lunedì 21 marzo 2011

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Mafia e politica a Milano, il sindaco
di Cesano Boscone che imbarazza il Pd
La vicenda emerge dagli atti dell'inchiesta Parco sud che fissa i rapporti tra Vincenzo D'Avanzo e uomini della 'ndrangheta. Il politico non è indagato. Questa sera l'attore e consigliere regionale dell'Idv Giulio Cavalli a Cesano Boscone reciterà il suo A cento passi dal Duomo, rinunciando il cachet e raccontando solo i fatti
In politica la ‘ndrangheta è democratica. Destra o sinistra. Tutto va bene. Basta che alla fine il vantaggio per i padrini sia assicurato. Nel libro mastro dei boss padani così ci finiscono nomi del Pdl, della Lega nord e anche del centrosinistra. Ed è questo il caso. Quello di un sindaco del Pd che, pur non indagato, ha intrattenuto rapporti con i colletti bianchi della potente cosca Papalia. Si tratta di Vincenzo D’Avanzo primo cittadino di Cesano Boscone, hinterland sud di Milano. Il suo nome compare diverse volte nell’informativa della Dia che ha fatto da volano all’inchiesta Parco sud del 2010. Il suo interlocutore è Alfredo Iorio, dominus della Kreiamo spa, holding immobiliare che i magistrati della Dda hanno definito il braccio finanziario della ‘ndrangheta.
La vicenda, pur locale, da settimane agita il Pd milanese e imbarazza anche il consigliere regionale dell’Idv Giulio Cavalli che, oltre al politico, fa l’attore. E come tale, in occasione della Giornata della Legalità, questa sera è a Cesano Boscone con il suo spettacolo A cento passi dal Duomo, lungo monologo sulla presenza mafiosa in riva al Naviglio. Cavalli ha letto l’informativa della Dia che immortala le responsabilità politiche di D’Avanzo, ma non quelle penali. E così ha dovuto scegliere: declinare l’invito deludendo il suo pubblico oppure turarsi il naso e andare in scena. Lui ha scelto la terza strada. Sarà in scena, rinunciando al compenso, ma senza nascondere nulla. Racconterà la storia del sindaco che incontrava i pretoriani della ‘ndrangheta. “Andrò in scena – scrive l’attore – con la solita gratitudine verso il mio pubblico”. E questo, anche se “sono venuto a conoscenza di contatti, negli ultimi anni a Cesano Boscone, tra alcune persone della Pubblica Amministrazione e imprenditori legati alla ‘ndrangheta”. E lo farà “per il rispetto al mio lavoro” ma “ritengo doveroso rinunciare al mio cachet pattuito con l’Amministrazione Comunale per marcare la distanza da comportamenti e ombre inopportune che mi auguro vengano presto dissipate”.
Ma certo la vicenda, l’ennesima, di pericolose collusioni tra gli uomini dei boss e i politici locali non si ferma qua. Il punto è decisivo. Non solo in vista di Expo. Ma, guardando al breve periodo, anche e soprattutto in vista delle prossime amministrative. Nel frattempo la cronaca regala una mozione di sfiducia nei confronti di D’Avanzo a firma del Pdl. Ma le critiche più taglienti arrivano da un consigliere comunale del Pd, un tipo tosto e ostinato come David Gentili che raccoglie i malumori di una parte del centrosinistra milanese e che oggi alle 19 sarà a Corsico per inaugurare la sede di Libera. “Di D’Avanzo – dice Gentili – mi colpisce una frase: perché in oltre due anni e mezzo da quei fatti non ho mai (e ripeto MAI) ricevuto neanche un’informazione di garanzia da parte della magistratura. Qui non si sta parlando di responsabilità penali. Qui si parla di questioni che riguardano le eventuali responsabilità politiche”.
E del resto i fatti riassunti dagli investigatori raccontano di richieste di favori incrociati. “Nel gennaio 2009 – racconta Gentili che ha letto e riletto gli atti della procura milanese – il sindaco chiede a Iorio l’assunzione di una persona amica. A maggio, poi, sempre D’Avanzo chiede aiuto a Iorio per la vicenda della Demas e per l’opposizione che ha incontrato in Consiglio nel portare la richiesta dei proprietari di aumentare la superficie commerciale in un consiglio straordinario prima delle amministrative”.
Questa storia, come tutte le storie, ha un prologo con data e location: il 23 febbraio 2009 in commissione Affari istituzionali del consiglio Provinciali è atteso l’intervento del giudice Salvini. Dovrà parlare di ‘ndrangheta. “In quel frangente – racconta Gentili – viene resa pubblica la relazione che il 27 novembre 2007 Ferdinando Pomarici, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Milano”. Nel documento si parla dell’allora assessore provinciale all’Ambiente Bruna Brembilla, personalità di spicco del centrosinistra milanese. In quella serata movimentata si scopre che la signora è stata indagata dai Ros per fatti di mafia. Il procedimento, aperto nel 2006, sarà archiviato dal gip nel 2008 su richiesta dello stesso pm Mario Venditti. Questione chiusa? Affatto. Cancellate le responsabilità penali, restano quelle politiche. Che risultano gravissime almeno a leggere l’informativa di Pomarici. Siamo a pagina 15, esattamente nel punto in cui si fa riferimento a “un esposto anonimo che segnalava inquietanti rapporti tra personaggi del comune di Cesano Boscone e gruppi malavitosi organizzati di stampo mafioso”. Di più: “Sono state svelate diverse vicende tutte incentrate intorno a un gruppo di affari in cui emerge la figura di Bruna Brembilla”. E del resto a Cesano Boscone la signora ha fatto il sindaco per tre anni. Il documento prosegue e associa il nome dell’assessore a quello di Renato Caporale (non indagato), importante ras dell’impresa nel sud Milano vicino a Cl. I due, secondo gli investigatori, sono i registi di questo comitato d’affari. Ne discutono al telefono “con un continuo riferimento ai calabresi, anche in relazione alle recenti elezioni amministrative”. Quello che però sconvolge sono le righe seguenti dove si apprende “dell’esternazione dei propositi della Brembilla di chiedere i voti ai calabresi perché sono gente d’onore e della possibilità di condizionare l’esito del voto amministrativo sfruttando la presenza massiccia di almeno 1.500 persone di Platì”.
Insomma, si tratta di un documento decisivo in cui, tra l’altro, si legge dei rapporti tra la Immobiliare Buccinasco e la cosca Barbaro. In particolare si fa riferimento ai contatti tra il giovane Salvatore Barbaro, genero del superboss Rocco Papalia, e Achille Iorio, calabrese anche lui e uomo forte del Pdl nella zona a sud della città. Lo stesso, che assieme al figlio Alfredo, controlla le quote societarie dell’Immobiliare Iorio. Questo il quadro. A corredo il commento di Gentili. “E’ impossibile che D’Avanzo non sappia chi è Alfredo Iorio e che non sappia che è implicato nel riciclaggio dei beni delle famiglie Barbaro-Papalia”.
Gli imbarazzi però proseguono. Compulsando i nomi dell’attuale giunta di Cesano spunta quello di Francesco Francica, assessore al Bilancio, ed ex presidente del collegio dei revisori della Kreiamo in carica dal 9 luglio 2007 al 28 ottobre 2010. “Possibile – si chiede Gentili – che non si sia accorto della contabilità occulta della spa”. Naturalmente Francica non risulta indagato. Ma questo non elimina il problema della trasparenza.

