattutto quella di aver chiesto ai colonnelli, lui che nella Lega era considerato integralista, di tornare ai vecchi valori, di pensare meno alle banche e più alla “nostra gente”, qualle delle valli.

Certo, i problemi li ha sbattuti sul tavolo senza prudenza. A fine anno ha scritto un libro nel quale ha spiegato che, da leghista, non ha mai amato una parte dell’establishment del Carroccio. “Prima c’erano i presunti guerriglieri che spacciavano le valli bergamasche per la Sierra Maestra e ora pensano a scalare banche. Prima, c’erano sedicenti Spartacus pronti a guidare la rivolta degli schiavi contro Roma, e ora sono finiti a banchettare nelle lussuose taverne di Trastevere”. E questa gliela fecero passare, ma giusto perché il ragazzo si è sempre portato dietro una larga parte della base. Poi, dopo l’articolo del Fatto, ha fatto riferimento più volte alle proprietà del senatore Filippi chiedendogli pubblicamente delle spiegazioni. Un limite giudicato invalicabile. Così due giorni fa, al termine di una riunione tra i mammasantissima della Lega in Veneto, il giovane Lovat è stato espulso. “Questo non è in linea con noi”, hanno detto Stefano Stefani e Manuela Dal Lago ai colleghi, “non ci resta che rimandarlo da dove è venuto: a casa sua”.

Lovat non l’ha preso presa per niente bene. Raggiunto al telefono dal Fatto si scusa per non aver risposto tempestivamente, ma “al contrario di altri io sono uno che lavora, non mangio con la politica”. “Io sono un intellettuale, un leghista atipico”, spiega. “Ma una cosa la voglio dire: alcuni leghisti di potere in Veneto prendono vie lobbistiche e, soprattutto, massoniche. E lo stanno mettendo nel sedere a Bossi“, spiega. “Forse lui non si accorge di quello che sta accadendo, ma oggi hanno espulso il leghismo dalla Lega. Per prendere altre strade. Sono stato giudicato senza contraddittorio e in contumacia. La mia colpa? Il libro che ho scritto, direbbe Stefani che ha la quinta elementare. Le mie posizioni su Filippi, spiega Dal Lago. Ma ufficialmente non hanno avuto neppure il coraggio di comunicarmi la decisione. Gobbo? Non a quanto mi risulta non è lui il fautore della mia espulsione. Anzi, si sarebbe espresso contro”.

Comunque a Lovat non è restato altro che rassegnarsi alla decisione. D’altronde di questi tempi Gobbo non poteva occuparsi della vicenda più di tanto, ha già un problema con il sindaco di Verona, Flavio Tosi, il suo sfidante nella corsa per la segreteria, e non può permettersi di trovare lungo la strada anche un rottamatore. Già Tosi è di per sé un concorrente pericoloso, uno che sul popolo di Pontida ha presa anche se festeggia i 150 anni della Repubblica. Uno che sulla questione immigrati riesce a infiammare la sua gente. E’ vero che Gobbo è dato in vantaggio (secondo le previsioni si attesterebbe sul 65 per cento dei consensi) rispetto a Tosi, ma è una Lega che non mostra più il suo aspetto monolitico. Un presunto rottamatore, Diego Vello, 22 anni, si è conquistato la segreteria di Belluno contro il più blasonato Franco Gidoni. Ed è stato un colpo di scena che si può ripetere altrove, con tutta la bile di Gobbo che vorrebbe mantenere la mappa del potere così come è oggi. Anche a costo di provvedimenti drastici.

Ma in casa Lega le espulsioni non sono un grande problema. Dal 1994 a oggi la classe dirigente del partito è stata cambiata più volte. Chi nel tempo non si è adeguato al Bossi-pensiero, l’unico riconosciuto, è stato cacciato dal partito senza troppi complimenti. Personaggi importanti (venne in qualche modo costretto ad andarse pure Gianfranco Miglio, l’uomo che era considerato l’ideologo della Lega) e parlamentari di tutte le circoscrizioni. Una parola di troppo e via a casa. Qualche anno fa ha rischiato serio anche Roberto Maroni, il numero due del Carroccio, finito per quaslche tempo nel congelatore e poi riabbracciato da papà Umberto come il compagno che ha sbagliato, ma non lo farà più. Lungo la strada, invece, si sono persi parlamentari come Luca Basso, Pier Corrado Salino, Luigi Negri, Paolo Bambo, solo per citarne alcuni. Sono usciti personaggi del calibro di Franco Rocchetta (fondatore della Liga Veneta, la madre di tutte le leghe), Marilena Marin e Fabrizio Comencini, entrambi predecessori di Gobbo. E a volte basta poco per essere cacciati. Una parola di troppo.
 