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ENERGIA NUCLEARE

Romani conferma la frenata
"Stress test entro il 2011"

Il ministro dello Sviluppo ribadisce la pausa di riflessione e annuncia l'avvio di controlli sulla sicurezza delle centrali in tutta Europa. L'opposizione critica: "Solo propaganda per paura dei referendum"

ROMA - Più riflessione, più verifiche e più informazioni. E' questa la ricetta del governo italiano per tranquillizzare l'opinione pubblica e cercare di tenere aperta la strada del ritorno al nucleare. A enunciarla è stato stamane il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani in una conferenza stampa al termine del Consiglio straordinario dei ministri dell'Energia Ue. Poco più di una settimana dopo l'inizio dell'allarme che sta sconvolgendo il Giappone, Romani ha annunciato "una responsabile pausa di riflessione, come fatta da altri Paesi europei" sul programma nucleare italiano. Ora la priorità, ha aggiunto, è verificare la sicurezza a livello europeo delle centrali in funzione.

Mutuando quindi il linguaggio usato per fare fronte all'emergenza finanziaria, Romani ha spiegato che gli impianti d'energia atomica attivi in Europa saranno sottoposti "entro il 2011" a degli "stress test". I primi a essere interessati dalla verifica dovrebbero essere quelli più vecchi, di prima generazione. Si tratta di una decina di centrali sulle 143 presenti nell'Unione. L'Italia tra l'altro, ha precisato il ministro, "ha chiesto di accelerare al massimo". Inoltre, ha assicurato Romani, sulle condizioni di sicurezza del nucleare in Europa sarà garantita la massima informazione ai cittadini italiani. "Non so se prima del referendum faremo in tempo a dare le informazioni che ci aspettiamo - ha detto ancora - Ma cercheremo di fare in modo che i cittadini italiani

Gli stress test immaginati dal governo italiano dovranno prevedere "standard di sicurezza molto elevati ed essere economicamente sostenibili". Inoltre dovranno tenere conto di "eventi eccezionali" di cui potrebbe essere vittima l'Europa "inclusi attacchi informatici e attentati terroristici", ha spiegato Romani.