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LA PROTESTA

Da Nord a Sud, con gli sms
un minuto di silenzio nelle scuole

In tanti istituti inscenata ieri una protesta simbolica organizzata con i messaggini. L'Unione dei sindacati di base chiede adesione allo sciopero generale dell'11 marzo, Rete e Unione Universitari annunciano la mobilitazione per il giorno successivo. Il preside del Liceo Virgilio di Milano: "Scuola pubblica, baluardo da difendere"

Le parole del premier su una scuola pubblica da lasciarsi alle spalle perché portatrice di valori contrari al sentire della famiglia, hanno generato una generale ondata di protesta che lo stesso Berlusconi probabilmente non si aspettava. Così, mentre la piazza virtuale aperta da Repubblica.it sul "perché" difendere la scuola pubblica si riempie minuto per minuto di migliaia di commenti e testimonianze, la protesta sembra pronta a materializzarsi nelle piazze del mondo reale di tutto il Paese.

La Rete degli Studenti e l'Unione degli Universitari annunciano la mobilitazione per il 12 marzo, in coincidenza con la manifestazione a difesa della Costituzione promossa da Articolo 21. "L'attacco alla scuola - scrivono nel loro comunicato - è l'ennesimo di una lunga serie di tentativi di smantellamento del nostro sistema democratico". "Come studentesse e studenti e come cittadini - affermano - crediamo che sia arrivato il momento di smetterla, da mesi continuiamo a mobilitarci e il 12 marzo saremo di nuovo in piazza".

Intanto, una prima manifestazione esplicita di dissenso: con un passaparola spontaneo tra i docenti e gli studenti, in molte città intere scuole, singole classi, hanno osservato un minuto di silenzio in segno di lutto. Ecco alcune testimonianze.

La comunicazione della protesta spontanea corre veloce, attraversando il mondo della scuola. Alimentato via sms, il minuto di silenzio ieri è andato in scena negli istituti di Mestre e nel veneziano 1, con gli istitutori avvertiti e coinvolti o, in caso contrario, comunque partecipi. A Padova 2, invece, il minuto è stato utilizzato dagli stessi insegnanti per parlare del valore della scuola, cosa che ha fatto infuriare l'assessore regionale all'Istruzione, Elena Donazzan, del Pdl. L'Itis Planck di Treviso 3chiede invece al premier di tacere appendendo una lettera aperta nella bacheca dell'istituto. Molti insegnati trevigiani hanno adottato il minuto di silenzio organizzato col tam tam dei telefonini, giunto a destinazione fino alle scuole del Trentino 4.

La catena dei messaggini funziona anche da Nord a Sud. A Bari 5va in scena lo stesso minuto di silenzio. Ed è bello scoprire che tutto è partito da un sms partito dal cellulare di una prof di Trento, inviato a una collega di Salerno, girato infine a una collega di Andria. In breve, le scuole del capoluogo e della provincia pugliese erano pronte all'azione. Il minuto di silenzio è perfettamente riuscito. Racconta Maria Corallo, insegnante di lettere, di non aver spiegato in anticipo ai suoi alunni il perché del minuto di silenzio, ma di aver chiesto loro di scrivere un insegnamento ricevuto dai professori. Fra le risposte: accettare i rimproveri e capire gli errori, rispettare gli altri, migliorarsi continuamente, crearsi un metodo di studio. "E le spedirò per posta a Berlusconi".

Clima torrido a Roma 6: volantinaggio degli alunni del Liceo Socrate alla Garbatella, docenti del liceo Montale e della scuola elementare Crispi di Monteverde che fanno lezione esponendo cartelloni a difesa della scuola pubblica, prof di liceo che portano in classe la Costituzione per leggere agli alunni gli articoli 33 e 34 sul libero insegnamento, sull'universalità e la gratuità dell'istruzione obbligatoria. Ma già fervono i preparativi per il ritorno della protesta nelle strade, non solo con flash mob e iniziative estemporanee. L'8 marzo partiranno gli scioperi a catena che investiranno quasi tutte le sigle sindacali: prima toccherà a Sisa e Usi, l'11 all'Usb, il 18 all'Anief, il 25 marzo alla Flc-Cgil. Appuntamento per tutti il 12 marzo con una manifestazione in "difesa della Costituzione e della scuola pubblica". Anche se gli universitari della Sapienza già pensano a una grande giornata di sciopero generale e a una giornata di mobilitazione a metà aprile.

A Firenze 7, con i docenti dei vari istituti che si dicono pronti a scendere in piazza e la Cgil-Flc che invita prof e studenti a lasciare messaggi indirizzati a Berlusconi e annuncia l'impegno del sindacato a manifestare il 12 marzo, anche senza insegne. La stessa Cgil-Flc conferma come anche a  Bologna 8  e  Palermo 9insegnanti, studenti e personalità istituzionali siano in pieno fermento, con il primo obiettivo di un sit-in in piazza. L'amaro commento di Cataldo Dinolfo, provveditore agli studi di Messina e Ragusa: "E' facile smantellare la scuola pubblica e dire che va male. La scuola pubblica è ormai alla deriva. Sta andando tutto allo sfascio  solo tagli e niente assunzioni".

A Milano 10, Repubblica raccoglie l'opinione di Pietro De Luca 11, preside del Liceo Classico Virgilio. "La scuola pubblica è un baluardo da difendere  -  dice il preside -. Nei nostri licei e nei nostri istituti c'è l'occasione per un confronto aperto libero e democratico, senza dogmatismi, che favorisce, negli studenti, lo sviluppo di una coscienza critica. Questa è la grande ricchezza che si trova solo nella scuola pubblica statale".

Da Milano si fa sentire anche il Movimento Scuola Precaria - CPS. Per affermare che, "come insegnanti della scuola pubblica, siamo indignati di avere un presidente del Consiglio indagato per prostituzione minorile, che ha ospitato nella sua villa il mafioso Mangano e che ha fatto parte della loggia massonica P2". Salvo poi "negare tutto": "Gli insegnanti della scuola pubblica smentiscono dichiarando di esser stati fraintesi: volevamo dire che siamo orgogliosi di avere un  presidente del Consiglio, gaudente viveur, ingiustamente indagato per prostituzione minorile, che ha avuto l'onore di ospitare nella propria casa un eroe alla stregua di Mangano e che ha fatto parte dell'esclusiva loggia massonica P2".

Sono i genitori a organizzare la protesta a Genova 12. Il Cogede, il comitato genitori democratici, sta lavorando all'organizzazione di un presidio entro fine settimana, davanti all'ufficio regionale della Pubblica Istruzione. Dall'ex Provveditorato in via Assarotti partirà un corteo verso la Prefettura per manifestare al rappresentante del governo, l'opinione dei genovesi con l'intenzione "di coinvolgere anche le associazioni degli insegnanti". Per difendere "con forza proprio la scuola statale, che ci garantisce un insegnamento non parziale" spiega Matteo Viviano, presidente del Cogede.

Da Nord ancora a Sud, a Napoli 13, dove il preside del liceo classico Pansini mette sulla prima pagina del sito della scuola le parole di Pietro Calamandrei, la "scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici". Le parole del premier riaccendono le accuse dei docenti per gli attacchi alla loro professionalità e allo stesso tempo per lo stato di semiabbandono in cui versa la qualità strutturale della scuola pubblica in Campania, senza risorse e gravata dai tagli. Sul fronte delle famiglie, il Forum regionale delle associazioni genitori democratici fa sapere che il 12 marzo ci sarà.

Intanto, i sindacati parlano apertamente di mobilitazione. L'Unione dei sindacati di base invita i lavoratori della scuola,  ai quali la legge 146/90 impedisce di scioperare, a scendere in strada l'11 marzo per un corteo a Roma, partenza da piazza della Repubblica alle 9,30, in occasione dello sciopero generale proclamato da Usb, Slai Cobas, Snater e Cib-Unicobas. Uno sciopero a cui Ubs chiede di aderire anche a genitori e studenti "per rompere il silenzio, riaffermare la propria dignità e difendere la scuola pubblica statale per i propri figli e per il futuro del paese. La scuola di tutti, la propria scuola".
(01 marzo 2011)

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DECRETO RINNOVABILI

Governo diviso, si tratta
il testo sarà modificato

Travolto dalla mobilitazione delle associazioni di categoria e incalzato dalla collega Prestigacomo, il ministro Romani pronto a rivedere le norme "ammazza-fotovoltaico". Via il limite degli 8 mila MW di VALERIO GUALERZI

ROMA - Dietro l'apparente fermezza del governo nel portare avanti il decreto ammazza-rinnovabili si inizia in realtà a cogliere qualche segnale di ripensamento. Al pre-consiglio dei ministri svoltosi ieri sera il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani ha presentato lo stesso identico testo 1 che ha scatenato preoccupazioni e proteste sia da parte delle associazioni ambientaliste che degli operatori di categoria. Una norma che come più volte denunciato nei giorni scorsi rischia di uccidere sul nascere il neonato e promettente comparto italiano della green economy, mettendo in pericolo decine di migliaia di posti di lavoro. 