Oggi, ha aggiunto il ministro, "è irreversibile la scelta di capire dal punto di vista della sicurezza se siamo nella condizione di massima sicurezza in base ai requisiti e standard che abbiamo immaginato e che vengono resi operativi da un organismo europeo. Vogliamo risposte chiare e procedure chiare anche per l'opinione pubblica che deve sapere tutto il necessario sulla questione sicurezza". "Una volta che saremo sicuri che tutto questo è stato risolto nella direzione auspicata, a quel punto la scelta nucleare del governo potrà proseguire", ha ribadito Romani ammettendo che quella sulle tracce di radioattività trovate nel latte a Tokyo "è una notizia clamorosa che ci preoccupa".

L'obiettivo finale del governo sembra essere quindi quello di ottenere per il ritorno al nucleare un via libera a livello di Unione Europea. "Oggi - ha chiarito Romani - siamo a chiedere agli organismi e alle autorità internazionali che facciano il lavoro da fare e stabiliscano con rigore" i criteri e gli standard per realizzare stress test credibili sui reattori "soprattutto quelli degli anni Settanta", in modo che almeno "nell'Ue il problema abbia una soluzione riconosciuta da tutti gli Stati membri, che abbiano o no centrali nucleari".

Le parole del ministro sono state accolte con sospetto e scetticisimo dall'opposizione. "La pausa di riflessione sul nucleare del governo Berlusconi, ribadita anche oggi dal ministro dello Sviluppo Romani è solo un inganno", dichiara il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. "Se il governo avesse voluto una pausa di riflessione, perché lo scorso 16 marzo ha dato il via libera al decreto sulla localizzazione delle centrali che prevede il parere obbligatorio ma non vincolante delle Regioni sulla scelta dei siti atomici?". "La finta frenata sull'atomo - conclude Bonelli - nasconde da un lato il tentativo di sabotare il referendum e dall'altro uno scontro interno all'esecutivo per scaricare i reattori francesi Epr per favorire quelli americani della Westinghouse, società con cui ha stretti rapporti Ansaldo Nucleare". Giudizi simili arrivano anche dall'Italia dei valori. "Gli altri Paesi si possono permettere una pausa di riflessione, visto che il nucleare lo hanno scelto e stanno ora valutando di abbandonarlo. L'Italia no - dice Massimo Donadi, presidente dei deputati dell'Idv - perché il nostro Paese sta scegliendo ora, controcorrente e fuori tempo massimo, se adottare o meno il nucleare. Per questo, la pausa di riflessione annunciata dal ministro Romani è solo un meschino stratagemma per scavallare il referendum". siano informati al massimo livello possibile delle risultanze di questa ricerca che sarà fatta a livello europeo e condivisa da tutti i Paesi europei".
(21 marzo 2011)
 
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Emergency lancia la nuova rivista:
«Perché l'Italia è imbarbarita»

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LA VIDEOINTERVISTA A GINO STRADA

Lavorare «per impedire che anche in Italia i diritti essenziali di tutti, come il diritto a ricevere cure gratuite e d'eccellenza, il diritto a una scuola pubblica di qualità e il diritto a una pubblica informazione, diventino privilegi di pochi». È uno degli impegni che Emergency conferma e si riassume in occasione dell'uscita del suo nuovo mensile «E», presentato in un ciclo di incontri itineranti nei teatri italiani (stasera l'appuntamento è all'Ambra Jovinelli di Roma, con diretta video de l'Unità).

I motivi che hanno spinto Gino Strada, fondatore di Emergency, a lanciare la rivista, diretta da Gianni Mura e Maso Notarianni e in edicola dal 6 aprile, «potrebbero essere duecento». Tra questi spiccano «la rabbia, la delusione, il vedere lo schifo che è l'Italia, la voglia di reagire». «Non so - osserva Strada in una chiacchierata online con Mura - se ci sia ancora uno spazio, una possibilità di recupero per un discorso culturale. Forse abbiamo aspettato troppo tempo e dire che il Paese s'è imbarbarito è come offendere i barbari». In Italia, aggiunge, «non si insegna il bello della diversità, del fare il bene, dell'aiuto agli altri. E non c'è da stupirsene, in un Paese governato da uno sporcaccione e con un Parlamento pieno di delinquenti condannati, di papponi, di soubrette. Sarebbe strano il contrario. Ecco perché non si può restare a guardare».

Durante gli incontri nei teatri con esponenti della cultura e della società civile e con i cittadini - si legge in una nota - viene discusso anche il manifesto di Emergency, che ribadisce il «ripudio della violenza, del terrorismo e della guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati» e chiede «un mondo basato sulla giustizia sociale, sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sul dialogo, su un'equa distribuzione delle risorse». Con questo ciclo di incontri, Emergency «continua un impegno assunto sin dalla sua fondazione: all'attività di cura delle vittime della guerra e della povertà, l'associazione ha sempre affiancato la promozione di una cultura di pace e di rispetto dei diritti umani».

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