Malgrado questa presunta spavalderia, diversi osservatori colgono però avvisaglie di cedimento e indiscrezioni danno il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il mediatore di mille contenziosi, già al lavoro dietro le quinte per raggiungere un'intesa di compromesso in vista del Consiglio dei ministri di giovedì o venerdì prossimi, in caso di un possibile slittamento. A sorprendere Romani, facendone vacillare le certezze, sarebbe stata innannzitutto l'ampiezza del fronte sceso in campo per difendere la politica di incentivi alle rinnovabili. Pur auspicando ritocchi e ripensamenti, a mobilitarsi contro l'insensato brusco stop alle norme che favoriscono lo sviluppo di eolico e fotovoltaico sono stati non solo i soliti ecologisti, ma sindacati, confederazione dell'artigianato, associazioni di piccole e medie imprese e un vasto tessuto produttivo la cui esistenza era stata ignorata o sottovalutata. Un tam tam di petizioni, appelli e lettere aperte che nelle ultime ore si è riversata su internet, finendo per intasare anche le caselle di posta elettronica del ministero. Dimostrando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che ormai si tratta di una vicenda prevalentemente economica. "Sono ancora in corso riunioni tra il ministero dell'Ambiente ed il ministero dello Sviluppo economico per mettere appunto un testo condiviso", ha ammesso oggi il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo.

A fare da sponda a questo movimento di pressione è stato poi finalmente proprio il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ieri ricordando a Romani che "la bolletta energetica degli italiani non è più elevata che altrove per gli incentivi alle rinnovabili". "Gli incentivi per il solare - ha sottolineato - pesano sulla bolletta meno che il Cip 6 ed il decomissioning nucleare. In Germania gli incentivi per le rinnovabili arrivano ad incidere sulla bolletta fino al 10% da noi fra il 3 e il 5%". Ma quello della Prestigiacomo pare non sia l'unico malumore presente nella maggioranza. A dire la sua sarebbe stato anche il ministro dell'Agricoltura Giancarlo Galan, preoccupato sì di tutelare le campagne da una possibile invasione di pannelli solari, ma anche di evitare la prematura morte del promettente settore delle agro-energie legato alle biomasse. Inoltre diversi parlamentari, anche del Pdl, non avrebbero preso bene la scelta di Romani di buttare via tutto il lavoro fatto sino ad oggi nelle commissioni con audizioni e stesure di varie proposte, procedendo d'autorità in maniera unilaterale.

Alla fine, stando alle indiscrezioni, nei tavoli tecnici avviati in queste ore sarebbe stata raggiunta una prima ipotesi di intesa. Gli incentivi del terzo conto energia non cesserebbero automaticamente al raggiungimento dell'obiettivo degli 8 mila MW installati, fissato in un primo momento per il 2020, ma già a un passo dal raggiungimento. Una volta ottenuto quel risultato si tratterebbe piuttosto di ridiscutere come ridurre ulteriormente, ma gradualmente, gli incentivi. A tutela dell'agricoltura verrebbe invece inserita una norma che fissa distanze minime tra diversi impianti a terra e un limite del 10% della superficie utilizzabile all'interno di una tenuta per lo sfruttamento dell'energia solare.

A rendere più difficile la posizione di Romani anche l'uso disinvolto fatto ieri dal responsabile dello Sviluppo Economico sui numeri dei costi delle rinnovabili. "Romani mente sapendo di mentire - denuncia il deputato del Pd Ermete Realacci - se afferma che gli incentivi alle rinnovabili sono costati agli italiani 20 miliardi di euro tra il 2009 e il 2010. La grandissima parte di queste risorse non ha nulla a che vedere con le fonti rinnovabili: negli anni passati abbiamo speso tra i 40 e i 50 miliardi di euro per finanziare i combustibili fossili e la chiusura del vecchio nucleare". E a fare le pulci alle affermazioni di Romani è oggi anche Massimo Sapienza presidente di Asso Energie Future. "Sul prezzo dell'elettricità casalinga - osserva - gravano costi poco noti che potrebbero essere tagliati. Tra gli altri, quelli del servizio di interrompibilità: è uno sconto concesso a 120 grandi utenti, quasi tutti acciaierie, per la disponibilità a interrompere il loro carico di energia con un preavviso breve in caso di picco. In cambio di questa disponibilità, quasi sempre teorica, gli industriali dell'acciaio incassano 120 milioni di euro l'anno: un regalo da un milione di euro a industria. Perché sacrificare le famiglie e girare i finanziamenti a 120 industrie?".
(01 marzo 2011)

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